Titolo: Psycho
USA, 1960
Cast: Janet Leigh, Anthony Perkins, John Gavin, Martin Balsam, Vera Miles.
Sceneggiatura: Joseph Stefano.
Regia: Alfred Hitchcock.
Durata: 104'
Essere infelici, odiare il proprio lavoro e la propria vita. Marion Crane (Janet Leigh) si sente così, segretaria insoddisfatta che sogna una vita migliore insieme al suo amante è una segretaria Sam Loomis (John Gavin), con cui intrattiene una relazione amorosa fatta di incontri fugaci in un hotel.
USA, 1960
Cast: Janet Leigh, Anthony Perkins, John Gavin, Martin Balsam, Vera Miles.
Sceneggiatura: Joseph Stefano.
Regia: Alfred Hitchcock.
Durata: 104'
Essere infelici, odiare il proprio lavoro e la propria vita. Marion Crane (Janet Leigh) si sente così, segretaria insoddisfatta che sogna una vita migliore insieme al suo amante è una segretaria Sam Loomis (John Gavin), con cui intrattiene una relazione amorosa fatta di incontri fugaci in un hotel.
Cercare di cambiarla scegliendo una scorciatoia, che la porta però verso la strada sbagliata. Con una grossa somma di denaro rubato, Marion fugge dalla sua mediocre esistenza, arrivando a compiere il suo destino al Bates Motel di proprietà del mite Norman Bates (Anthony Perkins), giovane timido tiranneggiato dalla madre.
Alfred Hitchock con Psycho non realizzò solo il suo film di maggiore successo commerciale, ma anche un viaggio nell'oscurità, nei meandri nella debolezza, della deviazione umana, del vouyerismo e della sessualità, quando sul grande schermo vigeva il codice Hayes (codice di censura che cadrà a tutti gli effetti solo nel 1968), ovviamente mescolando le carte come solo lui sapeva fare.
Marion Crane è una donna insoddisfatta della propria esistenza, e cerca di fuggire da una realtà che ormai le risulta insopportabile. Nubile, intreccia una relazione clandestina fatta di incontri fugaci con un uomo in attesa di divorzio. Seduta sul letto semi svestita, in gonna e reggiseno, Marion Crane è una donna dalla prorompente sessualità, ma che sa far trasparire frustrazione e oppresione, e pensa che il denaro possa essere la chiave di accesso per avere una vita diversa. E se ne impossessa indebitamente per cambiare vita.
Ma a Hitchcock ovviamente non interessa la parabola esistenziale di Marion Crane, il grande Hitch si "serve" di Marion Crane per arrivare a Norman Bates e al suo Bates Motel.
Norman il solitario e mite proprietario di un motel che ormai nessuno frequenta più da quando hanno cambiato il percorso dell'autostrada.
Norman è una persona tranquilla, mite e gentile, vive con la madre invalida, donna gretta e bigotta che vieta al figlio di ospitare la giovane nella loro casa. Una donna troppo attraente, di una bellezza che colpisce Norman, uomo solitario che impaglia animali per avere una fittizia compagna.
La sensualità di Marion disturba Norman, che la spia da un buco dietro un quadro, e disturba anche sua madre, che vede in lei un nemico per il figlio da eliminare. E così fa.
Sotto la doccia, Marion diventa la vittima della più famosa scena di omicidio della storia del cinema, per via della crudele madre.(ci arriverà il suo pupillo/fan Brian De Palma 28 anni dopo con Omicidio a luci rosse, che cita tra l'altro Omicidio perfetto del maestro inglese).
Marion finisce sepolta nel lago, ma non interessa sapere se il colpevole verrà arrestato o no. Lo spettatore lo sa chi ha ucciso Marion Crane è questo al buon Hitch basta. Ci saranno le sue ricerche, certo, ma ciò che interessa sapere chi è Norman Bates. E perché la sua mammina cara, così cara non è.
Hitchock ama confondere e "accompagnare per mano" lo spettatore verso l'identificazione con Norman, persona così buona da sembrare a dir poco inquietante.
Chi è l'inquilino della casa desolata, e che rapporto ha con la madre? E' Norman a essere succube della madre, o la madre che non può vivere senza di lui?
Il migliore amico di un ragazzo è la propria madre. E questa frase raccoglie l'essenza del rapporto edipico che Norman ha sviluppato nei suoi confronti, donna che lo ha educato nella convinzione che ogni possibile ragazza rappresenti una minaccia, tutte malvage tranne lei. E Marion Crane lo rappresenta eccome questa tipologia femminile.
Hitchcock ci porta nei meandri della mente oscura di Norman, in un viaggio nelle deviazioni della mente umana, scoprendo piano piano le carte, e si scopre che Norman Bates e sua madre sono come un'unica entità, e l'arrivo inatteso di Marion Crane turba questa relazione esclusiva, diventandone vittima designata, inconsapevole di "essersi intromessa" nella vita di Norman.
Una vita in simbiosi che va difesa a costo della vita di Marion e del detective Arbogast (Martin Balsam), ingaggiato dalla sorella di lei, Lyla (Vera Miles), l'unica a scoprire la verità. Ma poco importa.
Nessuno è come sembra e solo gli specchi vedono il doppio di ogni individuo: lo specchietto retrovisore della macchina di Marion tradisce la colpevolezza del suo furto, così perfettamente celato dalla fuggiasca al poliziotto insospettito, lo specchio nella stanza da letto di Norman, che riflette o quasi il rapporto malato con la madre.
Ma non importa, perché il pubblico è attratto, spaventato, affascinato da Norman Bates, così buono da non nuocere nemmeno a una mosca. Come ci dimostra nell'ultima inquietante sequenza che ci regala il maestro del brivido.
Capolavoro noir venato di horror, vouyerismo, gotico e psicologia, Alfred Hitchcock ci regala un gioiello di suspence, e di perfezione tecnica, con quelle inquadrature ricche di immagini verticali e orizzontali, suggeriti dagli splendidi titoli di testa di Saul bass: dalla verticalità di una gru che taglia l'orizzonte della città in cui Marion si sente soffocare, o dall'orizzontalità delle persiane abbassate che nascondono i momenti passionali di Marion con Sam, il tutto arricchito dalle musiche di Bernard Hermann (celebre ormai il motivo della scena della doccia) e dalla bravura degli attori, con un Anthony Perkins così bravo nel recitare Norman da rimanere intrappolato nel personaggio nel corso della sua carriera.
Psycho è il capolavoro dell'io e del suo doppio, portandoci in un vortice di orrore e fascino senza fine, capace ancora dopo 53 anni di emozionare lo spettatore.
Voto: 9