giovedì 29 settembre 2016

RECENSIONE: Miele


Il fascino indiscreto di una recensione retrò


Titolo: Miele
Italia, 2013
Cast: Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Libero de Rienzo.
Sceneggiatura: Francesca Marciano, Valeria Golino, Valia Santella.
Regia: Valeria Golino
Durata: 98'


Irene (Jamine Trinca) si fa chiamare Miele. E' una ragazza dura, ma si nasconde dietro un nome dolce. Una dolcezza che chiedono i malati terminali di finire la propria esistenza dopo anni di sofferenza dovuta a malattie incurabili. 
Con l'aiuto del medico Rocco (Libero De Rienzo), Miele aiuta i malati terminali con il suicidio assistito, ma un giorno s'imbatte nell'ingegner Carlo Grimaldi (Carlo Cecchi), un uomo di settant'anni circa, di ottima salute che chiede a Miele di farla finita perché è dell'idea di aver vissuto pienamente la sua vita e non vuole più vivere.
Miele una volta saputo che non è malato, comincia a porsi dei dubbi etici e si chiede se ciò che sta facendo sia giusto o meno...
Valeria Golino è un'attrice sulla cresta dell'onda dagli anni Ottanta. Dopo aver sperimentato la carriera a Hollywood, è tornata in Italia e ha continuato la carriera con successi e ora si cimenta nella regia e lo fa prendendo in prestito il romanzo di A nome tuo di Mauro Covacich e trattando una tematica ostica per la società italiana: la morte assistita.
Argomento tabù, che viene spesso volutamente ignorato, un po' come mettere la testa nella sabbia come gli struzzi, se non si vede il problema, si può evitare di affrontarlo.
Ma Valeria Golino ha voluto fare centro con la sua opera prima, trattando una storia di una ragazza che trova giusto e un diritto inviolabile aiutare chi non vuole più patire una sofferenza dovuta a una malattia che porta a sofferenza e morte certa.
Per evitare di creare un film didascalico, la vicenda ruota intorno all'enigmatica Irene, donna fragile che vuole fare bella mostra della sua corazza di donna tosta, misteriosa, dalla sessualità disinibita fatta di incontri occasionali con il suo partner, l'importante è che nessuno deve sapere niente su di lei.
Miele è una donna solitaria, che viaggia in Messico per procurarsi i farmaci (illegalmente?) per poter mandare avanti la sua missione. Perché per lei non è un semplice lavoro, anche se viene pagata lo fa per lenire le sofferenze quando non c'è più nulla da fare. 
L'incontro con l'ingegner Grimaldi, un uomo colto, disilluso dalla vita, che semplicemente è consapevole di aver vissuto una vita soddisfacente e vuole terminarla, anche perché ormai non ha più niente di dire al mondo le offre la sua visione della vita e della morte in un'altra prospettiva.
La conoscenza di Grimaldi è come un colpo alla sua corazza, e quando lo incontra, vediamo Irene e non Miele, cominciamo a conoscerla come ex studentessa di medicina che si è ritirata dall'università e non ha detto nulla al padre, che sua madre è morta di malattia e soprattutto una persona con una spiccata laicità e soprattutto è una persona sola.
Ma proprio le sue convinzioni vengono meno con questa conoscenza e allora comincia a farsi degli scrupoli.
E con esso il film stesso. Perché se da un lato Valeria Golino ha voluto esordire con una tematica parecchio scottante, da un lato non va fino in fondo (così come non lo fa l'autore del libro), arrivando quasi a giustificare le scelte che fa la "sua" Miele. Come se lanciasse un sasso e poi nascondendo la mano, lasciando un sapore amaro di pretenziosità. L'unico personaggio che rimane in linea con il suo operato, vuoi per cinismo, vuoi per pietà è Rocco (un incisivo Libero di Rienzo in un piccolo ruolo), il medico che si mette in contatto con Miele dandole i pazienti. Ma anche il personaggio di Rocco non ha il coraggio di andare fino in fondo, e, anzi, relega a una giovane che non ha nulla da perdere di fare il "lavoro sporco".
Ma forse questa scelta registica (e letteraria) è la più azzeccata, rimanendo in coerenza con il modo di affrontare una tematica che difficilmente verrà trattata (cioè eutanasia) in futuro.
A differenza del film Bella addormentata di Marco Bellocchio, che tratta il tema del testamento biologico con la sua impronta fortemente laica, cercando di essere neutrale e dare una voce tra chi concorda e chi non è a favore,  Miele alla fine non prende una posizione ben precisa,  è materiale che graffia solo in superficie e non va fino in fondo. 
Al di là delle scelte narrative discutibili, Miele è comunque un buon esordio di Valeria Golino, che, da donna tosta e coraggiosa come la sua eroina, affronta una storia scomoda e soprattutto, memore del suo passato negli States, offre un'ambientazione e dei paesaggi che difficilmente si vedono in una pellicola italiana.
Jasmin Trinca si dimostra un'attrice matura e la sua Miele è ben tratteggiata nella sua durezza e nel suo dolore inespresso, mentre Carlo Cecchi è misurato e un attore che, se il suo personaggio ha già dato nella vita, il suo attore ha ancora molto da dare sulle scene o al cinema.
Nella speranza che continui con un'opera seconda, sarebbe bello vedere una Valeria Golino che osi di più, arrivando fino in fondo senza paura di scatenare (inutili polemiche), ma che facciano discutere in modo costruttivo. Insomma, storie che difficilmente si vedono al cinema italiano.

Voto: 6

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