mercoledì 15 febbraio 2017

RECENSIONE: Christine




Titolo: Christine
Id.; 2016
Cast: Rebecca Hall, Michael C. Hall, Tracy Letts.
Sceneggiatura: Craig Shilowich.
Regia: Antonio Campos.
Durata: 115'



La giornalista televisiva Christine Chubbuck è famosa per essersi uccisa il 15 luglio del 1974, durante un servizio del telegiornale scritto appositamente da lei. 
43 anni dopo la figura di Christine Chubbuck rimane ancora controversa, e il suo gesto estremo è stato analizzato nel mockumentary Kate Plays Christine e nel biopic Christine, diretto da Antonio Campos.
In realtà Christine Chubbuck non era neanche una neofita, perché 4 anni prima il drammaturgo e scrittore Yukio Mishima aveva fatto seppuku in una diretta televisiva in Giappone.
Se Mishima si tolse la vita perché non si riconosceva più nel Giappone per lui divenuto privo di valori, il gesto di Christine Chubbuck può essere interpretato come l'estremo grido contro l'imbarbarimento dell'uso dei media, dando in pasto sé stessa nella fossa dei leoni affamati  di 'sangue e budella' (prassi tutt'ora sopravvissuta nella versione soft della 'TV del dolore'), dove si tentava in ogni modo di oltrepassare il limite della decenza per qualche ascolto in più.
Christine cercava di rimanere fedele alla sua etica professionale, cercando la notizia giusta per uscire dallo squallore di reportage insulsi e inutili, scontrandosi con il suo capo Michael (Tracy Letts), interessato a svegliare l'audience e far salire gli ascolti, perché ci vogliono storie succulente e gustose per destare interesse nell'utente annoiato.
Christine però è una testa dura, vuole emergere a modo suo al punto da prendere una radio della polizia e ascoltare le chiamate in modo da poter essere 'sul pezzo', facendo di lei una reporter d'assalto ante litteram, cercando di emergere in un mondo, quello dell'informazione, prettamente maschile. Mondo alla quale Christine è spaventata, perché se dal punto di vista lavorativo è feroce come una leonessa, nella vita privata è una ragazzina intrappolata nel corpo di una 29enne. 
Infatti vive ancora con la madre (anche se è lei che paga l'affitto della casa materna) e la sua stanza sembra quella di una sedicenne, con il giradischi in una valigia con l'arcobaleno, il poster dei The Carpenters, e soprattutto il rapporto con la madre è complicato, dove lei si comporta come un'adolescente che non accetta il suo nuovo compagno e spesso e volentieri preferisce chiudersi in camera sua evitando di discutere.
Christine è una donna che combatte le sue nevrosi e la sua depressione, combatte la sua immaturità affettiva facendo volontariato (dove attraverso le marionette riesce a esprimere il suo stato d'animo e le sue frustrazioni),  provando interesse per il suo collega (Michael C. Hall) che si interessa a lei più per aiutarla a superare la sua depressione che per corteggiarla, anche se non l'aiuterà per una promozione.
Christine è tanto debole nel campo affettivo quanto forte nel campo lavorativo, dove si ossessiona nel perfezionarsi (si guarda alla moviola per migliorare la postura, improvvisa fittizie interviste a Richard Nixon per migliorare la sua professionalità) e cerca di non farsi sopraffare dalla frustrazione di inutili reportage sulle fragole dove a stento finge entusiasmo, arrivando quasi a impostare un tono freddo, quasi da automa per nascondere il disgusto che prova nel dover fare servizi finti come i fiori di plastica che adornano la sua postazione. 
Christine non ci sta e prova a dare un taglio diverso, cerca di mostrare il lato umano di un uomo che si è appena salvato da un incendio, mentre al suo capo interessa la casa in fiamme.
'Sangue e budella' sono il nuovo trend bellezza, o ti adegui, o ti vedi surclassare dai tuoi colleghi, che avanzano di carriera.
Sconfitta, Christine Chubbuck getta la spugna e scrive il suo ultimo servizio, accontentando il suo capo che voleva servizi più succosi.
Sarasota, 15 luglio 1974. 
Bene, ora, in ottemperanza alla politica della WZRB che impone di raccontare nel modo più immediato e completo gli episodi più estremi di violenza locale, TV 30 trasmette ciò che crediamo sia ancora una cosa inedita per la televisione. In vividi colori, il reportage esclusivo di un tentato suicidio.
E con queste parole si congeda Christine Chubbuck, la reporter che decise di togliersi la vita in diretta sparandosi un colpo alla nuca durante il telegiornale della sera.
Il regista Antonio Campos dirige un biopic (anche troppo) tradizionale, dove gli eventi vengono raccontati in maniera cronologica e fedele per far entrare lentamente lo spettatore in empatia con una persona di per sé impenetrabile, una bomba a mano che tiene stretta la sicura per poi decidere di farla esplodere all'improvviso. E che botto. Perché se non ci sono spoiler e si sa come va a finire, si ha nel momento del climax un'ansia, grazie anche alla bravura di Rebecca Hall nell'immergersi in quella donna che voleva solo combattere i propri demoni personali, cercando nel suo lavoro un'ancora di salvezza che non la facesse andare giù negli abissi della depressione.
Paradossalmente, in un mondo dove la morbosità voyeuristica arriva a livelli bulimici, costantemente alimentata dai social network, il suicidio di Christine Chubbuck è introvabile. 

Voto: 7 +



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