giovedì 29 gennaio 2015

MONNEZZA MOVIE: Tre all'improvviso




Titolo: Tre all'improvviso
Titolo americano: Life as we Know it.
USA; 2010
Interpreti: Josh Duhamel, Katherine Heigl, Hayes McArthur, Christina Hendriks, Josh Lucas.
Sceneggiatura: Ian Deitchman, Kristin Rusk Robinson.
Regia: Greg Berlanti
Durata: 114'

In principio fu Baby Boom. La pellicola di Charles Shyer interpretata da un'ironica Diane Keaton, mostrava come una donna in carriera nevrotica e presa dal lavoro si trovi l'esistenza sconvolta per occuparsi di sua nipote rimasta orfana, costringendola a reinventare la propria vita.
Il film di per sé era divertente e non era male, anche perché mostrava la tipica donna yuppie in carriera di fronte alla maternità inaspettata (e forzata), ma avuto la "colpa" di generare piccoli mostri come Tre all'improvviso. 
Due giovani in carriera che preferirebbero camminare sui vetri rotti piuttosto che frequentarsi, i loro amici li designano come genitori adottivi in caso di sorte infausta, che, neanche si buttassero la iella addosso, finiscono per tirare le cuoia et voilà Holly e Messer di colpo si ritrovano genitori della piccola Sophie che adorano (ma la piccola Sophie non adora loro) e finiscono per fare i conviventi forzati.
Vivono così sotto lo stesso tetto con la bimba, però si detestano. E probabilmente vengono detestati anche da chi guarda il film. Perché Holly e Messer sono così urticanti che in teoria non dovrebbero avere in affidamento neanche un cane, e di fatti la piccola Sophie non li regge proprio e piange per circa la metà del film, diventando talmente irritante pure lei tale da far passare la voglia di fare figli. 
Holly è la tipica ragazza perfettina, noiosina, precisina e rompina, che casualmente (ma perché poi, mah) viene mollata e la mette sotto spirito per l'uomo della sua vita, che, in questo caso è il dottorino dei bambini Sam dal cuore grande così, interpretato da un incolore Josh Lucas (ma non doveva diventare il nuovo Paul Newman? Evidentemente no).
E a incarnare questa tipologia di sfiancante spacca maroni c'è sempre lei, Katherine Heigl. Non si sa perché, ma una volta smessi i panni sbarazzini di Isobel "Izzie" Stevens di Grey's Anatomy, Heigl è diventata l'incubo sentimental/cinematografico dell'uomo americano, da27 volte in bianco a Molto incinta, dove era seccante pure lì (e il protagonista interpretato da Seth Roger non va biasimato se salva il bong per le canne e non lei quando c'è il terremoto. Ma quella è un'altra storia). 
Dalla parte maschile poi non siamo messi meglio, perché c'è Mr. Peter Pan, ovvero: "io la vita me la voglio spassare e tu le balle non me le devi scassare". 
Cioè, a quasi quarant'anni porello vuole ancora fare i giri con la moto, rimorchiare le tipe, trombare come un coniglio e avere zero responsabilità. Zero responsabilità, capito?!
Come se non bastasse, questa magnifica coppia poi viene anche giudicata da un'assistente sociale che dovrebbe cambiare lavoro, perché, e qui c'è sempre lo zampino gli sceneggiatori probabilmente sotto i fumi della ganja, ma di quella buona (Ian Deitchman e Kristin Rusk Robinson), li trova idonei per accudire la creatura, anche se piange sempre e si rifiuta di mangiare. Anzi, se si detestano è meglio, così possono dedicarsi alla piccola senza intrusioni sentimentali. In più nessun parente della neonata la reclama, manco fosse l'Omen. Ah già, c'è il testamento da rispettare, come no.
Holly e Messer si trovano antipatici, però  di solito chi disprezza compra. Una volta infatti messi da parte i propri progetti di vita senza problemi, fatti sparire i fantasmi degli amici defunti, Holly smette di fare la rompi, si fa tanti bagni con le bolle di sapone, prepara i dolci con la cannabis e non rompe le scatole a Messer che anzi, si diverte a fare il papà, guardando con la piccina la versione malata dei Teletubbies, così Holly può fare tanti bagni con tante bolle e non rompe la balle.
Ed eccolo che di punto in bianco Messer ama così tanto miss acidella e cambia radicalmente stile di vita pure lui, tale da far finta di niente quando lei le rompe la moto (uuuuuh,spoiler!).
Cioè una vita per la moto, lei te la rompe, ma hai cuoricini negli occhi e va bene? Va bene?! E qui si rasenta il sublime, but that's amore!!!
Ed eccolo che arriva fulmineo il colpo di scena: daje che ci vivi un mese, daje che ci vivi due, e daje che giocare a mamma e papà è bello, con le pappe, la cacca (una fogna dalla quantità industriale che produce un esserino così piccolo), i primi passi  che i due finisco a letto. Capirai che rivelazione. No, perché, caro spettatore, ti immaginavi un epilogo diverso? Pensavi che alla fine non si mettevano insieme? Oh povero illuso!!!
E questo rimanda al fatto che Tre all'improvviso è un film la cui storia è una (mal)cagata pazzesca.  Siccome il duo mimì e cocò di sceneggiatori non sa-che noi sappiamo-ma gli facciamo credere di non sapere, ci fa la supercazzola e cerca di allungare il brodo paurosamente insipido con dei "guizzi" creativi", con un po' di zizzania tra i due protagonisti, con una fuga improvvisa di lui (senza la moto) e la relazione tanto agognata di lei con il pediatra, ma alla fine ecco che, inaspettata come una supposta, ci fregano alla grande e vai con il lieto fine.
Il tutto affogato in un mare di noia. Tanta, tanta noia.
Dunque, la pellicola di Greg Berlanti, militante di telefim di stampo terroristico/sentimentale come Dawson Creek ed Everwood, con Tre all'improvviso fa spendere un sacco di soldi agli studios con un film inutile, poco divertente, che tenta di infinocchiare alla grande la spettatrice polla (infatti negli anni Novanta si creavano appositamente i chicken movie. Ok, gallinelle sì, ma in questo caso fesse no, e che cavolo).
Tre all'improvviso non riesce nemmeno a creare un'alchimia tra i due protagonisti, Josh Duhnamel e Katherine Heigl, che comunque si sforzano di essere credibili, ma inutile, dopo-cinque minuti-cinque di film, sai già come va a finire, ma in genere sei talmente masochista, sì dico a te spettatore, lo sei talmente che sei curioso di sapere solo in che modo va a finire. La prossima volta è meglio farsi un bel bagno caldo...

P.S. Alla fine della proiezione però potevano fare una petizione per dei ruoli più simpatici a miss Heigl...

Voto: 3

A.M. 

mercoledì 28 gennaio 2015

RECENSIONE: Potiche



Titolo: Potiche-la bella statuina
Titolo originale: Potiche
Cast: Catherine Deneuve, Gérard Depardieu, Fabrice Luchini, Judith Godreche, Jeremie Renier, Karin Vardin.
Sceneggiatura: François Ozon.
Produzione: Mandàrin Cinema
Regia: François Ozon
Durata: 103'



Francia, 1977. Suzanne Pujol (Catherine Deneuve) è una potiche, una bella statuina.
Sposata con il misogino e sgradevole Robert che ama più la sua fabbrica di ombrelli ereditati dalla moglie che la sua stessa famiglia.
Robert tradisce Suzanne con la segretaria, disprezza i figli ed è impopolare presso i suoi dipendenti, finisce per rimanere ostaggio dei suoi esasperati dipendenti nel corso di uno sciopero.
Suzanne mantiene la sua compostezza e si rivolge al sindacalista “rosso” Babin (Gérard Depardieu) per ottenere una trattativa. Robert viene rilasciato, ma gli viene un infarto ed è costretto a lasciare le redini del suo impero a Suzanne che si dimostra un’abile donna d’affari.Potiche-la bella statuina è una commedia deliziosa tratta dalla commedia teatrale di Barillet & Grédy del 1980. Il regista François Ozon mantiene la confezione teatrale creando una magnifica girandola di battute sapide e scandita da tempi perfetti. Come nel suo film 8 donne e un mistero, i pensieri della protagonista si tramutano in pezzi musicali, creando una partitura perfetta che si coniuga con la storia in modo impeccabile. Tutto è curato nei minimi dettagli come se gli anni Settanta fossero stati rinchiusi in un armadio, tirati fuori e rispolverati come nuovi per l’occasione.
Dietro questo vestito fatto di colori, atmosfere da disco che profuma di tempo delle mele, canzoni, cuori e amori si cela un personaggio femminile moderno e femminista che rivendica i propri diritti che vanno al di là dell’essere una semplice moglie (cornuta) e madre. E sempre con il sorriso sulle labbra e una calma serafica. La Suzanne di Catherine Deneuve è una donna forte, sicura si sé, è più indipendente di quanto sembri ed è una libertina insospettabile.
Suzanne/Catherine Deneuve è ancora bella di giorno e si lascia andare a tenere effusioni con Babin/Gérard Depardieu, ritrovatisi dopo essersi persi di vista dopo aver preso un ultimo metrò. Il misogino e tombeur des femmes Robert viene annientato dalle donne che pensa tanto di amare (Luchini afferma di essersi ispirato ad un noto politico per creare il personaggio, chissà chi è?), travolto dai cambiamenti che la storia e la controcultura del 1977 impone.
Robert perde il confronto con Suzanne perché è ancora ancorato al vecchio schema retrogrado dell’uomo al potere che si serve del sesso debole per accrescere il suo egocentrismo, attaccato ad una visione patriarcale vecchia e asfittica. Suzanne invece guarda avanti, prende coscienza del suo ruolo di donna, così come avviene per la segretaria (Karin Viard), stanca di essere trattata come una donna oggetto.
Curiosamente la nuova generazione incarnata da Joelle e Laurent invertono i ruoli: Joelle ha una visione chiusa del mondo operaio e preferisce vivere come un’ombra dietro suo marito, mentre il fratello ha una visione più aperta è anticonformista e libero dalle convenzioni borghesi. Suzanne una volta svegliatasi dal suo torpore, rinasce come amazzone e capisce che può camminare con le sue gambe da sola, non ha più bisogno di un uomo che le serva da stampella. Anche se si trova in difficoltà non si abbatte e continua per la sua strada, alzando il tiro per un successo personale ancora più ampio come la politica (e qui la somiglianza con un altro politico è vicina, ma si tratta ancora di lui?).
Ozon lancia delle frecciate ai tempi politici della Francia odierna con un’occhiata pungente a Ségolène Royale e Nicholas Sarkozy con riecheggi della politica made en Italie. Il tutto con fare nostalgico, ribelle, un piccolo universo pop interpretato da attori in stato di grazia.

Voto: 8

martedì 27 gennaio 2015

MOVIE ON THE ROAD: Sobibor


Oggi è la giornata della memoria, per ricordare le vittime dell'Olocausto, morte nei campi di concentramento. 6 milioni di ebrei, insieme a dissidenti politici, omosessuali, testimoni di Geova e zingari, morirono di stenti e fame e nelle camere a gas. 
Sobibor fu uno dei numerosi campi di sterminio che insieme a Treblinka e Belzec fu costruito secondo il progetto 'operazione Reinard'. 
Per ricordare le vittime della Shoah e di chi non era conforme alle leggi ariane imposte da Adolf Hitler, il cinema ha dedicato vari film per far rimanere viva la memoria. Per non dimenticare. 
Fuga da Sobibor è un film in realtà girato per la televisione, ma è un efficace 'documento' che racconta la vita disumana dei detenuti in questo campo di concentramento - girato nel 1987 da Jack Gold e interpretato da Rutger Hauer e Alan Arkin. 
Il film documenta la reale fuga avvenuta nel campo di 300 detenuti polacchi, grazie alla collaborazione dei dissidenti russi. Scoperti dalle SS, furono protagonisti di una rocambolesca fuga, e solo una centinaia di loro riuscirono a salvarsi. A volte un film è meglio di una lezione di storia, utile per non dimenticare. 
Per non dimenticare un massacro di dimensioni disumane. Per non fare accadere mai più atrocità del genere.

lunedì 26 gennaio 2015

VIDEOCLIP REVIEW: Non molto lontano da qui



Titolo: Non molto lontano da qui
Cantante: Carmen Consoli
Regia: Francesco Fei
Durata: 4'07''
In un lussuoso boudoir di inizio secolo, delle cortigiane fasciate da corpetti e guepiere si aggirano per le sontuose stanze e i vasti saloni. In preda all'ozio, le signorine chi giovani, alcune meno, giocano a carte, altre sono sedute sui divani.
Tra di loro spicca una mora (Carmen Consoli) che osserva l'ambiente circostante. Una di loro riceve un cliente che la prende con virulenza, ma la fanciulla respinge le sue avance pesanti e lo conduce nella sua stanza.
Un uomo si siede al tavolo gioca a carte con le meretrici, mentre la giovane dai capelli corvini osserva la scena insieme alla più "vissuta" del nutrito gineceo. Le donne sfoderano le proprie arti seduttive e "giocano" con il signore più o meno perbene, compiaciuto d cotantae attenzioni, mentre una ragazza dalle vesti androgine gli serve da bere. Il distinto gentiluomo si apparta con le cortigiane e insieme assistono alla proiezione di un film, ebbro di attenzioni.
Il cliente non pago continua a soddisfare le proprie esigenze e si lascia coccolare su una sedia elegante come un trono, ma all'improvviso giunge la matriarca del gruppo che avanza verso di lui con sguardo seduttivo.
Vicino a lei giunge la giovane dalle vesti maschili che si scioglie i capelli, apre la camicetta ed esprime tutta la propria femminilità, facendo svenire il malcapitato. La bruna misteriosa assiste alla scena tenendo in mano una mela rossa, come una novella Eva in procinto di compiere il peccato originale.
Carmen Consoli entra nei meandri di una casa di piacere per esprimere i sentimenti della sua canzone, Non molto lontano da qui.
L'ambiente totalmente femminile che profuma di Burlesque serve alla "cantantessa" siciliana per esprimere i suoi più intimi segreti e allo stesso tempo tenerli all'oscuro del prossimo, chiusi in quattro mura arredati elegantemente, in un ambiente sospeso nel tempo. Carmen e le ragazze rappresentano una tipologia di donna forte e sensuale che non rinuncia alla propria femminilità e passionalità, incarnando un archetipo femminile senza tempo.
Diretto da Federico Fei, Non molto lontano da qui è un videoclip raffinato e ricercato dal sapore di inizio novecento.

martedì 20 gennaio 2015

RIFLESSIONI: Ma gli Oscar sono poi così importanti?



Guarda, assomiglia a mio zio Oscar!
E leggenda fu che l'Academy Awards venne chiamato in 'onore' di uno zio potenzialmente strafigo di Margaret Herrick, una dipendente di mamma Hollywood.
Il 15 gennaio sono state rese note le nomination agli Oscar. Gioie e dolori come ogni anno.
Quest'anno i nominati a sorpresa sono The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, Whiplash di Damien Chazelle, Boyhood di Richard Linklater e Birdman di Alejandro Gonzales Inàrritu. Mica male, che i (centenari) membri della giuria si siano rinsaviti e comincino a nominare film degni di nota? Giammai! Perché come ogni anno, i dimenticati ci sono come Gone Girl, Lo sciacallo e Jake Gyllenhaal, Amy Adams per Big Eyes (se ha vinto il Globe, perché non nominarla? Ah già, il Golden Globe è il figlio hipster degli Oscar), Jessica Chastain per A Most Violent Year (Nolan, tacci tua che non le hai fatto fare campagna promozionale!), lasciando uno strascico di film e attori che meriterebbero meglio di altri.
L'Academy si sa, non capisce una mazza. 
Ai membri dell'Academy piacciono alcune cose: i film drammatici, i biopic, le malattie e Meryl Streep.
Ai membri dell'Academy non piacciono i film originali (ma quest'anno i vegliardi dell'Academy hanno provato la Red Bull e hanno messo le ali, quindi hanno fatto un'eccezione), le commedie e Leonardo Di Caprio.
Vuoi l'Oscar? Allora devi fare così:
Non si sa perché, ma come le api con il miele, l'Academy va sempre alla ricerca di un film 'standard' che rispecchi i gusti e i valori di questi simpatici membri il cui 99,9% vota (probabilmente) Repubblicano. Quindi non vi aspettate scelte non conservatrici, eh?
All'Academy piacciono i biopic (così si risparmiano di leggere i libri), i drammoni, i film in costume, le storie malaticce, ovvero con personaggi reali e non alle prese con mille patologie diverse.
Stessa cosa vuoi vincere un Oscar come migliore attrice o attore? Allora devi interpretare una persona realmente esistita (Alan Turing/Benedict Cumberbatch), una persona malata (la patologia dell'Alzheimer/Julianne Moore) e una persona realmente esistita e malata (Stephen Hawking/Eddie Redmayne). O devi essere semplicemente Meryl Streep.
Non c'è un anno in cui un attore non venga nominato per aver interpretato qualcuno (o qualcosa a questo punto): da Marilyn Monroe a Margaret Tatcher, dalla regina Elisabetta a Ray Charles. E va bene, un attore intraprende un percorso di cambiamento a volte radicale: perde peso o aumenta di peso, cambia l'accento, mette la parrucca, impara i tic e i tac nervosi. Ed è standing ovation. Ma che dire di attori che riescono a regalare performance indimenticabili senza trucco e parrucco e nessuno se li fila, ne vogliamo parlare? Di 'cadaveri eccellenti' ce ne sono tipo Ed Harris e Jim Carrey per The Truman Show, o la divina Greta Garbo che sapeva anche far ridere in Ninotcha. La Garbo ride! E tu signore dell'Academy non la premi?!?
Ops, I did again
Raramente l'Academy ha premiato attori di commedie - se vuoi una nomination, ti devi rivolgere a Woody Allen), o interpretazioni davvero degne di nota: i premi scippati sono tanti, da Lauren Bacall per L'amore a due facce (Juliette Binoche rimase basita e disse che dovevano darlo a lei. Beh, potevi sempre rifiutarlo invece di tenertelo in saccoccia se pensavi di non meritarlo. Ma la lista di attori, film o registi che dovevano vincere assolutamente o che meritavano più di altri non mancano. La 'black list' prosegue da Michelle Williams per My Week With Marylin, a Jessica Chastain per Zero Dark Thirty, a Nicole Kidman per Moulin Rouge, Johnn Travolta per Pulp Fiction a Leonardo Di Caprio, così come Martin Scorsese (sì l'ha vinto per The Departed, ma vuoi mettere Taxi Driver o Toro Scatenato?), Quentin Tarantino - ma siamo sicuri che Forrest Gump valga il titolo di miglior film del 1994 rispetto a Pulp Fiction? Veramente?. La lista è lunga e spesso e volentieri i membri della giuria premiano non tanto il film o la performance sbagliata, ma vanno sul sicuro.
I dimenticati.
Ci sono icone del cinema che non hanno mai vinto un Oscar, eppure sono entrati nella storia del cinema basti pensare alla triade Cary Grant-Marilyn Monroe-Greta Garbo. Se Grant e Garbo hanno ricevuto almeno una nomination (a quanto pare la Garbo si è ritirata in seguito alla delusione di non aver mai vinto un premio), per la bella Marilyn, nisba, nada, niet, mai nominata. Ironia della sorte, Michelle Williams è stata candidata per aver interpretato la star di A qualcuno piace caldo. Eppure sono dei miti, e i loro film sono sopravvissuti all'oblio del tempo.
Attori che meritavano la nomination e mai cagati sono: il già citato Jim Carrey per The Truman Show, Debora Kerr (Da qui all'eternità), Glenn Close (Le relazioni pericolose), Peter O'Toole (Lawrence D'Arabia), Sigourney Weaver (Una donna in carriera) e soprattutto lui, Leo Di Caprio, che ne ha fatte di tutti i colori con The Wolf of Wall Steet, ma niente, non ti vogliono bene. Puoi sempre farti adottare da Meryl, magari avrai più chance. 
Tu quel premio me lo dai se faccio il bravo e ti faccio piangere? 
I membri dell'Academy si sa, non sanno ridere. Così un comico non avrà mai la chance di avere una nomination. Così spesso e volentieri i commedianti dimostrano di saper recitare anche in un film drammatico: come Steve Carell che ha ottenuto per la prima volta una nomination, ma con un film drammatico - per Foxcatcher, dove ha un pessimo trucco e ha smesso i panni 'goliardici' per una volta. Carell viene dalla televisione, ma è pur sempre un bravo attore. Però se vuoi la nomination, ti devi piegare a nov... ehm, devi essere bravo a far scendere la lacrimuccia alla giuria. 
Non hanno vinto, ma sono capolavori indiscussi.
Il più grande film della storia del cinema secondo tutti gli studiosi di cinema è Quarto potere di Orson Welles. A parte l'Oscar per la migliore sceneggiatura, non ha vinto come miglior film e soprattutto per la miglior regia, una tecnica che a distanza di 75 anni è ancora moderna e studiata da tutti gli studiosi di cinema. 
Quell'anno vinse Come verde la mia valle. Chi se lo ricorda? Eppure era il miglior film del 1940! 
Stessa sorte toccò ad Alfred Hitchcock: ebbe una nomination solo per Rebecca, ma, capolavori come Notorious e soprattutto dal punto di vista tecnico Vertigo, sono stati nominati, ma non hanno mai vinto. Eppure questi masterpiece continuano a far sognare i cinefili di mezzo mondo.
Tatum chi?
Ci sono attori che avrebbero venduto volentieri la mamma pur di vincere un Oscar - Peter Finch ne fece una malattia e quando vinse l'Oscar per Quinto potere lo ricevette postumo, bella sfiga eh? Ci sono attori che lo vincono al primo colpo e poi puf, spariti nel nulla. Un esempio? Tatum O'Neal la prima bambina a vincere un Oscar per Paper Moon all'età di 11 anni e poi caduta più o meno nell'oblio. Stessa sorte a Hailey Joel Osment, il bambino che vedeva la gente morta: nomination agli Oscar a 9 anni per Il sesto senso, carrierona avviata con A.I. e poi... Poi come i cuccioli pucciosi e carucci, una volta cresciuti non piacciono più e ora non si sa che fine abbia fatto. La sorte è stata benigna per Anna Paquin: esordio fulminante con tanto di Oscar anche lei a 11 anni (e ora Tatum manco il primato tiene), qualche film interessante (Jane Eyer, La 25esima ora, la trilogia di X-Men) e si è salvata facendosi i vampiri in True Blood.
Meryl Streep, nostra signora delle nomination
Meryl Streep è la più grande attrice vivente, fin qui non ci piove. E' capace di far ridere (She-Devil) di far piangere (Krame contro Kramer) di diventare inglese (The Iron Lady), di avere l'accento polacco (La moglie del tenente francese). Ma vale veramente tutte queste nomination? I membri della giuria non sanno chi nominare e toh, ecco la carta vincente: numero numero Meryl! Ormai riceve la nomination come un invito annuale al circolo di cucito dove si sparla del vicino che non fa la raccolta differenziata.
Sei stato premiato, ma per il film sbagliato.
Ci sono attori bravi, che vincono un premio, ma che meritavano di vincere per un'altra performance.
Nicole Kidman meritava l'Oscar per Moulin Rouge! era perfetta: canta, balla, sa essere un'ottima commediante e un'attrice drammatica.Ma niente, non lo vince, così viene 'risarcita' per aver interpretato Virgina Woolf per The Hours.
Stessa cosa accadde a Colin Firth, che con la sofferta recitazione in A Single Man, meritava molto di più per il suo re balbuziente in The King's Speech.
Discorso a parte per Christian Bale, che aveva già dimostrato il gene 'De Niro' in American Psycho, e meritava una nomination per The Machinist, invece che la 'solita' nomination (più premio) per il biopic The Fighter. Persino nostra signora delle nomination (se la cito per più di tre volte mi viene a trovare peggio di Beetlejuice) meritava più per Il diavolo veste Prada solo per come corrucciava la bocca, che per The Iron Lady)
Se quest'anno Julianne Moore vincerà per Still Alice, sarà l'ennesimo premio 'sbagliato', perché e da mo' che lo meritava con Lontano dal paradiso, anno 1999.
Lazzaro, alzati e recita.
L'Oscar croce e delizia li mortacci sua è comunque una vetrina per rilanciare carriere appannate: John Travolta per Pulp Fiction, Mickey Rourke per The Wrestler e se quest'anno vincerà Michael Keaton per Birdman, anche lui sarà tra i resuscitati.
Al di là del tono scherzoso (non prendertela Meryl, sappi che ti voglio bene veramente e ti apprezzerò in In to the Woods) e vagamente malefico di questo post,l'Oscar piace a noi amanti del cinema e chi il cinema lo fa di mestiere. Al di là dei lustrini e delle celebrazioni è il  premio più ambito da tutti. Soprattutto per Leonardo di Caprio.
Insomma, l'Oscar premia il più bravo dell'anno, ma anche il fattore 'c' (ovvero culo) gioca a favore. And the Oscar goes to...
Lo scopriremo il 22 febbraio!

domenica 18 gennaio 2015

FILMOGRAFIA: Ferzan Ozpetek





NOME:
Ferzan Ozpetek
DATA DI NASCITA: 03/02/1959
LUOGO DI NASCITA: Instambul, Turchia
PROFESSIONE: Regista, Sceneggiatore


REGISTA:
(2014) Allacciate le cinture
(2012) Magnifica presenza
(2010) Mine vaganti
(2008) Un giorno perfetto
(2007) Saturno contro
(2005) Cuore sacro
(2003) La finestra di fronte
(2001) Le fate ignoranti
(1999) Harem Suare
(1997) Il bagno turco

SCENEGGIATORE:
(2005) Cuore sacro
(2003) La finestra di fronte
(2001) Le fate ignoranti
(1999) Harem Suare'
(1997) Il bagno turco

giovedì 15 gennaio 2015

MIKE NICHOLS DAY: Wit


Oggi la banda dei cineblogger inaugura il nuovo anno dedicando un tributo a Mike Nichols, regista di cult movie come Il laureato, Una donna in carriera e chicche per la TV come Angels in America.
Director's cult ha scelto Wit, premiato con l'Emmy Award nel 2001.





Titolo: Wit
USA, 2001
Cast: Emma Thompson, Christopher Lloyd, Eileen Atkins.
Sceneggiatura: Mike Nichols da una piece teatrale di Margaret Edson, Harold Pinter.
Durata: 109'


Dr. Vivian Bearing, ha un cancro alle ovaie metastatico al quarto stadio. Le somministreremo 8 cicli di chemioterapia.
Questa è la brutale sentenza emessa dall’oncologo (Christopher Lloyd) per la dottoressa in filosofia Vivian Bearing (Emma Thompson).
L’oncologo le propone una cura sperimentale e Vivian accetta, diventando lei stessa oggetto di studio, come le ricerche che  lei ha effettuato sul poeta John Donne durante gli anni del suo dottorato con la dottoressa E.M. Ashford (Elaine Atkins).
L’oggetto clinico in questione è nubile, ha  48 anni, ha perso il padre(Harol Pinter) da bambina e recentemente la madre. Non ha fratelli né sorelle. Non è sposata e non ha figli. Ha da poco raggiunto la menopausa.
Queste sono le informazioni che abbiamo su di lei, le uniche che interessano al medico Jason Posner, un giovane ricercatore poco incline al rapporto interpersonale medico-paziente, poco incline a instaurare un rapporto umano con la sua ex professoressa di letteratura ai tempi dell’università.
Come Jason, anche Vivian è stata poco avvezza alla vita sociale, fin da quando era una tenace dottoranda universitaria, per poi diventare una fredda e metodica docente.
Vivian è una donna sola, ma è una donna tenace e cerca di far fronte a un destino beffardo con la forza della mente e un arguto senso dell’umorismo tipicamente inglese .
Vivian è una donna sola, ma vuole condividere la sua battaglia contro il cancro instaurando un rapporto con noi, ovvero con lo spettatore che impassibile  (e impotente) assiste al suo calvario.
E con lo spettatore Vivian instaura un rapporto di complicità, svelando pienamente la sua vita fatta di ricordi, di momenti importanti come il dottorato di ricerca, il rapporto con il padre e la sua vita adulta devastata dal cancro.
Il coraggio è l’anima dello spirito. E lo spirito, il ‘wit’ del titolo è l’unica arma che ha Vivian per sopportare il dolore, la nausea, la perdita di capelli, i tremori e la solitudine -  facendosi a volte beffe dei specializzandi che cercano di inquadrare la sua diagnosi come se dovessero vincere in un quiz a premi.
Ma al di là della malattia,  chi è Vivian?
Vivian evoca fatti della sua vita, era una bambina curiosa e bramosa di conoscere, era una studentessa testarda pronta a confrontarsi con il mentore, l’unica che verrà a conoscenza della sua malattia e che le darà un conforto e un momento di umanità.
Umanità che Vivian non ha saputo dimostrare una volta divenuta una docente universitaria di successo, incapace di relazionarsi con i suoi studenti. Incapacità che dimostra a sua volta il suo ex studente Jason, che la visita con scarsa sensibilità e che preferisce la ricerca con i topi da laboratorio che con le persone.
Vivian viene infatti trattata alla stregua di un topolino da laboratorio. Il suo medico le spiega il suo percorso con un linguaggio scientifico che non è ‘alla sua portata’ e cerca di combattere il muro di ostruzionismo che ha innalzato cercando di sforzarsi di capire, di incamerare un nuovo vocabolario; cercando un nuovo approccio a qualcosa a lei sconosciuto -  come quando si era avvicinata per la prima volta alla poesia di Donne, che diventa i cui versi sono il suo mantra per non cadere nella follia e nella disperazione.
L’unica che ha un rapporto umano è l’infermiera  Susie (Audra McDonalds), l’unica che ha un rapporto empatico e che cerca di lenire il suo dolore, la sua disperazione, la sua paura – lasciata sola a sé stessa in balia di uno studio prettamente scientifico.
Per quanto Vivian si affidi al suo ‘wit’  e per quanto sia oggetto di una cura sperimentale, è pur sempre un essere umano. Aspetto che sembra aver dimenticato il suo oncologo, che la tratta in maniera distaccata, quasi disinteressata, che non comprende il suo dolore e la sua sofferenza; così come fa Jason, che non riesce a nascondere la sua incapacità a relazionarsi con questa donna arguta il cui cancro non riesce a uccidere il suo acume e la sua forza d’animo – riuscendo a preservare la sua dignità fino all’ultimo.
Mike Nichols riesce a creare un’ottima trasposizione dall’omonima piece teatrale di Margaret Edson in un film (per la TV, prodotto dalla HBO – ma che non ha niente da invidiare a un progetto cinematografico), affidandosi alla straordinaria bravura di Emma Thompson, che  rende una Vivian piena di vita e di acume nonostante il male che attanaglia e distrugge lentamente il suo corpo.
La stanza di ospedale diventa il palcoscenico, dove viene rappresentata la sua parabola esistenziale, con quelle tende che chiude Susie alla fine del film, come se fosse calato il sipario.

Voto: 7,5

Hanno collaborato:
Onironauta Idiosincratico - The graduate
Non c'è paragone - The graduate
Babol - Chi ha paura di virginia wolf?
Denny B - Closer
Recensioni Ribelli - Closer
Marco Goi - La Guerra di Charlie Wilson
White Russian - Silkwood 
La fabbrica dei sogni - Una donna in carriera
Montecristo - Angels in America
Mari's Red Room - Wolf la belva è fuori

lunedì 12 gennaio 2015

GOODBYE: Addio ad Anita Ekberg



Nella musica ci sono le one hit wonder, ovvero quel gruppo che pubblica un disco, fa 'boom' con una canzone, un successo strepitoso, e poi 'puf spariscono nel nulla. Ma tutti si ricordano di quella hit.
Nel cinema accade la stessa cosa: attori o attrici che sembrano destinati a una carriera luminosa e toccano il firmamento del cinema con le punta delle dita, per poi vedere la propria stella spegnersi e sparire nell'orizzonte. Un po' come è accaduto alla splendida Anita Ekberg, che ci ha lasciati ieri dopo un'altra dolorosa dipartita - Francesco Rosi, morto il 10 gennaio (a cui Director's cult dedicherà una monografia ASAP).
Anita Ekberg entrò nell'immaginario collettivo negli anni Sessanta grazie a La dolce vita di Federico Fellini, diventando il suo film più famoso, lanciandola nell'olimpo del cinema. 
'Marcielo, Marcielo, come here!!!. Così la giunonica Sylvia chiamava il reporter mondano mentre accarezzava le acque della fontana di Trevi. Bella, algida, con un vestito elegante con quella scollatura a cuore che mostrava senza volgarità le sue forme sinuose e generose, rimanendo ferma come una Venere in attesa di un bacio rubato dal latin lover (Marcello, non me ne volere, lo so che odiavi quel cliché) che le faceva da cicerone in una Roma ancora bella e senza tempo.
E anche se sono passati 55 anni, è bello ricordarla nella sua splendita 'one hit wonder', sognando un giorno di poter fare un bagno nella fontana romana.

NEWS: Vincitori Golden Globes 2015



Uh la la quest'anno i Golden Globes puntano sull'indie: Boyhood ha fatto il colpaccio e si è aggiudicato il Golden Globes 2015 come miglior film drammatico; mentre The Grand Budapest Hotel ha vinto come migliore commedia.
Boyhood vince anche per la miglior regia di Richard Linklater, mentre Patricia Arquette vince il premio come migliore attrice non protagonista.
Michael Keaton ha buone chance di accaparrarsi un premio come miglior attore ai prossimi Oscar per la sua interpretazione sull'orlo di una crisi di nervi in Birdman, la commedia di Inarritu non è uscita completamente dai giochi e oltre al premio per Keaton, ha vinto per la migliore sceneggiatura .
J.K. Simmons vince a sorpresa il premio come migliore attore non protagonista per la sua performance del sadico insegnante di batteria jazz nell'indie Wiplash.
E l'originalità si ferma qui, ora si torna alla tradizione per non indispettire mamma Oscar e si premia con 'ragionevolezza' le performance made in biopic & desease, ovvero i ruoli incentrati su persone realmente esistite o personaggi affetti da una patologia debilitante.
Il colpaccio lo segna Eddie Redmayne che prende due piccioni con una fava vincendo il Globe come miglior attore drammatico per The Theory of Everything  - biopic sul geniale astrofisico Stephen Hawking.
Margareth Kea... Pardon, Amy Adams vince come miglior attrice in una commedia per Big Eyes di Tim Burton - sulla pittrice Margareth Keane, mentre l'alzheimer trionfa con Still Alice dove viene premiata la performance sempre eccellente di Julianne Moore - che sarebbe in grado di vincere anche interpretando una donna 'affetta' dal raffreddore.
George Clooney vince il premio per la carriera, ma gli viene scippato il primato per il discorso sul terribile attentato al magazine Charlie Hebdo da Jared Leto.



MIGLIOR FILM DRAMMATICO

Boyhood

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA (FILM DRAMMATICO)

Julianne Moore (Still Alice)

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA – ( FILM DRAMMATICO)

Eddie Redmayne (The Theory Of Everything)

MIGLIOR FILM (COMMEDIA/MUSICAL)

The Grand Budapest Hotel

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA (COMMEDIA/MUSICAL)

Amy Adams (Big Eyes)

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA (COMMEDIA/MUSICAL)

Michael Keaton (Birdman)

MIGLIOR FILM D’ANIMAZIONE

Dragon Trainer 2

MIGLIOR FILM STRANIERO

Leviathan

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA

Patricia Arquette (Boyhood)

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA

J.K. Simmons (WHIPLASH)

MIGLIOR REGISTA

Richard Linklater (Boyhood)

MIGLIOR SCENEGGIATURA

Alexander Dinerlaris, Alejandro Gonzalez Inarritu, Nicolas Giacobone, Armando Bo (Birdman)

MIGLIOR COLONNA SONORA – FILM

Johan Johansson (The Theory Of Everything)

MIGLIOR CANZONE ORIGINALE – FILM


”Glory” di John Legend e Common (Selma)





venerdì 9 gennaio 2015

COMING SOON: Birdman



Riggan Thomson (Michael Keaton) un tempo era una celebrità grazie al super eroe Birdman. 
Sull'orlo di una crisi di nervi (pensa di avere poteri telecinetici come il super eroe che ha interpretato), cerca di debuttare a Broadway producendo, dirigendo e recitando un'opera teatrale di Raymon Carver - destreggiandosi tra la ex moglie, la figlia perennemente arrabbiata e 'sempre tra i piedi' (Emma Stone) l'amante (Andrea Reisborough), l'attore che gli vuole rubare la scena (Edward Norton), l'attrice che cerca disperatamente di sfondare (Naomi Watts) e l'agente/avvocato che lo rappresenta (Zach Galifaniks).
Riggan cercherà di contenere il suo ego e di conciliare la sua famiglia, la carriera e soprattutto sé stesso.
Alejando Gonzales Inarritu è favorito ai Golden Globes con ben 7 nomitation e si prenota agli Oscar con Birdman - una graffiante black comedy sullo showbiz americano, con un ritorno 'in pompa magna' di Michael Keaton, che ritorna sugli schermi da protagonista assoluto.
Un cast di stelle tra cui Edward Norton ed Emma Stone, nominati anche loro ai Golden Globes.
Birdman uscirà nelle sale italiane 

mercoledì 7 gennaio 2015

FILMOGRAFIA: Michael Keaton



NOME:
Michael Keaton
ALL'ANAGRAFE: Michael John Douglas
DATA DI NASCITA: 05/09/1951
LUOGO DI NASCITA: Coraopolis, Pennsylvania, Stati Uniti
PROFESSIONE: Attore



ATTORE:

(2014) Birdman - Riggan Thomson
(2014) Need for Speed - Monarch
(2013) Robocop -
(2010) I poliziotti di riserva - Sheila Gamble
(2010) Toy Story 3 - Ken (voce)
(2009) Laureata...e adesso? - Walter Malby
(2005) Herbie - Il super maggiolino - Ray Peyton
(2005) Game 6 - Nicky Rogan
(2005) White Noise - John Rivers
(2004) First daughter - Presidente Mackenzie
(2002) Live From Baghdad (Film TV) - Robert Wiener
(2001) Quicksand - Max Hoffman
(2000) Sfida per la vittoria - Peter Cameron
(1998) Jack Frost - Jack Frost
(1998) Out of sight - Ray Nicolet
(1998) Soluzione estrema - Peter McCabe
(1997) Jackie Brown - Ray Nicolette
(1997) Innocenza infranta - Narratore
(1996) Weird Al Yankovic: the videos - Johnny Kelly
(1996) Mi sdoppio in quattro - Doug Kinney
(1994) Ciao Julia, sono Kevin - Kevin Vallick
(1994) Cronisti d'assalto - Henry Hackett
(1993) My life - Bob Jones
(1993) Molto rumore per nulla - Constable Dogberry
(1992) Batman - Il ritorno - Batman/Bruce Wayne
(1991) La giustizia di un uomo - Artie Lewis
(1990) Uno sconosciuto alla porta - Carter Hayes
(1989) Batman - Batman/Bruce Wayne
(1989) 4 pazzi in libertà - Billy Caufield
(1988) Fuori dal tunnel - Daryl Poynter
(1988) Un amore rinnovato -
(1988) Beetlejuice - Spiritello porcello - BeetleJuice
(1987) La scatola misteriosa - Harry Berg
(1986) Gung Ho - Hunt Stevenson
(1986) Un tocco di velluto - Bobby Barbato
(1984) Pericolosamente Johnny - Johnny Kelly
(1983) Mister mamma - Jack Butler
(1982) Report to Murphy (Serie tv) - Murphy
(1982) Night shift - Bill Blazejowski
(1979) Working stiffs (Serie tv) - Mike O'Rourke
(1979) Studs Lonigan (Serie tv) -
(1979) The Mary Tyler Moore hour (Serie tv) - Kenneth Christy
(1978) A different approach -
(1978) Mary (Serie tv) -
(1976) All's fair (Serie tv) - Lanny Wolf

domenica 4 gennaio 2015

DIRECTOR'S CULT WORK IN PROGRESS



Director's cult è pronto per svelare il suo work in progress, dopo ben 4 giorni di attesa (in UK è ancora il 4 eheh, vi ho fregato!). E già si immagina uno stuolo di e stica mica da ridere...!!!
Dunque dunque, dove eravamo rimasti... L'anno scorso, tra mille salti mortali (vedere la voce 'non ho tempo' ma faccio del mio meglio) l'autrice di Director's non è arrivata a farsi di anfetamine e ha cercato di rimanere fedele alle promesse, spalmando lungo un anno nuove rubriche mixate con le vecchie. 
Per complicarsi ulteriormente la vita, la Director's avrebbe bisogno di una giornata di 48 ore, di una segretaria e di un fondo fiduciario di qualche milione.
Non ha il tempo, ca*zo dice allora che hai in mente cose nuove? Perché la sua criatura non può rimanere a digiuno, e preferisce la formula 'poco ma buono', con rubriche che (probabilmente, ahimé) non ci saranno tutti i mesi, ma che saranno una figura costante negli anni. Sì, perché col cavolo che vi libererete di Director's cult!
Questo significa nuove idee per rendere il blog sempre fresco e stimolante. Un po' come le operazioni di chirurgia plasica di Cher. Ma ora si procede con ordine:

New Entry: se il monnezza movie è stato un po' trascurato (Director's la deve smettere di ostinarsi a vedere solo film belli - finirà per raschiare il barile e occuparsi solo di film interpretati da Jennifer Lopez per andare sul sicuro), è arrivato a tirargli su il morale il fratello ben educato che si è affacciato quatto quatto a ottobre -  ovvero Tu mi diludi ovvero quando un film è carico di aspettative che vengono brutalmente diluse.
Tra le new entry ci saranno anche delle riflessioni, che erano già spuntate nei mesi scorsi e si chiederà se il cinema è sogno o il sogno è cinema peggio di Marzullo. E spunteranno a sorpresa peggio di un brufolo la notte prima di un matrimonio.

Sei stato nominato: Se le uscite della settimana ormai sono seppellite, le rubriche più difficili da gestire sono Movie On The Road e Soundtrack. Il primo - che Director's cercherà di ridimensionare magari recensendo un film e parlando dei luoghi in cui è stato girato, o si armerà di santa pazienza concentrando pochi post spalmati durante l'anno, ma fatti  bene possibilmente non a ca*zo di cane.
Idem con patate per Soundtrack -  cercando di fare un post che non sia solo una sterile lista di musica, ma qualcosa che non suoni come il rumore delle unghie su una lavagna.

Salvati dal televoto: 100% Pure Glamour si è rivelato dalle statistiche e dai commenti una delle rubriche più apprezzate. Nel caso la Director's si fosse sbagliata, chissene, la riproporrà anche quest'anno. Democratico, no?
Altra rubrica apprezzata è farsi li ca*zi di Hollywood con Il circolo di cucito, rubrica che la Director's si diverte un mondo a usare un po' di lingua biforcuta nei confronti delle daive e daivi della mecca del cinema. Ritornano le piccole Lezioni di cinema - perché alla Director's piace molto giocare alla professora e se la tira pure, tié.
Così come vi dovrete 'sorbire' ancora le vecchie glorie che ormai sono un pezzo di storia di Director's cult (ovvero Cult Movie, Spot e Music Review, News, Goodbye e ah, sì, le Recensioni ahaha).
Coming Soon è ormai presenza fissa, anche perché sfruttando le uscite in Uk, c'è la possibilità di tenervi aggiornati con film che - a volte -  escono prima dalla Reggina che in Italia. 

Cambio pelle perché mi va: La rubrica Monografia si alternerà con la sua versione schizofrenica che si chiamerà The Golden Era - ovvero le monografie della golden Hollywood, comprese i divi del cinema muto.

Celebration: La Director's è vecchia, e ha scoperto - oltre alle prime rughe del controrno occhi, che i film cultoni della sua adolescenza hanno ormai girato la boa dei 25/20 anni. Ancora indecisa se fare le nozze di legno (non si ricorda i venticinque se sono d'argento o di un altro materiale) o le nozze di marmo (ma ci sarà per il 20 anni, no?), sta pensando di fare un enjoy the party a un film - roba così fica che pure Madonna scalpiterebbe per festeggiare pure lei.

Recycling: In questo periodo gira sulla blogosfera l'operazione lazzaro ovvero recensioni vecchie che non ha mai commentato nessuno a cui viene data una seconda chance.
Beh, la Director's era già da un anno che 'ricliclava le recensioni sporche' per due motivi: uno, per farvi conoscere vecchi pezzi che per anni non si è in*ulato nessuno - tacci vostra -  e una volta che sono state resuscitate hanno avuto dei commenti (si-può-fa-re!!!), due perché usa questo trucchetto senza un filo di vergogna quando la Director's ha i neuroni sfatti o non ha tempo - e daje!
Quindi ogni tanto vi troverete dei piccoli lazzaretti sparsi fino a esaurmento scorte.
Non ci credete? Beh, mi sa che dovrete organizzarvi un giro turistico sul mio blog dagli inizi. Ma anche no, ahahaah!

Collaborazioni: La Director's in realtà avrebbe bisogno di un ghost writer per stare dietro ai mille post che vorrebbe scrivere e di un correttore di bozze, perché spesso scrive a ca*zo di cane e quando se ne accorge ormai è troppo tardi.
E ora cari amicici blogger, tocca a voi! Vi va di collaborare con Director's cult? Assolutamente noooooo! Ma la Director's è capa tosta, e si è già prenotata la Fabbrica dei sogni per una collaborazione di recensioni. Questa è una sorpresina, e una sarà anche vintage e 'cotonata', che è tra l'altro già apparsa in passato. Ecco, ora mi tocca contattarla per evitare una figura di me*da strepitosa ahahah!
Bando alle ciance mi piacerebbe riprendere Originale Vs. Remake che avevo iniziato con Ho voglia di cinema. La collaborazione purtroppo è in stand-by, ma oltre a rinnovare e continuare il lavoro con la faiga blogger, chi vorrà può collaborare con me si faccia avanti! 
Mi piacerebbe inoltre chiedere umilmente la collaborazione D.O.C. di Pensieri cannibali che si occupa di recensioni di colonne sonore, in modo da non buttare nel ce*so. ehm, nel dimenticatoio la rubrica Soundtrack. Anche perché ai suoi livelli io mica ci so arrivare!
Pro & contro: scopiazzando senza vergogna da Ciak (ehm, signora Detassis, le devo pagare le royalities per come ho copia.. ehm organizzato il mio blog?), mi piacerebbe un confronto con film che a me sono piaciuti e ad altri hanno fatto cag*re e viceversa. Io pensavo di aprire le danze con Solaris con un bel match su Frances Ha, il film che mi ha fatto venire in mente la nuova - l'ennesima? rubrica.

Dunque, i miracoli li fa solo San Gennaro o sant'Ambrogio, ma la Director's seminerà le sue novità e le sue criaturine lungo un anno, nella speranza di raccogliere solo consensi unanimi e non una colata di pece e piume!




sabato 3 gennaio 2015

GIOCO: I dieci film che avreste voluto dirigere

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Oggi Director's cult compie 6 anni! Sta diventando grandicella la mia creatura!
Per celebrare questo bello a anno a lei,  vuole festeggiare facendo un bel giochino: i film che avreste voluto dirigere. Perché se Les politique des auteurs affermavano che 'non esistono opere, ma solo autori', non si può negare che chi tiene su baracca e burattini sia proprio il regista, che con la sua impronta autoriale, hanno creato film che hanno emozionato tutti almeno una volta nella vita!
Per rendere la scelta meno soffersta, pensate ai primi 10 film 'cool' che vi vengono in mente!

La top ten di Director's cult:


  1. Quarto potere - Orson Welles
  2. Viale del tramonto - Billy Wilder
  3. Vertigo - Alfred Hitchcock
  4. Il padrino - Francis Ford Coppola
  5. 2001: Odissea nello spazio - Stanley Kubrick
  6. Pulp Fiction - Quentin Tarantino
  7. Per un pugno di dollari - Sergio Leone
  8. Manhattan - Woody Allen
  9. Moulin Rouge! - Baz Lurman
  10. The Grand Budapest Hotel - Wes Anderson

Qual è la vostra top ten?


giovedì 1 gennaio 2015

STAY TUNED ON DIRECTOR'S CULT



Director's cult ne pensa uno nessuno e centomila cose per la sua creatura!
Per il 2015 sta pensando a un paio di idee succulente per rendere ancora più appetitoso il blog che piano piano sta conquistando il cuore degli italiani meglio delle cucine Scavolini.
Volete scoprire cosa bolle in pentola in casa Director's? 
Stay Tuned.
P.s. Preparate pure cisterne di pece e piume (finte, non di oca sennò finite su Report e la PETA si incazza) in caso di diludendo.