Jean Vigo ebbe la ribellione e l’anarchia nel suo DNA. Jean Vigo Nacque a Parigi il 26 aprile del 1905. Figlio di Eugène Bonaventure de Vigo, un anarchico di origine basca, a vent’anni scoprì l’amore per il cinema. La settima arte si impossessa di lui e da quel momento diventa la sua ragione di vita.
La salute malferma, la povertà, l’euforia alternata alla depressione non impedì al giovane francese nel perseguire la sua “missione” dietro la macchina da presa. Decisivo fu l’incontro con Boris Kaufman, fratello di Dziga Vertov, rimanendo affascinato dall’avanguardia sovietica: nasce A proposito di Nizza (A propos de Nice, 1928), fotografia curata da Kaufman. Per la realizzazione del suo primo cortometraggio Vigo fece una serie di ricerche, migliaia di metri di pellicola furono impressionati con una cinepresa di seconda mano. A proposito di Nizza è una sapiente miscela di “cineocchio” russo e surrealismo francese: Vigo coglie con fare documentaristico le sfilate del carnevale, gli ozi dei ricchi in villeggiatura e li contrappone, grazie ad un sapiente ed efficace montaggio, con le maschere grottesche del carnevale, creando un effetto beffardo e satirico sul mondo della borghesia.
Oltre all’attività di cineasta, Jean Vigo ebbe un’esperienza come saggista con il testo Verso un cinema sociale, esprimendo la teoria di creare un documento quando si gira un film. Nel 1932 tornò dietro la macchina da presa con un cortometraggio di 12 minuti: Taris, o del nuoto (Taris, ou la natation), incentrato sull’atleta Taris per promuovere il nuoto.
Nel 1933 girò nell’arco di una settimana Zero in condotta (Zéro de Conduit). Il secondo lungometraggio del regista francese trasuda di ribellione contro l’istituzione scolastica e delle sue esperienze infelici vissute in tenera età, con una carica distruttiva e irriverente, creando una sorta di summa della sua infanzia e adolescenza. La scena finale con i giovani collegiali in rivolta che danzano sui tetti sotto una pioggia di piume ha un non so che di liberatorio. Il film fu proibito dalla censura e ritornò in circolazione soltanto nel 1945.
Il cinema di Jean Vigo esprime rabbia, amarezza, con un vigore sovversivo mista alla delicatezza, e forza tipica del regista francese. Il film non fu capito e Vigo dovette ripiegare su una storia d’amore a tratti stucchevole e banale: L’Atalante (1934). Vigo trasforma la storia d'amore tra la giovane Juliette e di suo marito Jean in una storia passionale, struggente, dotata di lirismo e a tratti di disperazione. Vigo fece delle modifiche alla sceneggiatura di Jean Guinée, introducendo per esempio una decina di gatti che invadono la chiatta di Jean, conferendo un senso di mistero e disordine.
L’Atalante rappresenta il testamento artistico (seppur manipolato e modificato dalla casa di produzione Gaumont) di Jean Vigo: fiaccato dalla tubercolosi, alla fine delle riprese parte per un soggiorno di riposo, ma non metterà più mano alla pellicola poiché morirà qualche mese dopo.Il 5 ottobre del 1934, all’età di 29 anni si spegne Jean Vigo. Vigo divenne un cineasta di culto, i suoi film un mito nei cineclub parigini tanto da far ritornare la versione originale de L’Atalante. Jean Vigo visse la vita come un’opera d’arte, con un furore e una disperata voglia di vivere, entrando di diritto nell'olimpo dei geni.
Nessun commento:
Posta un commento