martedì 28 agosto 2018

NOTTE HORROR: Suspiria




Titolo: Suspiria
Cast: Jessica Harper, Alida Valli, Stefania Casini, Miguel Bosé
Sceneggiatura: Dario Argento, Daria Nicolodi
Regia: Dario Argento
Durata: 98'


Ho sempre pensato che le fiabe in realtà siano un modo per far conoscere gli incubi e un mondo orribile ai bamnini. C'è molta violenza in esse. Basti pensare alle favole dei fratelli Grimm, dove si cerca di uccidere tre volte Biancaneve (uno pettine avvelenato, una cintura che stritola e infine la famosa mela) o alla strega cattiva che praticamente muore d'infarto ballando all'infinito su delle scarpe d'argento stregate. 
O agli occhi cavati alle sorellastre durante il matrimonio di Cenerentola, già fiaccate da talloni e dita mozzate per far calzare la scarpina di cristallo.
La Disney non lo faceva sapere, ma di certo non ci è andato leggero con le sue trasposizioni cinematografiche, soprattutto con quei toni dark, se non espressionistici di Biancaneve (nella foresta nera). E le favole sono un modo per gli adulti di riversare gli incubi, le paure, qualcosa di soprannaturale che non puoi controllare, una sorta di catarsi e liberazione.
Era una notte buia e tempestosa... Spesso le storie iniziano così, come la storia di Susy (Jessica Harper), giovane americana che arriva in suolo tedesco - Friburgo - per frequentare una prestigiosa scuola di danza classica. Piove a dirotto, il vento quasi la fa volare via, mentre cerca di chiamare un taxi che la porti lì. Una volta arrivata però non la fanno entrare, riesce solo a vedere una ragazza che urla qualcosa e poi fugge via. Si ripara così dalla sua amica Pat, ma una presenza oscura e maligna finisce con l'ucciderne l'amica, scatenando una serie di eventi e delitti che metteranno in pericolo Susy stessa.
Solo l'incipit è un presagio di qualcosa di oscuro, Susy ancora non sa che l'accademia nasconde segreti e avvenimenti inquietanti,dove lei, con un atteggiamento ancora un po' da bambina, sgrana gli occhioni divorati dal terrore per cercare di scoprire chi c'è dietro gli omicidi delle sue amiche. Cosa nasconde l'accademia? C'entrano forse la intrasigente insegnante miss Tanner (Alida Valli) o la direttrice madame Blanche (Joan Bennet)? Forse, ma intanto ci sono eventi sinistri come vermi che cadono dal soffitto, un cane docile che diventa improvvisamente aggressivo, e soprattutto quella mano nera che afferra le sue giovani vittime per ucciderle senza pietà.
Definire Suspiria una favola nera è un po' riduttivo, anche se i riferimenti alle favole ci sono eccome. Argento infatti le prende e le priva di quell'aspetto 'salvifico' che serve per non spaventare i bambini, quello zucchero che edulcora la violenza e la realtà -  che è fatta di esseri ignobili e ambienti ostili, dove non c'è nessun principe pronto a salvare la principessa.
Susy infatti è da sola contro le forze oscure che avvolgono l'accademia e deve contare su sé stessa per poter sconfiggere il male che si annida lì dento.
Argento prende le favole e le coniuga con le regole del thriller, creando un posto magico e maledetto allo stesso tempo, l'accademia di Friburgo dove lo tramuta piano piano in un posto mefistofelico ed esoterico.
Gli elementi fiabeschi sono un elemento che aggiunge fascino al pathos orrorifico che avvolge la pellicola: la foresta dove scappa la ragazza che Susy incontra all'inizio è una novella Biancaneve che finisce però questa volta a soccombere al suo infausto destino (e non come nella favola dei fratelli Grimm dove la strega cattiva mangiava di gusto il fegato e il cuore di un animale pensando che fossero i suoi).
Così come Susy sviene a furia di ballare come se le sue scarpette fossero stregate, e così come cade in sonni profondi come la bella addormentata nel bosco (che dormirà 100 anni lasciando cadaveri di cavalieri nelle spine nel tentativo di risvegliarla), lasciando Sarah in balia del suo assassino.
Argento gioca con la tensione, con le atmosfere e soprattuto lavora di stile. Una degli elementi più belli del cinema di Dario Argento è proprio l'eleganza stilistica, a cominciare dalle carrellate fluide della scena inziale e quella cura dei dettagli al limite del perfezionismo - il dettaglio della porta automatica che si chiude dietro Susy - come se volesse rimarcare il fatto di uscire da un luogo 'protetto' per entrare in un altro 'pericoloso'.
Per la sua favola horror le atmosfere espressioniste e disneyane della sua Biancaneve di riferimento si sposano alla grande con la musica dei Goblin. L'ambientazione gotica dell'accademia di danza così affascinante e inquietante allo stesso tempo.
E inquietano le atmosfere, che riescono a sovrastare le piccole pecche del sangue (finto) che sgorga, con una colonna sonora e una fotografia da urlo che sopperisce alla mancanza (all'epoca) del digitale e degli effetti speciali. Così come basta del filo spinato per far precipitare la vittima in una danza mortale, o al sonoro potente dei fulmini e del temporale.
Argento mescola tutti questi ingredienti e centra il bersaglio, inaugurando la trilogia delle madri con un film che a distanza di 40 anni è invecchiato come un ottimo vino d'annata e fa ancora venire i suoi brividi.

Voto: 9

Hanno partecipato alla notte horror: 

10 luglio 2018, ore 21: Il Bollalmanacco di cinema (Re-Animator)
10 luglio 2018, ore 23: La Bara Volante (La notte dei demoni)
17 luglio 2018, ore 21: Combinazione Casuale (La Chiesa)
17 luglio 2018, ore 23: Solaris (Darkman)
24 luglio 2018, ore 21: La stanza di Gordie (Horror in Bowery Street)
24 luglio 2018, ore 23: The Obsidian Mirror (The Fog)
31 luglio 2018, ore 21: Non c'è paragone (Chi è sepolto in quella casa)
31 luglio 2018, ore 23: White Russian (Scanners)
07 agosto 2018, ore 21: In Central Perk (The Blair Witch Project)
07 agosto 2018, ore 23: La fabbrica dei sogni (L'incendiaria)
14 agosto 2018, ore 21: Stories (The Final Destination)
14 agosto 2018, ore 23: Delicatamente Perfido (The Mist)
21 agosto 2018, ore 21: Pietro Saba World (La mosca)
21 agosto 2018, ore 23: La collezionista di biglietti (The Devil's Candy)
28 agosto 2018, ore 21: Redrumia (Splatters)


lunedì 13 agosto 2018

RECENSIONE: Hitchcock


L'insostenibile leggerezza di una recensione retrò


Titolo: Hitchcock
Id. USA, 2013
Cast: Anthony Hopkins, Helen Mirren, Scarlett Johansson, Jessica Biel.
Sceneggiatura: John J. McLaughlin.
Regia: Sacha Gervasi.
Durata: 108'

Hollywood ha creato un mondo a parte. I suoi studios cinematografici hanno realizzato meravigliosi film, e soprattutto hanno costruite veri e propri miti, da Jean Harlow ad Audrey Hepburn. La loro vita sui rotocalchi e le riviste specializzate in gossip è meravigliosa, ma lo è altrettanto nella vita privata? 
Per scoprirlo ci sono le biografie e soprattutto i biopic movie. Spesso però i film autobiografici tendono a distruggere la patina di allure e glamour di un attore. Oppure ci pensano gli attori stessi abusando di social network e venendo ossessionati dai paparazzi.
Chi mai vorrebbe scoprire per esempio che Peter Sellers era un grande attore e commediante, ma una carogna nella vita privata? Troppo tardi, Tu chiamami Peter ha già fatto danni. E se invece andassimo a toccare il  maestro del brivido, Sir Alfred Hitchcock? Di lui dicevano che era ossessionato da Grace Kelly e che desiderava essere bello come Cary Grant.
Per fortuna questa parte un po' melodrammatica da feuilleton viene risparmiata in Hitchcock, che più che un biopic sul grande regista inglese, è un 'come Alfred Hitchcock riuscì a dirigere Psycho'.
Nel 1959 Hitch diresse lo splendido Intrigo internazionale, un buon successo di pubblico e critica, ma i reporter insinuano che forse i fasti della gioventù siano lontani e forse è ora del buen retiro.
Hitchcock all'epoca aveva 60 anni, ma non aveva assolutamente voglia di andare in pensione, anzi,aveva in mente un nuovo progetto e per portarlo a termine arriva a ipotecare la casa, rifiutando un facile successo come Casino Royale. A Ian Fleming Hitch infatti gli preferisce Robert Bloch, autore di Psycho, ispirato a un omicidio nel Wisconsin compiuto da Ed Gein negli anni Cinquanta, tanto da arrivare a scontrarsi lo studios che vedeva un soggetto troppo crudo per l'epoca.
L'aspetto interessante di questo biopic movie è che  la figura di Alfred Hitchcock e di sua moglie Alma Reville ruota intorno a Psycho, che potrebbe sembrare un film su "come Psycho ha avuto effetti sulla relazione di Alfred Hitchcock con la moglie Alma Reville'.
Il making of del film infatti sembra più un pretesto per vedere come Hitch si comporta con la moglie Alma, donna dal forte carisma e braccio destro del regista inglese, e il rapporto con le sue attrici. 
Di solito si dice che dietro a un grande uomo si nasconde una grande donna: nel caso di Alma Reville è vero. Gervasi si sofferma poco sulla loro crisi artistica/matrimoniale e fortunatamente e soprattutto sul rapporto che Hitch aveva con il cibo, focalizzandosi più sugli sforzi che fanno entrambi per portare avanti un progetto che gli studios non volevano realizzare.
Curiosamente il film è dedicato alla figura del regista, ma le caratterizzazioni più interessanti sono Alma e le 'donne di Hitch', ovvero Janet Leigh (Scarlett Johansson) e Vera Miles (Jessica Biel). Che Hitchcock abbia amato le belle donne - le bionde soprattutto - lo si è sempre intuito nei suoi film. Grace Kelly, Kim Novak, Ingrid Bergman, Joan Fontaine, Eva Marie Saint: nei suoi capolavori le donne sono 'torturate', ma ne sono sempre uscite con una bellezza strabiliante ed esaltata.
Dunque, Hitch e le donne: Alma rappresenta la 'stampella' di Hitchcock, il suo braccio destro e senza di lei, la famosa scena della doccia in Psycho non sarebbe mai accaduta. E senza di lei probabilmente non sarebbe mai esistito Alfred Hitchcock regista. E' Alma a suggerire di mettere il famoso theme di Bernard Hermann nella scena della doccia. Così come fu lei a prendere in mano la situazione, prendendo il controllo sul montaggio (lavoro che fece per quasi tutti i film del marito). 
Janet Leigh è la 'bombshell', inizialmente il frutto proibito che Hitch vorrebbe cogliere (che mai osò cogliere) facendo scatenare la gelosia di Alma, ma poi da lei apprezzata per la prova di grande professionalità, risultando la scelta vincente per la riuscita del film.
Vera Miles invece era il rimpianto di Hitchcock: doveva essere una star, ma lei gli preferì la famiglia. Hitchcock lo vede come un tradimento, come se la sua musa si fosse ribellata al destino costruitogli ad arte e dalle parole di Vera Miles si deduce il comportamento possessivo che il regista aveva con le sue attrici.
A parte un piccolo errore - il manichino di mamma Bates fu fatto trovare nel camerino di Vera Miles e non di Janet Leigh, per avere delle splendide urla nel film - Hitchcock è un buon biopic, anche se curiosamente ha una forza molto femminile, dove la parte migliore del film è proprio su Alma che sul regista londinese. Anche perché senza di lei, forse Hitchcock come regista non sarebbe mai diventato il maestro del brivido, lasciando a Hitchcock nevrosi e una licenza poetica con un Ed Gaines/Norman Batesche lo perseguita durante le riprese. 
Peccato che Gervasi non si sia concentrato su come il personaggio di Norman Bates abbia influito su Anthony Perkins (e non abbia scelto Oz Perkins per interpretare il padre, dato la forte somiglianza), sarebbe stato ancora più affascinante, e che risulti a tratti un po' freddo (d'altronde, Hitch era pur sempre British).
Comunque Hitchcock è un buon biopic con le strepitose performanc di Helen Mirren e Anthony Hopkins, e ha il pregio di non rovinare l'immenso valore di un regista che ha fatto un pezzo di storia del cinema.

Voto: 7+