sabato 31 maggio 2014

CULT MOVIE: Pretty Woman






Titolo: Pretty Woman
USA, 1990
Cast: Julia Roberts, Richard Gere, Hector Elizondo, Laura San Giacomo.
Sceneggiatura: J.F. Lawton.
Regia: Garry Marshall
Durata: 110'

Vivian Ward (Julia Roberts) è una moderna Cenerentola che ha perso la scarpetta e ora si ritrova a Hollywood Boulevard con una parrucca bionda, un abito succinto e i tacchi a spillo.
Edward Lewis (Richard Gere) è il principe che invece ha indurito il suo cuore e prende le aziende in fallimento, le smembra e le rivende a cifre da capogiro.
Ma se nella favola Cenerentola perde la scarpetta e la ritrova grazie al principe, in questa favola degli anni Novanta è il principe che perde la strada verso casa (o meglio, una stanza in uno dei più lussuosi hotel di Beverly Hills) e la ritrova con questa deliziosa fanciulla che ancora non sa di essere una principessa.
Non siamo in un paese incantato, ma siamo nella luccicante Beverly Hills, dove se non sei ricco non sei nessuno.
Il principe Edward però, non le pone la scarpetta di cristallo, ma un consistente affare: una settimana con lui per un prezzo da capogiro. Un’offerta che non può rifiutare. E non lo fa. Perché Cenerentola avrà anche un cuore d’oro, ma anche un gran senso per gli affari.
Ma lei ha bisogno di una trasformazione, e per questo c’è una fatina piccola piccola che si chiama carta di credito, che con un solo tocco apre le porte dei più lussuose e modaiole boutique di Rodeo Drive. E Cenerentola è pronta per il gran girotondo di balli nell’alta società americana per un’intera settimana.
Garry Marshall alleggerisce la parabola esistenziale di questa splendida ragazza che sognava Los Angeles e invece è finita a calcare i marciapiedi facendo il mestiere più antico del mondo. E se l’Hollywood Boulevard ha il marciapiede costellato di stelle, queste stelle sono calpestate da tacchi a spillo vertiginosi, pronti a muoversi per salire sull’auto di un uomo che non ricorda neanche lontanamente il principe azzurro.
Ma ognuno nella vita merita una seconda chance, e a Vivian capita un uomo d’affari senza scrupoli con una vita sentimentale vuota e capace solo di fare soldi calpestando tutti pur di raggiungere i suoi obiettivi. 
In una città scintillante come Beverly Hills, tutto è basato sull'apparenza: se Vivian dall'esterno è una ragazza volgare con abiti altrettanto volgari, ma nasconde un'anima pura, Edward invece ha l’apparente eleganza di un uomo d’affari vestito in Armani, ma dentro è un uomo arido incapace di provare reali sentimenti. 
Vivian vive la sua favola ed entra nel magico mondo dei ricchi californiani, ma è mal vista dalla miriade di sorellastre cattive dei negozi di moda che le vedono in lei solo la prostituta, con i tacchi a spillo, dai modi spicci e disdicevoli. E non si pongono problemi a rammentarglielo.
Meno male che c’è il pigmalione di turno che, nelle vesti del direttore dell’hotel (Hector Helizondo) vede in lei sì una donna di strada, ma anche una ragazza carina e ingenua che può essere una ragazza di classe e con stile. Perché nel fatato mondo di Beverly Hills, la classe puoi acquistarla con un favoloso abito firmato. E le sorellastre cattive possono solo stare a guardare rose dall’invidia.
Se Vivian ha la possibilità di essere una “signora per un giorno”, Edward a sua volta avrà la chance di vivere una vita migliore imparando a godersi l’aspetto semplice della vita, ma soprattutto a rispettare il prossimo.
E se Edward le offre l'opportunità di cambiare vita, Vivian a sua volta gli da quello scossone che lo sveglia dal torpore capitalistico in cui era caduto.
Entrambi impareranno l’uno dall’altra, e immancabile scocca l’amore. Altrimenti che Cinderella e principe azzurro sarebbero?
Ma sappiamo benissimo che in Pretty Woman la favola non finirà. Perché dopo 24 anni, Pretty Woman è una scoppiettante commedia romantica che ancora affascina e avvince, che è ancora perfetta per una “chicken nigth”, ovvero una serata tra ragazze.
E in effetti Pretty Woman sdogana il genere dei “film per gallinelle” che imperverseranno negli anni Novanta, lasciando spazio a film con storie femminili che hanno deliziato una generazione di trentenni non ancora entrate nella Sex and the City Generation.
Diretto con mano leggera e sicura da Garry Marshall, Pretty Woman in realtà è più cinico di quanto si possa immaginare, anche se il tutto è sapientemente annacquato per fare leva sull’aspetto romantico e sognante. Un po’ come bere il vino con l’acqua. Ma alla fine bevi sempre il vino, solo che è più leggero.
La ricetta vincente di Pretty Woman è una sceneggiatura semplice ma briosa, una bella colonna sonora, ma soprattuto un cast vincente a partire dalla coppia Richard Gere e Julia Roberts, e impreziosita da Hector Helizondo (che girerà tutti i film diretti da Garry Marshall), Ralph Bellamy star delle commedie anni Trenta alla sua ultima apparizione,  e Laura San Giacomo nel ruolo dell’amica di Vivian.

Pretty Woman mantiene intatta la freschezza di una favola romantica, che non ha perso smalto nel corso degli anni, divertendo e perché no, facendo sognare le “gallinelle” oggi forse parecchio più ciniche delle “gallinelle” di venti anni fa, ma sotto sotto nascondono ancora un’anima sognatrice.

Voto: 8

venerdì 30 maggio 2014

MONNEZZA MOVIE: Mangia, prega, ama



Titolo: Mangia, prega, ama
Titolo originale: Eat, Pray, Love
USA, 2010
Cast: Julia Roberts, Javier Bardem, Richard Jenkins, James Franco.
Sceneggiatura: Ryan Murphy, Jennifer Salt.
Regia: Ryan Murphy.
Durata: 135'


Elizabeth Gilbert (Julia Roberts) è una scrittrice di successo, ha un marito che ama (Billy Cudrup), una splendida casa a New York e una vita sociale intensa. Che vita di merda.
Elizabeth è talmente sfigata che per lavoro deve andare a Bali, dove incontra pure uno sciamano che le farà la fattura dicendole che il suo matrimonio andrà in vacca e che tornerà in questo paradiso. Per maledire lo sciamano.
La fattura comincia a fare effetto e lei si sente già in preda allo sconforto, perché la sua vita fatta di successo, party e un gran pezzo di manzo come marito non le bastano, e manda tutto alle ortiche. Poverina.
Così decide di troncare il matrimonio, ma finisce per stare insieme a un giovane attore con lo sguardo strano, boh, forse ha la congiuntivite. Elizabeth dopo aver mandato a cagare il marito, dopo aver trovato subito un figaccione con la congiuntivite e averlo mollato (bastava avere il proprio asciugamano, mica teneva la lebbra!) va in crisi e l'insoddisfazione si impossessa di lei.
Ahò Elizabeth, ma si può sapere che cazzo vuoi dalla vita? 
Se in genere una donna sugli "anta" finisce per ingozzarsi di gelato dopo un divorzio e una nuova vita da single, facendo inchiattare il gatto affinché non rimanga affamato e decida di agguantare la tua faccia facendola diventare il suo nuovo piatto di Kit e Kat;  Elizabeth decide di farsi quattro mesi a Roma, quattro mesi in India, quattro mesi a Bali e quattro affanculo. Perché ricordiamolo come se fosse il nostro mantra: Elizabeth ha una vita di merda.
Perché deve imparare a mangiare (per quello c'era la weight watcher cara), la contemplazione della preghiera (un Padre Nostro prima di andare a fare la nanna?) e sopratutto imparerà ad amare (ma tenerti il marito o il fidanzato mezzo orbo, no?). No! Lei deve scoprire il suo io interiore. E noi ce lo dobbiamo sorbire. Perché lei ha una vita di merda, capito?
Va  Roma, e c'è Luca Argentero che le dice che gli italiani non fanno un cazzo dalla mattina alla sera e che pensano solo a magnare e a scopare. Fanculo il Colosseo, fanculo piazza di Spagna e  fanculo pure piazza Navona, questa vuole solo magnare.  Magna, magna che te possono ammazà che te magni pure il Papa tra un po'. Che te posseno!
Elizabeth inchiatta e deve espiare le sue colpe e va in India.
Momento di meditazione che rasenta il trascendentale: Zzz... Zzz... Zzz...
E dopo averci fatto due palle così, è l'ora di andare a Bali dal santone per fargli un culo così.
E se questa volta si sforza di visitare un po' l'Indonesia, ma chissene, ci sta Javier Bardem! Che è Spagnolo ma fa il Brasiliano. Ma chissene, è un fico da paura, può essere pure Olandese, è un gran bel figo.
Morale della favola, dopo un anno, tutto questo andare in giro cosa ti ha portato?  Alla mazza. Perché alla fine cara Elizabeth, dovevi solo farti una bella trombata. E non era necessario andare in culo ai lupi per capirlo.
Mangia, prega, ama è un film sonnolento che sfida lo spettatore a un viaggio alla ricerca di sé e delle balle che gli cascano dopo una mezz'ora. E un film sostanzialmente inutile, una fiera dei cliché e di luoghi comuni, tipico della cultura Yankee che non ha una storia e non capisce a sua volta la storia degli altri paesi, ma ha la presunzione di saperlo. La vera Elizabeth Gilbert ci ha provato e ha cambiato la sua esistenza assaporando culture differenti, ma la sceneggiatura del film è talmente scritta a cazzo di cane, che non rende minimamente la crisi esistenziale che ha passato la scrittrice. Edè peccato per Julia Roberts, splendida quarantenne che finalmente torna protagonista assoluta. Peccato che lo faccia con il film sbagliato.
La pellicola diretta dal regista televisivo Ryan Murphy (Nip/Tuck) alla fine è un crogiuolo di luoghi comuni, buttando alle ortiche i piaceri forti e le passioni che hanno portato la vera Liz Gilbert (che non se prenda a male per questa recensione volutamente ironica,  caso mai se la devi prendere con gli sceneggiatori che hanno scritto un film di merda) ha raccontare la sua avventura, finendo per creare una grande e interminabile cartolina che dura più di due ore.

Voto: 3

giovedì 29 maggio 2014

MUSIC REVIEW: The importance of Being Idle


Titolo: The Importance of Being Idle
GB, 2005
Band: Oasis.
Protagonista: Rhys Ifans.
Regia: Dawn Shadforth.
Durata: 3'56''

Oggi è la giornata  più importante caro Idle, è ora di alzarsi dal letto. E' la tua festa caro Idle, sistemati la cravatta e mettiti la giacca del vestito più elegante che hai. Sei pronto? E' il giorno in cui dici addio al mondo. E' il tuo funerale caro Idle, il tuo momento è arrivato. E devi celebrare il tuo giorno, sei tu il regista di tutto, fai in modo che sia un evento indimenticabile: canta, balla, prendi in prestito lo stile jazz di New Orleans per un attimo per rendere tutto perfetto e impeccabile. 
Chissà dove ti porteranno carissimo Idle. Dici che sarà divertente come il mardì gras di New Orleans? Non importa, perché il viaggio lo condurrai tu, e sarà divertente e in grande stile.
E' arrivato il momento di andare Idle. Saluta tutti. Lo so che i tuoi amici e i tuoi parenti sono tristi, ma la festa è finita e gli invitati si possono congedare.
The Importance of Being Idle è un videoclip degli Oasis, e per una volta si sono messi da parte per rendere Rhis Ifans il protagonista assoluto del videoclip. Diretto da Dawn Shadforth, la regista inglese riprende lo stile di un musical, tanto caro alla cultura londinese, con una coreografia semplice ma ben studiata, sposandola con lo stile dei funerali che si celebrano a New Orleans. 
Il tutto è incorniciato in un bianco e nero che rende omaggio alla cinematografia inglese anni Sessanta. Rhis Ifans è perfetto nel dare la giusta dose di sarcasmo e ironia a Mr. Idle, che ha deciso di lasciare questo Mondo a modo suo.
Goodbye Idle, grazie per aver reso speciale il tuo ultimo viaggio.


lunedì 26 maggio 2014

SPOT REVIEW - Hotel Campari



Titolo: Hotel Campari
Protagonista: Salma Hayek
Regia: Matthew Rolston
Durata: '31

Una donna dai capelli corvini e le labbra rosso fuoco (Salma Hayek) entra nel misterioso Hotel Campari. La sensuale fanciulla viene subito notata, grazie anche al meraviglioso abito da sera dalla scollatura vertiginosa che ne esalta la sua sensualità.
Sulle note di un intrigante tango, la mora caliente ancheggia sinuosamente e lungo il suo cammino è attirata da individui mascherati la invitano nella propria stanza offrendole in dono preziosi gioielli, seduzione e ogni genere di tentazioni. Ma lei resiste e procede imperterrita, quando, all'improvviso, nota qualcuno che ha in mano un vassoio mentre versa in un bicchiere del Campari. L'uomo in incognito si ritrae e chiude la porta.
Un primo piano della splendida donna cattura il suo sguardo seducente evidenziandone il suo interesse, per poi vederla subito dopo entrare nella stanza. Le porte si chiudono, con il cartellino Campari al posto del classico "do not disturb".
Tutto può succere e quando il red passion chiama, non si può resistere ad una tentazione così invitante. Questo è il messaggio della campagna pubblicitaria di Campari Red, fotografata da Mario Testino che cura il calendario, mentre il californiano Matthew Rolston cura la regia questo spot girato a Praga.
Hotel Campari è la rappresentazione di un microcosmo affascinante, una raffinata trasgressione, dove il lecito e non è permesso.Il glamour la seduzione sono insiti in ogni sequenza, che trasudano sesso, ricchezza, eleganza e soprattutto l'abbandono di ogni inibizione.
Salma Hayek è la testimonial di eccezione capace di esprimere sensualità ed eleganza soltanto con giochi di sguardi e un incedere femminile e felino.
Campari Red Passion. Come resistere al richiamo della passione?


domenica 25 maggio 2014

THAT'S 70'S DAY: Larry Flynt - Oltre lo scandalo

Questo mese la 70’s bloggers celebra gli anni Settanta in modo particolare: non con i Movie Brats, ma con film contemporanei ambientati in quel mitico periodo. Director’s cult fa un tuffo nel passato con Larry Flynt – Oltre lo scandalo diretto da Milos Forman, sulla scandalosa  vita di Larry Flynt, il creatore della rivista hard Hustler.
Titolo: Larry Flynt – Oltre lo scandalo





Buon 70's day!




Titolo originale: The People Vs. Larry Flynt.
Cast: Woody Harrelson, Courtney Love, Edward Norton, James Cromwell.
Sceneggiatura: Scott Alexander, Larry Karaszewski.
Regia: Milos Forman.
Durata: 129’

Biopic sulla controversa figura di Larry Flynt, il creatore della rivista pornografica Hustler, e la sua battaglia per la libertà di espressione.
Gli anni Sessanta e Settanta furono gli anni del “flower power”, degli Hippies, “dell’utero è mio e me lo gestisco io”, della liberazione sessuale e dell’uso delle droghe leggere. Ma furono anche i ruggenti anni del porno grazie a Larry Claxton Flynt (Woody Harrelson), eccentrico imprenditore e self made man americano.
Nato povero ma con un forte senso degli affari fin da ragazzino, Larry parte in sordina con un locale esclusivo per uomini e nel 1973 per far fronte alla depressione economica dovuta al crisi petrolifera in America, decide di sdoganare la sessualità femminile su carta, ovvero con una newsletter che ben presto diventerà Hustler, l’antagonista di Playboy, la celebre rivista con le sue conigliette.
Se Hugh Hefner il creatore di Playboy giocava (e gioca ancora oggi) con uno stile da pin up includendo comunque articoli di attualità tipo “come fare un perfetto Martini”, Flynt sbatte direttamente il sesso in prima pagina. Ed è un successo. Ma anche uno scandalo.
L’unica colpa che ha Larry Flynt è il pessimo gusto, ma la sua ideologia di fondo si basa sulla libertà di pensiero, facendo del Primo emendamento il suo credo. 
Il Primo emendamento della Costituzione Americana recita:
"Il Primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti garantisce la terzietà della legge rispetto al culto della religione e il suo libero esercizio, nonché la libertà di parola e stampa; il diritto di riunirsi pacificamente; e il diritto di appellarsi al governo per correggere i torti."
Libertà che nella mente eccentrica e anticonformista di Flynt si tramuta in una liberazione del sesso, contemplando la figura femminile in maniera “nuda e cruda” come qualcosa di normale e ovvio.
Perché non mostrare il sesso femminile quando il corpo della donna è stato creato da Dio, comprese le sue parti intime? Questo si chiede il picaresco Flynt. E c’è un non so che di ingenuo e naif nel suo ragionamento, come dargli torto?
Eva prima del peccato originale non indossava vestiti. Dio l’ha creata senza. E’ dopo il peccato originale che Eva cominciò a provare vergogna e a sentire la necessità di coprirsi. E tale vergogna è rimasta nella società dei benpensanti e dei puritani, che vedono il lavoro di Larry Flynt oltraggioso non tanto per la strumentalizzazione del corpo femminile, ma nella rappresentazione esplicita della sessualità della donna.
E qui inizia la crociata del popolo americano contro Larry Flynt, incarnato dal politico Charles Keating (James Cromwell), che deve assolutamente prevenire la distruzione dell’anima degli Stati Uniti d’America. E comincia il waltzer dei processi per oscenità. In soccorso di Larry arriva l’avvocato Alan Isaacman (Edward Norton), avvocato specializzato in diritti civili. E Larry Flint difende il suo operato seguendo il Primo emendamento della Costituzione, come un fedele che segue ciecamente il decalogo dei Comandamenti, derogandosi il sacro santo diritto di esprimere ciò che pensa. Anche se è oltraggioso e disgustoso per l'opinione pubblica. 
E come i libelli francesi dell’Ottocento che sbeffeggiavano la chiesa, la monarchia e la verginità delle fanciulle, Larry Flynt sbeffeggia Santa Claus, l’uomo di latta del mago di Oz e soprattutto i predicatori di Dio.
Larry Flynt non vuole corrompere nessuno, ognuno è libero di leggere la rivista che vuole. Se non ti piace Hustler, non leggerlo. Ma la sua crociata contro la censura gli causa processi e detenzione in carcere. 
Se una foto che ritrae un omicidio viene pubblicata in una rivista di cronaca, ritraendo comunque un’azione illegale, non viene ritenuta tale e anzi viene anche premiata con il Pulitzer, perché lo diventa quando l’immagine è di una donna nuda?
Perché il sesso, in quanto tale (e non nel contesto), non è illegale, ma lo diventa se viene esposto? Tutti vogliono fare sesso, che male c’è nel rappresentarlo?
Perché il sesso è qualcosa di sporco, quando invece la violenza della guerra viene vista con un’aurea di eroismo? 
I politici bigotti vedono la rappresentazione del materiale che contiene immagini sessualmente esplicite come elemento di corruzione per i giovani americani, mentre spinge i giovani ad arruolarsi (siamo pur sempre nella guerra del Vietnam). E Flynt si chiede: è più osceno il sesso, o la guerra?
E il film di Milos Forman si concentra soprattutto sulla battaglia di Larry Flint contro il sistema bigotto che si nasconde sotto l’ala del perbenismo. Ed è qui che Forman focalizza la prima parte del film sulla battaglia di Flynt in nome della libertà di espressione, facendo leva sulla contradditorietà della società americana.
Milos Forman rappresenta Larry Flynt come il condottiero fiero, iconoclasta, anticonformista che non disprezza (inizialmente) il sistema, ma sbeffeggia le falle del sistema giuridico stesso.
E come un biopic che si rispetta, non manca la parte sulla vita sregolata dell’editore degli scandali, tra feste, un intenso ménage familiare con la moglie Althea (Courtney Love) e la sua conversione religiosa che confluisce sul suo lavoro al limite del grottesco, e man mano aumenta la drammaticità con l’attentato che Flynt e il suo avvocato subiscono per mano di un pazzo, che porterà l’editore in una parabola esistenziale buia e rabbiosa, rendendo ancora più aspra la sua battaglia contro il sistema, e contro il dolore della sua menomazione fisica.
Passano gli anni Settanta, si affaccia la minaccia dell’AIDS, e gli anni dell’ospedale giudiziario, ma l’indomito Larry condurrà la sua ultima battaglia in nome della libertà di espressione.
Larry Flynt- Oltre lo scandalo è una travolgente (per come si susseguono velocemente gli eventi, per via anche della ricchezza che un soggetto come Flynt rappresenta) parabola della lotta per far valere il primo emendamento in un paese che, nonostante abbia vissuto un periodo di “sex, drug, and rock’n’roll” nell’epoca d’oro dei 70’s, aveva ancora una patina di puritanesimo ipocrita difficile da eliminare.
E se la prima parte del film è più irriverente, Milos Forman riesce comunque a rappresentare un materiale scabroso come la pornografia senza scadere nella volgarità, anche perché si focalizza sulla filosofia e sul credo di Larry Flynt piuttosto che su ciò che Flynt ha creato.
Forman guida con mano sicura un cast eccellente a cominciare da Woody Harrelson, che riesce a incarnare lo stile beffardo dell’editore, a Edward Norton, all’epoca un attore esordiente ma già promettente; ma a sorpresa la migliore è l’outsider Courtney Love, la rocker delle Hole che esordisce al cinema per la prima volta e riesce a rappresentare con bravura i demoni di Althea, demoni che la cantante stessa ha dovuto combattere per anni.
Larry Flynt – Oltre lo scandalo, può piacere o no. Non siete tenuti a vederlo se non siete interessati. È  pur sempre un paese libero.
Voto: 7,5






venerdì 23 maggio 2014

RECENSIONE: I ragazzi stanno bene.





*Il fascino indiscreto di una recensione retrò*

Titolo: I ragazzi stanno bene Titolo originale: The Kids Are Alrights
USA, 2011
Cast: Annette Bening, Julianne Moore, Mia Wasilowska, John Hutcherson.
Sceneggiatura: Lisa Cholodenko.
Regia: Lisa Cholodenko.
Durata: 105'

Joni (Mia Wasilowska) si chiama come la celebre cantante folk, ama la biologia ed è in procinto di andare al college. Joni è figlia di Nic (Annette Bening) ginecologo di successo che adora All I Want di Joni Mitchell.
Laser (John Hutcherson) è un ragazzo dal cuore d’oro, ma preferisce passare il tempo a fare cose stupide insieme al suo amico piuttosto che studiare. Sua madre è Jules (Julianne Moore), architetto mancato e in cerca di un impiego che la soddisfi. Jules e Nic sono una coppia lesbica che hanno deciso di procreare grazie alla fecondazione assistita. La vita dei ragazzi scorre tranquilla fino a quando Laser vuole scoprire a tutti i costi chi sia il loro padre.
Così riesce a convincere Joni, e la poco convinta neo diciottenne finisce col cedere e contrattare la banca del seme. Joni così scopre che il donatore di entrambi è Paul (Mark Ruffalo) ristoratore amante dell’agricoltura biologica e impenitente playboy.
Joni e Laser incontrano Paul di nascosto e la situazione precipita quando Paul si introduce nel menage familiare di Nic e Jules rompendone gli equilibri.
Dopo il serial The L World, Los Angeles torna a diventare lo scenario dell’omosessualità femminile.
The Kids Are Alright, titolo originale della pellicola diretta da Lisa Cholodenko preso in prestito da un album degli Who, non è una ricerca antropologica su come vive una coppia gay, né uno spot a favore sulla famiglia omosessuale, ma una classica commedia che narra i valori tradizionali della famiglia e le difficoltà di una coppia nella vita quotidiana alle prese con i figli adolescenti.
E l’elemento originale consiste proprio in questo: la regista si focalizza sul rapporto tra Nic e Jules come la classica coppia che vive in preda a discussioni, crisi, momenti di tenerezza, la passione dopo anni di vita di in comune e non come due donne gay, elemento tra l’altro del tutto trascurabile, piuttosto degli “effetti” sociali che potrebbero ripercuotersi su due ragazzi alle prese con due mamme.
Chi porta i pantaloni in casa è Nic, tipica “donna alfa” in carriera ed è lei che comanda. Jules invece è la più sensibile, ha lasciato gli studi e una possibile carriera per concentrarsi sui figli e spesso nel corso del film, la sua frustrazione alla “desperate housewife” si fa viva.
L’elemento omosessuale invece finisce per emergere proprio con un uomo che si infila in un nucleo familiare che non gli appartiene ed è proprio lui a rovinare la famiglia perfetta.
L’elemento interessante è proprio nella difesa del nucleo tradizionale e il concetto di famiglia alternativa composta da Nic, Jules, Paul e i ragazzi proprio non va. Allora è meglio tornare al vecchio nucleo costituito da mamma Nic, mamma Jules e i ragazzi , perché è questo il modello che funziona. Poi, se i ragazzi stanno bene, perché rovinare il loro equilibrio? Joni e Laser sono solo curiosi di sapere l’origine del loro patrimonio genetico e non sono alla ricerca della figura paterna mancante.
Chi desidera essere papà è proprio Paul, che di colpo capisce di aver speso la sua giovinezza da sciupafemmine e solo ora si accorge a 40 anni di volere essere genitore. Ma lo fa con la famiglia non sua. Alla fine lui è stato solo un mezzo, e ciò non lo rende automaticamente un genitore. D’altronde i figli sono di chi li cresce e non di chi li fa e Nic lo fa capire con una battuta secca e cinica verso la fine del film.
I ragazzi stanno bene è una commedia scritta bene, non volgare e priva di cliché, fatta di attori in primis due suberbe interpretazioni di Annette Bening e Julianne Moore (ma quando vinceranno un Oscar?) e una bella colonna sonora. Bening è ottima nell’interpretare una donna forte e castrante, mentre Moore è brava nel mostrare le fragilità e la confusione sessuale e non della sua Jules. Bravi anche Mia “Alice in Wonderland” Wasilowska e Mark Ruffalo, simpatica canaglia.
I ragazzi stanno bene è un’ottima commedia indie divertente e che fa riflettere.

Voto: 7,5
A.M.

lunedì 19 maggio 2014

IL CIRCOLO DI CUCITO: Angie e la macchia bianca



La "malefica" Angelina Jolie è alle prese con la promozione di Maleficent, il film in cui veste i panni della cattivissima strega della Bella addormentata nel bosco, diventa multitasking e trova il tempo per accompagnare il compagno Brad Pitt per la prima di The Normal Heart, da lui prodotto. 
Angelina è talmente indaffarata da non aver un minuto da dedicare al make up: splendida sul red carpet, elegante e impeccabile, ma i flash impietosi lasciano intravedere una malefica" macchia bianca di cipria che imperversava diabolicamente sul suo volto. Sarà per deformazione professionale al punto da volere lasciare il pallore malefico della strega, in modo da fare doppia pubblicità? 
Come se volesse dire: caro Brad, io ti accompagno, ma ti rammento che a fine mese esce il mio film!
In realtà la colpa è della cipria della discordia che è talmente HD, da risultare splendida splendente sotto l'effetto dei flash fotografici. E se un tempo c'era l'effetto occhi rossi, oggi c'è l'effetto cipria bianca!

sabato 17 maggio 2014

FILMOGRAFIA: Robert Zemeckis



NOME:
Robert Zemeckis
DATA DI NASCITA: 14/05/1952
LUOGO DI NASCITA: Chicago, Illinois, Usa
PROFESSIONE: Regista, Produttore, Sceneggiatore, Montatore



REGISTA:

(2012) Flight
(2009) A Christmas Carol
(2007) La leggenda di Beowulf
(2003) The polar express
(2000) Cast Away
(2000) Le verità nascoste
(1997) Contact
(1994) Forrest Gump
(1993) "Johnny Bago" (Serie Tv)
(1992) La morte ti fa bella
(1991) Incubi
(1990) Ritorno al futuro parte III
(1989) "I racconti della Cripta" (Serie Tv)
(1989) Ritorno al futuro parte II
(1988) Chi ha incastrato Roger Rabbit?
(1985) "Storie incredibili" (Serie Tv)
(1985) Ritorno al futuro
(1984) All'inseguimento della pietra verde
(1980) La fantastica sfida
(1978) 1964: allarme a New York arrivano i Beatles
(1973) A field of Honor
(1972) The Lift

venerdì 16 maggio 2014

ORIGINALE Vs. REMAKE: Lady for a Day

Torna l'appuntamento Originale Vs. Remake, in collaborazione con Ho voglia di cinema. Questa volta il match è Lady for a Day Vs. Angeli con la pistola, entrambi diretti da Frank Capra. 




Titolo: Lady for a Day
USA 1933
Cast: May Dobson, Warren William, Glenda Farrell.
Sceneggiatura: Robert Riskin
Regia: Frank Capra
Durata: 94’

Apple Annie (May Dobson) è una venditrice di mele che bazzica per le strade di New York. Povera, sola e al limite dell’alcolismo, viene aiutata dalla comunità locale e da Dave “Lo sciccoso” (Warren William) un business dai contatti poco puliti che vede nelle sue mele un portafortuna per i suoi affari. 
Annie ha una figlia, Louise, che vive in Spagna. Louise è convinta che sua madre sia una donna dell’alta società e a sorpresa arriva negli Stati Uniti per farle conoscere il fidanzato, un conte spagnolo. Annie è disperata e non sa come nascondere la verità. Ma ci pensa Dave ad aiutarla, facendola diventare una lady per un giorno.
Frank Capra è il regista simbolo del New Deal. Immigrato italiano trapiantato negli Stati Uniti in tenera età, ha saputo incarnare lo spirito Yankee, facendolo diventare parte del suo DNA.
Il suo cinema apparentemente trasuda buoni sentimenti, ma in realtà riesce a cogliere con pungente ironia i cambiamenti della società americana, e in questo caso dell’America travolta dalla grande Depressione. Apple Annie è l’emblema della povertà in cui è caduta l’America dopo il crollo di Wall Street: sola, alcolizzata e indigente, riesce a sopravvivere grazie alle mele che riesce a vendere a Time Square, per mantenere un alto tenore di vita della figlia che ignora lo stato in cui versa la madre.
Annie si vergogna di dire la verità, e imbastisce una sceneggiata in cui appare come una ricca signora dell’alta società sposata con un lord. Ma si sa, le bugie hanno le gambe corte, e presto rischia di essere scoperta.
Capra gioca con i toni di una favola di una Cenerentola non più giovane, dove i poveri hanno una chance di cambiare la propria vita. Ma, come recita il titolo, Annie diventa lady per un giorno. E non è il New Deal Roosveltiano a darle una mano, bensì a prestarle soccorso è l’ambiguo Dave, che rappresenta un altro lato dell’America della Grande Depressione: il proibizionismo. Danny aiuta Annie giusto perché è il suo “porta fortuna” con le sue mele, ed è convinto di concludere grandi affari grazie a lei.
Danny cura i suoi interessi, ma alla fine è affezionato a questa povera vecchia che vuole solo il meglio per sua figlia. Un benessere illusorio che lei non ha potuto mai assaporare dalla vita.
Danny e la sua fidanzata, Missisipi Martin, creano una sceneggiata ad hoc per nascondere la verità a Louise, cercando nei “bassi fondi” un giudice che si paga l’affitto giocando a biliardo, che diventa per l’occasione il marito di Annie, e i suoi “scagnozzi” che diventano per l’occasione gente dell’alta borghesia, in un esilarante gioco di ruoli.
L’abito non fa il monaco e Annie si trasforma in una perfetta signora dell’alta borghesia grazie a un bagno, un bel vestito, una messa in piega e un finto marito: ma una volta finita la favola, la carrozza si trasformerà in una zucca e Annie ritornerà a vendere mele per le strade di New York. O forse rimarrà una lady. Perché nell'America di Roosvelt, c'è ancora una chance di rialzarsi e ricominciare da capo.
Ma Capra insieme ai buoni sentimenti zuccherini mette un po’ di cattiveria in questa favola, perché il futuro suocero di Louise, un conte spagnolo, vuole saperne di più sul suo conto e anche la stampa, che fiuta lo scoop cerca di saperne di più. E Annie non riesce a dormire sonni tranquilli, perché sa che sotto il bell’abito lungo si nasconde Apple Annie, la barbona che vende le mele a Times Square.
Ed ecco che Dave deve usare mezzi poco leciti a fin di bene, facendo sparire per qualche giorno i reporter ficcanaso e facendo credere che i suoi scagnozzi siano gente perbene.
Tutto è una menzogna. Ma una menzogna a fin di bene, pur di aiutare una donna in difficoltà. E ogni mezzo è lecito. Anche se è illecito.
Annie rischia di finire nei guai, ma la bontà della società Roosveltiana incarnata dal sindaco e dai rappresentati dello Stato, hanno la meglio e il bene trionfa all'ultimo momento. Ma c’è sempre un sottile velo di cinismo che aleggia in questa bella favola raccontata da Frank Capra, perché Lady for a Day è una commedia dei buoni sentimenti che è capace però di mostrare un lato dell’America schiacciata dalla povertà, anche se c’è ancora chi crede nell’altruismo.
Un senso di bontà apparente, dove la mano che viene tesa ad Annie proviene da un gangster e non dal New Deal, che per un giorno si ricorda degli indigenti e decide di guardare oltre, rendendosi conto che c’è uno strato sociale abbandonato a sé stesso. Tutto si risolve per il meglio, ma non sappiamo se la carrozza sulla quale è salita Annie si è trasformata nuovamente in una zucca.
Frank Capra preferisce lasciare in sospeso la storia di Apple Annie, imbastendo una bella commedia divertente e dai tempi comici perfetti, lasciando comunque una punta di amarezza e una critica nei confronti della società americana.


Voto: 8

giovedì 15 maggio 2014

GOODBYE: Addio a Malik Bendjelloul


Il documentarista Malik Bendjelloul è stato trovato morto nella sua casa a Stoccolma in circostanze poco chiare. Aveva 36 anni. 
Il 2013 è stato il suo anno d'oro, vincendo un Oscar per il suo documentario In Searching For Sugar Man, sul cantautore americano Sixto Rodriguez, artista di culto, ma poco fortunato nel mondo dello spettacolo. 
Bendjelloud fu una star prodigio della televisione prima di approdare dietro la macchina da presa, producendo anche videoclip e documentari.
Il 2013 è stato il suo anno più fortunato. Il 2014 il suo anno più nefasto. 

martedì 13 maggio 2014

RECENSIONE: A Single Man


*Il fascino indiscreto di una recensione retrò*

Titolo: A Single man.
USA, 2009
Cast: Colin Firth, Julianne Moore, Matthwe Goode, Nicholas Hoult, Ginnifer Godwyn.
Sceneggiatura: Tom Ford, George Scearce, basato sul romanzo A Single man di Cristopher Isherwood
Produzione:
Regia: Tom Ford
Durata: 99'

George Falconer (Colin Firth) è un professore di letteratura inglese in un college di Los Angeles. Sullo sfondo della città degli angeli vi è la minaccia della crisi missilistica di Cuba ma non sembra importargli molto.
"Solo gli stolti sorridono al mattino". E George Falconer non ha ragione di sorridere.
Ogni mattina si alza, fa la doccia, la colazione, si veste (i vestiti del protagonista sono firmati dal regista e stilista Tom Ford), annoda la cravatta con lo stile windsor, ma tutto ciò lo fa con inerzia. George Falconer è un uomo solo dopo la morte del suo compagno Jim, avvenuta in tragico incidente, e la vita per lui non ha più importanza.
La sua giornata si svolge lentamente, spezzata dalle telefonate dell'amica Charlotte una donna disillusa dalla vita (Julianne Moore) che chiama affettuosamente Charly e le lezioni all'università.
Il dolore e l'apatia di George ricevono uno  scossone quando entra nella sua vita l'ambiguo Kenny (Nicholas Hoult)  uno dei suoi studenti di corso.
Single man segna il promettente debutto alla regia di Tom Ford, ex stilista di Gucci e Yves Saint-Laurent. Se Gabriele D'Annunzio intendeva la vita come un'opera d'arte, Ford intende mettere questo precetto nella sua opera prima, mettendo a disposizione l'estetica, la letteratura (a partire dall'adattamento del romanzo di Isherwood), la musica, l'architettura e l'arte al servizio del cinema.
Il film è una delizia per gli occhi e nulla è lasciato al caso a cominciare dalla scena iniziale con il corpo nudo di Colin Firth immerso nell'acqua che fluttua come se fosse in un opera di Rembrandt.
La casa in cui vive il protagonista richiama le opere di Mies Van De Rohe.
Il flashback in bianco e nero che ricorda un momento di vita vissuta con Jim, fa pensare alla fotografia di Helmuth Newton.
La musica rispecchia l'epoca con canzoni come Stormy weather di Etta James e la fotografia sgranata rappresenta fedelmente l'epoca degli anni Sessanta.
Ford proviene dalla moda, ma sorprende dimostrando di conoscere bene la tecnica cinematografica con plongèe (riprese dall'alto), establishing shot (elementi descrittivi di una scena) e rallenty fissandosi soprattutto sui dettagli (la rugiada delle rose, gli oggetti estremamente raffinati) come se volesse dimostrare che non è capace di essere solo uno stilista che tenta una nuova strada, ma un uomo colto, lontano dalle frivolezze che circonda il mondo del fashion business.
A prima vista il suo stile sembra manicheo e lezioso da spot di profumi, ma Ford si sofferma sui dettagli non per un vezzo estetico: il suo intento è quello di mostrarci lo sguardo di George, un ultimo sguardo da imprimere nella sua mente, cose e persone da portare via con sé e condividerli un giorno con il suo amato Jim.
I momenti drammatici sono delle spine nel cuore a cominciare dalla scena iniziale che riprende l'incidente mortale di Jim, immortalato in una fredda giornata innevata.
I duetti tra George e Charly trasudano solitudine, disillusioni, sofferenze e sogni infranti. Sogni che per una istante riesce a far rivivere Kenny, con la sua freschezza e ambiguità derivata dalla sua giovinezza. Straordinaria l'interpretazione di Colin Firth, così addolorato e beffato dal fato, e riesce a conferire al suo personaggio la giusta dose di indifferenza, dolore e cinismo, un dandy vecchio stile ferito dagli eventi della vita.
Julianne Moore dimostra la sua solita bravura, anche se la sua Charlotte soffre un po' troppo di teatralità e patetismo eccessivo, penalizzato da un doppiaggio stile alcoolizzata sul viale del tramonto.
 Single man è melò che ricorda i film di Douglas Sirk, un film old style e raffinato come una cravatta di seta annodata in stile windsor.

Voto: 8

giovedì 8 maggio 2014

100% PURE GLAMOUR: Il Met Ball



Il Costume Institute Gala, chiamato anche Met Ball. è l'evento più glamour di New York, che si tiene annualmente al Metropolitan Museum of Art. E' uno degli eventi di beneficenza più importanti di New York, e l'evento culturale/mondano è associato al Costume Institute del Met Museum, che racchiude un pezzo di storia della moda attraverso i secoli e i 5 continenti. 
La madrina dell'evento è Anna Wintour (vestita Chanel per l'occasione), celebre direttrice di Vogue America (e a quanto pare è stata presa a modello per Il diavolo veste Prada, libro divenuto poi un film con Meryl Streep e Anne Hathaway). All'evento partecipano fashion stilyst, cantanti e soprattutto loro, le star di Hollywood (Sarah Jessica Parker ormai è una presenza fissa al Met Ball).
Il tema della serata è stato dedicato al couturier Charles James, e le star si sono ispirate al suo glamour per outfit e acconciature retrò, mentre l'outfit maschile imponeva frac e cappello a cilindro. Tra gli attori e le attrici più glam oltre a Sarah Jessica Parker (che vestiva Oscar De La Renta), Colin Firth e sua moglie Livia, Reese Witherspoon e Jessica Alba, Lupita Nyong'o (in stile anni Venti) e Katie Holmes (che indossava un vestito alla Scarlett O'Hara firmato Marchesa).
Protagonista fashion della serata è stata Stella McCartney, che ha vestito seguendo il classico canone "black and withe" la modella Cara Delvigne, la cantante Rihanna e... Se stessa! 
Quando la moda e i luccichii di Hollywood s'incontrano, crea uno degli eventi charity più fashion da far invidia solo agli Oscar!

lunedì 5 maggio 2014

COMING SOON: Frank


Frank è una "comedy-drama" interpretato da un insolito Michael Fassbender che indossa una enorme maschera per tutta la durata del film. 
Chi è Frank? 
Frank è il leader un po' stralunato ed eccentrico leader di una band che indossa una maschera omaggiando Chris Siewey alias Frank Sidebottom musicista e stand up comedian sulla cresta dell'onda tra gli anni Ottanta e Novanta. Frank conosce il giovane Jon (Domhnall Gleeson), appassionato di musica e aspirane musicista, e decide di prendere il ragazzo sotto la sua ala protettrice, chiedendogli di suonare per lui qualche accordo prima di un loro concerto. 
Frank è talmente impressionato da Jon da chiedergli di seguirlo in Irlanda per la registrazione del loro nuovo album, e durante questo viaggio, Jon fa un reportage postando video su internet della jam session, vivendo un'avventura on the road fuori dall'ordinario.
Tra dramma e commedia, il regista Lenny Abrahamson dedica un omaggio a Chirs Siewy e Michael Fassbender ne prende l'eredità indossando la maschera  (e trovandosi anche a suo agio, così afferma il regista)  e i panni dello stralunato artista morto nel 2010; cantando anche la canzone I Love you All. Nel cast oltre a Michael Fassbender troviamo Maggie Gyllenhall, nei panni della terribile assistente Clara. 
Il film verrà presentato al Festival di Bologna il prossimo giugno.

sabato 3 maggio 2014

MONOGRAFIA: Fay Wray



"Che fine ha fatto Fay Wray?" si chiedeva l'alieno Frank'n'Further nel cult movie The Rocky Horror Picture Show.
Nonostante abbia recitato in pochi di film, Fay Wray entrò nella storia del cinema grazie al personaggio di Anne Darrow, l'amore impossibile di Kong Kong, capolavoro diretto dai registi Merian C. Cooper e Ernst B. Shoedsack.
Fay Wray nacque ad Alberta, Canada, il 15 settembre del 1907, per poi trasferirsi negli Stati Uniti in tenera età a Salt Lake City, città natia della madre.
Cominciò a fare i primi passi nel mondo del cinema da ragazza diventando nel 1926 una WAMPAS baby stars (Western Association of Motion Picture Advertisers), sorta di concorso di bellezza per future star cinematografiche. Il concorso le valse un contratto con la Paramount e fu scelta per un ruolo in un film di Erich Von Stroheim, The Wedding March (1928).
Volto fresco, raffinatezza, eleganza e una spiccata dote recitativa divennero il mix perfetto per una carriera luminosa ad Hollywood, recitando accanto a divi con Gary Cooper e William Powell. Lavorò ancora con Stroheim in Street of Sin (1928) e Thunderbolt (1929), rappresentando la donna sensuale e sfrontata.
Fray riuscì ad evitare lo stereotipo della femme fatale, diventando una donna fragile e indifesa, "vittima" perfetta nel film horror di Michael Curtiz La maschera di cera (1933) dimostrando eclettismo e versatilità.
L'olimpo del divismo lo toccò grazie a una pellicola: King Kong (1933), film avventuroso e sentimentale entrato ormai nella storia del cinema. Wray interpreta il ruolo di Ann Darrow inquieta e seducente attrice disoccupata in cerca di una scritturazione. Miss Darrow approdata sull'Isola della morte diventa l'oggetto del desiderio di King Kong, enorme gorilla capace di provare sentimenti umani. Fay Wray divenne l'antesignana delle Scream Queen: perfetta nel creare un personaggio indifeso e tenero, capace di brillare di luce propria, non solo la bella di turno da salvare. E divenne una diva.
King Kong fu la pellicola che trasformò Wray in una star, ma allo stesso tempo scivolò velocemente verso il declino, sia a causa di offerte mediocri poco interessanti, sia per l'incapacità di scrollarsi di dosso il personaggio che le diede la fama.
Wray decise di apparire di raro sul grande schermo, apparendo in La famiglia Stoppard (1941), Crime of Passion (1958) e successivamente lavorò per la televisione, per poi preferire l'attività di scrittrice a quella di attrice.
Nel 2004 all'età di 96 anni, ricevette l'offerta di Peter Jackson per una breve parte nel remake di King Kong, con Naomi Watts nella parte di Ann Darrow, ma purtroppo l'attrice si ammalò prima delle riprese.
Morì a Manhattan il 4 agosto del 2004. Il giorno della sua morte lo stato di New York decise indisse 15 minuti di silenzio in sua memoria.
Che fine ha fatto Fay Wray? Miss Wray è finita nel firmamento delle stelle, indimenticabile icona cinematografica.

giovedì 1 maggio 2014

FILMOGRAFIA: Hilary Swank


NOME: Hilary Swank
DATA DI NASCITA: 30/07/1974
LUOGO DI NASCITA: Bellingham, Washington, Stati Uniti
PROFESSIONE: Attrice


ATTRICE:

(2014) The Homesman - Mary Bee Cuddy
(2011) Capodanno a New York - Claire Morgan
(2011) Conviction - Betty Anne Waters
(2009) Amelia - Amelia Earhart
(2008) P.S. I Love You - Holly Kennedy
(2006) Freedom writers -
(2006) I segni del male - Katherine Morrissey
(2006) The black Dahlia - Madeleine Sprague
(2004) Million dollar baby - Maggie Fitzgerald
(2004) Red Dust - Sarah Barcant
(2004) Iron Jawed Angels (film tv) - Alice Paul
(2004) Ore 11:14 - Destino fatale - Buzzy
(2002) The core - Maggiore Rebecca
(2002) Insomnia - Ellie Burr
(2001) L'intrigo della collana - Jeanne de la Motte Valois
(2000) The gift - Il dono - Valerie Barksdale
(2000) The Audition -
(1999) Boys Don't Cry - Teena Brandon
(1998) Heartwood - Sylvia Orsini
(1997) The Way We Are - Lolita
(1997) The Sleepwalker Killinge (Film Tv) - Lauren Schall
(1997) Dying to Belong (Film Tv) - Lisa Connors
(1997) Beverly Hills, 90210 (Serie Tv) - Carly Reynolds
(1996) Terror in the Family (Film Tv) - Deena
(1996) Money Crush - Colleen
(1996) A Volte Ritornano Ancora - Michelle Porter
(1994) Karate Kid IV - Julie Pierce
(1994) Victim of Rage - Patty
(1992) Buffy l'Ammazza Vampiri - Kimberly