mercoledì 25 febbraio 2015

100% PURE GLAMOUR: Patricia icona indie di stile

Patricia Arquette è la nuova icona indie di stile. E' 'daiva e ddonna'. A modo suo.
Se gli Oscar sono un vero e proprio tour de force per le celebrities tra trucco, parrucco, vestiti, dieta, palestra, abbronzatura (troppa, vero Gwyneth?) - per Patricia Arquette, la migliore attrice non protagonista 2015 non è un cruccio. Meryl insegna. Anche perché lei non deve dimostrare più niente a nessuno, con 19 candidature si può permettere di venire agli Oscar in tuta e pantofole, ormai lei è di casa.
Guarda, il giallo!!!
Il red carpet è peggio di una vetrina di Rodeo Drive: sotto la lente di ingrandimento delle fashion blogger e redattori/trici di moda (alcune dovrebbero cambiare lavoro. Giallo il vestito di Emma Stone? Seriously? Sei daltonica bella mia)
vengono analizzati gli abiti di Gucci, Armani, Chanel, Elie Saab, Chopard, decretando (e massacrando) la meglio e peggio vestita della serata. Qualcosa però stava cambiando.
Sorry, I've had a duvet day
Già da tempo qualcosa era nell'aria, un sintomo di 'malessere' - da quando in diverse occasioni mondane, le star mostravano le unghie delle mani prive di smalto o di una semplice french manicure. 
Il 'seme del male' inesorabilmente era stato gettato. Era giunto il momento di avere una portavoce di 'daivaggine e ddonnaggine'.
Ci aveva provato e ci prova tutt'ora Lena Dunham, ma lei più che icona di trasgressione, ha solo cattivo gusto. E ricordatevi che se non avete un briciolo di buon gusto, non c'è Marc Jacobs che tenga. Vai da Primark (marca inglese low cost terra terra) piuttosto.
L'abito non fa il monaco. Ne sa qualcosa la maison Christian Dior, che di danni ne sta facendo da anni e si ostina a conciare le attrici che 'manco i cani'. Dior sotto la guida di John Galliano prima e  Raf Simons poi, (il vero Christian Dior e da mo' che si sta ribaltando nella tomba) ne hanno massacrate parecchio di star, da Celine Dion a Mariah Carey, per poi accanirsi su una sola attrice: ovvero Jennifer Lawrence.
Ricordate l'anno scorso il vestito insaccato della Lawrence ai Globes, preso per il culo da tutti sul web? Beh, era un Dior. Maison français, mica bancarella dei cinesi.
Quest'anno orfani della J-Law
Op'pa sushi style!
(tranquilli che c'era J-Lo a deliziarci con le sue mise, ma lei viene from the block e quindi non fa testo), ci pensa un'altra testimonial della casa di moda francese, Marion Cotillard che con un urendo Dior sembra un sushi, o peggio, massacrata da un tweet ormai divenuto di culto, 'sembra un lines traforato, odour control'. Porella. 
Quindi, siamo sicuri che un fashion designer - che usa la celebrity per farsi pubblicità, sia davvero il biglietto da visita di classe ed eleganza?
Rosetta Getty
Patricia Arquette probabilmente non si è neanche posta il problema. Anche perché, candidamente ha ammesso che aveva di meglio da fare che perdere tempo con la manicure. Tipo scrivere uno speech da urlo.
Per il vestito l'attrice di Boyhood ha scelto una designer sconosciuta, Rosetta Getty. Rosetta chi? La sua migliore amica, che fa di professione la designer e ha le sue collezioni in negozi di New York, Sacramento, San Francisco etc.
Che sia la nuova Marchesa?
Marchesa è il brand fondato da Georgina Chapman, moglie di
Renee in Marchesa
Harvey Weinstein, divenuta celebre grazie a Renee Zelweger, quando nel 2004 scelse questa sconosciuta stilista, indossando un suo abito alla premiére londinese di Bridget Jones - The Edge of Reason. Grazie a lei, Ms. Chapman ora è una fashion designer di serie A. Forse potrebbe essere il momento di Rosetta. O forse no. Chi lo sa. Per ora è di culto solo per non aver disegnato un solo pantalone skinny in tutte le sue collezioni, prediligendo linee morbide in contrasto con tagli geometrici. Probabilmente non verrà mai calcolata da Anna Wintour. Se poi la direttora mega galattica di Vogue America ha una frangia chilometrica alla Chrissie Hynde e indossa un pellicciotto come se portasse sulle spalle una pecora, poco importa, perché lei può e tu no.
L'abito disegnato da Rosetta Getty è di per se
semplice, gonna nera stile tubino, mentre la parte sopra è un corpetto monospalla bianco che fascia le sue forme morbide - che se volessimo essere delle male lingue o redattrici di moda che non capiscono spesso una ceppa - verrebbe criticato come uno strascico del toga party di Animal House. E invece funziona alla grande.
Perché? Perché Patricia se ne f#tte. Capelli scarmigliati, non ha paura a indossare gli occhiali da presbite (e questo fa tenerezza infinita) per leggere uno speech con i controc@zzi, indossando quell'abito  con naturalezza, sentendosi bene con sé stessa.
I bless you all!
Patricia Arquette è la dimostrazione che si può essere delle donne normali, che hanno qualche chilo in più (le donne vere hanno le curve diceva il titolo di un film con America Ferrera), ricordandoci che le attrici sono prima di tutto degli esseri umani, non delle dee. 
E quello che piace di più, è la sicurezza che ostenta, l'orgoglio di aver raggiunto un obiettivo con il ruolo di una vita, sbattendosi delle etichette - che, con il senno di poi, le regole le ha rispettate: abito lungo, non da cocktail (adatto per l'after party), colori sobri e classici come il bianco e nero, capelli raccolti. Le regole le ha rilette, e ciò fa di lei una vera 'daiva e donna'.
E se Jared Leto può venire agli Oscar vestito da Gesù Cristo appena uscito da un bordello di Charleston e definirlo un figo; perché le donne non possono vestirsi come si pare senza considerarle sciatte?

2 commenti:

  1. L'ho amata alla follia, come, da mamma, ho amato alla follia il suo personaggio in Boyhood.
    No, Leto non era figo...era inquietante....

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    1. Patricia è una di noi, è una di noi, è una di noi! C'è pure un photobomb di Leto: quando la Arquette dice il suo speech, c'è dietro di lei Jared, e la luce lo fa sembrare come Jesus. Oh Jesus!

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