venerdì 30 settembre 2016

100% PURE GLAMOUR: Il black & white blazer e il purple coat di Purple Rain





Pensi a Prince e ti viene in mente il viola. Il colore porpora, così proronpente, così vivo è diventato un elemento del suo film più famoso (e più grande successo a livello cinematografico), Purple Rain.
E famoso è anche il suo outfit, con due giacche: una da moto, che The Kid indossa nella scena in cui passa un momento romantico con Vanity - convinta a fare un bagno nel fiume - e il mitico cappotto viola in stile militare che Prince/The Kid indossa mentre canta la celeberrima ballata finale - Purple Rain per l'appunto. I suoi outfit sono elementi importanti per designare la personalità di The Kid, diventanto parte integrante del personaggio, proprio come la sua Cloud Guitar.
Perché Purple Rain non è solo la storia di The Kid, è la storia di un giovane talentuoso che voleva imprimere sulla pellicola la propria - e legittima - genialità. E se The Kid è l'alter ego di Prince, Prince stesso diventava tutt'uno con The Kid, diventando un grande artista a 360 gradi dove metteva anima e corpo nelle sue creazioni. E il cappotto viola in stile militare diventa importante quando The Kid agguanta il successo con la sua straordinaria ballata, erto a simbolo della consacrazione al successo - successo che si era tramutato per Prince con la vittoria del premio Oscar per la migliore canzone, oltre che l'ennesimo successo nella sua carriera musicale.
Del blazer si sa poco  o nulla, a parte che questo cimelio è stato venduto recentemente all'asta per una cifra estimata sui $120,000. 
Il capo (molto probabilmente) faceva parte del guardaroba di Prince stesso, che poi aveva donato alla makeup artist del film. Il capo è un blazer da motociclista nero con motivi a righe bianche si si intersecano come un labirinto, che si interrompono alle maniche - in pelle nera - che Prince/The Kid
indossa con una sciarpa bianca, creando un perfetto contrasto cromatico.
L'altro capo iconico è il 'military coat' viola che The Kid indossa nel concerto della consacrazione - è un lungo cappotto stile militare viola, arricchita con un motivo a strass sulla spalla. L'outfit viene 'addolcito' con una camicia di seta con ruffle in colore avorio. Il bianco della camicia (declinato in avorio) rappresenta anche in questo caso un contrasto perfetto, nulla era lasciato al caso dal geniale folletto di Minneapolis, creando uno stile dandy - impregnato dell'estetica degli anni Ottanta.
Uno stile che Prince che tenne per sé gelosamente, anche perché, al di là del blazer, non esistono altri memorabilia del film. Anche perché il film era parte integrante dell'opera di un artista che voleva avere controllo assoluto della propria genialità. Operazione riuscita al 99%.

giovedì 29 settembre 2016

RECENSIONE: Miele


Il fascino indiscreto di una recensione retrò


Titolo: Miele
Italia, 2013
Cast: Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Libero de Rienzo.
Sceneggiatura: Francesca Marciano, Valeria Golino, Valia Santella.
Regia: Valeria Golino
Durata: 98'


Irene (Jamine Trinca) si fa chiamare Miele. E' una ragazza dura, ma si nasconde dietro un nome dolce. Una dolcezza che chiedono i malati terminali di finire la propria esistenza dopo anni di sofferenza dovuta a malattie incurabili. 
Con l'aiuto del medico Rocco (Libero De Rienzo), Miele aiuta i malati terminali con il suicidio assistito, ma un giorno s'imbatte nell'ingegner Carlo Grimaldi (Carlo Cecchi), un uomo di settant'anni circa, di ottima salute che chiede a Miele di farla finita perché è dell'idea di aver vissuto pienamente la sua vita e non vuole più vivere.
Miele una volta saputo che non è malato, comincia a porsi dei dubbi etici e si chiede se ciò che sta facendo sia giusto o meno...
Valeria Golino è un'attrice sulla cresta dell'onda dagli anni Ottanta. Dopo aver sperimentato la carriera a Hollywood, è tornata in Italia e ha continuato la carriera con successi e ora si cimenta nella regia e lo fa prendendo in prestito il romanzo di A nome tuo di Mauro Covacich e trattando una tematica ostica per la società italiana: la morte assistita.
Argomento tabù, che viene spesso volutamente ignorato, un po' come mettere la testa nella sabbia come gli struzzi, se non si vede il problema, si può evitare di affrontarlo.
Ma Valeria Golino ha voluto fare centro con la sua opera prima, trattando una storia di una ragazza che trova giusto e un diritto inviolabile aiutare chi non vuole più patire una sofferenza dovuta a una malattia che porta a sofferenza e morte certa.
Per evitare di creare un film didascalico, la vicenda ruota intorno all'enigmatica Irene, donna fragile che vuole fare bella mostra della sua corazza di donna tosta, misteriosa, dalla sessualità disinibita fatta di incontri occasionali con il suo partner, l'importante è che nessuno deve sapere niente su di lei.
Miele è una donna solitaria, che viaggia in Messico per procurarsi i farmaci (illegalmente?) per poter mandare avanti la sua missione. Perché per lei non è un semplice lavoro, anche se viene pagata lo fa per lenire le sofferenze quando non c'è più nulla da fare. 
L'incontro con l'ingegner Grimaldi, un uomo colto, disilluso dalla vita, che semplicemente è consapevole di aver vissuto una vita soddisfacente e vuole terminarla, anche perché ormai non ha più niente di dire al mondo le offre la sua visione della vita e della morte in un'altra prospettiva.
La conoscenza di Grimaldi è come un colpo alla sua corazza, e quando lo incontra, vediamo Irene e non Miele, cominciamo a conoscerla come ex studentessa di medicina che si è ritirata dall'università e non ha detto nulla al padre, che sua madre è morta di malattia e soprattutto una persona con una spiccata laicità e soprattutto è una persona sola.
Ma proprio le sue convinzioni vengono meno con questa conoscenza e allora comincia a farsi degli scrupoli.
E con esso il film stesso. Perché se da un lato Valeria Golino ha voluto esordire con una tematica parecchio scottante, da un lato non va fino in fondo (così come non lo fa l'autore del libro), arrivando quasi a giustificare le scelte che fa la "sua" Miele. Come se lanciasse un sasso e poi nascondendo la mano, lasciando un sapore amaro di pretenziosità. L'unico personaggio che rimane in linea con il suo operato, vuoi per cinismo, vuoi per pietà è Rocco (un incisivo Libero di Rienzo in un piccolo ruolo), il medico che si mette in contatto con Miele dandole i pazienti. Ma anche il personaggio di Rocco non ha il coraggio di andare fino in fondo, e, anzi, relega a una giovane che non ha nulla da perdere di fare il "lavoro sporco".
Ma forse questa scelta registica (e letteraria) è la più azzeccata, rimanendo in coerenza con il modo di affrontare una tematica che difficilmente verrà trattata (cioè eutanasia) in futuro.
A differenza del film Bella addormentata di Marco Bellocchio, che tratta il tema del testamento biologico con la sua impronta fortemente laica, cercando di essere neutrale e dare una voce tra chi concorda e chi non è a favore,  Miele alla fine non prende una posizione ben precisa,  è materiale che graffia solo in superficie e non va fino in fondo. 
Al di là delle scelte narrative discutibili, Miele è comunque un buon esordio di Valeria Golino, che, da donna tosta e coraggiosa come la sua eroina, affronta una storia scomoda e soprattutto, memore del suo passato negli States, offre un'ambientazione e dei paesaggi che difficilmente si vedono in una pellicola italiana.
Jasmin Trinca si dimostra un'attrice matura e la sua Miele è ben tratteggiata nella sua durezza e nel suo dolore inespresso, mentre Carlo Cecchi è misurato e un attore che, se il suo personaggio ha già dato nella vita, il suo attore ha ancora molto da dare sulle scene o al cinema.
Nella speranza che continui con un'opera seconda, sarebbe bello vedere una Valeria Golino che osi di più, arrivando fino in fondo senza paura di scatenare (inutili polemiche), ma che facciano discutere in modo costruttivo. Insomma, storie che difficilmente si vedono al cinema italiano.

Voto: 6

MONOGRAFIA: Omar Sharif



Pensi a Omar Sharif e ti viene in mente il Dr. Zivago che si innamora perdutamente della bella Lara. Omar Sharif divenne famoso con quel capolavoro diretto da David Lean, ma Michael Dimitri Shaloub (nato ad Alessandria d'Egitto il 10 aprile del 1932)  iniziò la sua carriera nel 1953 con il film egiziano Lotta sul fiume.
La carriera negli anni Cinquanta stentò a decollare (oltre a Lotta sul fiume, recitò ne La castellana del Libano nel 1957 e I giorni dell'amore del 1958), ma cominciò a farsi conoscere al pubblico inglese con Lawrence D'arabia di David Lean nel 1962, che gli valse una nomination agli Oscar come attore non protagonista. 
Il Golden Globe e la fama internazionale arrivò nel 1966 con il Dottor Zivago, protagonista assoluto del film diretto da Lean.  
Successo che gli aprì le porte di Hollywood, dove recitò in Funny Girl (1968) di William Wyler (e successivamente in Funny Lady (1973),
Lavorò anche in Italia, dove Francesco Rosi lo diresse in C'era una volta... (1967), dove poté mostrare non solo la sua bravura, ma anche il suo charme e il suo fascino per partern femminili come Barbra Streisand e Julie Christie.
Blake Edwards lo volle per Il seme del tamarindo (1974) e non disdegnò il genere demenziale con la commedia Top Secret! (1983), facendo da spalla alla fascinosa spia Val Kilmer.
Nel 2003 vinse la Coppa Volpi per Monsieur Hibraim e i fiori del corano, dove interpreta il ruolo di una guida per un giovane trascurato dai familiari.
L'ultimo film è Un castello in Italia (2013) di Valeria Bruni Tedeschi

domenica 25 settembre 2016

RIFLESSIONI: Caro blog...


Caro blog ti scrivo. 
Caro blog ti chiedo scusa perché non ho mai tempo di scriverti. 
E quando ho tempo sono stanca per stare un po' con te. 
Il tempo non mi basta mai, ho tante cose in testa, ma non riesco a metterle 'nero su bianco', e rimangono nella mia mente, rimuginandoci su.
Caro blog ti chiedo perdono, perché ho tante cose in serbo per te, ho creato tanti progetti, ma non riesco mai a concretizzarli come vorrei e quanto vorrei.
Caro blog ti chiedo perdono.
Anche questa volta, perché il tempo è tiranno, perché la sveglia prima dell'alba è più stronza di me e ti devo lasciare prima del previsto, perché domani tornerò stravolta e non avrò i neuroni per dedicarmi come si deve, con pazienza e dedizione.
Come questa volta e come le altre volte.
Perdonami mia piccola creatura, ma sappi che sei sempre nei miei pensieri, e cercherò di prendermi cura di te un po' di più. Anche quando la pigrizia è più balorda di me.
Alla prossima, non avercela con me!

XOXO, 
la tua blogger,


giovedì 22 settembre 2016

GOODBYE - Two is mej' che uan editon: Addio a Curtis Hanson e Gian Luigi Rondi

La signora con la falce continua a mietere e si porta via Curtis Hanson, regista di L.A. Confidential e Wonder Boys e il critico cinematografico italiano Gian Luigi Rondi.
Hanson era da tempo malato di Alzheimer e si era ritirato nel 2012. Vinse un Oscar per la sceneggiatura del cult noir L.A. Confidential, dirigendo un cast all star (Danny De Vito, Russel Crow, Kevin Spacey e Kim Basinger, anche lei premiata come migliore attrice), e fu proprio la scrittura il primo amore di Hanson: scoperto da Roger Corman, fu abile nel prendere il cinema di genere come il noir, rileggendolo in chiave psicologica facendo mentire i suoi personaggi (La finestra della camera da letto del 1987, dove il protagonista interpretato da Steve Guttemberg mente per proteggere l'amante da un possibile scandalo, accettando di essere il testimone oculare di un aggressione,  diventando l'obiettivo del maniaco), oppure facendo patire ai suoi personaggi l'ossessione che sfocia nella vendetta con La mano sulla culla (1992).
Soprattutto diede vita alla sordida Los Angeles di James Ellroy con L.A. Confidential. Dopo l'Oscar Hanson ritorna con Wonder Boys (2000), l'adattamento del celebre romanzo di Michael Chabon, materiale perfetto per scavare nelle bizzarre avventure di uno scrittore in crisi creativa, con un Michael Douglas in splendida forma. 
Con In Her Shoes (2005) e Le regole del gioco prende mise in scena i conflitti familiari: due sorelle diversissime tra loro (la seria Toni Collette e l'esuberante Cameron Diaz), ma con lo stesso numero di scarpe in perenne rivalità e la classica diatriba padre e figlio (incarnati da Robert Duvall ed Eric Bana) ne Le regole del gioco (2007), conflitti familiari che erano già esplosi in 8 Miles (2002), dramma interpretato da Eminem (aka Marshall Mathers III) che cerca di sfuggire da un rapporto materno (la rediviva Kim Basinger) e la depressione di una città senza sbocchi come Detroit. Nel 2012 l'inizio della malattia e il canto del cigno con Chasing Mavericks, terminato grazie alla collaborazione con Michael Apted.
La signora falcia alla grande e decide di prendersi l'icona della critica italiana, lasciandoci orfani di
Gian Luigi Rondi, critico per Il tempo e membro della Mostra d'arte cinematografica di Venezia nel 1949 (diventandone il direttore dal 1993 al 1997) e soprattutto noto per essere stato il presidente a vita dell'Accademia del Cinema Italiano e del David di Donatello. 
Scrisse la sua prima recensione nel 1947 per il film Maria Antonietta, interpretata da Norma Shaer, in un periodo in cui i film stranieri cominciavano a essere sdoganati in Italia dopo la fine della legge Alfieri del 1938, messa abrogata dopo la fine del fascismo. 
Rondi fu testimone della rinascita del cinema italiano, frequentando personalità come De Sica, Visconti, Rossellini, diventando amico di Vittorio Gassman e Gina Lollobrigida, che diventeranno i protagonisti di monografie cinematografiche. Negli anni Cinquanta collaborò con René Clair e Joshep L. Mankiewicz, Dal 2008 al 2012 fu il presidente del Festival internazionale del Film di Roma e fu ospite dell'unico programma televisivo riservato al cinema, Il cinematografo di Gigi Marzullo. Al di là delle domande marzulliane, Gian Luigi Rondi fu il pilastro della critica cinematografica e gran uomo di cultura, che attraversò la storia del cinema italiana e non per oltre mezzo secolo.

mercoledì 21 settembre 2016

FILMOGRAFIA: Rachel McAdams





NOME:
Rachel McAdams
DATA DI NASCITA: 17/11/1978
LUOGO DI NASCITA: London, Ontario, Canada
PROFESSIONE: Attrice





ATTRICE:

(2016) Doctor Strange -
(2016) Sherlock Holmes 3 - Irene Adler
(2015) Il caso Spotlight - Sacha Pfeiffer
(2015) Sotto il cielo delle Hawaii - Tracy
(2015) Southpaw - L'ultima sfida - Maureen Hope
(2015) Wim Wenders - Ritorno alla Vita - Kate
(2015) Il Piccolo Principe - La madre (voce)
(2014) La spia - A Most Wanted Man - Annabel Richter
(2013) Questione di tempo - Mary
(2012) Passion - Christine
(2012) La memoria del cuore - Paige
(2011) Sherlock Holmes - Gioco di ombre - Irene Adler
(2012) To the Wonder - Jane
(2011) Midnight in Paris -
(2010) Il buongiorno del mattino - Becky Fuller
(2009) Sherlock Holmes - Irene Adler
(2009) State of Play - Della Frye
(2008) Un amore all'improvviso - Clare Abshire
(2005) La neve nel cuore - Amy Stone
(2005) Red eye - Lisa Reisert
(2005) 2 Single a nozze - Wedding crashers - Claire Cleary
(2004) Le pagine della nostra vita - Allie Hamilton
(2004) Mean Girls - Regina George
(2003) Slings and arrows - Kate McNab
(2002) Hot chick - una bionda esplosiva - Jessica
(2002) Perfect pie - Patsy (all'età di 15 anni)
(2002) My Name is Tanino - Sally Garfield
(2002) Guilt by Association (Film Tv) - Danielle
(2001) Shotgun love dolls (Serie Tv) - Beth

domenica 18 settembre 2016

IL CIRCOLO DI CUCITO: A Renée le critiche le fanno un baffo!




Renée Zellweger è rimasta lontana dagli schermi cinematografici per 6 anni. L'anno scorso però era apparsa a un evento pubblico e i media si erano scatenati su di lei per il suo radicale cambiamento fisico. 
Troppi lifting dicono i giornali di gossip, addirittura si scomodano gli psicologi che cercano di studiarla, affermando che ha voluto eliminare la sua origine sami (la madre è norvegese) per avere un aspetto più europeo e/o americano. 
I gossippari rincarano la dose affermando che è più impenitente del suo personaggio icona, Bridget Jones, perché non essendo più trentenne (fa cafone dire l'età di una signora) non è sposata e non ha figli. 
Renée Zellweger ritorna sì con Bridget Jones, ma se ne discosta ampiamente affrontando i media che l'hanno tanto attaccata, affermando che no, non ha fatto ricorso all'uso del bisturi (che poi, chi non lo fa al giorno d'oggi, e perché lei non potrebbe in ogni caso?), e soprattutto da' una lezione da far rabbrividire gli organizzatori del fertility day per la serie 'no grazie, un bambino non è nei miei progetti di vita nonostante l'orologio biologico faccia tic tac.' 
Renée i media però li sa gestire bene, e punta il dito sul sessismo che 'ordina' alle donne di essere sempre belle e impeccabili, e quando lo fanno vengono criticate per questo (tornare alla voce chirurgia estetica), suggerendo che i media dovrebbero concentrarsi di più sulle questioni sociali, piuttosto che perdere tempo 'a pettinare le bambole'.
Lei fa spallucce e dice 'tiè giornalista dei miei stivali in questi sei anni sabbatici sono ritornata all'università, non ho studiato francese in Francia (ma mai dire mai nella vita) però faccio yoga, ho collaborato con un amico per un programma televisivo, ho passato tempo con la mia famiglia e soprattutto sono stata in Liberia per fare volontariato'. E ora torno al cinema con le nuove avventure di Bridget Jones.'
Alla faccia delle critiche sulle sua faccia!

P.s. Director's cult si scusa con Jennifer Aniston (anche se giustamente ignora la mia esistenza, ma chissene) per aver riportato l'anno scorso l'ennesima notizia su una sua presunta maternità. Cara Jen, se un figlio lo vuoi fare, ben venga, se non lo vuoi fare, fottitene alla grande e sii felice dei tuoi successi, Director's è con te! 

XOXO Director' cult.

mercoledì 14 settembre 2016

FILMOGRAFIA: Gabriele Salvatores

NOME: Gabriele Salvatores
DATA DI NASCITA: 30/07/1950
LUOGO DI NASCITA: Napoli, Italia
PROFESSIONE: Regista, Sceneggiatore

REGISTA:

(2014) Il Ragazzo Invisibile
(2011) Educazione Siberiana
(2010) 1960
(2010) Happy Family
(2008) Come Dio comanda
(2005) Quo Vadis, Baby?
(2003) Io non ho paura
(2002) Amnèsia
(2001) Un mondo diverso è possibile
(2000) Denti
(1997) Nirvana
(1993) Sud
(1992) Puerto escondido
(1991) Mediterraneo
(1990) Turnè
(1989) Marrakech express
(1987) Kamikazen ultima notte a Milano
(1983) Sogno di una notte d'estate

SCENEGGIATORE:

(2002) Amnèsia
(2000) Denti
(1997) Nirvana
(1993) Sud
(1987) Kamikazen ultima notte a Milano
(1983) Sogno di una notte d'estate

martedì 13 settembre 2016

COMING SOON: Bridget Jone's Baby




Bridget Jones (Renée Zellweger) è tornata single dopo aver lasciato Mark D'arcy (Colin Firth). 
Questa volta però non si lascia prendere dallo sconforto, mangiando gelato e ascoltando All By Myself  e decide di buttarsi a capofitto nel lavoro come produttrice di uno show televisivo. 
Il suo stato di 'singletudine' dura poco quando incontra l'americano Jack (Patrick Dempsey). Che sia lui l'uomo giusto per Bridget? La sua vita giunge a una svolta quando scopre di rimanere incinta. Solo che non sa se il bambino sia di Mark o Jack...
Renée Zellweger torna al cinema dopo 6 anni sabbatici da Hollywood e lo fa 'a colpo sicuro' interpretando il suo personaggio icona, Bridget Jones arrivando al terzo capitolo, Bridget Jone's Baby
Diretto sempre da Sharon Maguire, in questa nuova avventura il soggetto è sempre di Helen Fielding, creatrice di Bridget) non c'è Hugh Grant e il suo Daniel Cleaver, ma al suo posto c'è Patrick Dempsey, tornato alla ribalta dopo l'addio a Grey's Anatomy. Il film si discosta ampiamente sia dai racconti scritti dala Fielding nel 2006 e pubblicati sul The Indipendent, sia dal terzo romanzo, Bridget Jones: Mad About a Boy, dove Bridget ha 50 anni (nel film ne ha 43), in realtà è vedova di Marc D'Arcy (tornato vivo e vegeto per la terza avventura cinematografica) e nonostate la prole e il sentore di menopausa, decide di diventare una milf, con bizzarre e goffe conseguenze per 'l'eterna pasticciona' Bridget. 
Rumours dicono che la Fielding pubblicherà in UK il suo quarto libro da cui è tratto questo film, che funge da sorta di anteprima (il romanzo dovrebbe essere pubblicato il 16 ottobre di quest'anno). 
Riuscirà questo terzo capitolo a far ritrovare l'appeal per Bridget, con questa storia nuova di zecca cucita appositamente per lei?

lunedì 12 settembre 2016

NEWS: Venezia 2016 - I vincitori



La 73esima edizione della Mostra d'arte cinematografica di Venezia è giunta al termine e la giuria presieduta da Sam Mendes ha assegnato il Leone d'Oro alla pellicola The Woman Who Left del filippino Lav Diaz. 
Emma Stone vince la Coppa Volpi per la sua interpretazione in La La Land di Damien Chazelle, mentre Oscar Martinéz (El ciudadano Ilustre)  viene premiato per la migliore interpretazione maschile. Nocturnal Animals - l'opera seconda del fashion designer Tom Fors - si aggiudica il Gran premio della giuria. 
Ex-aequo per il Leone d'Argento ai registi Amat Escalante (La region salvaje) e Andrej Konchalovsky (Paradise). Jackie di Pablo Larrain, interpretato da Natalie Portman, vince invece il premio per la miglior sceneggiatura (Noah Oppeneim). Leone d'Oro alla carriera a Jean-Paul Belmondo e Jerzi Skolimosky

I vincitori: 

Leone d’Oro per il miglior film: The Woman Who Left di Lav Diaz
Gran premio della giuria: Nocturnal Animals di Tom Ford
Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile: Emma Stone per La La Land
Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile: Oscar Martínez per El Ciudadano Ilustre
Miglior sceneggiatura: Noah Oppenheim per Jackie di Pablo Larrain
Premio speciale della giuria: The Bad Batch di Ama Lily Amirpour
Premio Marcello Mastroianni: Paul Beer, attrice di Frantz
Premio Leone del futuro per la miglior opera prima: The Last of Us di Ala Eddine Slim
Miglior film della sezione Orizzonti: Liberami di Federica Di Giacomo
Leone d’Argento per la miglior regia (a due film): Amat Escalante per La region salvajee Andrei Konchalovsky per Paradise
Leone d'Oro alla carriera: Jean-Paul Belmondo e Jerzo Skolimosky

domenica 11 settembre 2016

MOVIE ON THE ROAD: Twin Towers - World Trade Center




Il Word Trade Center era un complesso di sette edifici (progettate dall'architetto giapponese Minoru Yamasaki e dall'ingegnere americano Leslie Robertson), il cui cuore pulsante erano le Twin Towers, oggi tristemente famose per essere crollate nell'attentato terristico dell' 11 settembre 2001.
Le torri gemelle erano situate nel Lower Manhattan, ed erano alte 415 metri (più alte dell'Empire State Building che all'epoca deteneva il record di altezza con i suoi 381 metri), diventando - con i suoi 110 piani - il complesso architettonico più alto del mondo durante gli anni Settanta (furono inaugurate il 4 aprile del 1973). 
Le Twin Towers sono state protagoniste assolute del film The Walk di Robert Zemeckis, incentrata sulla figura del funambolo francese Philippe Petite, che il 6 agosto del 1974 fece una spettacolare traversata su un cavo di acciaio privo di protezioni. 
Il film di Zemeckis è un biopic sull'affascintante e spericolato artista francese, ma è soprattutto un atto d'amore verso un simbolo di un'America che si sentiva forte e quasi invincibile, finendo per essere colpita al cuore con brutale violenza.
Nel film Zemeckis rappresenta le Twin Towers come personaggi a sé, bellissime e potenti nella loro immensa altezza, sinonimo di libertà per Petite che ha potuto toccare il cielo con un dito grazie a questo splendore architettonico che oggi non esiste più, rimanendo -  a distanza di 15 anni - una ferita ancora aperta nel cuore di milioni di Americani. Al loro posto oggi ci sono due fasci di luce che toccano il cielo, proprio come fece Petite nel 1974.

lunedì 5 settembre 2016

FILMOGRAFIA: James Dean




Nome: James Dean
Data di nascita: 08/02/1931
Data di morte: 30/09/1955
Luogo di nascita: Marion, Indiana, USA
Professione: Attore




(1954) La valle dell'Eden
(1955) Gioventù bruciata
(1955) Il gigante




giovedì 1 settembre 2016

SPOT REVIEW: Martini Gold by Dolce & Gabbana



Titolo: Martini Gold.
Testimonial: Monica Bellucci.
Regia: Jonas Ackerlund.
Durata: 1'46''


Roma è intatta nel suo splendore, incurante degli anni che passano, con le sue magnifiche opere d'arte immortalate in un elegante bianco e nero.
E splendida come la città eterna è una donna dai lunghi capelli corvini, così glamour nell'indossare un paio di occhiali scuri da diva (Monica Bellucci). 
La dama misteriosa cammina sinuosamente, fasciata in un tubino stretto e nero che esalta le sue forme. Gli uomini affascinati da lei la osservano estasiati mentre l'oggetto del loro desiderio incede leggiadramente lungo il centro storico. Sale le scale e gli uomini continuano a seguirla, come i topolini ipnotizzati dal pifferaio magico.
La donna continua a camminare, ma all'improvviso il suo sguardo incrocia quello di una bionda giunonica come la protagonista misteriosa. Le due signore si avvicinano, si fermano, si scrutano con fare altero e poi ognuna prosegue per la propria strada.
La mora del mistero si allontana e nella borsa ha una bottiglia dorata (esaltata dall'elemento a colori sullo sfondo in bianco e nero).
.entra in un locale e brinda con la misteriosa bevanda insieme a due distinti gentiluomini (Dolce & Gabbana).
Ma ecco che i suoi ammiratori la invitano a venire con loro, mentre lei nel locale viene baciata dai due signori, osservata dalla fanciulla dai capelli color del grano colma di invidia.
La bruna fascinosa si gode il momento di adulazione con fare divertito, tra sguardi e baci sulle gote. Alla fine lei sussurra: "Mi ami? Io amo te".
Monica Bellucci, gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono i testimonial del nuovo spot Martini Gold, diretto da Jonas Akerlund (regista del celebre videoclip Smack my Bitch Up dei Prodigy e molti video di Madonna). Il regista Svedese con il passare degli anni sta abbandonando il suo lato più provocatorio, scoprendo un lato glamour e raffinato, molto old fashion. Elemento che emerge omaggiando La dolce vita di Federico Fellini, celebrando allo stesso tempo lo stile italiano con il suo modo di vivere chic e sofisticato.
Monica Bellucci rappresenta la bellezza ideale senza tempo del made in Italy e l'elegante bianco e nero viene contrapposto con "gocce di colore" che esaltano il dorato della bottiglia di Martini Gold, disegnata per l'occasione dagli stilisti Dolce & Gabbana. 
I fashion stylist hanno collaborato in esclusiva con il famoso brand creandone il packaging, moda e advertising: moda e lifestyle si fondono, creando una versione "fashion" del celebre drink.  E L'oro è il protagonista indiscusso: sinonimo del lusso, di esclusivo, alla moda, della la ricchezza sfacciatamente esibita.
Tutti inseguono e sognano questo modo di essere, così come gli uomini inseguono la diva Monica. Martini Gold non è solo un semplice alcolico, ma un modo di vivere e lo spot diretto da Akerlund rispecchia questo mondo con un cortometraggio elegante, raffinato e sensuale. Dolce & Gabbana appaiono come guest star nel ruolo dei fortunati che baciano Monica Bellucci.
Martini Gold: come si fa a non amarlo?