Settimana nera per il cinema italiano: dopo la scomparsa di Giuliano Gemma è venuto a mancare il regista Carlo Lizzani.
Il regista si è tolto la vita ieri, gettandosi dal balcone della sua abitazione nel quartiere Prati di Roma. Aveva 91 anni.
Nato a Roma il 3 aprile del 1922, Lizzani fu un regista ma anche uno sceneggiatore, documentarista e critico cinematografico (autore della Storia del cinema italiano). Partigiano durante il secondo conflitto mondiale, entrò nelle file del Partito comunista, ed esordì nel cinema nel 1951 con Achtung, banditi!, film sui partigiani, dopo aver scritto capolavori del Neorealismo come Germania anno zero (1948) di Roberto Rossellini e Riso amaro (1949) di Giuseppe De Santis.
Lizzani prese in prestito lo stile neorealista del dopoguerra mescolandoli con la storia e la cronaca del tempo. Gli eventi storici del fascismo e del conflitto mondiale confluirono nella sua autorialità, attingendo da fatti storici per creare un cinema di cronaca.
Nel 1953 vinse il premio internazionale di Cannes per Cronaca di poveri amanti con Marcello Mastroianni, storia d'amor sullo sfondo dell'ascesa politica di Mussolini.
L'oro di Roma del 1960 parla del quartiere ebraico di Roma e della sua comunità che cerca di non subire i ratrellamenti e la deportazione ad opera dei nazisti. Il processo di Verona (1963) racconta il processo che portò alla condanna a morte di Galeazzo Ciano, genero e braccio destro di Mussolini.
Banditi a Milano (1968) è la cronaca della banda Cavallero che terrorizzò Milano negli anni Sessanta, aprendo un varco tra il genere Peplum e gli Spaghetti western, dando il via al noir all'italiana.
Collaborò con Bernardo Bertolucci, Jean-Luc Godard e Marco Bellocchio in Amore e rabbia, film collettivo del 1969, tra contestazioni giovanili e matti da (s)legare.
Con Roma bene (1971) Lizzani scava nella corruzione e squallore dell'alta società romana. Nel 1974 riapre la ferita del fascismo e ne racconta la sua caduta con Mussolini-Ultimo atto dove Rod Steiger veste i panni del Duce. Ritorno alla realtà e ai fatti di cronaca con Mamma Ebe (1985), dove Stefania Sandrelli veste i panni della guaritrice truffaldina Ebe Giorgini.
Nel 1990 scelse Harvey Keitel Caro Gorbaciov, mentre nel 1995 vinse il David di Donatello per la sceneggiatura di Celluloide, sulla realizzazione di Roma Città aperta di Roberto Rossellini.
Un altro tuffo nella storia e Lizzani ci catapulta nelle Cinque giornate di Milano (2004), l'anno dopo si ritorna alla Seconda guerra mondiale con Hotel Meina.
Le ultime opere sono documentari: Giuseppe De Santis (2008), Scossa (2011).
Avrebbe dovuto girare L'orecchio del potere con Al Pacino.
Dopo la tragica e lucida dipartita di Mario Monicelli, anche un altro pezzo di storia del cinema ha deciso di "staccare la chiave", magari girando altrove film che non hanno ragione di essere girati qui.
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