sabato 18 maggio 2013

RECENSIONE: Il grande Gatsby








Titolo: Il grande Gatsby
Titolo originale: The Great Gatsby
Australia, 2013
Cast: Leonardo Di Caprio, Carey Mulligan, Tobey Maguire, Joel Elgerton, Elizabeth Dibecki.
Sceneggiatura: Baz Lurhmann, Craig Martin.
Durata: 142'

Nick Carraway (Tobey Maguire) è un aspirante scrittore, ma abbandona le sue aspirazioni letterarie per lavorare a Wall Street. Si trasferisce a Long Island in una villetta che confina con la magione del carismatico Jay Gatsby (Leonardo Di Caprio). 
Ogni fine settimana Gatsby organizza delle sontuose feste, nella speranza che partecipi il suo grande amore mai dimenticato, Daisy Buchanan (Carey Mulligan), cugina di Nick. 
Daisy è sposata con il ricco Tom (Joel Edgerton), uomo libertino che tradisce la consorte con la disinibita Myrtle (Isla Fisher). 
Nick finirà per diventare il testimone del tormento di Gatsby e del suo sogno irrealizzabile.
La sfavillante New York con le sue mille luci, gli anni ruggenti de jazz, ballerine, flapper girls e il proibizionismo sono gli ingredienti un decennio d'oro che offre sogni e illusioni, sullo sfondo del gran sogno americano destinato a scoppiare come una bolla di sapone
Si vive spezzando le regole, si vive per sognare.  Sogni e obnubilazioni creati appositamente dall'enigmatico Jay Gatsby. 
Chi è Gatsby? Un eroe di guerra? Un rampollo educato a Oxford, o un uomo che dal nulla ha creato una fortuna nelll'illecito? 
Nel magnifico mondo di Gatsby la sua leggenda è parte integrante di questo fascino che esplode con party eccitanti, diventando il fautore di universo magico che si realizza solo nella speranza di rivedere la sua amata Daisy. 
E questo è il (macro)cosmo che ha creato appositamente Buz Lurhmann per far rivivere la figura tragica delineata dal genio e sregolatezza di Francis Scott Fitzgerald. 
Lurhmann riprende il suo cammino verso la "Golden Era" Hollywoodiana iniziato con Australia, abbandonando lo stile registico frenetico degli esordi arrivato all'apice con Moulin Rouge!.  
La parabola esistenziale di Gatsby nelle mani del regista australiano (che firma la sceneggiatura insieme a Craig Pierce) diventa una maschera tragica fatta di solitudine, illusione, disperazione e speranza, quella speranza racchiusa in un bagliore verde immerso nell'orizzonte.
Gatsby allunga la mano, cerca di toccare quella luce, illudendosi di prendere con sé l'amata Daisy, donna apparentemente frivola e sciocca, ma che ha capito cinicamente che non sei nessuno se non hai potere.
Lurhmann fa suoi i caratteri nati dalla penna di Fitzgerald, immergendoli in un cosmo fatto di illusioni ottiche, un'orgia di danze, un teatro magistralmente diretto dove i "suoi" personaggi recitano alla perfezione i sentimenti che provano.
L'innocenza che pervade inconsciamente Gatsby può essere colta solo da Nick Carraway, che vede al di là delle sontuose feste e dei lustrini bagnati di champagne, notando la solitudine di un uomo che ha ripudiato James Gatz e le sue radici, che ha creato un nuovo essere, plasmandosi per poter essere degno della donna che ama più della stessa vita. 
Le donne di questo fantastico universo sono i mille volti del fascino che irretiscono pericolosamente gli uomini, fasciate dagli sfavillanti abiti di Miuccia Prada scelti dalla costumista Catherine Martin (che crea anche le spettacolari scenografie). 
Daisy, così eterea, così delicata è riuscita a entrare nel cuore e nell'anima di Gatsby senza abbandonarlo, così come è l'opposto Myrtle, che usa la sua sensualità e sessualità per uscire dal grigiore della sua esistenza, vivendo con Tom Buchanan solo l'effimera illusione di un'esistenza opulenta.
Jordan (Elizabeth Debicki) così fredda, dinamica e moderna, esercita un fascino su Nick, anche se è più stregato dalla parabola esistenziale di Gatsby.
Il regista australiano prende le sue creature e le fa giocare in questo fantasmagorico limbo, creando una sorta di dimensione parallela con il mondo vero, diviso dal ponte tra West Egg e New York, fatto di sudore, fatica e povertà.
Lurhmann ripete sé stesso, ma si supera, raffinando la sua estetica visiva gridando alla ricchezza e all'eleganza visiva, così splendida e "spectacular", rendendo bene l'idea di decadenza che impregnava gli anni '20. 
Crea questo enorme paese dei balocchi dove è lecito perdere ogni inibizione, dove tutto per un attimo è possibile, travolgendo lo spettatore dallo splendore di questa ricchezza, creando a hoc un'età del jazz, grazie alla splendida colonna sonora prodotta da Shawn Carter, alias Jay-Z. 
Gershwin si sposa con l'hip-hop, il pop fa l'amore con il jazz, la musica è il nutrimento di queste potenti immagini che vanno al di là del 3D superfluo, poiché il cinema di Lurhmann nasce già  tridimensionale, con le parole scritte da Daisy che si possono quasi toccare con mano, con la luce della baia che acceca, con il meraviglioso castello di Gatsby, che ci invita a entrare per assaporare una notte folle. 
Lurhmann coniuga la ricercatezza stilistica espressa in Australia con lo schema narrativo di Moulin Rouge!, facendo correre la storia lungo i binari della commedia, evolvendosi pian piano in dramma e infine in tragedia annunciata. 
Il cineasta arriva alla perfezione stilistica, ma una volta tolte le pallette  e arrivati al dramma, tende a rallentare eccessivamente il ritmo per poi accelerare incautamente per approdare al climax, perdendo così lo status di capolavoro conquistato con Moulin Rouge!.
Il grande Gatsby è un sogno straniante sublimato dalla bravura di Leonardo Di Caprio, che fa di Jay Gatsby un eroe romantico, così disperato nella sua ossessione per qualcosa che ormai è perduto per sempre, una Daisy interpretata da Carey Mulligan che ne spezza la leggiadria con un velo di inquietudine e nevrosi.
Tobey Maguire trasmette il senso di stordimento di Nick Carraway, Joel Elgerton fa emergere il lato viscido della nobiltà di Tom Buchanan. 
Isla Fisher è perfetta nel ruolo della volgare e passionale Myrtle, mentre Elizabeth Dubecki è  una rivelazione, è l'incarnazione di una donna anni '20.
Il cinema di Buz Lurhmann o si odia, o si ama. 
Se non si apprezza, vedrà Il grande Gatsby come un enorme girandola fracassona, se lo si ama, lo si fa in modo incondizionato, lasciandosi estraniare e trasportare dall'essenza del cinema stesso. 

Voto: 8/9
A.M.

2 commenti:

  1. per saperne di più sulla scenografia ti lascio questo link

    http://arkitalker.wordpress.com/2013/09/03/art-deco-nel-grande-gatsby/

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    1. Grazie! E scusa se ho letto in mega ritardo il tuo commento!

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