giovedì 13 novembre 2014

RECENSIONE: Habemus Papam


§Il fascino indiscreto di una recensione retrò§



Titolo: Habemus papam
Italia, 2011
Cast: Michel Piccoli, Margherita Buy, Jerzy Sthur, Nanni Moretti, Renato Scarpa.
Sceneggiatura: Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Federica Pontremoli.
Durata:104'


È il giorno del Conclave per l’elezione del nuovo papa. I cardinali riuniti nella Cappella Sisitna nominano a sorpresa il cardinale Melville (Michel Piccoli). Titubante, Melville accetta, diventando Papa Celestino VI. Al momento di presentarsi alla folla dal balcone della basilica di San Pietro, il neo pontefice crolla psicologicamente e si rifiuta di parlare ai suoi fedeli. 
Nonostante la dottrina non creda nella scienza della psicoanalisi, decidono, seppur con riserva, di far entrare ai palazzi apostolici il migliore psicologo di Roma (Nanni Moretti), affiché riesca a far emergere le cause che hanno portato il Santo Padre al rifiuto della sua carica e soprattutto a un suo ripensamento.
Lo psicanalista ancorato al proprio ateismo, però consiglia di affidare Melville alle cure della sua collega, ed ex moglie (Margherita Buy), poiché è più brava, ovviamente dopo di lui. Mentre lo psicologo deve rimanere a San Pietro per evitare una possibile fuga di notizie, il Papa esce dalle Mura vaticane e approfittando di un momento di distrazione del suo portavoce (Jerzy Sthur), fugge, vagando per le vie di Roma.
Nanni Moretti torna al cinema cinque anni dopo Il caimano, è lo fa con il film della maturità, volgendo uno sguardo laico nel mondo del Vaticano. Per la prima volta Moretti non fagocita il film con la sua presenza, anzi, ne rimane in disparte ritagliandosi un ruolo minore ricco di ironia, per concedere ampio spazio a un grande Michel Piccoli.
Moretti non si è ispirato a nessuno per la figura del Santo Padre, ma il suo Celestino VI sembra ricalcato su Celestino V “colui che fece il gran rifiuto”, ospite nel regno degli Ignavi creato appositamente da Dante nella sua Divina Commedia.
Habemus papam mostra un lato inedito del Vaticano, rappresentato come un microcosmo isolazionista nel suo aspetto più puro, fatto di regole, preghiere e abitudini, spogliato però dalle implicazioni politiche e fatti oscuri che hanno coinvolto la Santa Sede in passato e “contaminato” da un elemento esterno, per di più un uomo di scienza, che mal si concilia con l’uomo di Dio.
Il papa di Moretti è un uomo smarrito, non un pusillanime incapace di assumersi le proprie responsabilità, responsabilità che si rivelano gravose per poter dare un conforto a una società che ormai non crede più a niente. Il suo senso di inadeguatezza colpisce non solo lui, ma anche gli altri Cardinali sperano di non essere “il vincitore”: come il gioco della pagliuzza che nessuno vuole mai prendere, sperando sempre che qualcuno la colga al posto tuo, quando capita a Melville, finisce per dare un senso di liberazione e sollievo agli altri compagni di “sventura”.
Melville sognava il teatro da giovane, e nel girovagare finisce per assistere alle prove di una compagnia teatrale. Realtà e finzione si mescolano, una realtà fatta di sentimenti e vite non realmente vissute, edulcorate proprio come il nucleo costituito dalle mura Vaticane, così lontane dal mondo reale, eppure capace di avere un potere (spirituale ovvio, ma anche temporale) incredibile.
Nelle parole di Melville vi sono le intenzioni di Moretti, ateo convinto, che la Chiesa necessiti di un cambiamento radicale, vittima anch’essa di una profonda crisi (e il balcone di San Pietro vuoto lo dimostra ampiamente).
I momenti divertenti, seppur di un’ironia pacata e non volgare, non mancano, come nelle scene del mini campionato di pallavolo tra i cardinali provenienti da tutto il mondo o della guardia che muove la tenda facendo finta di essere il pontefice, così come non risultano pesanti le disquisizioni filosofiche del bravissimo psicanalista, prigioniero suo malgrado in un luogo in cui non ha mai creduto.
Ottime musiche, scenografie e fotografia, che innalza il livello di qualità del cinema made in Italy.
Buona la direzione degli attori, anche se risulta po’ sprecata Margherita Buy, mal utilizzata e lasciata un po’ per strada, abbandonata dal suo paziente e dal suo regista. Diverso discorso per il suo protagonista, Michel Piccoli, ottimo nel cogliere il profondo senso di prostrazione e confusione, alla ricerca del suo vero io e nella disperata accettazione di un ruolo che in realtà non gli appartiene e che rifiuta nel profondo del proprio essere.
Habemus papam è un ottimo capace di spaziare equamente tra satira, riflessione, laicità e religione.

Voto: 8
A.M.

2 commenti:

  1. Molto bello, come (quasi) tutti i film di Nanni Moretti... da apprezzare in questo caso l'idea di fare un film sull'inadeguatezza, sull'umiltà, sulla presa di coscienza della propria normalità, in una società dove invece conta sempre più 'l'uomo solo al comando'. Notevole.

    RispondiElimina