giovedì 28 maggio 2015

RECENSIONE: Anna Karenina






Titolo: Anna Karenina
Regno Unito, Francia, 2012
Cast: Keira Kightley, Jude Law, Aaron Taylor-Johnson, Olivia Williams, Kelly MacDonald.
Sceneggiatura: Tom Stoppard
Durara: 130'


Un treno che cambierà la sua vita per sempre. E' quello che accade ad Anna Karenina (Keira Knightley), in viaggio dal fratello Stepan "Stiva" Oblonskij (Matthew MacFayden) reo di aver tradito la moglie Dolly (Kelly MacDonald). 
Un viaggio per salvare un matrimonio, un viaggio che comprometterà la sua unione con il funzionario Karenin (Jude Law), freddo e altero consorte, a cui Anna è legata per via del suo unico figlio. 
Mentre condivide il viaggio con madame Vronskaya (Olivia Williams), incrocia il figlio di lei Aleksej Vronsky (Aaron Taylor-Johnson) e Anna prova un sentimento che a prima vista non riconosce, che rifiuta. Incontrato nuovamente a un ballo, Anna tenta di indirizzare Vronsky alla sua promessa Kitty (Alicia Vikander),oggetto del desiderio di Levin (Dohmall Gleeson), ma l'amore è in agguato, e con esso, la tragedia.
Joe Wright torna a dirigere per la terza volta Keira Kightley in un film in costume, dopoRagione e sentimento ed Espiazione.
Wright traspone il romanzo di Lev Tolstoj in un contesto teatrale, creando su misura un dramma e adattandolo per il cinema, sfonda la quarta parete (il muro immaginario tra il palco e lo spettatore), fondendo insieme le due arti. Merito anche della sceneggiatura di Tom Stoppard, veterano del teatro che più volte si è cimentato nel cinema (Shakespeare in Love)
Wright inventa due mondi paralleli: da un lato il mondo vero, reale, con i paesaggi accarezzati dal sole, con i campi da mietere, bagnati dalla fatica dei lavoratori e della vita di stenti e della malattia, incarnata dal fratello di Levin. Levin rappresenta una sorta di unione tra i due mondi, cercando di salire sul palco della società russa per conquistare la candida Kitty, pur non rifiutando le origini di appartenenza. E sarà Kitty a sua volta a varcare la soglia nel mondo di Levin, in quanto sua sposa, prendendosi cura del cognato infermo.
Parallelamente la dimensione aristocratica viene rappresentata come dei tableau vivant, dove si aprono le tende e si assiste alla vita della nostra eroina, rinchiusa nella gabbia dorata delle convenzioni e delle rigide regole sociali, dove le donne possono esprimersi solo con pizzi, cappelli, opera e balli. E proprio nella scena più bella del film, scatta inevitabilmente la passione tra Anna Karenina e il conte Aleksej Vronsky: gli invitati al loro passare smettono di danzare, lasciando intuire man mano che le loro mani si sfiorano, l'amore che sboccia tra una piroetta e l'altra. Tutto intorno a loro è rarefatto, il tempo si ferma e vivono solo loro questo intenso momento. 
L'alta società russa, inglobata in un palcoscenico dove ogni atto scandisce l'epopea di Anna Karenina, accompagnandola scena per scena verso il tragico epilogo, sembra vivere in un sogno (che si trasformerà in un incubo), dove lei e gli altri personaggi sembrano diretti da fili invisibili dal regista, come se fossero marionette: non camminano, sembrano che danzino, tra un inchino e una piroetta, in un mondo, quello dell'aristocrazia russa, estrapolata dalla sua dimensione reale.
Ogni movimento è scandito dalla musica (Dario Marianelli ancora una volta offre la sua eccellente collaborazione), dove i due protagonisti accendono la loro passione, dove i funzionari timbrano ritmicamente, trasformando lo stakanovismo in una sorta di sinfonia.
L'amore proibito consumato da Anna e Aleksej sembra che esista solo per loro, in un contesto totalmente estraniato dalla realtà, all'oscuro degli eventi, in un limbo costruito solo per loro, in modo che possano vivere senza vergogna, quella di Anna, di amare per la prima volta un altro uomo.
In una società dove le regole le dettano gli uomini dove sono legittimati a rappresentare la propria mascolinità tramite l'adulterio, Anna Karenina le infrange, scontrandosi con le ipocrisie e il bigottismo imperante, anche se Anna tenta di rimanervi aggrappata tenacemente. Anna tenta di frenarsi, tenta di negare a sé stessa che ama Vronsky, ma dopo aver ceduto, non riesce a nascondere ciò che prova, smascherandosi durante una gara ippica dove il suo amato ha un incidente. Urlando il suo nome, Anna si macchia pubblicamente di adulterio, arrivando a punirsi per aver ostentato così tanto coraggio.
Se Karenin è ligio al dovere nel salvaguardare la reputazione, Anna si lascia punire, vivendo pubblicamente l'onta dell'indignazione. 
E sarà proprio l'indifferenza che farà soffrire l'eroina di Tolstoj, arrivando all'unica scelta che può fare per salvare sé stessa e la sua onorabilità perduta.
Joe Wright firma un dramma raffinato e ineccepibile dal punto di vista visivo: curato nei minimi dettagli, dalle scenografie ai costumi (di Jacqueline Durrain giustamente premiate con l'Oscar) e impreziosita dalla colonna sonora di Marianelli, il cineasta rivoluziona la messa in scena da affascinare lo spettatore in modo tale da sopperire una certa freddezza dei sentimenti. Rispetto a Espiazione, il cineasta tende a raffreddare i sentimenti puntando più sull'emozione visiva, e sulla messa in scena (prepotentemente british) impeccabile. Ma forse è così che il britannico Wright immagina l'amore in Russia. 
Keira Knightley è misurata nel far trasaparire la sua discesa negli inferi della follia, mentre Jude Law, che ha ancora fascino e bellezza e sarebbe stato un perfetto conte Vronsky, preferisce i toni sommessi del funzionario Karenin, lasciando ad Aaron Taylor Johnson il ruolo del libertino romantico, ruolo che gli calza a pennello.
Anna Karenina forse pecca un po' di freddezza, ma è una gioia per gli occhi.

Voto: 7


Voto: 7

4 commenti:

  1. Mi intriga molto dal lato tecnico, è la presenza della Knighley che mi blocca sempre...

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    1. Io e Kris Kelvin la adoriamo invece! :-D
      Vedilo almeno per Taylor-Johnson! :-p

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  2. Da una parte letteralmente adorato, dall'altra invece mi è sembrato una sboronata tecnica e basta,

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    1. A me è piaciuto abbastanza, più di Orgoglio e pregiudizio, mi aveva annoiata un po'.

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