lunedì 22 dicembre 2014

RECENSIONE: Due partite



Titolo: Due Partite
Italia, 2009
Cast: Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Valeria Milillo, Claudia Pandolfi, Alba Rohrwacher
Sceneggiatura: Cristina Comencini, Enzo Monteleone
Distrubuzione: 01
Durata: 94'

"... E' l'uomo per me, fatto apposta per me..." 
Così pensavano Beatrice, (Isabella Ferrari) prossima alla maternità e sposata con un uomo che le scrive al posto di parlarle, Gabriella (Margherita Buy), pianista mancata in piena frustrazione per aver rinunciato alla carriera per dedicarsi alla famiglia, Claudia (Marina Massironi) mamma e moglie devota che viene tradita dal marito e Sofia (Paola Cortellesi) che disprezza il consorte tradendolo e non desiderava essere madre. 
Queste quattro signore della buona borghesia del 1964 si riuniscono una volta a settimana per giocare a poker, mentre le loro figliolette sono nelle stanze accanto giocando alle signore e ritagliando le foto di Grace di Monaco. 
Negli anni Novanta le bambine sono cresciute: Sara (Carolina Crescentini) è una pianista affermata legata ad un compagno "zerbino" e opprimente, Cecilia (Valeria Milillo), è un avvocato single che sogna di diventare madre, Rossana (Claudia Pandolfi), medico affermato non ha il tempo per vivere l'intimità coniugale e Giulia (Alba Rohrwacher) è meno disincanta in fatto di relazioni rispetto alla madre. 
Ormai diventate donne si riuniscono in una situazione poco felice (la morte di Beatrice) fanno un bilancio delle loro vite e una riflessione sull'essere donne in una società comandata dagli uomini.
Madri e figlie si confrontano a distanza di trent’anni: Gabriella è perfida e malelingua, infelice perchè si è pentita di aver abbandonando la carriera pianistica per sostenere la carriera del marito, ma la figlia Sara anch'essa pianista è insoddisfatta perchè pur avendo una carriera avviata e aver in un certo senso realizzato il sogno materno, non riesce ad avere una vita sentimentale serena, si sente troppo oppressa dalle attenzioni e dal sostegno del compagno e recita più il ruolo della balia che della fidanzata. 
Sofia è la mangiauomini del gruppo, che disprezza il marito tradendolo e non ha alcun senso materno, sembra la più emancipata delle sue amiche ma in realtà è ingabbiata nelle convenzioni e regole della società borghese. 
Rossana la figlia di Sofia è l'opposto, pediatra che ama i bambini sogna una famiglia con il marito anch'esso medico ma deve pianificare il sesso nel week-end rifugiandosi in una casa al mare. Claudia è la casalinga perfetta che si cela dietro un alone di ipocrisia ignorando i tradimenti del marito e fingendo di credere di avere una famiglia amorevole e felice. Famiglia che non riesce a crearsi sua figlia Cecilia, avvocato che non trova l'uomo giusto e che sogna disperatamente la maternità con l'inseminazione artificiale. Infine vi è il dualismo Beatrice-Giulia: la madre illusa checrede di vivere un matrimonio felice e romantico come una poesia di Rilke, ma che capirà troppo tardi che era solo un castello di carte colme di bugie. L’eccessiva sensibilità di Beatrice è in piena contrapposizione con la figlia che ha capito che nella vita di coppia non tutto è rose e fiori. 
Due partite è tratto dalla pièce teatrale di Cristina Comencini e offre uno spaccato di vita femminile, due generazioni, due epoche differenti (gli anni Sessanta e gli anni Novanta) che presentano le stesse problematiche: meglio essere moglie e madre, o cedere alle proprie aspirazioni con la frustrazione di una famiglia non realizzata? Ciascuna di queste donne sono frustrate e infelici, una vuole quello che manca all'altra e viceversa. 
 Se negli anni Sessanta la società relegava le donne della borghesia nel ruolo di angelo del focolare devote e consenzienti al tradimento, trent'anni dopo le donne conquistano l'agognata indipendenza ma si trascinano dietro i germi di ansie e frustrazioni che non consentono a loro di gestire nel pieno della serenità la famiglia e la carriera. 
Non si vedeva un affresco femminile corale dai tempi di Speriamo che sia femmina di Mario Monicelli e anche questa volta a dirigere il film è un uomo, Enzo Monteleone. 
In entrambe le pellicole gli uomini non escono bene, sono sempre egoisti, insensibili o troppo sensibili, pieni di difetti, molti vizi e poche virtù. Le risate non mancano ma sono risate amare, risate di queste donne riunite nella stessa gabbia che la società ha cucito appositamente per loro a cui tentano di fuggire costruendosi delle illusioni e delle bugie. La partita a carte è un pretesto per sfogarsi, fare confessioni, per lanciarsi delle frecciate velenose, per criticarsi e sostenersi, mentre le loro bambine emulano le loro mamme con le collane di perle, ignare di quello che il destino attende loro. 
Cambiano i tempi ma non le problematiche e l'unica cura è sostenersi, sfogarsi e giocare una terapeutica partita a carte.
L'unica pecca di questo film consiste nella sua struttura teatrale originaria (che risente soprattutto nella prima parte) e le "mamme" sono più affiatate delle loro "filglie". 
Ma sono pecche che si possono dimenticare in fretta, per un'ora e mezza si è immersi in una "stanza delle donne" e la tentazione di giocare una mano e scambiarsi delle confidenze è troppo forte.

Voto: 7
A.M.



4 commenti:

  1. Non deve essere piacevole per un attrice essere reclutata in questo film per il ruolo di una delle madri. Ah, la vecchaia !!!

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  2. Bel film, ma ho preferito la trsposizione teatrale anche per il fatto che le madri e le figlie lì vengono interpretate dalle stesse attrici. Devo dire però che la matura Isabella Ferrari nella parte della giovane e ingenua neomamma di provincia non è credibilissima,....

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    1. La versione teatrale ce l'ho sperduta nei meandri delle mie videocassette... La Ferrari è un po' sopra le righe, ma non è male!

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