Norma Jean Baker nacque il 1° Giugno del 1926 a Los Angeles,
California, con un curriculum esistenziale degno di una donna vissuta e una
bellezza che riuscì a farla evadere da un mondo sfortunato, ma impossibilitata a
sfuggire alle sue angosce esistenziali.
Un bel viso, un aspetto piacente, l’incontro con il talent scout di
turno che vide in lei una potenziale modella. Norma Jean seguì
“l’apprendistato” di molte sue colleghe, come Barbara Stanwyck e Jean Harlow,
l’attrice preferita di sua madre al punto da regalare il nome della star a sua
figlia. Ma ciò che potrebbe essere definito un cliché, nel caso di Marilyn
Monroe, questo iter fu quasi necessario per trasformarla in un’icona che ancora
oggi regala sogni a migliaia di fan.
Come miss Harlow, Marilyn usò il cognome della nonna e in prestito –
purtroppo – finì per regalare la propria giovinezza alla leggendaproprio, a
causa della sua tragica fine avvenuta ancora in giovane età.
La bellezza le aprì le porte del cinema, dono che inizialmente le
portò fortuna, ma che divenne con il tempo la sua condanna. Dopo la carriera di
modella (tra cui foto artistiche scandalose per l’epoca), esordì al cinema con The Schocking Miss Pilgrim del 1947 e Orchidea Bionda (1948), ma i risultati ai botteghini furono
disastrosi e Marilyn Monroe si ritrovò nella giungla di Hollywood senza un
agente e senza un contratto. Nessuna parte importante, l’affitto da pagare, i
soldi che non bastano mai, ed ecco che Marilyn finì per accettare di posare
nuda, convinta che non essendo famosa, sarebbe passata inosservata.
L’aspirante attrice finì per trovare la propria foto inserita in un calendario
sexy, con scandalo in omaggio,e Marilyn decise di rivelare in un’intervista
televisiva di essere lei la protagonista di quello scatto artistico per poter
sopravvivere.
La sua ingenuità questa volta fu vincente: i media videro in lei una
moderna cenerentola e Hugh Effner, fondatore di Playboy, comprò la fotografia
per la copertina di un suo numero: Marilyn Monroe conobbe per la prima volta la
notorietà, anche se per vie poco ortodosse.
Marilyn non si perse d’animo e nonostante questo esordio, si iscrisse
a un corso di recitazione tenuto da Natasha Lytess, che le corresse il timbro
della voce, la dizione e il modo di porsi meno impacciata nel recitare.
I primi anni comunque furono molto difficili per la futura diva, e se
nel 1949 recitò in Una notte sui tetti
dei fratelli Marx, l’attrice
faticò non poco per avere un agente che la rappresentasse. La fortuna bussò a un party, dove conobbe
Johnny Hide, il suo primo agente, ma il sodalizio (anche sentimentale) durò
poco, a causa della morte improvvisa del produttore, gettando Marilyn nella
disperazione.
Messo da parte il dolore, Marilyn doveva pensare alla carriera, ormai
la sua stella stava per essere lanciata nel firmamento di Hollywood.
Finalmente riuscì a muovere i
primi passi nell’industria con piccole parti, come Lo spaccone vagabondo di Ty Garnett, Il messicano di John Sturgess, Eva
contro Eva (1950) di Mankievitz, a fianco di Bette Davis.
Marilyn si iscrisse all’università della California studiando critica
letteraria e artistica e prese ancora lezioni di recitazione, decisa di
dimostrare non solo a sé stessa e ai produttori del cinema di non essere solo
una bella faccia, ma anche un’attrice.
Nel 1952 la svolta: bionda platino (come Jean Harlow) e una parte a fianco
di Cary Grant ne Il magnifico scherzo di Howard Hawks e finalmente un ruolo da
protagonista ne La tua bocca brucia (1952) con Ann Bancroft e Richard
Widmark, dome dimostrò, con il ruolo di una baby-sitter dal passato turbolento,
una recitazione intensa e fragile allo stesso tempo.
La consacrazione avvenne con
Niagara (1953) di Henry Koster, nel ruolo di una femme fatale che vuole
uccidere il marito, ma con la notorietà arrivarono le prime nevrosi: paura del
palcoscenico, insicurezze che la perseguitarono per il resto della sua vita.
Marilyn si cimentò nel musical con Gli
uomini preferiscono le bionde (1953) insieme alla mora Jane Russell, che divenne
sua amica e vide in lei una ragazza brillante e inteligente, ma notò anche le
insicurezze e il panico da palcoscenico che la perseguitavano, tale da
accompagnarla al set per evitare i suoi ritardi. Marilyn con questo film
dimostrò doti canore notevoli e Diamonds
Are the Girl’s Best Friends è divene un cult riproposto nel corso dei
decenni, Madonna in primis che le dedicò il video di Material Girl.
Marilyn divenne finalmente una star e successivamente girò Come sposare un milionario al fianco di
Lauren Bacall e Betty Grable, dove fece emergere il suo lato comico con il suo
ruolo di modella miope restia a indossare gli occhiali, dove emerse la sua
capacità di essere ironica e ottima commediante, con un susseguirsi di gag,
gaffe dove inciampa continuamente, risultando buffa, spiritosa e capace di
ridere sulla sua bellezza. Perché è questo che vuole fare trasparire, la
bravura, non solo la beltà dei suoi splendidi occhi azzurri e della sua chioma
dorata.
Cambio di registro ed eccola sul set di Otto Preminger ne La magnifica preda, ma il set fu
funestato dal pessimo rapporto che la star ebbe con il regista, tale da far
intervenire Natasha Lytess come intermediaria tra i due. Nel 1954 la carriera
passò in secondo piano sposando il giocatore di baseball Jo Di Maggio e la luna
di miele in Giappone le diede “una scossa” per superare la sua paura del
palcoscenico: invitata a cantare per i militari feriti nella guerra Corea,
Marilyn riuscì a esibirsi di fronte a una folla numerosa, riuscendo così a
vincere la sua paura.
Se la carriera proseguì in crescendo, arrivando a vincere un Henrietta Awards ai Goldenn Globes nel
1954, non fu altrettando nella vita privata, caratterizzata da numerosi litigi
con la stella del baseball, scontri che sfociarono nel divorzio avvenuto
nell’ottobre dello stesso anno.
Finito il matrimonio ritornò a Hollywood, ma lo fece con il film
sbagliato: Follie dell’anno si rivelò
essere uno dei suoi film più brutti oltre che a un tonfo al botteghino.
L’arrivo di Billy Wilder la salvò da un possibile declino, regalandole il ruolo
di oggetto del desiderio del protagonista in Quando la moglie è in vacanza (1955), uno dei suoi più grandi successi di
botteghino. Marilyn nel film appare frizzante, ingenua e sbarazzina, una dura
prova per il personaggio di Richard Sherman, interpretato da un irresistibile
Tom Ewell. La scena in cui la sua gonna
è svolazzante grazie al passaggio della metro ormai è diventata di culto, dove
Marilyn riuscì a essere sexy, ma divertente e soprattutto non volgare.
Marilyn è stanca dei ruoli da bambolina e il successo regalatole dalla
pellicola di Wilder fu il primo passo per scrollarsi di dosso questa orribile
etichetta. Miss Monroe fu più che mai
determinata a far emergere il suo talento di attrice, decindo di trasferirsi a
New York per iscriversi al prestigioso Actor’s
Studio diretto da Lee Strasberg. Marilyn divenne più sicura di sé e decisa
a frequentare un ambiente artistico più altolocato, conobbe il drammaturgo
Arthur Miller, che di lì a poco divenne suo marito.
Nel 1956 Monrore rescisse il contratto con Natasha Lytess e prese
Paula Strasberg come insegnate di recitazione e il frutto del loro sodalizio si
tramutò in una nomination ai Golden Globes per Fermata d’autobus, e per la prima volta i critici videro in lei
un’artista dotata non solo di un bel corpo da guardare, ma anche di talento.
Apparve sulla copertina del Times e
Richard Avedon, famoso fotografo di moda, la volle per un servizio fotografico.
L’epoca delle foto artistiche sono solo ormai un pallido ricordo.
Il 29 giugno Marilyn Monroe si sposò con Arthur Miller e fondò una
casa di produzione la Marilyn Monroe Production, che produsse Il principe e la ballerina di Lawrence
Olivier, mostro sacro della recitazione britannica. Olivier elogiò la sua interpretazione e per quel
ruolo vinse il David di Donatello,
consegnatole per l’occasione da Anna Magnani.
Nel 1958 tornò a lavorare con Billy Wilder in A qualcuno piace caldo, con Jack Lemmon e Tony Curtis , dove il suo
talento comico esplose definitivamente, tale da essere stimata dal regista,
nonostante i problemi avuti con lei durante le riprese (si vocifera che Marilyn
in difficoltà a ricordare una battuta, fu aiutata da Wilder che improvvisò una
scena facendole aprire un cassetto con un foglio con scritto quello che doveva
dire).
Marilyn vinse il Golden Globes come migliore attrice in una commedia e
pare che abbia ritirato il premio in stato di ebrezza. Carriera all’apice e
vita sentimentale in crisi, il copione si ripete: la voglia di un figlio da
Miller che non arriva, costellata da numerosi aborti spontanei, minarono la sua
serenità e un premio probabilmente non fu mai in grado di placare la sofferenza
di non diventare madre.
Successivamente girò Facciamo
l’amore di George Cuckor recitando al fianco di Yves Montand, ma il non
riuscì a ottenere il successo sperato. Il rapporto con il Miller si deteriorò e
con esso il suo stato di salute, che la indusse a prendere farmaci per
combattere l’insonnia e per placare il suo stato d’animo in preda alle nevrosi.
Nel 1960 venne diretta da John Houston ne Gli spostati al fianco di Clark Gable, al suo ultimo film (in
seguito venne stroncato da un infarto poco dopo le riprese). Il ruolo fu
scritto appositamente da Miller per la Monroe come regalo di San Valentino, ma
a riprese iniziate i due si lasciarono. Ritardi, problemi di salute, contrasti
con Gable, non fecero altro che minare le sue condizioni, ricorrendo ancora
agli psicofarmaci.
Il suo stato cagionevole non le lascia tregua: un’operazione per un
blocco alle tube di Falloppio e successivamente la rimozione dei calcoli alla
cistifellea, che le regaleranno una cicatrice al basso ventre. Con questo segno
fu ritratta per l’ultimo memorabile servizio da Bert Stern per Vogue: Marilyn appare fragile, ma ancora
meravigliosa, così lontana dall’allure di star, è ritratta solo una donna
ancora bella, ma una bellezza più matura, eliminando in questo la sua ingenuità
che l’accompagnò nel corso degli anni.
Nel marzo del 1962 vinse un altro Henrietta
Awards e il mese successivo iniziò le riprese di Something’s Gotta Give,
diretto da George Cuckor, remake de Le
mie due mogli con Cary Grant, ma i continui problemi di salute le costarono
il licenziamento e una causa da mezzo milione dollari per non aver rispettato
il contratto con la 20th Century Fox.
Il giorno del suo 36esimo compleanno, il primo giugno del 1962,
Marilyn fece l’ultima apparizione in pubblico al Dodger Stadium di Los Angeles.
Marilyn era caduta, ma si era alzata nuovamente: aveva intenzione di portare sullo schermo la
vita di Jean Harlow, sognava di diventare Blanche Du Bois ne Un tram che si
chiama desiderio e risolse i problemi con la Fox. La stella stava per tornare a brillare.
I suoi sogni furono infranti: la la morte la colse inaspettatamente il
5 agosto del 1962, spegnendo la sua voglia di splendere nuovamente nel cielo
scintillante di Hollywood.
Molte supposizioni sono state fatte sulla sua scomparsa: suicidio,
omicidio, forse c’è dietro il clan Kennedy; ma sta di fatto che una donna che
voleva solo essere amata veramente da qualcuno, e non solo da una folla
adorante ma anomima, è rimasta sola nel periodo più buio della sua vita.
A cinquant’anni dalla sua scomparsa, Marilyn Monroe è ancora una star,
amata, imitata e idolatrata. Un’icona che non cadrà mai nell’oblio.
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