Oggi la banda dei cineblogger inaugura il nuovo anno dedicando un tributo a Mike Nichols, regista di cult movie come Il laureato, Una donna in carriera e chicche per la TV come Angels in America.
Director's cult ha scelto Wit, premiato con l'Emmy Award nel 2001.
Titolo: Wit
USA, 2001
Cast: Emma Thompson, Christopher Lloyd, Eileen Atkins.
Sceneggiatura: Mike Nichols da una piece teatrale di Margaret Edson, Harold Pinter.
Durata: 109'
Dr. Vivian Bearing, ha un cancro alle ovaie metastatico al quarto stadio. Le somministreremo 8 cicli di chemioterapia.
Questa è la brutale sentenza emessa dall’oncologo (Christopher Lloyd) per la dottoressa in filosofia Vivian Bearing (Emma Thompson).
L’oncologo le propone una cura sperimentale e Vivian accetta, diventando lei stessa oggetto di studio, come le ricerche che lei ha effettuato sul poeta John Donne durante gli anni del suo dottorato con la dottoressa E.M. Ashford (Elaine Atkins).
L’oggetto clinico in questione è nubile, ha 48 anni, ha perso il padre(Harol Pinter) da bambina e recentemente la madre. Non ha fratelli né sorelle. Non è sposata e non ha figli. Ha da poco raggiunto la menopausa.
Queste sono le informazioni che abbiamo su di lei, le uniche che interessano al medico Jason Posner, un giovane ricercatore poco incline al rapporto interpersonale medico-paziente, poco incline a instaurare un rapporto umano con la sua ex professoressa di letteratura ai tempi dell’università.
Come Jason, anche Vivian è stata poco avvezza alla vita sociale, fin da quando era una tenace dottoranda universitaria, per poi diventare una fredda e metodica docente.
Vivian è una donna sola, ma è una donna tenace e cerca di far fronte a un destino beffardo con la forza della mente e un arguto senso dell’umorismo tipicamente inglese .
Vivian è una donna sola, ma vuole condividere la sua battaglia contro il cancro instaurando un rapporto con noi, ovvero con lo spettatore che impassibile (e impotente) assiste al suo calvario.
E con lo spettatore Vivian instaura un rapporto di complicità, svelando pienamente la sua vita fatta di ricordi, di momenti importanti come il dottorato di ricerca, il rapporto con il padre e la sua vita adulta devastata dal cancro.
Il coraggio è l’anima dello spirito. E lo spirito, il ‘wit’ del titolo è l’unica arma che ha Vivian per sopportare il dolore, la nausea, la perdita di capelli, i tremori e la solitudine - facendosi a volte beffe dei specializzandi che cercano di inquadrare la sua diagnosi come se dovessero vincere in un quiz a premi.
Ma al di là della malattia, chi è Vivian?
Vivian evoca fatti della sua vita, era una bambina curiosa e bramosa di conoscere, era una studentessa testarda pronta a confrontarsi con il mentore, l’unica che verrà a conoscenza della sua malattia e che le darà un conforto e un momento di umanità.
Umanità che Vivian non ha saputo dimostrare una volta divenuta una docente universitaria di successo, incapace di relazionarsi con i suoi studenti. Incapacità che dimostra a sua volta il suo ex studente Jason, che la visita con scarsa sensibilità e che preferisce la ricerca con i topi da laboratorio che con le persone.
Vivian viene infatti trattata alla stregua di un topolino da laboratorio. Il suo medico le spiega il suo percorso con un linguaggio scientifico che non è ‘alla sua portata’ e cerca di combattere il muro di ostruzionismo che ha innalzato cercando di sforzarsi di capire, di incamerare un nuovo vocabolario; cercando un nuovo approccio a qualcosa a lei sconosciuto - come quando si era avvicinata per la prima volta alla poesia di Donne, che diventa i cui versi sono il suo mantra per non cadere nella follia e nella disperazione.
L’unica che ha un rapporto umano è l’infermiera Susie (Audra McDonalds), l’unica che ha un rapporto empatico e che cerca di lenire il suo dolore, la sua disperazione, la sua paura – lasciata sola a sé stessa in balia di uno studio prettamente scientifico.
Per quanto Vivian si affidi al suo ‘wit’ e per quanto sia oggetto di una cura sperimentale, è pur sempre un essere umano. Aspetto che sembra aver dimenticato il suo oncologo, che la tratta in maniera distaccata, quasi disinteressata, che non comprende il suo dolore e la sua sofferenza; così come fa Jason, che non riesce a nascondere la sua incapacità a relazionarsi con questa donna arguta il cui cancro non riesce a uccidere il suo acume e la sua forza d’animo – riuscendo a preservare la sua dignità fino all’ultimo.
Mike Nichols riesce a creare un’ottima trasposizione dall’omonima piece teatrale di Margaret Edson in un film (per la TV, prodotto dalla HBO – ma che non ha niente da invidiare a un progetto cinematografico), affidandosi alla straordinaria bravura di Emma Thompson, che rende una Vivian piena di vita e di acume nonostante il male che attanaglia e distrugge lentamente il suo corpo.
La stanza di ospedale diventa il palcoscenico, dove viene rappresentata la sua parabola esistenziale, con quelle tende che chiude Susie alla fine del film, come se fosse calato il sipario.
Voto: 7,5
Hanno collaborato:
Onironauta Idiosincratico - The graduate
Non c'è paragone - The graduate
Babol - Chi ha paura di virginia wolf?
Denny B - Closer
Recensioni Ribelli - Closer
Marco Goi - La Guerra di Charlie Wilson
White Russian - Silkwood
Mari's Red Room - Wolf la belva è fuori
Hanno collaborato:
Onironauta Idiosincratico - The graduate
Non c'è paragone - The graduate
Babol - Chi ha paura di virginia wolf?
Denny B - Closer
Recensioni Ribelli - Closer
Marco Goi - La Guerra di Charlie Wilson
White Russian - Silkwood
La fabbrica dei sogni - Una donna in carriera
Montecristo - Angels in AmericaMari's Red Room - Wolf la belva è fuori
Questo non lo avevo proprio mai sentito nominare, cospargo il capo di cenere! Buon Mike Nichols Day!
RispondiEliminaIo lo trovai in un Blockbuster anni fa, il film lo trovi anche su youtube! ;)
Eliminamanco io l'avevo mai sentito...
RispondiEliminaE ora lo conosci. Potere dei cineblogger, vieni a me! XD
Eliminami manca e mi cospargo pur io...lo aggiungo subito alla lista ^_^
RispondiEliminaAggiungi la lista e prepara anche una scorta di fazzoletti! ;)
Elimina