giovedì 31 luglio 2014

MARIO BAVA DAY: I tre volti della paura

Quentin Tarantino lo ringrazierebbe a vita. Chi? Mario Bava, che oggi avrebbe compiuto 100 anni. La Horrorblogger oggi festeggia il mago dell'orrore, che ha creato chicche come La maschera del demonio, ha lanciato il genere slasher con Reazione a catena e il trhiller all'italiana con La ragazza che sapeva troppo. Director's cult ha scelto I tre volti della paura, film a episodi che spaziano dal trhiller al gotico.
Buon Mario Bava Day!

Buon Mario Bava Day!







Titolo: I tre volti della paura
Italia, 1963
Cast: Boris Karloff, Mark Damon, Michèle Mercier, Milly Monti.
Sceneggiatura: Marcello Fondato, Alberto Bevilacqua, Mario Bava
Regia: Mario Bava
Durata: 92'



Tre episodi che promettono spavento e suspence, tratti da autori celebri (Maupassant, Tolstoj e Checov), per raccontare le paure dell’animo umano tra realtà e fantasia.
Uh, grande errore considerare Mario Bava un autore  horror di serie B. Grande errore. Il fatto che sapesse fare film in economia, rispetto alla raffinatezza stilistica del Dario Argento dei tempi d’oro, lo avvicina più a Roger Corman che all’autore di Profondo rosso. Che, per inciso, deve tutto al maestro del brivido all’italiana.
Pochi mezzi, ma grande maestria nell’usarli. Come l’utilizzo di una carrellata che si avvicina impetuosamente al telefono che terrorizza la bellissima Rosy,donna elegante che viene assillata in continuazione da telefonate anonime. Il suo aguzzino la desidera, ma al tempo stesso la vuole uccidere. E se fosse il suo ex amante scappato di prigione?
Rosy ad un tratto si sente prigioniera del luogo più sicuro al mondo: la propria casa. Cerca di bloccare la porta, spegne le luci per far finta di non essere in casa, ma poi le riaccende per sentirsi più tranquilla. Ma nel silenzio più assoluto ecco che il telefono suona di nuovo, con una voce sempre più minacciosa. L’unica soluzione è chiamare la sua migliore amica Mary, con la quale ha un rapporto particolare che va al di là della semplice amicizia, interrotta proprio per volere del suo ex amante, ora fuggitivo.
Rosy sembra tranquilla, ma il colpo di scena è dietro l’angolo. ..
Il telefono è un sottile filo di erotismo che lega le due protagoniste viene legato con la suspence e il terrore di una donna indifesa che non sa come difendersi da una minaccia a lei sconosciuta. Suspence  con una scena che sembra omaggiare Il delitto perfetto di Alfred Hitchcock, La telefonata è un episodio girato con mestiere ed elegante, utilizzando con efficacia la musica e gli effetti sonori (lo squillo del telefono, che ha la funzione di una chiamata della morte).
Bava ha la bravura di far entrare l’elemento horror in un ambiente domestico, dove una donna sola si sente all’improvviso in trappola, come un topolino in una gabbia. Trasformando a sua volta il focolare domestico in quattro mura dove non si ci si può sentire più al sicuro.
Successivamente Bava abbandona l’ambiente contemporaneo borghese per introdurre lo spettatore in un paese sperduto, dove incombe una minaccia. E qui dimostra di sapersela cavare alla grande negli spazi aperti, dove la foresta innevata è un ricettacolo di oscuri presagi di morte.
Un giovane cerca ristoro presso una famiglia, che attende con ansia il ritorno del capo famiglia. Ma leggenda narra che se ritorna dopo 5 giorni, potrebbe trasformarsi in un Wurdalak, un vampiro e uccidere le persone che ama. Nulla promette qualcosa di buono: il cane non riconosce più il suo padrone di casa (Boris Karloff), ululando incessantemente. E se fosse un Vurdulak? Il Wurdalak è un vampiro, e come tutti i vampiri è a caccia di sangue. E se le prede fossero la sua stessa famiglia?
Bava introduce il dubbio nei membri della famiglia, divisi tra la necessità di difendersi da un (possibile) vampiro, e credere ciecamente nella “bontà” di un padre di famiglia. Ma il seme del male è entrato e piano piano viene a insinuarsi nella famiglia. Bava getta i suoi personaggi nell’incubo, che nasce nel nucleo familiare: e se nel primo episodio rendeva la casa come il luogo meno sicuro in assoluto, in questo secondo episodio mette in guardia lo spettatore nei pericoli insiti nella famiglia stessa, il nucleo dove si è protetti in assoluto. E getta anche un alone di inettitudine nel giovane forestiero, che dovrebbe essere il principe che salva la bella Svenka dalla furia del WurdAlak, ma che alla fine è capace solo di fuggire, mettendo molte ombre sull’eroe  che dovrebbe essere senza macchia e senza paura.
I  Wurdalak rappresenta l’escursus nel classico del cinema horror con la classica storia di vampiri. Nelle mani di Bava però è una parabola sulla morte che è più forte dell’amore. Amore che non riesce a sconfiggere la morte.
Mai cedere alla cupidigia. Lo scopre a sue spese un’infermiera (Milly Monti)  che deve vestire il cadavere di una medium e vede quell’anello luccicante che, come una gazza ladra, attira la sua curiosità. Come luccica quell’anello, sembra sussurrarle “prendimi” e lei lo prende, come ricompensa per il lavoro svolto. Ma il cadavere dell’anziana medium la fissa con quegli occhi vitrei e freddi resi tali dalla morte, con gli occhi spalancati e la bocca storta. E la punisce. Comincia a infastidire l’infermiera con una gocci d’acqua. Che scende, scende dando fastidio. Ma l’infermiera non vuole rinunciare all’anello. Così il fantasma bussa alla sua porta per rivendicare ciò che suo e punirla. Perché quell’anello è maledetto e prendendolo ha accolto la sua maledizione. Se vuoi prendere qualcosa che non ti appartiene, devi pagarne le conseguenze. Ma non si impara mai la lezione e l’anello finisce in mano a qualcun altro colto da altrettanta cupidigia. E la goccia d’acqua torna a tormentare.
La goccia d’acqua è il classico episodio dei fantasmi, tramutandolo però in una parabola del “non desiderare la roba d’altri”, dove l’avarizia e la cupidigia vengono puniti dallo spirito malvagio. Bava ha la bravura di usare il sonoro come elemento di tensione (il rumore della goccia che scende) e l’uso della fotografia per enfatizzare l’aspetto mostruoso della medium deceduta. Il tutto con pochi mezzi a disposizione.
I tre volti della paura è un classico del cinema horror, dove Mario Bava mostra la sua maestria nel girare in spazi chiusi, mostrando una tecnica registica fluida e perfetta. Al di là delle storie del terrore fatte da pazzi, vampiri e fantasmi, la capacità di Bava sta nel creare la giusta atmosfera con le luci, il senso di claustrofobia che attanaglia nel primo episodio, gli inseguimenti nei boschi a cavallo che tengono col fiato sospeso (di cui Tim Burton è debitore nel suo splendido Sleepy Hollow), e l’uso del sonoro con quel fastidioso ticchettio di una goccia d’acqua; per non parlare di quel volto deformato dalla morte ancora in grado di incutere timore a distanza di cinquanta anni.

Tutti i grandi registi (e anche un “certo” Ozzy Osbourne) gli sono debitori: da Dario Argento a Quentin Tarantino. Ma la bravura di giocare con il mezzo cinematografico con leggerezza e bravura spetta a Bava, che svela i trucchetti alla fine del film, con il mitico Boris Karloff che galoppa su un cavallo finto, con cinque membri della troupe che corrono come forsennati agitando delle felci. E noi che credevamo fosse una vera cavalcata in un bosco terrificante.Chapeau.

Voto: 8

Hanno partecipato:

mercoledì 30 luglio 2014

CULT MOVIE: Il laureato





Titolo: Il laureato
Titolo originale: The Graduate
USA, 1967
Sceneggiatura: Buck Henry, Calder Willingham
Regia: Mike Nichols
Durata: 107'


Benjamin Braddock (Dustin Hoffman) è un giovane ragazzo fresco di laurea, ma non sa cosa fare esattamente nella vita. Alla sua festa di laurea incontra la matura, ma ancora affascinante Mrs. Robinson (Anne Bancroft), moglie del socio di suo padre. Benjamin viene sedotto da Mrs. Robinson, ma si innamora di sua figlia Elaine (Katharine Ross)…
Benjamin Braddock ha tutte le carte in regola per diventare un uomo di successo: è giovane, affascinante, è figlio della buona borghesia e ora è anche laureato.
Ma a Benjamin Braddock i panni del borghese perbene gli stanno un po’ stretti. Si sente come un pesce fuor d’acqua: una volta ritornato al suo nucleo familiare d’origine, sente che qualcosa è cambiato e non riesce più a integrarsi. Così come fatica a integrarsi nella società upper class americana.
Studia, prendi una laurea, trova un buon lavoro, sposati e fai dei figli. Più o meno l’iter del cittadino medio americano è questo. Beh, Benjamin Braddock ha studiato, ha preso una laurea, ma non sa che lavoro trovare e non sa se sposarsi e avere figli.
E se l’american way of life non facesse per lui?
Benjamin si trova come in un limbo, simbolo di un’alienazione giovanile che ha seguito le regole alla perfezione, come una buona pecorella segue il suo pastore, ma ora non sa se ciò che ha seguito fino ad ora sia adatto a lui. E se volesse uscire dal gregge?
L’apatia di Benjamin e il suo disinteresse verso tutto e tutti non sembra preoccupare i suoi genitori, che vedono in lui il loro golden boy da esibire con orgoglio. Come fa suo padre quando gli regala la muta da sub, e al classico party in piscina deve esibirsi  come una brava scimmietta ammaestrata per mostrare quanto sia eccezionale il ragazzo nella muta da sub.
Benjamin esegue il “numero” alla perfezione, ma il disagio e il rifiuto verso la società si fa evidente in lui, fluttuando nel fondo della piscina con lo sguardo colmo di frustrazione, incapace di comunicare il suo senso di disagio, causato dalla mancanza di comunicazione con il mondo degli adulti.
Ma Benjamin non ci sta e la svolta avviene quando incontra Mrs. Robinson, donna ancora ricca di sex appeal. Mrs. Robinson seduce il giovane e inesperto Benjamin, introducendo il goffo ragazzo di buona famiglia a una educazione sentimentale che lo porterà a maturare, facendolo diventare più sicuro di sé.
Ma a rompere l’equilibrio raggiunto dal giovane, è la giovane Elaine, studentessa della prestigiosa università di Berkeley: Benjamin si innamora di lei, anche se aveva promesso a Mrs. Robinson di non frequentarla.
Benjamin ed Elaine si frequentano, ma fanno fatica a comunicare tra di loro (proprio come con gli adulti), gettando le basi dello sconforto del rifiuto della famiglia che contagerà non solo l’America, ma anche l’Europa (come la “morte del padre” in Italia per esempio): lei lo ama, ma non sa cosa fare. E’ un controsenso, ma è quello che prova questa ragazza bellissima ma un po’ confusa.
Elaine e sua madre rappresentano la crisi del nucleo familiare: Elaine è piena di dubbi, ama Benjamin, ma è insicura sul suo rapporto, indecisa se scegliere lui e un futuro fatto di incertezze, o sposare il giovane studente di medicina che gli assicurerà una vita tranquilla, ma forse noiosa. Mrs. Robinson invece è cinica e disillusa, nutre gelosia nei confronti Eleaine, vedendola come la causa della rinuncia dei suoi sogni; e ora disprezza il marito e l’istituzione matrimoniale tradendolo con un ventenne.  
Ma se per Mrs. Robinson ormai è troppo tardi, Elaine può ancora scegliere il proprio destino.
Elaine però è meno ribelle di Benjamin e sceglie  di percorrere la via più tranquilla, e ciò scuote Benjamin dal torpore in cui è caduto e finalmente ha uno scopo nella vita: amare Elaine, correndo contro il tempo e diventando protagonista di una memorabile fuga che ormai è entrata nell’immaginario collettivo e un cult per tutti gli amanti di cinema.
Ma siamo sicuri che ci sia l’happy ending?
Benjamin ed Elaine salgono sull’autobus e viaggiano verso l’ignoto. Si guardano per un istante, un timido sorriso e la consapevolezza di aver abbattuto le barriere del perbenismo della società borghese. Ma quel sorriso dura poco: Benjamin Braddock ed Elaine Robinson si fanno seri e guardano dritto a loro, consapevoli di avere un avvenire  fatto di incertezze e di precarietà.
Ed è proprio questo finale apparentemente aperto che fa de Il laureato un cult movie e un manifesto di una generazione, quella Sessantottina che prenderà in mano il proprio destino e combatterà per distruggere le fondamenta tranquille della società americane. Anche se poi si sa che nemmeno un ventennio più tardi, i figli del Sessantotto ricostruiranno mattone dopo mattone quello che hanno distrutto, in nome di un falso benessere che verrà chiamato Capitalismo.
Benjamin Braddock è un anti eroe, o meglio, un eroe a sua insaputa. Perché più che infrangere le regole, si limita a seguire il suo cuore. Non sa cosa fare della sua vita, ma sa che vuole Elaine e fa di tutto per averla, arrivando a disobbedire, a fuggire. Così come disobbedisce le regole della moralità perbenista della famiglia americana diventando l’amante di una donna sposata, una Mrs. Robinson cinica e disillusa dal falso mito del benessere.
Il laureato non è propriamente un manifesto del ’68, ma è il preludio dello scoppio rivoluzionario di una generazione che non vuole seguire i dettami della società.
Il laureato è un piccolo gioiellino di ironia e trasgressione che cancella con un colpo di spugna (o meglio di zoom) la censura americana, scardina le certezze degli americani, il tutto condito con la splendida colonna sonora di Art & Garfunkel, che rappresenta il perfetto accompagnamento dello stato d’animo dei protagonisti.
Studia, prendi una laurea, sposati e fai dei figli. Siamo proprio sicuri che sia la ricetta vincente per avere successo nella vita e nella società?

Voto: 9

martedì 29 luglio 2014

MOVIE ON THE ROAD: Hawaii


Le Hawaii sono un arcipelago delle Isole del Pacifico e fanno parte dell'Oceania e della Polinesia, ed è il cinquantesimo stato federale degli Stati Uniti d'America. Ma è anche una meta esotica per una vacanza da sogno, con il suo clima tropicale e le acque cristalline. 
Però, al di là dell'aspetto vacanziero, lo splendore delle Hawaii è diventata meta di set cinematografici.come il classico di Fred Zinneman, Da qui all'eternità (1957), film bellico con Burt Lancaster e Deborah Kerr. 
Famosa è la scena del bacio appassionato sulla spiaggia, con il, mare, che investe i loro corpi abbracciati nell'impeto di passione. 
L'attacco di Pearl Harbor viene rappresentato in un altro classico del cinema bellico, Tora! Tora! Tora! (1970), che racconta l'attacco sferrato dai Giapponesi agli Americani.
Stessa rappresentazione avviene in Pearl Harbour (2001) di Michael Bay con Ben Affleck e Kate Beckinsale: il plot è bellico, ma viene messa maggiore enfasi sulla storia d'amore dei due protagonisti, riprendendo un po' lo stile anni '40 coniugato con gli effetti speciali degli anni 2000.
Lilo e Stich (2002) è il film di animazione della Disney che ambienta la storia di amicizia tra l'umana Lilo e l'alieno Stich (scambiato dalla bambina per un cane) nell'assolata Hawaii, 
Le Hawaii sono una meta perfetta per fare il surf, e questo sport viene immortalato in Blue Crush (2002), dove un gruppo di ragazze si allenano per partecipare a una gara di surf, tra paure da sconfiggere e competizione.
Ma le Hawaii sono anche lo scenario romantico per delle storie d'amore. Anche se poco convenzionali. Come 50 volte il primo bacio (2004) dove Adam Sandler si innamora della smemorata Drew Barrymore (o meglio di una ragazza che non ha le funzioni della memoria a breve termine), che cerca di farla innamorare di sé ogni giorno, tra situazioni romantiche, ma anche esilaranti.
E alle Hawaii Jason Siegel cerca di dimenticare Kristen Bell, ovvero Sarah Marshall in Forgetting Sarah Marshall, dopo essere stato scaricato dalla compagna, innamoratasi di una rock star. Destino beffardo li ritroverà allo stesso resort, e la sua vacanza si trasformerà in un incubo.
Le Hawaii sono un posto meraviglioso. Se non si può prenotare una vacanza, si può sempre ammirarla nei film!

lunedì 28 luglio 2014

FILMOGRAFIA: Spike Jonze




NOME:
Spike Jonze
ALL'ANAGRAFE: Adam Spiegel
DATA DI NASCITA: 22/10/1969
LUOGO DI NASCITA: Rockville, Maryland, Stati Uniti
PROFESSIONE: Regista, Attore, Produttore, Direttore della Fotografia, Sceneggiatore


REGISTA:
(2013) Her
(2009) Nel paese delle creature selvagge
(2002) Adaptation
(1999) Essere John Malkovich

ATTORE:(2002) Jackass: The Movie - Se stesso
(2002) Keep your eyes open - Agente Jonze
(1999) Three Kings - Conrad Vig
(1999) Essere John Malkovich - Derek Mantini
(1997) The Game - Nessuna Regola - Airbag EMT Beltran
(1993) Mi Vida Loca

PRODUTTORE:
(2002) Jackass: The Movie
(2000) Jackass (serie TV)
(2000) Human Nature

DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA:

(1998) Free Tibet

SCENEGGIATORE:
(2002) Jackass: The Movie
(2000) Jackass (serie TV)

domenica 27 luglio 2014

SPOT REVIEW (WAR NO MORE EDITION): Flight of the Stories



In un periodo storico in cui i conflitti infiammano una parte del mondo senza conoscere mai pace, il gruppo di cinebloggers ha deciso di manifestare pacificamente il proprio dissenso contro la guerra attraverso il cinema.
Grazie alla strepitosa idea dell'autore di Solaris, ci cimenteremo con una rassegna che partirà dal 28 luglio, centenario della Prima guerra Mondiale e che si concluderà il 6 agosto, anniversario della bomba di Hiroshima.
Director's cult ha l'onore di aprire le danze con uno short movie prodotto dalla Aardman, Flight of the Stories, cortometraggio creato appositamente per l'apertura dell'Imperial War Museum di Londra, che è rimasto chiuso per 6 mesi per creare l'allestimento di una mostra dedicata alla grande guerra.





Titolo: Flight of the Story
UK, 2014
Regia: Darren Dubicki
Durata: 91''



"Carissima Sarah, saluti dalla soleggiata Francia. Come state tu e i bambini?"
Le parole non si possono uccidere. 
Le parole sopravvivono alla morte.
Le parole rimangono inalterate nel tempo. 
Le parole sopravvivono alla violenza della guerra. 
Nella desolazione della distruzione e della violenza, le parole sopravvivono e s'innalzano nel cielo, lasciando un campo di papaveri. Quel campo decantato dall'ufficiale e poeta John McCrae luogo dove le parole si librano leggiadre nell'aria, compiendo un viaggio che dura da cento anni. 
Sono passati cento anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, e le parole sono ancora lì, intatte nelle lettere dei soldati che cercano un istante normalità.
Le parole servono per rimanere a contatto con la vita ancora intatta dall'alienazione e dalle brutture dei combattimenti. Servono per ricordarci dei propri cari, come il soldato che chiede alla sua amata se sta bene, nonostante sia consapevole di essere in costante pericolo.
Esse viaggiano nel corso dei decenni, delle epoche, attraversando la storia che muta per rimanere esattamente uguale a sé stessa. Perché finito un conflitto, ne inizia un altro. 
E nonostante tutto, loro sono ancora qui, sono giunte a noi compiendo un viaggio dalla Francia accarezzata dal sole e schiaffeggiata dai colpi di fucile, viaggiando lungo Brighton, per poi arrivare alla Londra di oggi, con i suoi autobus rossi a due piani e il Tower Bridge che non ha perso il suo fascino.
Le parole volano leggiadre fino al'ultima tappa, arrivando all'Imperial War Museum, il museo londinese dedicato alla guerra, appoggiandosi al tetto del museo e cadendo delicatamente a terra, vicino a un bambino. 
Infante che rappresenta la futura generazione, generazione che deve sapere, nonostante sia passato un secolo. Una generazione che ha un futuro grazie al sacrificio di 15 milioni di soldati che hanno perso la vita per difendere il proprio paese. 
Grazie alle lettere dei soldati, possiamo scoprire tracce di un conflitto che ha 100 anni, ma che è rimasto ancora vivido nei ricordi. Anche perché, come è eterna la parola, lo è (purtroppo) la guerra, che ancora oggi infiamma il mondo con la sua furia distruttiva.
Flight of the Story è il toccante cortometraggio prodotto dalla Aardman (i produttori di Wallace and Gromit) in occasione della riapertura dell'Imperial War Museum, che, per l'occasione ha allestito una mostra dedicato al centenario della Prima Guerra Mondiale.
Il corto si chiude con questa dedica: "Molti di loro non sono mai tornati a casa. Ma hanno fatto ritorno loro storie". 
Per fortuna esistono le parole. 
Le parole sono eterne, come lo sono le lettere di questi eroi.

"Sui campi delle Fiandre spuntano i papaveri
tra le croci, fila dopo fila,
che ci segnano il posto; e nel cielo
le allodole, cantando ancora con coraggio,
volano appena udite tra i cannoni, sotto".

John McCrae


Qui sotto trovate il calendario con le recensioni:



sabato 26 luglio 2014

NEWS: Venezia 2014




Il 27 agosto partirà la 71esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, che vede come protagonista l'Italia con Mario Martone, in gara con Il giovane favoloso, biopic sul poeta Giacomo Leopardi, Hungry Hearts di Saverio Costanzo con Alba Rohrwacher e Anime nere, un western di Francesco Munzi. 
Un tocco di Italia l'abbiamo grazie ad Abel Ferrara, che presenterà un suo personale Pasolini, incarnato da Riccardo Scamarcio. 
Ma l'onore di aprire il Festival tocca a Alejandro Inarritu con Birdman or the Unexpected Virtue of Ignorance, che presenta un cast stellare con nomi del calibro di Michael Keaton, Edward Norton e Naomi Watts;  mentre la giornata degli autori spetta a Kim Ki-Duk con One on One, vincitore dell'edizione 2012 con Pietà. 
Tra gli "yankees", troviamo Manglehorn di David Gordon Green con Al Pacino e Holly Hunter e The Sound of the Fury di James Franco. Un grandissimo Manoel De Oliveira torna a Venezia alla veneranda età di 105 anni con O velho De restelo, mentre Lars Von Trier sbarcherà al lido dopo 10 anni di assenza.
Tra i fuori concorso l'Italia ha una buona vetrina con Italy in a Day di Gabriele Salvatores, La vita oscena di Renato De Maria, La trattativa di Sabina Guzzanti e La zuppa del demonio di Davide Ferrario.
Carlo Verdone, Joan Chen, Tim Roth e Sandy Powell sono tra i membri della giuria.
Riccardo Barbera, il direttore della mostra, ha promesso un programma ricco e interessante, che da spazio ai giovani. 
Per scoprire chi sarà il vincitore del Leone D'oro, bisognerà attendere il mese prossimo

venerdì 25 luglio 2014

MONNEZZA MOVIE: Friends With Benefits




Titolo: Friends With Benefits
USA, 2011
Cast: Justin Timberlake, Mila Kunis, Richard Jenkins.
Sceneggiatura: Keith MerrymanDavid A. NewmanWill Gluck.
Regia: Will Gluck
Durata: 109'



Dylan (Justin Timberlake) è di L.A., è un fico pazzesco, che lavora in città che è fica pazzesca e ha un lavoro che è fico pazzesco. Almeno così pensava finché non arriva a rompergli le balle Jamie (Mila Kunis), una ganza tosta di New York,  che lavora per un'agenzia tosta e deve procurare tipi tosti perché sono tosti e gli offre un contratto per GQ.
Mica per il Cioé. Ma Dylan è titubante. Anche perché se gli avesse offerto un posto per Cioé. avrebbe accettato al volo.
Ma Dylan preferisce lavorare da Ciccio Pasticcio a L.A. che da GQ a NY.
Dylan: "mmm non so, sai, ehm, da Ciccio Pasticcio mi trovo bene, L.A. è troppo fica e rischio di perdere la mia ficaggine."
Jamie: "Ma sei fuori come una mina? NY è ganza, ci stanno le tipe di Sex and the City!"
Dylan "Vuoi mettere con L.A.? Ci stanno Ridge e Brooke!"
La ragazza sta per perdere il contratto, non può competere con Ridge quando lei ha solo Carrie Bradshaw. Così lo porta a un flash mob, che toh, che caso, lo fanno quando arriva lui. Perché a NY bloccano sempre il traffico per farsi una ballatina, è pur sempre una città ganza.
Ma Dylan è ancora dubbioso, non sa cosa fare. Allora Jamie lo porta sul tetto di un grattacielo con la scusa che è il suo posto preferito, che lo usa per pensare, per rilassarsi e bla bla. Alla fine taglia corto:
Jamie "ascolta stronzetto, se non accetti il contratto da GQ ti butto dal tetto. Fanculo Ciccio Pasticcio"
Dylan "Penso proprio che accetterò, NY è una città così ganza!!!"
Dopo aver valutato la minac... ehm, la prospettiva della ragazza, Dylan accetta.
E diventano amiconi, si fanno gli scherzoni e non si rompono mai i coglioni. Perché lui è troppo fico è lei è troppo ganza. Allora perché non unire ficaggine e ganzitudine con una serie di trombate? 
Perché no pensa lui, io una zompata te la volevo dare già da mo’, però son signore e aspettavo in primis la tua proposta perché sei una donna troppo avanti ed emancipata.
Così emancipata da: volere il principe azzurro, avere una storia d’amore con gli occhi a forma di cuore, sposarsi, andare a vivere in campagna e cagare una decina di bambini.
Dopo aver giurato sull’Ipad decidono di zompare.
Lui è fico, però è una frana. Ammazza quanto godi male. Eh, sai ci dobbiamo conoscere meglio, sai com’è, mica sono il Rocco Nazionale che gioca a 1,2,3 tromba e scatta in automatico...
Lei è ganza però è una rompicoglioni. Eh no, sopra no, la posizione canonica che palle, non sono una troia, sono una ragazza seria io, cerco il principe azzurro io!
E infatti cerca l’ammore, quello con la A maiuscola. E lo trova nel dottorino dei bambini che è figo, ganzo e pure bravo.
Lei fa la ganza romanticosa: facciamo 5 appuntamenti, non te la smollo finché non ci facciamo i puccettosi mimi-mumu.
Lui fa il bravo ragazzo: ok, al quinto me la dai e tanti saluti. E così fa.
Lei è distrutta e come unico supporto ha la madre fricchettona. Più che proporle di farsi le treccine a vicenda non sa cosa fare e in più non le dice chi è il suo babbo perché è come la madre di Cartman, che si è fatta tutta South Park e alla fine si scopre che si è autoriprodotta. E in più le tira pacco alla festa del 4 luglio.
Jamie è distrutta, così va a frignare da Dylan e lui le propone di andare dal babbo rimbecillito a L.A., così magari riesce anche a beccare Ridge mentre divorzia da Brooke per la centesima volta.
Ci scappa la ciulata con ammore, lei ha gli occhi a cuoricino, lui invece voleva solo sbattersela da buon gentleman qual è.
Jamie è disperata, ma ripensa alle parole della sua guru spirituale, Flavia Vento: “gli uomini sono tutti stronzi”,e riprende la sua vita a NY e torna più ganza e tosta di prima e non lo caga di pezza. Tiè, così impari.
Lui cerca di contattarla, lei gli da picche. Lui allora capisce che è l’ammore del suo ammore e fa il flash mob, perché deve vivere la vita come un film. Abbello, però scegli un film che non faccia cagare troppo!
Toh, si mettono insieme, chi l’avrebbe mai detto?
Una volta le commedie della Golden Age americana avevano il lieto fine annunciato dal principio, ma era una delizia per lo spettatore assistere alle numerose peripezie pur di vedere i propri beniamini finire insieme felici e contenti.
Le commedie brillanti contemporanee invece puzzano di cliché e Friends With Benefits, li usa alla grande: da New York, la città americana più cool, a un fantomatico stile di vita pazzesco “ad alta velocità”, al capo di lavoro gay super bravo e super brillante che va a casa usando barca e non la metropolitana perché è troppo cool; alla madre fricchettona amicona, fino a Justin Timberlake che è qua protagonista assoluto per la prima volta, ma finisce per fare sempre il siparietto canterino. Canta e basta, no?
Seppur Friends With Benefits sia una commedia gradevole, ha tuttavia cast sprecato (con la triade Woody Harrelson che si autocita in Chi non salta bianco è, Patricia Clarkson e Richard Jenkins), e una sceneggiatura che doveva calcare più in sarcasmo nei dialoghi e meno sui luoghi comuni.
Perché se vuoi riprendere lo stile della commedia sofisticata, ricordati caro sceneggiatore strapagato di Hollywood, che il punto di forza erano proprio i dialoghi e le battute al vetriolo che si lanciavano i due innamorati, mixati alla grande con la girandola di situazioni esilaranti. Poi, ben venga il lieto fine.

Voto: 4

martedì 22 luglio 2014

100% PURE GLAMOUR: I costumi di Bram Stoker's Dracula





Splendidi, lussureggianti, gotici, magnifici. Questi sono solo quattro di infiniti aggettivi che si possono attribuire ai costumi di Bram Stoker's Dracula, diretto da Francis Ford Coppola, creati dalla costumista e artista giapponese Eiko Ishioka (collaboratrice storica del regista Tarsem Singh fino al 2012, anno della scomparsa della costumista).

Ishioka si ispira all'arte di Gustav Klimt e ai preraffaelliti come Dante Gabriel Rossetti, creando abiti sensuali e lussuriosi: dall'imponente armatura rossa che indossa il conte Vlad, all'abito che indossa Dracula nella scena in cui, vecchio, conosce Jonathan Archer, che richiama fortemente il quadro Il bacio di Gustav Klimt: Ishioka vi riproduce fedelmente anche La Madonna col bambino, chiaro riferimento dell'unione spirituale che legava Dracula con la chiesa Ortodossa
Una citazione cinematografica del Dracula con Bela Lugosi la possiamo trovare negli ambiti "londinesi" che indossa un redivivo e ringiovanito Dracula, soprattutto grazie al cappello a cilindro e all'uso del bastone.
Due stili, due personalità distinte: colori tenui come il celeste per la dolce Mina, scollature e spalle scoperte per l'audace Lucy. 
Ma Mina indosserà un sensuale abito rosso quando si lascerà stregare dal vampiresco Dracula, scoprendo nuovamente una passione che li aveva legati nel passato. 
Così come sembra una Madonna, ma posseduta, Lucy con un abito bianco che indica purezza, ma che in realtà nasconde il male della trasformazione da donna a
mostruoso vampiro. Ishioka per questo magnifico lavoro vinse l'Oscar per i migliori costumi nel 1993. Premio più che meritato.

lunedì 21 luglio 2014

FILMOGRAFIA: Orlando Bloom



NOME: Orlando Bloom
DATA DI NASCITA: 13/01/1977
LUOGO DI NASCITA: Canterbury, Kent, Inghilterra, GB
PROFESSIONE: Attore


ATTORE:


(2014) Romeo e Giulietta - Romeo
(2014) Lo Hobbit - Racconto di un ritorno - Legolas
(2014) Lo Hobbit: la desolazione di Smaug - Legolas
(2013) Zulu - Brian Epkeen
(2012) Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato - Legolas
(2010) Tre moschettieri in 3D - Duca di Buckingham
(2007) Pirati dei Caraibi - Ai confini del Mondo - Will Turner
(2006) Pirati dei Caraibi: la maledizione del forziere fantasma - Will Turner
(2005) Elizabethtown - Drew Baylor
(2005) Le Crociate - Balian
(2004) Haven - Shy
(2004) Troy - Paride
(2003) Il signore degli anelli - Il ritorno del re - Legolas Greenleaf
(2003) Calcium kid - Jimmy
(2003) La maledizione della prima luna - Will Turner
(2003) Ned Kelly - Joe Byrne
(2002) Il signore degli anelli - Le due torri - Legolas Greenleaf
(2001) Black Hawk Down - Todd Blackburn
(2001) Il signore degli anelli - La compagnia dell'anello - Legolas Greenleaf
(1997) Wilde

sabato 19 luglio 2014

LEZIONE DI CINEMA:Il flash-forward in Due per la strada

Il cinema si serve del flash-back per ricordare eventi passati, ma se vuole fare dei "balzi" temporali e poi ritornare subito al presente, utilizza una tecnica narrativa inversa: il flash-forward.
Uno degli esempi più classici è la deliziosa commedia Due per la strada di Stanley Donen (1967), che racconta la parabola matrimoniale di Mark (Albert Finney) e Joanna (Audrey Hepburn). 
Donen parte dal presente, quando la coppia è in crisi, e utilizza inizialmente il classico flash-back per raccontarci come Mark e Joanna si sono conosciuti. Mixando il flash-back con il flash-forward, poco a poco lo spettatore scopre come i due protagonisti si sono innamorati, e attraverso l'espediente del viaggio on the road, Donen lega ai viaggi che compiono un pezzo della loro vita coniugale, il tutto nell'arco di un decennio.
Donen però mescola le carte, rappresentando la narrazione con balzi temporali passati, dove Mark e Joanna sono spiantati e innamorati, per poi balzare in avanti con la narrazione di eventi futuri, dove Mark e Joanna sono diventati ricchi e infelici. 
Con l'utilizzo del flash-forward in questo modo Donen mostra come il loro benessere mal si concilia con il loro ménage matrimoniale, fatto di litigi, incompresioni e tradimenti, utilizzando invece il flash-back per mostrare la coppia meno abbiente, ma più felice. In questo modo si ha una narrazione frammentaria e poco lineare, ma molto più originale, lasciando allo spettatore il compito di collegare ogni "pezzo" di questo intricato puzzle che è la loro storia d'amore. Due per la strada è un film dalla struttura narrativa originale, una commedia deliziosa e amara allo stesso tempo.

venerdì 18 luglio 2014

VIDEO REVIEW: Just One of the Guy



Titolo: Just One of the Guy
Cantante: Jenny Lewis
Guest Star: Anne Hathaway, Kristen Stewart, Brie Larson
Regia: Jenny Lewis
Durata: 3'56''

Cast d'eccezione per Just One of the Guy: Anne Hathaway, Kristen Stewart e Brie Larson, che recitano nel video di Jenny Lewis, ex front-woman delle Rilo Kaley.
Sfondo bianco e tallieur bianco, le attrici si improvvisano musiciste e in una seconda versione "drag", vestendo tute Adidas, cappellino da baseball di ordinanza e un bel paio di moustache, con uno stile che ricorda i Beastie Boys di License to Ill. Mancava però la catena d'oro molto gangsta per completare il look.
Jenny Lewis dirige il video (molto semplice e un po' piatto) e sceglie un cast tutto femminile per raccontare la difficoltà delle donne di vivere la vita con leggerezza, privilegio ancora oggi tutto maschile. 
E allora le attrici più glam di Hollywood si sdoppiano in questa versione molto femminile con il look cool, e una maschile, dove si trovano perfettamente a loro agio e con aria molto divertita, scimmiottando i ragazzi in balletti hip-hop e sguardi languidi pronti al rimorchio.
Il video non è un granché, però è divertente vedere le star di Hollywood (soprattutto Kristen Stewart, sorride!) che si prestano a questa insolita operazione.

giovedì 17 luglio 2014

MONOGRAFIA: Eric Romher



Eric Romher fu una parte importante dell'avanguardia cinematografica francese. All'anagrafe Jean Marie Maurice Schérer, fu insieme a François Truffaut, Jacque Rivette e Jean-Luc Godard tra i massimi esponeti della Nouvelle Vague. 
Iniziò la sua attività nel mondo del cinema come fondatore della rivistaLe Gazette du cinèma insieme a Claude Chabrol, Truffaut e Rivette, diventandone poi il direttore. Insieme a Chabrol curò una monografia su Alfred Hitchcock nel 1955 e più tardi sul regista tedesco Murnau. 
Dal 1957 al 1963 fu caporedattore del Cahiers du cinèma, periodo della nascita della Nouvelle Vague. Rohmer fu uno dei primi a passare dietro la macchina da presa nel 1959 con il lungometraggio Il Segno del leone,prodotto da Chabrol. 
In questa pellicola esistono già i segni della tematica che diventerà tanto cara al cineasta francese: il caso come manipolatore delle vite umane. In seguito diede vita a quattro cicli che coprono quattro decenni. Gli anni Sessanta e Settanta sono segnati dai sei Contes morauxLa collezionista (1966), La mia notte con Maud(1969), che gli valse la nomination agli Oscar, L'amore il pomeriggio(1972) sono tra le opere più importanti. 
Gli anni '80 sono segnati dal secondo ciclo Comédies et proverbs, opere più scanzonate e dal tono beffardo. Le opere più famose di quel periodo sono: Il bel matrimonio(1982), Pauline alla spiaggia (1983) e soprattutto, Il raggio verde(1986), Leone d'oro al festival di Venezia. Negli anni Novanta si concentrò sulle tematiche delle stagioni e delle incertezze dei sentimenti, con Les contes des quatre saisonsRacconto di primavera (1990) Racconto di inverno (1991), Racconto d'estate (1996), Racconto d'autunno(1998). 
All'età di 80 anni continua la sua carriera vitale offrendo un nuovo ciclo nel Ventunesimo secolo: una trilogia storica. La nobildonna e il duca, dedicata all'aristocrazia francese durante la rivoluzione,Triple agent (2004), ambientata negli anni Trenta. Gli amori di Astrea e Coledon (2007) ambientato nel V secolo segna la fine della sua lunga carriera. 
Nel 2001 fu insignito del Leone d'oro alla carriera al festival del cinema di Venezia.
Viene a mancare l'11 gennaio del 2010 a 89 anni, e con lui va via un pezzo di storia del cinema francese.

martedì 15 luglio 2014

IL CIRCOLO DI CUCITO: George, questo matrimonio non s'ha da fare?



George Clooney è arrabbiato con il Daily Mail. 
Perché? Perché ha scritto una mega bufala sul suo matrimonio. O meglio, sul suo non matrimonio, dei motivi religiosi e dell'ira della mammà di Amal Alamuddin.
La signora Alamuddin è la nuova Don Rodrigo che vieta le nozze ai promessi sposi, George e Amal Alamuddin, famosa avvocatessa inglese. 
Ma George non ci sta e risponde tramite Usa Today che è una grossa grassa balla. George capisce benissimo i meccanismi dei tabloid mondani, ma lanciando un j'accuse così pesante sulle differenze religiose, il Daily Mail si macchia di cattivo giornalismo. Secondo il regista di Good Night, Good Luck questo falso scoop con implicazioni di carattere religioso, rappresenta "un segnale di negligenza pericoloso". 
Il Daily Mail ha fatto pubblica ammenda, ma George non ci sta.
Ce la faranno a sposarsi?

lunedì 14 luglio 2014

FILMOGRAFIA: Ethan Hawke





NOME: Ethan Hawke
DATA DI NASCITA: 06/11/1970
LUOGO DI NASCITA: Austin, Texas, USA
PROFESSIONE: Attore, Regista






ATTORE:
(2015) Regression - Bruce Kenner
(2014) Boyhood - Mason Sr.
(2013) Getaway - Brent Magna
(2013) La notte del giudizio - James Sandin
(2013) Before Midnight - Jesse
(2012) Mea maxima culpa. Silenzio nella casa di Dio - Pat (voce)
(2012) Sinister - Ellison Oswalt
(2012) Total Recall – Atto di Forza - 
(2012) Quello che so sull'amore - 
(2011) The Woman in the Fifth - Tom Ricks
(2009) Daybreakers - Edward
(2009) Brooklyn's Finest - Sal
(2008) Chelsea on the Rocks - Se stesso
(2007) Onora il padre e la madre - Hank
(2006) L'amore giovane - Vince
(2006) Fast Food Nation - 
(2005) Lord of War - Jack Valentine
(2005) Assault on Precinct 13 - Jake Roenick
(2004) Identità violate - Costa
(2004) Prima del tramonto - Jesse
(2001) The Jimmy show - Jimmy
(2001) Training Day - Jake Hoyt
(2001) Tape - Vince
(2001) Waking Life - 
(2000) Hamlet 2000 - Hamlet
(1999) La neve cade sui cedri - Ishmael Chambers
(1999) Joe the King - Len Coles
(1998) The velocity of Gary - Nat
(1998) The Newton boys - Jess Newton
(1998) Il paradiso perduto - Finnegan "Finn"' Bell
(1997) Gattaca - La porta dell'universo - Vincent Freeman
(1995) Cerca e distruggi - Roger
(1995) Prima dell'alba - Jesse
(1994) Floundering - Jimmy
(1994) Quiz Show - Studente
(1994) Giovani, carini e disoccupati - Troy Dyer
(1994) La leggenda di Zanna Bianca - Jack Conroy
(1993) Alive - Sopravvissuti - Nando Parrado
(1992) Lion's Den - 
(1992) Cambiar vita - Wayne Frobiness
(1992) Waterland - Memorie d'amore - Mathew Price
(1991) Vicino alla fine - Will Knott
(1991) Vediamoci stasera... porta il morto - Tom McHugh
(1991) Zanna bianca, un piccolo grande lupo - Jack
(1989) Papà - Billy
(1989) L'attimo fuggente - Todd Anderson
(1985) Explorers - Ben Crandall

REGISTA:
(2006) L'amore giovane
(2001) Chelsea Walls
(1994) Straight to one (corto)

COMING SOON: Boyhood



Richard Linklater torna al cinema con Boyhood, il "prodotto finito" del suo 12 years project
Boyhood è la vita del giovane Mason (Ellar Coltrane) dai 6 ai 18 anni, ovvero dall'infanzia al college. 
In questi 12 anni assistiamo alla sua (reale) crescita, alle prese con  il rapporto con i genitori (Patricia Arquette ed Ethan Hawke) separati, al difficile rapporto con la sorella Samantha (Lorelei Linklater),traslochi, nuove scuole e nuove amicizie, sullo sfondo dei cambiamenti sociali e storici. 
Se negli anni Sessanta François Truffault aveva fatto un'operazione del genere con la sua "creatura", ovvero Antoine Duanel, il protagonista 14enne del suo splendito Les 400 coupes, per poi seguire la sua crescita di film in film (Baci rubati, Non drammatizziamo... E' solo una questione di corna), Linklater fa di più, condensando il 166' la reale crescita dei suoi personaggi, senza trucco e senza inganni, ma con una reunion annuale per girare alcune scene.
Ne esce un lessico familiare dove i protagonisti crescono e invecchiano, e intorno a loro il mondo cambia. Esattamente come loro.
Boyhood uscirà nelle sale italiane il 16 ottobre.

sabato 12 luglio 2014

SOUNDTRACK: Vicky Cristina Barcelona





Ritmi latini incorniciano alla perfezione il fuego che lega il trio Bardem-Cruz-Johannson, protagonisti di Vicky Cristina Barcelona, film made in Spain di Woody Allen.
Per rendere bene l'idea delle atmosfere spagnole, la soundtrack apre con Barcelona, di Giulia y los Tellarini che regala fin da subito sonorità spagnoleggianti, che proseguono con Gorrion di Juan Serrano, seguita dalle chitarre acustiche di Entre dos aguas di Paco De Lucia, canzoni che ricreano perfettamente l'atmosfera solare e caliente della Spagna.
Un tocco di romanticismo avviene con El noi de la mare cantata da Muriel Anderson & Jean-Felix Lalanne, in coppia con l'intensa Granada di Emilio De Benitos.
Si continua con un lento, La rey del retiro, cantata ancora da Giulia y los Tellarini, per poi riprendere il ritmo con When I Was a Boy di Biel Ballerster. Ritmo sostenuto dalla sensuale Big Brothers del gruppo The Stephan Wrembell trio riff di chitarre acustiche sognanti e calde come le spiagge di Barcellona.
Le chitarre acustiche tornano con Asturias di Juan Quesada, musica che fa venire in mente un energico flamenco. Più spensierata e quasi dal ritmo jazz (che tanto piace a Woody Allen), ma in salsa latina è Your Shining Eyes di Biel Ballester trio, gustosa come un piatto di paella. Juan Serrano chiude la soundtrack con Entre Olas, in puro flamenco style per chiudere in bellezza le musiche che accompagnano il solare e caliente film di Woody Allen

La tracklist:


1 Barcelona Giulia y Los Tellarini

2 Gorrion Juan Serrano
3 Entre Dos Aguas Paco De Lucia
4 El Noi De La Mare Jean-Felix Lalanne, Muriel Anderson
5 Granada Emilio de Benito
6 La Ley Del Retiro Giulia y Los Tellarini
7 When I Was A Boy Biel Ballester Trio, Graci Pedro, Leo Hipaucha
8 Big Brother The Stephane Wrembel Trio
9 Asturias Juan Quesada
10 Your Shining Eyes Biel Ballester Trio, Graci Pedro, Leo Hipaucha
11 Entre Olas Juan Serrano

martedì 8 luglio 2014

RECENSIONE: Machete






Titolo: Machete
USA, 2010
Cast: Danny Trejo, Robert De Niro, Steven Seagal, Jessica Alba, Michelle Rodriguez.
Sceneggiatura: Robert Rodriguez, Rebecca Rodriguez.
Regia: Robert Rodriguez.
Durata: 105

Machete Cortez (Danny Trejo) è un ex agente federale messicano che cerca di ricostituirsi una vita dopo la morte violenta della moglie e della figlia per mano dello spietato trafficante Torres (Steven Seagal), che pensa di averlo ucciso.
Machete in realtà è sopravvissuto e vie in Texas Machete, dove finisce per rimanere coinvolto da un’organizzazione guidata da Michael Booth (Jeff Fahey), che lo assolda per uccidere il senatore McLaughlin (Robert De Niro), politico che basa la sua campagna elettorale contro i clandestini messicani che varcano il confine.
Tradito dal gruppo di criminali, Machete viene ferito e accusato del tentato omicidio di McLaughlin. Machete decide di vendicarsi di Booth cercando aiuto in Padre (Cheeck Marin), prete dai metodi poco ortodossi , Luz (Michelle Rodriguez) in arte Shè, leader di un gruppo per aiutare gli immigrati e l’agente Sartana Rivera (Jessica Alba),gli unici che credono nella sua innocenza.
Nato come un finto trailer presente in Planet Terror, Machete è stato l’oggetto di culto dei fan di Robert Rodriguez, tale da “costringere” il cineasta messicano a creare un vero e proprio film per deliziare i suoi fan.Se a prima vista è un action movie tutto pallottole-pupe-gangster, Rodriguez mette genialmente nella pellicola tematiche come il razzismo, droga, immigrazione clandestina e i giochi di potere della politica.
La tematica del razzismo è il fulcro della pellicola e Rodriguez non risparmia frecciate contro il trattamento che subiscono ogni giorno i messicani che varcano il confine (quando ci riescono), croce del senatore McLaughlin perfida e alquanto divertita parodia del peggio della politica made in Usa, con la sua arroganza, il suo malcelato razzismo e la sua spietatezza nel condurre la sua crociata contro i messicani.
Non è un caso infatti che il film sia ambientato in Texas, Stato un tempo governato da George W. Bush. Il pensiero a Bush c’è, anche perché sembra che si sia ispirato all’ex presidente, prendendo spunto dal progetto di costruzione di un recinto per bloccare i flussi migratori, trasformandolo nel cavallo di battaglia di McLaughlin per la sua campagna elettorale.
L’onore di interpretare un personaggio del genere è toccato a Robert De Niro, che fatica a malapena a nascondere di essersi divertito parecchio durante le riprese (e arriva a toccare il sublime con la scena madre finale che gli è stata concessa). De Niro regala ai suoi aficionados un’ottima prova e il “suo” Mc Lauglin è un perfetto mix di viltà e cattiveria.
I cattivi si sa, sono più cattivi che si può, ma Rodriguez è abile nell’evitare gli stereotipi e rispetta la “vecchia scuola” dei film Exploitation, regalando il ruolo del malvagio Torres a un redivivo (e alquanto imbolsito) Steven Seagal, finalmente capace di fare il cattivone dopo aver nauseto ed esaltato per anni il pubblico americano e non con i suoi personaggi giustizieri tutti d’un pezzo.
Non manca un (auto)ironico Don Johnson: è come se Rodriguez avesse organizzato quel tipo di rimpatriate scolastiche, solo che al posto della pizzata li ha riuniti tutti in un film.
Il bene, oltre al machissimo Machete, è femmina ed è rappresentato da Luz e Sartana ed April: rispettivamente la paladina degli immigrati, l’agente per l’immigrazione combattuta tra il suo dovere e il rispetto della legge e la figlia del gangster ribelle.
Luz/Shè è rappresentata come una guerriera presa in prestito da un film Blaxploitation degli anni Settanta in salsa chili, e e resa ancora più sexy e combattiva da una benda sull’occhio (sembra quasi un omaggio a Elle Driver di Kill Bill di Tarantino, che a sua volta a omaggiato il personaggio di Patch in Switchblade Sisters, Blaxploitation movie). Michelle Rodriguez è la “pupa” migliore del trio con quello sguardo (anche quello mezzo accecato) sfacciato da pasionaria.
Sartana invece è più tradizionale, anche perché il suo ruolo glielo impone, ma anche lei non è sprovvista di grinta ed è flessibile: è lei l’unica a rappresentare la giusta applicazione della legge, ma quando ciò non avviene si mette in prima linea per far sì che giustizia venga fatta. Jessica Alba è stata premiata con il Razzie Awards per questo ruolo, ma non è così disastrosa (anzi, ormai è diventato un pregio vincere quel premio e probabilmente l’attrice sta ancora ringraziando i produttori per l’opportunità avuta).
Il personaggio di April è più sacrificato, serve giusto per la scena cult “dove sono mia moglie e mia figlia?!” e quando si unisce alla giusta causa travestita da suora appare fuorviante. La scelta di Lindsay Lohan per ricoprire questo ruolo è quanto mai più azzeccato, infatti non sembra fare molta fatica nella parte della “ragazza perduta”. Per la serie le rehab forgiano il carattere.
Le scene di sesso sono poche e velate, e per fortuna Rodriquez ha dimenticato il sessismo a casa e riesce a non far sembrare i personaggi femminili come delle stupide pupattole.
Machete non è un film d’autore, ma è un film divertente con scene esilaranti come l’aiuto di Padre che non perdona quanto Dio, o i metodi poco ortodossi del giustiziere venuto dal Messico (una su tutte la scena dell’ospedale) e soprattutto, che male c’è se fa anche riflettere?
Ma soprattutto Machete è Danny Trejo capace di andare al di là della sua monoespressività per conferire carisma e uomo reso rude dal dolore (roba da far resuscitare Charles Bronson per fargli i complimenti).
Machete: da un trailer a un film. Operazione riuscita.

Voto: 7,5
A.M.