Titolo: La piccola bottega degli orrori
Titolo originale: The little Shop of Horrors
USA, 1960
Cast: Johnatan Haze, Mel Welles, Myrtle Vail, Jackie Joseph.
Sceneggiatura: Charles B. Griffith.
Durata: 71'
Seymour Krelboyne (Johnatan Haze) è uno strampalato e imbranato commesso nel negozio di fiori Gravis Mushnik (Mel Welles), bottega situata in una periferia poco raccomandabile.
Seymour vive con la madre ipocondriaca (Myrtle Vail) ed è sempre sull’orlo del licenziamento per via delle sue goffaggini. Salva il posto di lavoro quando crea una pianta con dei semi comprati da un mercante cinese che si nutre di insetti (o almeno è quello che racconta lui).
La pianta viene chiamata Audrey Jr., come Audrey (Jackie Joseph) dolce assistente di Mushnik di cui Seymour è segretamente innamorato. Presto il negozio di Mushnik diventa meta di attrazione per curiosi, favorendo un incremento delle vendite per mr. Mushinik.
Grazie alla sua creatura, Seymour non rischia più il licenziamento, Audrey si interessa di lui e il timido commesso è felice della sua creazione, che continua a crescere florida. Ben presto però Seymour perde il controllo della situazione: Audrey jr. in realtà è una pianta carnivora che si nutre di… Sangue umano!
Seymour non sa più come sfamare la sua creatura, fino a quando non commette involontariamente degli omicidi che si trasformano in lauti pasti per la sempre più affamata Audrey, diventando schiavo del vegetale…
Possono tre giorni di lavorazione e 30.000 dollari per creare un cult movie? La risposta è sì se si tratta di Roger Corman. Il regista statunitense, famoso per aver creato film low-cost in tempi ristretti, ha confezionato La piccola bottega degli orrori, una black comedy surreale girata in tempi record.
Corman ha inventato un microcosmo dove l'anomalia è la norma. La folle parabola esistenziale di Seymour Krelboyne è raccontata con divertimento e una buona dose di nonsense, e nessuna delle sue assurde situazioni sono votate alla normalità. Non c’è un personaggio a posto, ognuno ha la propria peculiarità: dal cliente più affezionato con l’abitudine di mangiare i fiori (i migliori si trovano nelle piccole botteghe, non nelle grandi distribuzioni), alla signora perennemente in lutto, alla signora snob studiosa di piante, alle liceali desiderose di ospitare la pianta carnivora per la parata della scuola, fino a un esilarante Jack Nicholson agli esordi nei panni di uomo masochista.
Se la graziosa Audrey sembra il personaggio più assennato, in realtà ha un debole per gli outsider e finisce per innamorarsi del timido e squinternato Seymour, succube di una madre che si crede ammalata e che lo nutre con olio di ricino ed erbe cinesi.
Il nutrimento è il leit motiv del film: al calar del sole la pianta carnivora Audrey Jr. urla al suo padrone “nutrimi! Ho fame!” di continuo. La sua sete di sangue scatena le gag più divertenti e per niente paurose (forse suscitate 50 anni fa).
Interessante è il legame “affettivo” tra Seymour e Audrey Jr., come per Frankestein con la sua creatura. La crescita della pianta va di pari passo con la crescita emotiva di Seymour: se prima era insicuro e maldestro, facendo capitomboli a ripetizioni appena muoveva un passo (di puro gusto slapstick) la sua piccola Audrey era deperita; invece quando Audrey Jr. comincia a crescere, aumenta l’autostima del protagonista, diventando più espansivo e meno imbranato. Seymour è felice di aver realizzato il suo sogno di botanico in erba, diventa più sicuro di sé e si fidanza con la dolce Audrey.
Il cambiamento però ha toni sempre più dark: Audrey Jr. è sempre più assetata di sangue, così come Seymour diventa un assassino suo malgrado.
Tra la pianta carnivora e il commesso s’instaura un legame morboso e Seymour è come ipnotizzato, sa di commettere il male, ma allo stesso tempo non sa come staccarsi dall’esigente pianta. Solo alla fine riuscirà a spezzare il maleficio, ma a discapito del povero Seymour.
Se la trama di per sé è esile e l’impianto è quasi teatrale, dove la location principale è la bottega di Mushnik, il punto di forza risiede nelle situazioni noir al limite dell’orrore trasformate in situazioni esilaranti.
Il personaggio di Seymour è talmente goffo da far ridere anche quando uccide involontariamente il guardiano dei treni, il dentista sadico (divertentissima la battaglia a colpi di trapano) e la prostituta che invano cerca di sedurlo, che si presenta/perseguita al malcapitato commesso come il cane Droopy, cartoon nato dalla matita di Tex Avery.
La piccola bottega degli orrori a 51 anni di distanza è un film ancora godibile e divertente. Una piccola idea, pochi soldi e tanto divertimento. Roger Corman ha creato la sua ricetta vincente.
Voto: 7
A.M.