mercoledì 28 gennaio 2015

RECENSIONE: Potiche



Titolo: Potiche-la bella statuina
Titolo originale: Potiche
Cast: Catherine Deneuve, Gérard Depardieu, Fabrice Luchini, Judith Godreche, Jeremie Renier, Karin Vardin.
Sceneggiatura: François Ozon.
Produzione: Mandàrin Cinema
Regia: François Ozon
Durata: 103'



Francia, 1977. Suzanne Pujol (Catherine Deneuve) è una potiche, una bella statuina.
Sposata con il misogino e sgradevole Robert che ama più la sua fabbrica di ombrelli ereditati dalla moglie che la sua stessa famiglia.
Robert tradisce Suzanne con la segretaria, disprezza i figli ed è impopolare presso i suoi dipendenti, finisce per rimanere ostaggio dei suoi esasperati dipendenti nel corso di uno sciopero.
Suzanne mantiene la sua compostezza e si rivolge al sindacalista “rosso” Babin (Gérard Depardieu) per ottenere una trattativa. Robert viene rilasciato, ma gli viene un infarto ed è costretto a lasciare le redini del suo impero a Suzanne che si dimostra un’abile donna d’affari.Potiche-la bella statuina è una commedia deliziosa tratta dalla commedia teatrale di Barillet & Grédy del 1980. Il regista François Ozon mantiene la confezione teatrale creando una magnifica girandola di battute sapide e scandita da tempi perfetti. Come nel suo film 8 donne e un mistero, i pensieri della protagonista si tramutano in pezzi musicali, creando una partitura perfetta che si coniuga con la storia in modo impeccabile. Tutto è curato nei minimi dettagli come se gli anni Settanta fossero stati rinchiusi in un armadio, tirati fuori e rispolverati come nuovi per l’occasione.
Dietro questo vestito fatto di colori, atmosfere da disco che profuma di tempo delle mele, canzoni, cuori e amori si cela un personaggio femminile moderno e femminista che rivendica i propri diritti che vanno al di là dell’essere una semplice moglie (cornuta) e madre. E sempre con il sorriso sulle labbra e una calma serafica. La Suzanne di Catherine Deneuve è una donna forte, sicura si sé, è più indipendente di quanto sembri ed è una libertina insospettabile.
Suzanne/Catherine Deneuve è ancora bella di giorno e si lascia andare a tenere effusioni con Babin/Gérard Depardieu, ritrovatisi dopo essersi persi di vista dopo aver preso un ultimo metrò. Il misogino e tombeur des femmes Robert viene annientato dalle donne che pensa tanto di amare (Luchini afferma di essersi ispirato ad un noto politico per creare il personaggio, chissà chi è?), travolto dai cambiamenti che la storia e la controcultura del 1977 impone.
Robert perde il confronto con Suzanne perché è ancora ancorato al vecchio schema retrogrado dell’uomo al potere che si serve del sesso debole per accrescere il suo egocentrismo, attaccato ad una visione patriarcale vecchia e asfittica. Suzanne invece guarda avanti, prende coscienza del suo ruolo di donna, così come avviene per la segretaria (Karin Viard), stanca di essere trattata come una donna oggetto.
Curiosamente la nuova generazione incarnata da Joelle e Laurent invertono i ruoli: Joelle ha una visione chiusa del mondo operaio e preferisce vivere come un’ombra dietro suo marito, mentre il fratello ha una visione più aperta è anticonformista e libero dalle convenzioni borghesi. Suzanne una volta svegliatasi dal suo torpore, rinasce come amazzone e capisce che può camminare con le sue gambe da sola, non ha più bisogno di un uomo che le serva da stampella. Anche se si trova in difficoltà non si abbatte e continua per la sua strada, alzando il tiro per un successo personale ancora più ampio come la politica (e qui la somiglianza con un altro politico è vicina, ma si tratta ancora di lui?).
Ozon lancia delle frecciate ai tempi politici della Francia odierna con un’occhiata pungente a Ségolène Royale e Nicholas Sarkozy con riecheggi della politica made en Italie. Il tutto con fare nostalgico, ribelle, un piccolo universo pop interpretato da attori in stato di grazia.

Voto: 8

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