Trentacinque anni fa moriva lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini. La notte tra l'1 e il 2 novembre del 1975 veniva ucciso barbaricamente. Il suo cadavere massacrato e ridotto ad un "grumo di sangue" secondo il referto dell'autopsia, fu trovato in un campo tra Ostia e Fiumicino. Ufficialmente fu il giovane di borgata Pino Pelosi a commettere l'assassinio, ma nel marzo del 2010 il caso è stato riaperto, lasciando trapelare uno scenario ben più inquietante di un omicidio sfociato dopo un violento litigio. L'indagine fortemente voluta da Walter Veltroni, verte sul recupero del ventunesimo capitolo intitolato "lampi sull'Eni" dell'ultimo libro che stava scrivendo Pasolini, intitolato Petrolio, di cui il senatore Marcello Dell'Utri ha dichiarato di averne letto delle pagine (78 su 200). Il 23 marzo di quest'anno è stato riaperto il caso grazie anche all'interessamento dell'avvocato Stefano Maccioni e della criminologa Simona Ruffini. Secondo Ruffini il movente dell'omicidio è più alto e la chiusura del caso è stata frettolosa e superficiale, poco compatibile con la scena del crimine e con la confessione di Pelosi, probabilmente più un capro espiatorio che un omicida a tutti gli effetti. Lo scenario è più inquietante, legato alle indagini che stava conducendo Pasolini per la scrittura del suo libro, che avrebbe messo in difficoltà persone importanti. La morte del regista di Mamma Roma è ancora avvolta in una rete fitta di segreti e dopo 35 anni si attende ancora la verità.
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