martedì 28 febbraio 2017

SPOT REVIEW: L'eau Chanel No. 5





Titolo:
L'eau Chanel No.5
Testimonial: Lily-Rose Depp.
Francia, 2016
Regia: Jonah Renck
Durata: 1'01

Io sono la notte e il giorno. Io sono una incognita, ma anche una risposta. So essere posata, ma anche trasgressiva. Con me un'istante può essere l'eternità. Sono un'artista, ma so anche essere una musa. Posso essere vulnerabile, ma anche invincibile. Rompo le convenzioni, ma ne creo altre. Mi conosci per ciò che sono, ma non arriverai mai a conoscermi veramente.
Una donna ha mille volti, mille sfaccettature e una infinita capacità di reinventarsi. La donna Chanel è contradditoria. è un paradosso, ma il suo fascino risiede proprio in questo dualismo.
Può essere oscura come la notte, e luminosa come il giorno. Sa essere misteriosa, ma anche un libro aperto. E l'Eau Chanel No.5 incarna proprio questo spirito, un eau de toilette per una donna che non vuole farsi intrappolare negli schemi, che vuole essere forte, ma anche saper essere fragile senza provare vergogna.
L'Eau Chanel No. 5 è giovane e classico allo stesso tempo: sulla scia del paradosso, lo spot gioca con i contrasti, facendo riferimento all'iconico profumo di Coco Chanel, il No.5, creando un profumo che riprende il concept originale, per reinventarlo. Un profumo simile, ma diverso. come una donna che può essere contraddittoria, ma affascinante allo stesso tempo, rendendosi diversa in mille occasioni.
E la nuova musa scelta da Karl Lagerfield è l'astro nascente Lily-Rose Deep, che prende il testimone da sua madre Vanessa Paradis, a sua volta musa per Chanel No. 5 per incarnare questa nuova generazione femminile forte e determinata.
Lily-Rose è giovanissima, non ha neanche 17 anni ma sa già essere un animale da palcoscenico.
Da sempre al centro dell'attenzione dei media, (essendo la figlia di Johnny Depp), fa quasi paura nel vedere una ragazza (alla fine è un'adolescente) che sa destreggiarsi con naturalezza davanti alla macchina da presa che la segue quasi adorante. 
Buon sangue non mente, sembra essere nata in un set cinematografico da come sa destreggiarsi nel recitare i diversi ruoli della nuova musa Chanel. D'altronde anche Vanessa Paradis divenne famosa a 15 anni con la canzone Joe Le Taxi, ma a differenza della madre, Lily-Rose non possiede quell'allure di innocenza e timidezza, ma sa ostentare sicurezza come se fosse già una veterana del piccolo (e grande) schermo.
Modella per Karl Lagerfield, ma anche attrice; ben presto sarà sugli schermi nel ruolo di Isadora Duncan nel film The Dancer. In fondo di lei sappiamo tutto (dai media), e niente, paradossale come l'Eau di Chanel.

VIDEO MUSIC REVIEW: Peaches - President of the United States



Titolo: Peaches
Band: President of the United States.
USA, 1996
Regia: Roman Coppola
Durata: 3'10''


La gente si sposta in campagna per mangiare le pesche. Perché in città le pesche sono in una lattina messe da un uomo che lavora in una fabbrica. Così per mangiare una pesca come si deve, bisogna andare a vivere in campagna. Questo demenziale, ma pur saggio aforisma è il 'succo' di Peaches, canzone dello strampalato gruppo President of the United States. 
Il video che promuove la canzone sembra fatto da un campagnolo che si è spostato dalla città alla campagna per via delle pesche, ma in realtà è niente poco di meno che Roman Coppola, figlio di Francis e fratello di Sofia.
Lo stile di Coppola è semplice, con un sano tocco di idiozia: la band suona in mezzo al verde, dove sugli alberi ci sono le lattine di pesche sciroppate, mentre per terra c'è una cassa di pesche. Natura sgarrupata + pesche nella scatola = Peaches.
Coppola riesce a catturare lo stile demenziale (se non demente) della band allo stato brado che ama stare all'aperto (in Lump il video era ambientato in una specie di palude), e riesce a dare un tocco ancora più silly facendo spuntare dei ninja dagli alberi. I President of the United States non ci pensano due volte e cominciano a dare mazzate a colpi di kun fu, ma quando il bassista (a tre corde) ha la peggio e viene pestato per bene, viene salvato dal resto della band, dando il colpo finale alla ninja gang che probabilmente voleva rubare le pesche nella scatola per lasciare ai President of the United States le lattine di pesche sciroppate sugli alberi.
Peaches è una canzone strampalata e il video lo è altrettanto. Girato 21 anni fa, è ancora una goduria nel vedere 3 minuti di puro nonsense, una simpatica supercazzola probabilmente girato con due soldi, che rende ancora più gustoso e nostalgico i bei tempi della musica (e del cinema) indie americana.
Roman Coppola comunque sapeva comunque il fatto suo, con uno stile semplice, che raggiungerà il picco di minimalismo nei video degli Strokes, riuscendo comunque ad esaltare il (malsano) senso dell'umorismo di una band che forse suona ancora, ma che aveva il suo perché nel panorama musicale alternativo degli anni Novanta.

lunedì 27 febbraio 2017

NEWS: Vincitori Oscar 2017




Tra i due litiganti, il terzo gode: La La Land e Arrival si sono 'tirati i capelli' fino all'ultimo, quando Warren Beatty fa una supercazzola prematurata con scappellamento a destra a tutti e sbaglia a proclamare il vincitore. Warren Beatty annuncia la vittoria di La La Land, ma in realtà  Moonlight è il miglior film del 2017, lasciando a bocca aperta i produttori del film diretto da Damien Chazelle, già pronti a ringraziare e a spargere lacrime di felicità a profusione.
E con questo colpo di scena si chiude il sipario di questa edizione degli Oscar sta nel proclamare La La Land come miglior film, per poi dare l'Oscar a Moonlight di Berry Jenkins.
Polemiche e figure di palta colossali, La La Land si deve accontentare di 6 statuette su 14, niente record come Titanic.
La La Land però vince statuette pesanti per la miglior regia a Chazelle (il più giovane regista mai premiato) ed Emma Stone come miglior attrice protagonista e soprattutto, essendo un musical, ha vinto come miglior colonna sonora e miglior canzone (City of Stars).
Ryan Gosling viene battuto da Casey Affleck (Manchester By the Sea), mentre Viola Davis (Fences) e Mahersala Ali (Moonlight) vincono come migliori attori protagonisti.
Kenneth Lonergan vince per la migliore sceneggiatura, mentre Barry Jenkins e il suo Moonlight vince per la migliore sceneggiatura non originale. Fuocoammare di Rosi non vince nella categoria miglior documentario, ma un tocco di Italia c'è grazie a Giorgio Gregoretti, Alessandro Bertolazzi insieme all'americano Chris Nelson per il miglior trucco di Suicide Squad
Al di là di supercazzole prematurate, il momento migliore è stato il discorso di Ashgar Faradhi pronunciato da un suo portavoce, in segno di protesta contro il muslim ban introdotto da Donald Trump, dicendo una cosa veritiera (che dovrebbe essere ovvia):  "Il cinema ha però la possibilità di catturare le qualità umane e rompere gli stereotipi, creando quell'empatia tra noi e gli altri che oggi ci serve più che mai..."


I VINCITORI:


MIGLIOR FILM: Moonlight

MIGLIOR REGIA: Damien Chazelle (La La Land)

MIGLIOR ATTORE: Casey Affleck (Manchester by the sea)

MIGLIOR ATTRICE: Emma Stone (La La Land)

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA: Mahershala Ali (Moonlight)

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA: Viola Davis (Barriere)

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE: Manchester by the sea

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE: Moonlight

MIGLIOR FILM STRANIERO: Ashgar Faradhi - Il cliente (Iran)

MIGLIOR FILM ANIMAZIONE:
Zootropolis

MIGLIOR FOTOGRAFIA: La La Land

MIGLIOR SCENOGRAFIA: La La Land

MIGLIOR MONTAGGIO: La battaglia di Hacksaw Ridge

MIGLIOR COLONNA SONORA: La La Land

MIGLIOR CANZONE: City of Stars (La La Land)

MIGLIORI EFFETTI SPECIALI: Il libro della giungla

MIGLIOR SONORO: La battaglia di Hacksaw Ridge

MIGLIOR MONTAGGIO SONORO: Arrival

MIGLIOR COSTUMI: Animali Fantastici e dove trovarli

MIGLIOR TRUCCO: Alessandro Bertolazzi, Giorgio Gregorini e Christopher Nelson (Suicide Squad)

MIGLIOR DOCUMENTARIO: O.J.: Made in America

MIGLIOR CORTO DOCUMENTARIO: The White Helmets

MIGLIOR CORTO: Sing

MIGLIOR CORTO D'ANIMAZIONE: Piper.

domenica 26 febbraio 2017

GOODBYE: Addio a Bill Paxton

Qualcuno ha detto: Salviamo i coloni! Lei ha capito: Ubbidiamo ai coglioni! E si è arruolata subito. (Soldato Hudson - Aliens)



Bill Paxton (1955 - 2017)

RIFLESSIONI: And the Oscar goes to...





Stanotte ci sarà la notte degli Oscar e invece dei pronostici,  le cose che mi vengono in mente sono queste:





  1. And the Oscar goes to... In ogni caso, saremo sempre insoddisfatti del risultato.
  2. Se vincerà La La Land,  brutti figli di sultana perché doveva vincere Arrival.
  3. Se vincerà Arrival, brutti figli di sultana perché doveva vincere La La Land.
  4. Se vincerà Hacksaw Ridge, brutti figli di sultana e basta.
  5. Se perderà Casey Affleck, GOMBLOTTO perché gli hanno dato dell'assatanato e i membri dell'Academy leggono Twitter e mettono i like su Facebook sui link (di cui uno postato sicuramente dal fratello Ben) che accusano Casey Affleck di essere assatanato.
  6. Jennifer Lawrence quest'anno snobba la serata e quest'anno non ci sarà nessuna che cadrà sulle scale. No fall, no party.
  7. Meryl Streep è stata nominata per fare dispetto a Donal Trump, o verrà premiata solo per fare dispetto a  Donald Trump. 
  8. Gli Oscar quest'anno sono troppo black, ma se non vincono gli Afroamericani gli Oscar sono razzisti.
  9. Triplete a Denzellone Washington, così da fare DOPPIO GOMBLOTTO perché hanno ostacolato la  (possibile) vittoria di Casey Affleck e per non sembrare razzisti.
  10. Comunque vada, i vecchiacci dell'Academy non capiscono mai una mazza.

                                     

sabato 25 febbraio 2017

RECENSIONE: Jackie




Titolo: Jackie
Id:, Cile, USA, 2016
Cast: Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Billy Cudrup-
Sceneggiatura: Noah Oppeneim
Regia: Pablo Larràin
Durata: '96


La prima immagine che ci viene in mente di Jacqueline Bouvier Kennedy (poi Onassis) è quella in cui lei è vestita con quel meraviglioso talleuir rosa Chanel. Impossibile non collegare Jackie a quel pomeriggio di Dallas, dove suo marito John Fitzgerald Kennedy, il presidente degli Stati Uniti d'America venne assassinato durante una parata il 22 novembre del 1963. 
Ma chi era Jacqueline Kennedy? Oltre a essere una delle più belle e raffinate first lady d'America, era una donna che amava l'arte, buon gusto per il design di interni e soprattutto una icona fashion.
Ma quella era solo una piccola percentuale che voleva presentare al mondo.
Perché lei era una donna forte, determinata e con un grandissimo autocontrollo, quasi impossibilitata a mostrare il suo vero io.
Ci pensa però il cileno Pablo Larrain a mostrare un lato nascosto nel suo ultimo film intitolato semplicemente Jackie - restituendo a Jacqueline Kennedy (Natalie Portman) quel tratto di umanità (e disperazione) che doveva negare agli occhi degli americani. E come uno spettatore estraneo ai fatti, Larrain vede la figura di Jacqueline Kennedy in modo diverso, prendendosi la libertà di offrire una visione della first lady totalmente inedita.
Utilizzando l'espediente della (reale) intervista fiume fatta dal giornalista Theodore H. White (Billy Cudrup), Larrain scava sulla superficie fatta di glamour e fredda eleganza che la first lady aveva costruito con così tanta naturalezza, quasi insita in lei, restituendo a Jackie il diritto di soffrire e disperarsi per la perdita di suo marito.
Perché se la nazione aveva perso la sua guida in John Fitzgerald Kennedy, Jackie aveva perso il suo Jack. E per i 4 giorni che seguirono il funerale di Stato e la sepoltura del presidente, Jackie non ha potuto esternare il dolore che qualunque donna avrebbe provato dopo una tragedia simile, perché il suo ruolo presidenziale non glielo permetteva. 
Il popolo americano aveva una visione ben precisa di Jacqueline e John  Fitzgerald Kennedy: belli, giovani e di classe.
Classe e bellezza che si nota con il servizio che aveva fatto per la televisione aprendo le porte della Casa Bianca, dove Jackie è una impeccabile padrona di casa. Perché quella era casa sua e lei ci aveva investito tempo (e denaro) per dare un tocco della sua identità, del suo gusto e del suo forte senso dell'estetica imparati durante i suoi viaggi in Europa quando era ancora Miss Jacqueline Bouvier e collaborava per riviste di arte.
Una perfetta padrona di casa dove non mancavano eventi culturali,  capace  comunque di controllare la commozione durante un concerto alla Casa Bianca, ma capace di lasciarsi andare solo con suo marito Jack a un sorriso, capace di essere sé stessa solo con lui.
La perfezione, è questo che Jackie ci vuole mostrare. Il suo autocontrollo, il suo modo di impostare il saluto perfettto per una perfetta accoglienza, coadiuvato dall'aiuto della sua assistente (Greta Gerwig) che le rammenta di sorridere per non sembrare una fredda 'miss perfettina'.
La perfezione nel camminare, quell'incedere attraverso la sala con l'eleganza di una ballerina classica, con i gesti misurati, lasciandosi tradire da un fugace sguardo alla sua assistente in cerca di sicurezze,lasciando trasparire il disagio che prova nel dover essere all'altezza della situazione.
Perché nella visione di Larraìn, Jackie era intrappolata nella perfezione, che comincia a venir meno dopo quel colpo di fucile sparato da Lee Harvey Oswald quel 22 novembre del 1963.
E solo durante quell'intervista possiamo vedere una Jackie cinica, che fuma (ma ovviamente nessuno lo deve sapere perché all'epoca considerato poco chic), ma non ipocrita - perché è una Jackie che non ha più nulla da perdere, una Jackie che non è più first lady, non è più moglie, ma una donna che finalmente si sente in diritto di far trapelare il suo dolore, la sua rabbia e la sua disperazione.
Ed è questo che interessa a Larrain, non interessa indagare sul momento topico dell'attentato (per quello basti vedere JFK di Oliver Stone), perché si sa cosa è successo.
Quel belllissimo talleuir Chanel rosa e blu insanguinato è l'unica cosa che può far emergere la disperazione di Jackie: il rifiuto di non toglierlo durante il passaggio di potere a Lyndon Johnson sono le uniche grida di dolore che può esternare, perché le lacrime che rigano il suo volto e il sangue che Jackie tenta di lavare via mentre è nel bagno dell'Air Force One è l'unico momento a lei concesso. Giusto il tempo di avere il viso pulito e di reprimere le sue emozioni per mostrarsi calma, perché una nazione era scolvolta e lei doveva rassicurare 'il suo popolo', dimenticandosi di sé stessa, non potendosi permettere di essere lei stessa rassicurata, perché il suo ruolo non glielo permetteva. 
Larrain riesce a scindere la figura istituzionale da quella privata,  sottolineando la solitudine che prova Jackie,  lasciandola sola e smarrita nei meandri di una casa monumentale, dove l'unica compagnia sono i suoi bellissimi vestiti - sinonimo di classe che non sbaglia mai un outfit ad ogni occasione ufficiale - e qualche drinks che sono la sua fonte di consolazione.
L'unica figura di sostegno e protezione è dato dal cognato Robert (Alexander Sarsgaar), dandole l'opportunità di riprendere il controllo di sé stessa e di poter preparare il funerale e soprattutto preparare i suoi bambini a una perdita così enorme e difficile da capire data la loro giovane età. E se il funerale di Stato era stato visto da milioni di americani, violando inevitabilmente il dolore di una vedova, Larrain restituisce a Jackie un attimo di intimità, riprendendola da lontano - così come al momento dell'attentato, riprendendola inzialmente da lontano per sottolineare che era lei a subire la tragedia, arrivando poi in un secondo momento a riprenderla in primo piano per catturare la sua angoscia - lasciandole un momento di dolore che non può trasparire nel velo nero che ricopre il suo volto, regalandole a distanza di 54 anni quella privacy negata.
Con Jackie, Larraìn riesce non solo a ricreare con fedele precisione un pezzo di storia americana, ma riesce soprattutto a dare una immagine complessa e sfaccettata di Jackie così lontana dalle prime pagine dei rotocalchi, restituendo un tocco di umanità che Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis ha sempre dovuto nascondere. E la fredda eleganza di Jackie rivive grazie alla strabiliante interpretazione di Natalie Portman, che sembra quasi impossessarsi di Jackie, riuscendo a catturare ogni sfumatura di una donna per certi versi enigmatici, ma che rivive con una veste nuova, con l'opportunità di scalfire quella patina di perfezione che ha dovuto indossare sotto un tubino di Chanel.
'Per un breve e splendente periodo c'era il regno di Camelot. Non ci sarà più un'altra Camelot'-
E con queste parole, Jackie annuncia la fine di un'era, di un'America emblema di felicità, glamour e ricchezza che non esiste più.

Voto: 8



mercoledì 22 febbraio 2017

100% PURE GLAMOUR: Lamborghini Countach LP 500s - Rain Man



Nel film Rain Man Charlie Babbit (Tom Cruise) vende auto di lusso per vivere e una strepitosa Lamborghini fa capitolino all'inizio del film - Laborghini Countach 500s.
La Lamborghini Countach 500s in realtà è un modello prodotto, ma non creato dalla famosa casa di auto sportive. Infatti fu ideata dalla casa automobilistica Bertone, che ne curò il design e diede un tocco di Torino nel nome - Countach oltre a essere una razza di tori, viene usata come espressione dialettale torinese per esprimere meraviglia.
Il design della Lamborghini Countack 500s fu curato da Marcello Gandini ed è caratterizzato da una forma a 'cuneo', riprendendo alcune cifre stilistiche della Alfa Romeo Cabro, soprattutto per le portiere e per il taglio del parabrezza e dei finestrini.
La vettura è molto bassa e larga e lo stile a cuneo conferisce una 'spigolosità' enfatizzata dalle sue linee dritte ad angolo. Le portiere si aprono verso l'alto per ovviare all'impossibilità di avere le portiere ad apertura laterale per via della larghezza del veicolo, evitando di creare un'apertura ingombrante e difficoltosa. Il telaio viene alleggerito grazie all'uso dell'alluminio, che consentiva leggerezza e rigidità al veicolo.
Il modello guidato da Tom Cruise è un 500s, che indica il numero delle cilindrate del motore, mentre la sigla LP sta per longitudidale posteriore in cui veniva messo il motore nell'auto.
La Lamborghini Countack viene mostrata all'inizio del film, dove viene fatta trasportare da una gru sotto la supervisione di Charlie Babbit, pronta per essere venduta.


lunedì 20 febbraio 2017

FILMOGRAFIA: Heath Ledger




NOME:
Heath Ledger
ALL'ANAGRAFE: Heathcliff Andrew Ledger
DATA DI NASCITA: 04/04/1979 
DATA DI MORTE: 22/01/2008
LUOGO DI NASCITA: Perth, Australia
PROFESSIONE: Attore






ATTORE:

(2009) Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo - Tony
(2008) Il Cavaliere Oscuro - Joker
(2007) Io non sono qui - Bob Dylan
(2005) Paradiso + Inferno - Dan
(2005) Casanova - Casanova
(2005) I fratelli Grimm e l'incantevole strega - Jacob Grimm
(2005) I segreti di Brokeback Mountain - Ennis Del Mar
(2003) The order - Padre Alex Bernier
(2003) Ned Kelly - Ned Kelly
(2002) Le quattro piume - Harry Faversham
(2001) Monster's ball - Sonny Grotowski
(2001) Il destino di un cavaliere - William Thatcher/Sir Ulwrick von Lickdenstein
(2000) Il Patriota - Caporale Gabriel Martin
(1999) Two hands - Jimmy
(1999) 10 cose che odio di te - Patrick 'Pat' Verona
(1997) Home and Away (Serie Tv) - Scott Irwin
(1997) Bush Patrol (Serie Tv) - Studente
(1997) Un computer a 4 zampe - Oberon
(1997) Roar (Serie Tv) - Conor
(1997) Blackrock - Toby Ackland
(1996) Sweat (Serie Tv) - Snowy Bowles
(1993) Ship to Shore (Serie Tv)

venerdì 17 febbraio 2017

MONOGRAFIA: Wes Craven




Pensi a Wes Craven e ti viene in mente Freddie Krueger. Perché al di là di una gran bella carriera all'insegna dell'horror, Wes Craven era riuscito a creare una delle figure più sinistre e inquietanti che è resistita ancora oggi nei meandri del cinema dell'orrore, con la maglietta a righe rosse e verdi, con il suo guanto fatto di artigli e il suo vosto orribilmente sfigurato dalle fiamme.
Wes Craven nacque a Cleveland il 2 agosto del 1939, e il percorso verso il mondo del cinema in realtà fu casuale. Anche perché, a differenza di cinefili agguerriti come Quentin Tarantino, cresciuto a pane e VHS, il cinema per Wes Craven era una chimera, poiché i suoi genitori gli avevano impartito una rigida educazione, e il cinema non era contemplato tra i passatempi del giovane Wes.
Era infatti destinato a una carriera accademica - laurea in filosofia alla prestigiosa Johns Hopkins - e per un periodo insegnò materie umanistiche. Per una questione puramente didattica decise di produrre un film insieme ai suoi studenti e da lì la folgorazione, e finalmente il cinema incontrò Wes Craven. 
Lasciato un lavoro sicuro, Wes Craven partì per New York in cerca di fortuna, entrando nel mondo del cinema facendo la gavetta, un modo per mettere un piede nella macchina dei sogni.
Esordì nel 1972 con L'ultima casa a sinistra ispirandosi a La fontana della vergine di Ingmar Bergman, ma in chiave sanguinaria e cininca, dove la giovane Mari finisce per essere torturata e uccisa da un gruppo di psicopatici, ma finirinanno loro stessi vittime della sanguinaria vendetta dei genitori di lei.
Nel 1977 prese una famiglila in vacanza mettendola in mezzo a un gruppo di zombie contaminati dalle radiazioni nucleari ne Le colline hanno gli occhi.
Sono gli anni Ottanta che fecero scoprire il suo grande talento creando l'incubo di adolescenti e piccini con Freddy Kruger, assassinio seriale e infanticida, ucciso dai suoi concittadini per ottenere una somma giustizia. Freddy ritorna però in vita nei sogni degli adolescenti, uccidendoli nei sogni: Nightmare è un cult movie che ha ispirato 5 seguiti, ma Craven perse la paternità del progetto, riuscendo a riprendersi Freddy e la sua 'vittima' Nancy/Heater Lagerkamp nel sesto capitolo delle saga.
Negli anni Novanta era tornato a terrorizzare il vicinato con Scream (1996), creando l'eroina Sidney Prescott, con un trhiller/horror con rimandi cinefili, dove solo le vergini si possono salvare dalla furia omicida di Ghostface, versione omicida dell'urlo di Munch.
Merito di Craven fu anche il modo di sovvertire il ruolo della scream queen, dove la ragazza di turno è la classica vittima sacrificale, trasformandola in una eroina (suo malgrado) che sa come difendersi, se non l'unica nel contrastare il nemico: Nancy, Sidney, Lisa (protagonista di Red Eye) sono le nuove eroine alle prese con entità malvage/criminali, nate da una costola di Laurie Stroode, la prima scream queen tornata in auge negli anni Settanta nei film dell'orrore. Donne apparentemente fragili, ma che nelle mani di Craven diventano donne forti in grado di lottare contro i propri demoni.
Come fa Sidney, che torna a Woodsboro per riprendere i conti in sospeso con la città dei suoi incubi in Scream 4.
Nel 1995 Craven fece un omaggio alla Blaxploitation e al suo Blacula con Vampiro a Brookyn horror/comedy, dove Eddie Murphy interpreta il vampiro Max, in cerca della detective Rita per farla diventare la sua compagna (vampira).
Cambio di genere nel 1999 con La musica nel cuore con Meryl Streep (candidata agli Oscar), incentrata sulla vita di Roberta Guaspari, una donna divorziata che insegna in una scuola violino in uno dei quartieri più disagiati di New York, arrivando a organizzare un concerto al Carnegie Hall con i suoi studenti per finanziare la scuola in difficoltà economiche. Insieme all'episodio di Paris Je T'Aime, questo rappresenta uno delle rare incursioni nel cinema drammatico, ma il richiamo al genere horror è troppo forte, così nel 2003 torna con il terzo capitolo di Scream.
Craven successivamente non ebbe un grande successo con Cursed (2003) e Red Eye (2005) e così fece di Scream un capitolo in più, facendone di fatto una quadrilogia nel suo ultimo film diretto nel 2011.
Per un periodo Craven si concentrò sulla produzione, dando il benestare per un remake di Le colline hanno gli occhi e per produrre il telefilm tratto da Scream.
il 31 agosto del 2015 Wes Craven viene a mancare a 76 dopo aver perso la battaglia contro il cancro.
Craven ha dato un contributo al cinema dell'orrore elevandolo dal puro stile slasher a un livello superiore, con citazioni cinematografiche, di arte e scavando nell'inconscio della psiche umana, trovando nell'orinicità la materializzazione delle paure degli esseri umani.

mercoledì 15 febbraio 2017

RECENSIONE: Christine




Titolo: Christine
Id.; 2016
Cast: Rebecca Hall, Michael C. Hall, Tracy Letts.
Sceneggiatura: Craig Shilowich.
Regia: Antonio Campos.
Durata: 115'



La giornalista televisiva Christine Chubbuck è famosa per essersi uccisa il 15 luglio del 1974, durante un servizio del telegiornale scritto appositamente da lei. 
43 anni dopo la figura di Christine Chubbuck rimane ancora controversa, e il suo gesto estremo è stato analizzato nel mockumentary Kate Plays Christine e nel biopic Christine, diretto da Antonio Campos.
In realtà Christine Chubbuck non era neanche una neofita, perché 4 anni prima il drammaturgo e scrittore Yukio Mishima aveva fatto seppuku in una diretta televisiva in Giappone.
Se Mishima si tolse la vita perché non si riconosceva più nel Giappone per lui divenuto privo di valori, il gesto di Christine Chubbuck può essere interpretato come l'estremo grido contro l'imbarbarimento dell'uso dei media, dando in pasto sé stessa nella fossa dei leoni affamati  di 'sangue e budella' (prassi tutt'ora sopravvissuta nella versione soft della 'TV del dolore'), dove si tentava in ogni modo di oltrepassare il limite della decenza per qualche ascolto in più.
Christine cercava di rimanere fedele alla sua etica professionale, cercando la notizia giusta per uscire dallo squallore di reportage insulsi e inutili, scontrandosi con il suo capo Michael (Tracy Letts), interessato a svegliare l'audience e far salire gli ascolti, perché ci vogliono storie succulente e gustose per destare interesse nell'utente annoiato.
Christine però è una testa dura, vuole emergere a modo suo al punto da prendere una radio della polizia e ascoltare le chiamate in modo da poter essere 'sul pezzo', facendo di lei una reporter d'assalto ante litteram, cercando di emergere in un mondo, quello dell'informazione, prettamente maschile. Mondo alla quale Christine è spaventata, perché se dal punto di vista lavorativo è feroce come una leonessa, nella vita privata è una ragazzina intrappolata nel corpo di una 29enne. 
Infatti vive ancora con la madre (anche se è lei che paga l'affitto della casa materna) e la sua stanza sembra quella di una sedicenne, con il giradischi in una valigia con l'arcobaleno, il poster dei The Carpenters, e soprattutto il rapporto con la madre è complicato, dove lei si comporta come un'adolescente che non accetta il suo nuovo compagno e spesso e volentieri preferisce chiudersi in camera sua evitando di discutere.
Christine è una donna che combatte le sue nevrosi e la sua depressione, combatte la sua immaturità affettiva facendo volontariato (dove attraverso le marionette riesce a esprimere il suo stato d'animo e le sue frustrazioni),  provando interesse per il suo collega (Michael C. Hall) che si interessa a lei più per aiutarla a superare la sua depressione che per corteggiarla, anche se non l'aiuterà per una promozione.
Christine è tanto debole nel campo affettivo quanto forte nel campo lavorativo, dove si ossessiona nel perfezionarsi (si guarda alla moviola per migliorare la postura, improvvisa fittizie interviste a Richard Nixon per migliorare la sua professionalità) e cerca di non farsi sopraffare dalla frustrazione di inutili reportage sulle fragole dove a stento finge entusiasmo, arrivando quasi a impostare un tono freddo, quasi da automa per nascondere il disgusto che prova nel dover fare servizi finti come i fiori di plastica che adornano la sua postazione. 
Christine non ci sta e prova a dare un taglio diverso, cerca di mostrare il lato umano di un uomo che si è appena salvato da un incendio, mentre al suo capo interessa la casa in fiamme.
'Sangue e budella' sono il nuovo trend bellezza, o ti adegui, o ti vedi surclassare dai tuoi colleghi, che avanzano di carriera.
Sconfitta, Christine Chubbuck getta la spugna e scrive il suo ultimo servizio, accontentando il suo capo che voleva servizi più succosi.
Sarasota, 15 luglio 1974. 
Bene, ora, in ottemperanza alla politica della WZRB che impone di raccontare nel modo più immediato e completo gli episodi più estremi di violenza locale, TV 30 trasmette ciò che crediamo sia ancora una cosa inedita per la televisione. In vividi colori, il reportage esclusivo di un tentato suicidio.
E con queste parole si congeda Christine Chubbuck, la reporter che decise di togliersi la vita in diretta sparandosi un colpo alla nuca durante il telegiornale della sera.
Il regista Antonio Campos dirige un biopic (anche troppo) tradizionale, dove gli eventi vengono raccontati in maniera cronologica e fedele per far entrare lentamente lo spettatore in empatia con una persona di per sé impenetrabile, una bomba a mano che tiene stretta la sicura per poi decidere di farla esplodere all'improvviso. E che botto. Perché se non ci sono spoiler e si sa come va a finire, si ha nel momento del climax un'ansia, grazie anche alla bravura di Rebecca Hall nell'immergersi in quella donna che voleva solo combattere i propri demoni personali, cercando nel suo lavoro un'ancora di salvezza che non la facesse andare giù negli abissi della depressione.
Paradossalmente, in un mondo dove la morbosità voyeuristica arriva a livelli bulimici, costantemente alimentata dai social network, il suicidio di Christine Chubbuck è introvabile. 

Voto: 7 +



martedì 14 febbraio 2017

BUON SAN VALENTINO DA DIRECTOR'S CULT

Director's cult augura a tutti buon S. Valentino, con alcune delle più belle scene romantiche della storia del cinema.



Cappello a Cilindro (1935) 



Casablanca (1942)



Da qui all'eternità (1953)


 Colazione da Tiffany (1961)


Manhattan (1979)
         
                                         
 Harry ti presento Sally


Titanic (1997)


        Moulin Rouge! (2001)



Le pagine della nostra vita (2004) 



La La Land (2016)

Plus....


Nuovo Cinema Paradiso (1988)

domenica 12 febbraio 2017

IL CIRCOLO DI CUCITO: George Clooney diventerà papà



George Clooney e Amal Alamuddin diventeranno genitori a giugno. Questo è il rumours che circola insistentemente in questo periodo, e a quanto pare anche Matt Damon ha confermato la notizia, ma ha tenuto nascosto il segreto per almeno un mese. 
A quanto pare la star di Gravity, un tempo refrattario al matrimonio e alla paternità avrà due gemelli (un maschio e una femmina, ma il mondo gossip si sa che tende un po' a ingigantire le news) e il lieto evento dovrebbe essere per giugno.
La notizia pare sia stata confermata anche da Julie Chen, conduttrice del talk show The Talk, che ha annunciato la lieta novella in diretta TV. 
I sospetti di una presunta gravidanza circolano già da un mese, quando Amal Alamuddin si era presentata con il marito a un evento Netflix e indossava un cappotto largo, come se dovesse nascondere un pancino sospetto. A quanto pare George avrebbe confidato la notizia al suo miglior amico Matt Damon, solo che lui per scaramanzia gli aveva consigliato di non dire nulla fino alla 12esima settimana.
Se è vero come la gravidanza della modella e attrice Rose Huntington -Whitley (Mad Max:Fury Road), compagna di Jason Stratham (Fast and Furious 7), che ha mostrato il suo pancione indossando un bikini in una foto postata su istagram;  o come Beyoncé (Dreamgirls) che ha annunciato di aspettare due gemelli, tanti auguri ai futuri genitori! Se è invece come le mille gravidanze di Jennifer Aniston, poco importa, George Clooney e Amal Alamuddin sono una bella coppia e il loro matrimonio, celebratosi nel 2014 sta andando a gonfie vele,alla faccia del gossip. Nella speranza che non diventino i nuovi Brangelina.

mercoledì 8 febbraio 2017

NEWS: E' nata la stella di Lady Gaga



Lady Gaga e Bradley Cooper sono una strana coppia. Al cinema. Bradley Cooper infatti interpreterà e dirigerà  il remake (l'ennesimo) di E' nata una stella, alla sua quarta versione dopo quella originale del 1937 diretto da William Wellman, con Janet Gaynor e Frederic March, un primo remake del 1954 con Judy Garland e James Mason (regia di George Cuckor) e l'ultima negli anni Settanta (1976) con Barbra Streisand e Kris Kristofferson. 
L'ultima versione vedrà Stefani Germanotta, in arte Lady Gaga nei panni di Esther Blodgett, ragazza di provincia in cerca di fortuna a Hollywood, che faticherà non poco per avere un posticino della mecca dorata del cinea. 
Un girono Esther incontra il famoso attore Norman Maine (che sarà intrepretato da Bradley Cooper), e scocca la scintilla. Sotto la guida di Maine, Esther cambierà nome in Vicki Lester e comincerà la scalata al successo proprio con un film interpretato da entrambi. Vicki e Norman si sposeranno, ma quando lei diventerà una stella, Norman farà fatica ad accettare il suo declino e soprattutto il successo di Vicki, finendo nella spirale dell'alcoolismo. 
Se la versione di Cuckor era un musical dove si mostravano le grandi doti canore di Judy Garland, e la versione anni Settanta era più rock - Esther e John/Norman sono due cantanti, lui alcoolizzato e in declino che incontra Esther in un club e lancia la sua carriera, rimanendo comunque vittima dei suoi demoni per via della gelosia che nutre per il successo della moglie - chissà come sarà questa nuova versione e soprattutto chissà come se la caverà Cooper nei panni del regista. 
Dopo il no di Beyoncé (che ha all'attivo qualche partecipazione cinematografica tra cui Dream Girls),  la scelta di Miss Germanotta non è così sconclusionata: infatti Lady Gaga ha dimostrato non solo di essere una brava cantante (che può piacere o meno) e di essere un animale da palcoscenico (vedi l'ultima esibizione al Super Bowl), ma anche dimostrato di saper recitare, vincendo un Golden Globe per la serie American Horror Story: Hotel.
Le riprese dovrebbero iniziare nel 2018 e Ray Liotta è in trattative per unirsi al cast. 
Che sia nata la stella di Lady Gaga?

lunedì 6 febbraio 2017

COMING SOON: Porno - T2 Trainspotting



Mark Renton (Ewan McGregor) ritorna a Leith,  Scozia, dopo 20 anni dopo aver violato il codice di Leith (mai tradire i compagni) per ricucire i rapporti con Spud (Ewen Bremmer) e Sick Boy (Johnny Lee Miller) che evitano accuratamente lo psicopatico Begbie (Robert Carlyle), da poco scarcerato e tornato in libertà e in cerca di vendetta. 20 anni prima infatti Renton dopo aver fregato a Begbie il bottino di uno spaccio di eroina, ed era scappato ad Amsterdam, ma ora è tornato a casa per offrire ai suoi amici un nuovo business non più legato alla droga, ma alla pornografia.
Squadra che vince, non si cambia: dopo 20 anni Danny Boyle torna a raccontare le vicende assurde della cricca inventata da Irvin Welsh con la trasposizione di Porno, dove per l'appunto ritornano Renton, Spud, Sick Boy e Begbie.
Danny Boyle ritorna a raccontare le scorribande di Mark Renton e compagnia bella a modo suo, pur evitando di stravolgere il materiale di Welsh. Riuscirà a mantenere l'hype dopo due decenni?
Il cast è rimasto invariato e oltre a Ewan McGregor nei panni di Renton (dove può finalmente sfoggiare il suo accento 100% scozzese), troviamo Ewen Bremmer nel ruolo di Spud, Johnny Lee Miller nel ruolo di Sick Boy e soprattutto Robert Carlyle nel ruolo dello psicopatico Begbie, che promette nel seguito di far mangiare tanta m°°da ai suoi traditori.
T2 Trainspotting uscirà nelle sale italiane il 23 febbraio.

venerdì 3 febbraio 2017

FILMOGRAFIA: Elio Germano




NOME:
Elio Germano
DATA DI NASCITA: 25/09/1980
LUOGO DI NASCITA: Lazio, Roma, Italia
PROFESSIONE: Attore





ATTORE:

(2016) Il sogno di Francesco - Francesco d’Assisi
(2015) Bella e perduta - Sarchiapone (voce)
(2015) Alaska - Fausto
(2015) Suburra - Sebastiano
(2015) La bella gente - Giulio
(2014) Il giovane favoloso - Giacomo Leopardi
(2013) L'ultima ruota del carro - Ernesto
(2012) Padroni di casa - Elia
(2012) Magnifica presenza - Pietro
(2012) Diaz - Non pulire questo sangue -
(2011) La terra negli occhi - (voce)
(2011) Qualche nuvola - Venditore
(2010) La fine è il mio inizio - Folco Terzani
(2010) La nostra vita - Claudio
(2009) Nine - Pierpaolo
(2008) Padiglione 22 - Uomo Bambino
(2008) Come Dio comanda - Quattro Formaggi
(2008) Italians -
(2008) Il passato è una terra straniera - Giorgio
(2008) Tutta la vita davanti - Lucio
(2008) Il mattino ha l'oro in bocca - Marco
(2007) Nessuna qualità agli eroi - Luca
(2007) Mio fratello è figlio unico - Accio Benassi
(2006) N io e Napoleone - Martino Papucci
(2006) Padiglione 22 - Uomo Bambino
(2005) Melissa P. - Arnaldo
(2005) Romanzo criminale - Il topo
(2005) Mary - Matteo
(2005) Sangue, la morte non esiste - Yuri
(2005) Quo Vadis, Baby? - Lucio
(2005) Trevirgolaottantasette -
(2005) Ti piace Hitchcock? (Film Tv) - Giulio
(2005) Chiamami Salomé - Profeta
(2004) Non riesco a smettere di vomitare - Alfredo
(2004) Paolo Borsellino (Film Tv) - Manfredi Borsellino
(2004) Che ne sarà di noi - Manuel
(2003) Liberi - Vince
(2003) Ora o mai più - Doveri
(2003) Ferrari (Film Tv) - Enzo Ferrari a 18 anni
(2002) Padri (Film Tv) - Giacomo
(2002) Respiro - Pier Luigi
(2002) Ultimo stadio - Billo
(2002) Il sequestro Soffiantini (Mini-serie Tv) - Paolo Soffiantini
(2002) Per amore (Film Tv) -
(2001) Concorrenza sleale - Paolo Melchiori
(2001) Via Zanardi, 33 (Serie Tv) - Ivan
(2000) Padre Pio (Film Tv) - Francesco
(1999) Il cielo in una stanza - Paolo Da Giovane
(1999) Cornetti al miele (Film Tv) -
(1992) Ci hai rotto papà -