Titolo: The Butler-Un maggiordomo alla Casa Bianca.
Titolo originale: Lee Daniel's The Butler
USA, 2013
Cast: Forest Withaker, Ophra Winfrey, John Cusack, Jane Fonda, Robin Williams.
Sceneggiatura: Lee Daniel, Danny Strong.
Regia: Lee Daniel.
Durata: 113'
Ispirato a un articolo del Washington Post che raccontava al vita di Eugene Allen, il maggiordomo della Casa Bianca che per 30 anni divenne il fedele servitore dalla presidenza Eisenhower fino all'era reganiana. Attraverso il personaggio di Cecil Gaines (Forest Withaker) e tre decadi, parallelamente si assiste alla lotta per i diritti agli afroamericani, fino all'elezione di Barack Obama, primo presidente afroamericano degli Stati Uniti d'America.
Sembra che gli americani vogliano fare pubblica ammenda e porgere in maniera poco convenzionale le proprie scuse nei confronti della comunità afroamericana cercando di cancellare l'onta della schiavitù, offrendo un altro pezzo di storia dalla fine dello schiavismo al conseguimento dei propri diritti in una società WASP che per anni ha cercato di nascondere il suo passato razzista "sotto un tappeto".
Nel 2013 Barack Obama è al suo secondo mandato alla presidenza americana, Ophra Winfrey è una delle donne più potenti e ricche d'America e le "mixed couple" analizzate in maniera problematica da Spike Lee in Jungle Fever non sono più un tabù. Sembra ormai un lontano ricordo la crudeltà della schiavitù, così come è passato quasi mezzo secolo dal mitico discorso di Martin Luther King e il suo I have a dream. Ma, se in genere noi esseri umani tendiamo ad avere una memoria storica un po' corta, non è poi così lontana la lotta ai diritti civili degli afroamericani.
Meno male che c'è il cinema, che oltre a svolgere interessanti "lezioni di storia", nell'era obamiana si accorge degli errori del passato (in realtà mai sepolti, anzi, ancora oggi uno spettro e un'eredità pesante in quel dell'America del Sud), facendo più o meno pubblica ammenda, o meglio per rinfrescare la memoria e per non dimenticare.
Infatti se con Django Unchained di Quentin Tarantino si racconta la parabola western di un ex schiavo che lotta per mantenere la sua libertà, con Lincoln di Steven Spielberg si affrontava la battaglia per approdare all'emendamento che poneva fine alla schiavitù, con The Butler di Lee Daniels si compie un viaggio che copre 50 anni che parte dai campi di cotone, per arrivare alla vittoria di Barack Obama, primo presidente afroamericano nella storia degli USA.
Un affresco di storia dalla parte del "più debole", un po' come aveva fatto Robert Zemeckis e il suo Forrest Gump.
Ma chi è Cecil Gaines? Cecil Gaines è il maggiordomo della White House, ma prima di tutto è un uomo che ha conosciuto l'infanzia in una piantagione, figlio di schiavi e ha assistito in prima persona alla crudeltà che i padroni che lo privano del padre, salvato dalla misericordia della padrona della piantagione di Macon, che lo introduce all'arte della servitù del the.
Il percorso alla Casa Bianca è ancora lontano, e un giovane Cecil (Aml Ameel) impara il mestiere di maggiordomo in un Hotel la sua capacità di trattare con impeccabile gentilezza gli ospiti, capacità che gli apriranno le porte della stanza Ovale, diventando il maggiordomo ma anche il confidente dei presidenti americani, prendendo le occasioni della vita, occasioni che la società bianca decide di offrire agli afroamericani.
Cecil è stato educato a servire il the, ma è stato educato anche a rimanere al suo posto, rimanendo fermo, immobile, lasciandosi scivolare addosso gli avvenimenti sia della storia che della sua famiglia. Tutto scorre, così come si succedono le presidenze, da Eisenhower (Robin Williams) a Kennedy (James Marsden) e i suoi primi tentativi per i diritti per i afroamericani fino al suo omicidio, da Lindon Johnson alla guerra del Vietnam, da Nixon (John Cusack) al Watergate fino a Regan (Alan Rickman) che lo invita a una cena presidenziale. Cecil Gaines vive in una specie di palla di cristallo, dove tutto rimane apparentemente immobile, come deve stare lui durante un pranzo o una cena del "suo" presidente. Ma fuori non è così, tutto si muove, tutto scorre.
Perché il mondo fuori dalla White House dopo i miti anni Cinquanta, con la presidenza Eisenhower gli USA erano ancora in uno stato di quiete apparente, dove gli afroamericani si sedevano in fondo agli autobus, avevano uno spazio apposito per bere un caffè in una tavola calda, e un'università "esclusiva", tutta per loro.
Come la storia, quella vera, insegna, un giorno un'operaia di nome Rosa Parks, stanca dal lavoro decise di non cedere il posto sul bus a un bianco, e con un semplice gesto non violento la comunità afroamericana solleva la testa dopo anni di soprusi e decide di combattere. Tranne Cecil, che rimane in piedi, fermo e immobile.
Fuori dallo studio ovale c'è un mondo che Cecil conosce a malapena, a cominciare dalla sua famiglia, con la moglie Gloria (Ophra Winfrey) che vive una vita da casalinga disperata, e un rapporto conflittuale con il figlio Louis (...), che non ci sta a farsi mettere i piedi in testa e decide di combattere prima in nome della non violenza, e poi passa dalle parole ai fatti (ma non fino in fondo) entrando nelle Black Panthers.
E paradossalmente se il film è focalizzato sulla figura di Cecil, nelle mani di Lee Daniels diventa quasi un pretesto per raccontare questi eventi storici, che sono più emozionanti e interessanti del suo stesso protagonista.
La resistenza passiva degli studenti al fast food, l'incendio al bus durante il sit-in di Woodsboro, la polizia dal grilletto facile che fece scatenare il motto "in difesa dell'autodifesa", mostrano la meschinità e la crudeltà dei bianchi, facendoci ricordare che non è passato così tanto tempo dalla fine delle ingiustizie e che c'è ancora tanto da fare per vivere in un mondo dove non ci sono le disparità di classe e la differenza del colore della pelle.
Daniels mescola eventi storici con gli eventi privati di Cecil, che fa da collante alla storia, focalizzando il rapporto conflittuale con il figlio Louis, che ripudia in quanto colpevole di non essere stato al suo posto. Ma anche Cecil alla fine capisce che nella vita si può avere di meglio, e intraprende una piccola battaglia personale per ottenere uno stipendio al pari dei suoi colleghi bianchi, fino a sostenere al fianco di Louis la candidatura di Obama.
The Butler è un affresco storico un po' sulla falsa riga del melò che appassiona più dal punto di vista degli eventi reali che quelli personali del protagonista, rivitalizzati comunque dalla sfera familiare con i loro drammi quotidiani. Ottima la musica e soprattutto il cast stellare da Foresth Withaker a Ophra Winfrey, a Liev Scheiber, Alan Rickman e Jane Fonda (Nancy Reagan), fino a un redivivo Cuba Gooding Jr. e la rock star Lenny Kravitz che pare abbia accantonato la musica per scoprirsi un attore.
The Butler è una pellicola anche se a tratti discontinua è capace di emozionare e che sembra faccia suo il motto "Yes we can" di Barack Obama.
Voto: 7+
A.M.
Anche a me, non appena ho letto di cosa parlava, ha subito fatto venire in mente Forrest Gump... che dirti? Sono curioso di vederlo, anche se il mio iniziale entusiasmo si è un po' raffreddato dopo le nominations ai Golden Globe: doveva essere uno dei grandi favoriti, invece ha raccolto un pugno di mosche. Comunque lo vedrò di sicuro. E poi ne parliamo :)
RispondiEliminaEsce dopodomani, il film merita una visione!
EliminaNon stare a guardare le nomination, ci sono tanti film snobbati che valgono! Poi per quanto riguarda gli Oscar, beh, non capiscono un cavolo per principio! L'ideale sarebbe vederlo in lingua originale, se penso a Forrest Gump e come hanno rincoglionito Forrest con quell'orrendo doppiaggio... Beh, non oso immaginare! Fammi sapere cosa ne pensi! :-)