Il mese scorso è venuta a mancare l'attrice Laura Antonelli e in pochi l'hanno ricordata. Mi ha colpito un commento del buon Solaris, che secondo il suo parere era un'attrice lontana dalla bravura di Sophia Loren, Anna Magnani e Claudia Cardinale, puntando solo sull'avvenenza fisica.
Partendo dal fatto che rispetto la sua opinione, mi è venuto in mente questa piccola riflessione.
E se Laura Antonelli fosse capitata nel momento storico-cinematografico sbagliato? La carriera di Laura Antonelli come sarebbe stata se fosse iniziata negli anni Cinquanta e non venti anni dopo?
Faccio un salto indietro. Sophia Loren, Anna Magnani e Claudia Cardinale appartengono al periodo d'oro del cinema italiano. Verso la fine degli Quaranta si conclude il Neorealismo per far spazio al Neorealismo rosa e successivamente a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta alla commedia all'italiana. Attrici come Silvana Mangano con Riso Amaro avevano sdoganato il concetto di bellezza giunonica così prorompente, così diversa dalla bellezza rassicurante (e un po' sciatta) di Lya Franca (Gli uomini che mascalzoni, commedie che fanno il verso alla commedia sofisticata americana made in Mario Camerini), aprendo di fatto la strada alle maggiorate.
Bellezza e sensualità: dualismo che veniva ricercato dai talent scout, che andavano a scoprire nuovi possibili attrici dai concorsi come Miss Italia, dalla quale uscirono sia la Loren che Gina Lollobrigida: belle, sensuali, ma fortunatamente dotate di un carisma capace di bucare il grande schermo.
Il cinema italiano per l'appunto stava vivendo il suo momento migliore, con squisite commedie come Pane, amore e fantasia di Luigi Comencini, L'oro di Napoli di Vittorio De Sica, I soliti ignoti di Mario Monicelli e così via, dando vita a personaggi femminili oggetto del desiderio sì, ma anche cocciute e ricche di personalità da vendere.
Vi ricordate come la 'Bersagliera' interpretata da Gina Lollobrigida teneva testa a un maturo Vittorio De Sica in Pane amore e Fantasia e nel seguito (Sophia Loren invece recita nel terzo film della serie, Pane amore e gelosia e Pane amore e...?). O come Sophia Loren faceva ululare di passione Marcello Mastroianni, con quel strip-tease lasciato a metà in Ieri, oggi e domani?
Carisma e bellezza dunque, caratteristiche che fecero la fortuna non solo in Italia, ma anche all'estero per le stelle nostrane della Lollobrigida (Torna a settembre a fianco di Rock Hudson), della Loren (Arabesque al fianco di Gregory Peck) e della Cardinale (La pantera rosa al fianco di David Niven). Belle e brave.
Claudia Cardinale in realtà era diversa dal canone della dea giunonica: aveva una bellezza (ha tutt'ora, pardon) più sofisticata, precedendo di fatto quella tipologia di donne dalla bellezza ricercata e più 'borghese', che seppe poi incarnare alla perfezione da Virna Lisi prima (che rifiutò lo stereotipo di bomba sexy chiudendo sul nascere una promettente carriera hollywoodiana) e Monica Vitti poi sotto la guida di Michelangelo Antonioni.
Cardinale di fatto aveva incarnato un certo canone di bellezza inarrivabile, espresso soprattutto in Il bell'Antonio di Bolognini, con un Marcello Mastroianni in piena crisi di viralità maschile, incapace di amare quel fiore raro e impossibile da cogliere; e successivamente ne Il gattopardo di Luchino Visconti, così altera e nobile strizzata in un corpetto che non le lasciava emettere un respiro.
Anna Magnani invece riuscì a costruirsi una carriera con quella bellezza fuori dagli schemi, impiegando 50 anni per avere le sue rughe, riuscendo a diventare la prima italiana a vincere un Oscar.
Figlia del Neorealismo, con il ruolo della popolana Pina, entra di diritto nella storia del cinema con Roma Città aperta, mentre rincorre il camion che imprigiona il suo compagno, imprecando contro i nazisti prima di essere brutalmente uccisa.
Anna Magnani era la donna del popolo per eccellenza, l'essenza stessa della romanità, arrivando a toccare il climax con Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini.
Magnani era - mi perdoni il termine - un po' 'rustica'. Anche con il vestito 'buono' sfoggiato in Abbasso la ricchezza!, usciva sempre quel lato verace e genuino di questa magnifica attrice. Non era necessario in lei la bellezza provocante, perché sapeva splendere di luce propria. Non era sensuale come la Loren, non era sofisticata come la Cardinale. Ma aveva una bellezza interiore che riusciva a trasmettere con un sorriso, con quegli occhi colmi di passione e quella sana sfacciataggine di chi non 'non te le manda a dire'.
Ora, un passo avanti: siamo negli anni Settanta. Gradualmente si assiste alla fine della censura, che aveva sforbiciato vergognosamente i film di De Sica (La Ciociara), Bertolucci (Ultimo tango a Parigi), Antonioni (L'avventura). Cadono le forbici e finalmente l'Italia si è desta.
Se da un lato c'è Lina Wertmuller che potrebbe essere considerata una femminista ante litteram con il suo alter ego Mariangela Melato, cucendole addosso personaggi ad hoc come la mitica 'bottana industriale' de Travolti da un solito destino nell'azzurro mare d'agosto; dall'altro entra piano piano nelle commedie un velo di erotismo. Dive come la Magnani purtroppo non ci sono più (morì nel 1973), altre come la Loren concentrarono la carriera a Hollywood, altre come la Lollobrigida avevano diradato gli impegni per concentarsi sull'arte, diventando delle splendide signore sugli 'anta'.
Cambia il cinema, non ci sono più le commedie feroci e ciniche, anche se il cinema di Monicelli e Risi ruggirà fino agli anni Novanta/inizi del Duemila, ma senza il fervore del passato.
E cambiano anche i ruoli, dove la donna diventa non solo oggetto del desiderio, ma anche la volontà di possederla.
Ed ecco che un film su un vedovo con due figli assume una governante che diventa l'oggetto di bramosia sia dell'uomo che del figlio più grande. Ed ecco quella scena in cui lei cerca di pulire i vetri, con quella gonna svolazzante con quella voglia di sbirciarci un po': era il 1973, il film era Malizia e l'attrice era Laura Antonelli.
Laura Antonelli era entrata nell'immaginario erotico collettivo, con quella bellezza inconsapevolmente prorompente, diventando un puro oggetto del desiderio.
Se attrici come Edwige Fenech sfruttarono il proprio sex appeal con ironia e liberazione della sessualità - con quella corsa 'seno al vento' che profuma di libertà in Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda - ponendo di fatto fine alla censura e aprendo un filone di commedia 'scollacciata' che coinciderà con il declino della commedia all'italiana - vuoi per un periodo di distensione post-terrorismo, vuoi per un yuppismo e materialismo della Milano da bere che si rifletté inevitabilmente sul cinema, vuoi per una TV privata nascente capace di tagliare il cordone ombelicale tra lo spettatore e 'mamma RAI' - e un po' dell'Italia stessa.
Laura Antonelli era quel tipo di bellezza fragile e insicura. La sua fortuna e la sua dannazione, che la portarono verso un cliché interrotto solo dal maestro Luchino Visconti ne L'innocente del 1976. Qui alla sua prova migliore, donna adultera (e quindi pur sempre oggetto del desiderio sessuale altrui), ma donna insoddisfatta che la spinge a tradire, colpa che però ricadrà da un essere indifeso. Un ruolo totalmente diverso, misurato e trattenuto, che mostra un lato inedito dell'attrice istriana. Non solo un corpo da bramare, ma era anche una potenziale talendo da offrire al pubblico italiano.
Però il treno dei bei ruoli era passato da un pezzo e i posti erano già stati occupati da Loren, Cardinale e Magnani, lasciandole solo commediole sexy come Mi faccio la barca, Rimini Rimini e altri film che non sono rimasti nella memoria.
Forse non ero tagliata per fare l'attrice. Non ero preparata ad affrontare quella carriera, il successo, la popolarità, quell'ambiente, con le illusioni e le delusioni. Sono sempre stata una persona semplice, timida.
Forse Laura Antonelli aveva veramente basato la sua carriera sul suo corpo, e una volta sfiorito la sua carriera è andata in declino, e così la sua vita, caduta nell'oblio. O forse aveva un buon potenziale, come aveva intuito Visconti, solo che era nata nel decennio sbagliato.
Interessante articolo, molto ben strutturato con una bella riflessione, mi tocca però correggerti su due punti.
RispondiEliminaUno: il terzo film "Pane, Amore e..." fu interpretato dalla Loren e non dalla Lollo.
Due: nel film L'innocente il personaggio della Antonelli non uccide affatto il figlio, cerca invece di salvarlo. E' il marito, impersonato da un perfido Giannini, che lo uccide. Sono sicura di questo.
Quanto al resto, ripeto: molto ben fatto, con un'ottima riflessione sul cinema e sulla Antonelli in generale.
Ciao, grazie per la correzione, provvedo a corregere il post! Sul film L'innocente invece io mi ricordo che alla fine è complice dell'assassinio perché lei non lo ferma (lo lascia al freddo in una notte di inverno se non sbaglio anche qui, memoria di criceto che ho ahahahah!) però lo devo rivedere.Grazie ancora per l'apprezzamento! :)
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