giovedì 28 novembre 2013

THE FABULOUS 80's SPECIAL: The Blues Brothers

Le collaborazioni con la Cinebloggers Entertaiment continuano e questa volta si omaggia un decennio mitico: gli anni Ottanta, rassegna organizzata da La fabbrica dei sogni. Per l'occasione Director's cult ha tirato fuori dal suo cappello magico un film mitico, The Blues Brothers.


W gli anni '80!!!







Titolo: The Blues Brothers
Id., 1980
Cast: John Belushi, Dan Aykroyd, Cab Colloway, Aretha Franklin.
Sceneggiatura: John Landis, Dan Aykroyd.
Regia: John Landis.
Durata: 144' (versione Director's Cut)


Joliet Jack (John Belushi) è appena uscito dal carcere dopo aver scontato una pena di 3 anni per rapina. Il fratello Elwood (Dan Aykroyd) viene a prenderlo e lo  porta dalla "Pinguina" (Mary Freeman), la suora che li ha cresciuti quando erano bambini e vivevano all'orfanotrofio. La Pinguina rischia di perdere l'istituto se non pagherà 5000 dollari di tasse, così Jack ed Elwood, dopo essere stati illuminati dalla "luce"di Dio, decidono di riunire la band: The Blues Brothers.
"Lui ha visto la luce!": è così che avviene la rivelazione divina di Joliet Jack ed Elwood Blues. Ma cosa fare quando la band si è sciolta e mancano pochi giorni al pignoramento dell'orfanotrofio gestito da suor Mary Stigmata alias la Pinguina? Si riunisce la band. Perché questa è una missione per conto di Dio. 
Joliet Jack è appena uscito dal carcere e molte cose sono cambiate: a cominciare dalla Caddy, la cadillac simbolo del gruppo, venduta da Elwood per un microfono e sostituita con una macchina comprata all'asta della polizia. Ma la nuova Blues mobile non ha nulla da invidiare ed eccola capace di sfrecciare su un ponte, diventando un valido supporto per i numerosi danni che creeranno durante la missione. E i guai non sono finiti: la sua ex fidanzata (Carrie Fisher) lo vuole morto.
Tutto inizia con un semaforo rosso (ma il semaforo era giallo!) che scatena un inseguimento che porterà la distruzione di un centro commerciale, coadiuvato da altrettanti danni creati dalla polizia stessa. Rocamboleschi inseguimenti che portano a sfasciare il consumismo che si affaccia prepotentemente agli albori degli anni Ottanta, quando la cultura Hippy stava per essere sepolta inesorabilmente dalla cultura Yuppie. Perché i valori sono altri e per quando Jack ed Elwood siano due teste calde, non dimenticano il loro passato in orfanotrofio né la Pinguina, donna dalla bacchetta di legno pronta a punire il loro linguaggio scurrile e offensivo (portando a esilaranti momenti fatti di banchi rotti e rotolamenti dalle scale, con tanto di porte "possedute" che si aprono e si chiudono da sole).
Jack ed Elwood cercano una soluzione e hanno la rivelazione durante il sermone del reverendo Cleophus James (James Brown): devono riunire la band. Hanno visto la luce!!! E da quel momento sono baciati dal tocco divino e sono immuni da qualsiasi cosa pur di completare il loro compito benedetto dal signor D.: dalla polizia, ai nazisti, dalla band country, anche ai colpi di bazooka dell'ex fidanzata di Jack, illibata e abbandonata il giorno del matrimonio e ora in cerca di vendetta. 
Ma che fare quando la band si è sciolta? Si fa un pellegrinaggio per scovarli e convincerli a ritornare con le buone o con le cattive. Meglio con le cattive. E allora si aprono le danze: dopo aver convinto una parte del gruppo ridottasi a cantare Quando quando quando di Tony Renis per una manciata di clienti indifferenti, il più riluttante alla reunion è il trombettista Mrs Fabolous, maitre di un ristorante francese chic. Il duo non si scoraggia e cominciano una serie di gag da manuale del perfetto cafone a tavola, convincendo l'ex maitre alla reunion. Ora mancano solo il chitarrista e il sassofonista.
Durante il loro viaggio lungo le strade dell'Illinois, s'imbattono in un gruppo di nazisti che occupano il ponte con il loro delirio. Jack ed Elwood spazientiti chiudono la parata nazi sfrecciando con la loro Caddy 2, costringendo i nazisti dell'Illinois a buttarsi nel fiume per non essere investiti, il tutto tra la gioia dei contestatori. E le nemesi sono diventate tre: la polizia, l'ex fidanzata vendicativa e i nazisti. Ma poco importa, la Pinguina va aiutata e con la benedizione di Dio, nulla li può più fermare.  
Ritrovano il chitarrista Matt e il sassofonista Lou che lavorano in un locale, e nonostante un accorato appello della moglie di Matt (Aretha Franklin) di rimanere con lei, Matt e Lou raggiungono i fratelli Blues nel loro folle progetto. Niente da fare, quando la musica chiama, devi rispondere. E dopo aver truffato il proprietario di un locale e una band country (nemesi numero 4), eccoli trionfare nel loro unico concerto, prima del lieto fine con omaggio a Jailhouse Rock. E nasce un film di culto.
The Blues Brothers è un film che nonostante abbia l'età di Gesù Cristo non perde smalto dopo tre decenni, rimanendo ancora oggi una manna dal cielo per gli amanti del genere Blues: un perfetto mix di musica e comicità mescolati abilmente con la genialità (purtroppo persa negli anni) della vis comica/demenziale di John Landis.
Landis prende gli archetipi del genere musical e li sposa con l'estetica da videoclip, mostrando i gran pezzi da novanta dell'epoca d'oro del Blues da James Brown, a Cab Colloway,  da Aretha Franklin a Ray Charles fino a John Lee Hooker che si prestano per strepitose canzoni. E i numeri musicali sono pure esplosioni di gioia collettiva, e poco importa se le coreografie sono semplici, comunicano ugualmente allegria e divertimento.
Il tutto viene sapientemente condito con finissime gag stile slapstick, costellato dagli inseguimenti più esilaranti della storia del cinema, dove la nuova Blues Mobile diventa lo strumento per spazzare via tutto ciò che è da impedimento per la loro missione, dalla febbre dei consumi del centro commerciale, dalla burocrazia, alla distruzione dell'ufficio delle imposte (con tanto di aiuto da parte delle forze dell'ordine che invece creano ancor più caos), indifferenti dei problemi della gente e rei di aver messo nei guai la Pinguina, l'unica che a dato ai fratelli Blues un tetto e l'affetto di una famiglia.
Così come è esilarante la gag delle costanti bottigliate al concerto farlocco nel locale country, e le risate non mancano con la degna fine che fanno i nazisti dell'Illinois, con tanto di momenti di puro lirismo grazie alla Cavalcata delle valchirie in sottofondo.
Un divertente pandemonio di 144' dove il fine giustifica i mezzi: nonostante le continue infrazioni del codice della strada, dell'ordine, dei piccoli furtarelli, Jack ed Elwood sono animati da una sincera volontà divina di far del bene e sembra quasi necessario tutto il putiferio scatenato. Invano ci prova la polizia, invano la furia omicida della fidanzata abbandonata, invano la vendetta nazista, invano la rabbia del gruppo country: Jack ed Elwood sono sono in missione per conto di Dio.
Recitato in maniera sublime da uno scatenato John Belushi e un sornione Dan Aykroyd, The Blues Brothers è uno dei film musicali meravigliosi, assurdi e demenziali degli anni Ottanta.

VOTO: 10
A.M.

mercoledì 27 novembre 2013

ORIGINALE Vs REMAKE: Sabrina

Torna la collaborazione con Ho voglia di cinema, e questa volta Director's cult si occupa del remake. La scelta di questo mese è Sabrina, cult movie diretto nel 1954 da Billy Wilder e ripreso nel 1995 da Sidney Pollack. Riuscirà a competere con l'originale? 
Per leggere la recensione del film originale, ecco il link (cliccate sul titolo e andate al link richiesto) :
Ho voglia di cinema







Titolo: Sabrina
Id., 1995
Cast: Harrison Ford, Julia Ormond, Gregg Kinnear.
Sceneggiatura: Barbara Benedek e David Rayfiel
Durata: 122'


Sabrina Fairchild (Julia Ormond) è la figlia dell'autista dei Larrabee, facoltosa famiglia di Long Island. Sabrina è da sempre innamorata di David (Gregg Kinnear) il più giovane e scapestrato rampollo, niente a che vedere con il serio Linus (Harrison Ford) dedito solo al lavoro. 
Per placare le sue pene d'amore, si trasferisce in Francia, ma dopo due anni ritorna a casa, trasformatasi in una fanciulla di classe che farà perdere la testa a David, futuro sposo di Elizabeth Tyson (Lauren Holly).
Spesso i remake si fanno per due motivi: voglia di rivisitare un classico del cinema per farlo conoscere alle nuove generazioni, o semplicemente per mancanze di idee. Nel caso di Sabrina, prevale la seconda ipotesi.
Infatti la domanda sorge spontanea: perché riprendere un classico senza tempo come il gioiellino di Billy Wilder per riproporlo negli anni Novanta? All'epoca infatti avevano un certo potere le donne ai vertici degli studios (come la produttrice Denise Di Novi) e soprattutto andavano alla grande i chicken movie, ovvero i film per le "pollastrelle", pardon per le fanciulle, coloro che andavano al cinema in compagnia e divenute una nuova utenza su cui far vertere milioni di dollari. 
E allora perché non riproporre questa storia che profuma di Cenerentola e magari renderla più moderna in linea con i tempi? Di per sé l'idea non sarebbe neanche male, peccato che ne esca un film terribilmente datato e retrò, lontano anni luce dal fascino senza tempo del delicato "triangolo" tra Sabrina (Audrey Hepburn), David (William Holden) e Larry (Humprey Bogart) targato 1954.
Affidata la "patata bollente" a un regista di solido mestiere come Sidney Pollack, il regista di Tootsie cerca di rimanere fedele al film originale pur facendo dei numerosi cambiamenti, in modo da evitare il film fotocopia (discorso diverso per il shot for shot dove si vuole ricreare volutamente scena per scena il film originale). Nonostante tutto, la bravura di Pollack non basta, e scatta inevitabilmente l'impietoso confronto.
Pollack è fedele all'opera di Wilder all'inizio, con la voce fuori campo di miss Fairchild che racconta le glorie della famiglia Larrabee, che vive a Long Island in una reggia che sembra un castello, protagonista di migliaia di feste chic a cui la nostra Cenerentola assiste appollaiata su un albero. La giovane e sgraziata Sabrina ama David fin da quando era una bambina, al punto da diventarne una ragione di vita se non un ossessione. Peccato che David neanche la degni di uno sguardo.
Così vola a Parigi, la città romantica per eccellenza e non va in una prestigiosa scuola di cucina per imparare a cucinare il soufflé, ma diventa l'assistente di Vogue, la bibbia della moda. Perché siamo negli anni Novanta, e le donne cominciano a fare carriera, non a preparare squisiti pranzetti. Non ne hanno il tempo.Così come sono le donne a prendere le redini dell'azienda di famiglia come Maude Larrabee, diventando una cinica affarista che ha forgiato il figlio maggiore Linus a sua immagine e somiglianza. E ne guadagna anche la fidanzata di David, Elizabeth, non più ricca ereditiera, o meglio, sempre ereditiera è, ma è anche una pediatra di successo. Perché le donne negli anni Novanta vogliono avere il principe azzurro, ma anche una carriera. E la cara Sabrina cerca di ottenere entrambe, vivendo nella fashionista Parigi.
Lì non trova un attempato ma paterno nobile decaduto che l'aiuta a vivere la vie en rose, ma la direttrice trés charmant (Fanny Ardant) e un fascinoso fotografo che cerca di far breccia nel suo cuore. Così anche se non vive la vita in rosa, si trasforma comunque da sciatta e mal vestita ragazzotta in una elegante e moderna ragazza con il talento per la fotografia. E Audrey Hepburn l'abbiamo dimenticata. 
E invece no! Perché purtroppo per Julia Ormond, il fantasma di Audrey è sempre in agguato, e passerà gli altri 90' a temere non solo il burbero Linus, ma anche l'impietoso confronto. Se Sabrina/Audrey una volta tornata in America sfoggiava classe, ma anche una ritrovata sicurezza, Sabrina/Julia riesce sì a tenere testa sia a David che a Linus, ma è sempre all'erta, come se l'ombra di Audrey potesse spuntare all'improvviso per giudicarla. 
Così come Harrison Ford non regge il confronto con  Humprey Bogart, troppo sbiadito e privo di quel fascino che aveva regalato a commedie come Una donna in carriera
Perfetta invece è la rivelazione Gregg Kinnear, che divenne una star grazie a questo film, ottimo nel ruolo del don Giovanni spaventato dal matrimonio (un novellino a differenza del pluri divorziato David/Holden), ma comunque capace di godersi la vita con allegra incoscienza. 
Pollack pigia l'acceleratore sull'elemento romantico, e poco o nulla sulla differenza di classe: non ci sono "un sedile davanti e un sedile posteriore divisi da un finestrino" per rimarcare le differenze sociali all'epoca mal conciliabili tra loro. E la New York degli anni Novanta si è trasformata dal successo post New Deal degli anni Cinquanta nella mecca del rampantismo capitalista come lascito dello yuppismo anni Ottanta, e così ritroviamo un Linus workaholic che scala le vette delle telecomunicazioni agli albori dell'era di Internet e non si gode nemmeno l'immensa ricchezza che ha costruito. Almeno per quello ci pensa David, il personaggio più fedele e più riuscito di questo remake.
Paradossalmente Sabrina è il personaggio più datato che non viene contagiata dalla ventata di modernità apportata agli altri personaggi femminili. Infatti se Sabrina/Audrey rappresentava la purezza dell'amore che vinceva contro il cinismo del Dio dollaro, negli anni Novanta ha poco senso la Sabrina/Julia che è  una donna che ha talento e può farcela da sola, magari anche senza quel belloccio senz'anima di David Larrabee. E non basta un tallieur di buona fattura, un po' di rossetto e una nuova acconciatura per trasformarla in una nuova ragazza. 
Julia Ormond nonostante la buona volontà non regge il confronto con Audrey Hepburn, è sciatta e la sua insicurezza nel confrontarsi con il mito per eccellenza, la impaurisce e ciò traspare palesemente.
Probabilmente nessuna attrice arriverebbe alla sua classe e alla sua immensa eleganza. E lei era chic anche senza il tubino di Givenchy.
Girato con mestiere da Sidney Pollack, Sabrina è un'operazione superflua, a tratti noiosa che difficilmente durerà negli anni. Invece il capolavoro di Wilder c'è e resterà inalterato nel tempo.

Voto: 5
A.M.



martedì 26 novembre 2013

MUSIC REVIEW: My Chemical Romance - Na Na Na



Titolo:
Na na na
Gruppo: My Chemical Romance
Regia: Roboshobo & Gerard Way

Party Poison, Jet Star, Fun Ghoul e Kobra Kid si preparano a una nuova missione contro i fanta vampiri nel deserto della California del 2019.
In viaggio verso Battery City, si scontrano contro i malvagi che vogliono ostacolarli nel loro camnino. Art is Weapon : eroi sovversivi combattono il sistema incarnato dai cattivi succhiasangue rei di impoverire la società e trasformare le persone in non morti. Party Poison e il suo gruppo ha la meglio, ma nello scontro finale vengono sconfitti dai vampiri, che portano via con sè la piccola mascotte della banda.
Questo è l'incipit del videoclip Na Na Na, l'ultima fatica dei My Chemical Romance. In una società in cui tutti vogliono cambiare il mondo, ma nessuno vuole morire, l'arte come arma è utilizzata da Party Poison & co. per distruggere l'impoverimento collettivo, in nome di una vita migliore.
La creatività è il potere per non inaridirsi e trasformarsi in non morti, zombie privi di intelletto perfetti per essere comandati. Stile fumettistico (Gerard Way è autore della comic strip The Umbrella Academy) , split screen (schermo diviso in fase di montaggio per mostrare più eventi contemporaneamente senza l'ausilio del montaggio alternato) e fermo immagine in stile Seventies, regala un profumo di ribellione e sovversione, che rispecchia in pieno l'invettiva di Gerard e soci.






lunedì 25 novembre 2013

STAR GOSSIP: Miley, Jennifer e la mercificazione femminile



Miley Cyrus era la stellina Disney diventata una star mondiale con il ruolo di Hanna Montana, ragazzina acqua e sapone che si trasformava in una cantante. Ora Miley è cresciuta e si è trasformata in una "ragazzaccia", facendo videoclip in cui appare nuda, lecca martelli, twercking su Robin Thicke e infine accendersi una canna a una premiazione targata MTV ad Amsterdam. Per la serie: cosa si fa per togliersi di torno l'aura di angioletto costruita su misura dalla casa di Topolino? 
Miley Cyrus in realtà è frutto manageriale del padre che l'ha affidata nelle braccia di mamma Disney club quando era una ragazzina (non che ora sia una donna vissuta), e ora in piena ribellione da ragazza di 20 anni qual è, cerca di far stupire e di far capire al mondo intero che è una bad girl e non una good girl. 
D'altronde pure Rihanna aveva intitolato un album più o meno con le stesse intenzioni (Good girl gone bad). Ma le donne dello star sytem non ci stanno, non tutte usano il proprio corpo per far parlare di sé. Una di queste è Jennifer Lawrence, premio Oscar a soli 22 per Il lato positivo, anche lei nel calderone bollente dello showbiz da quando aveva 16 anni, più o meno come la Miley degli esordi. 
In una intervista alla BBC, Jennifer si è schierata contro la mercificazione delle donne, specialmente di ragazze troppo fragili che vengono plagiate dietro compenso economico o promesse di celebrità, nonostante sia pienamente consapevole che il sesso fa parte dello spettacolo ed è ovviamente la parte che vende di più. Ma ciò non significa seguire per forza quella strada. 
Jennifer Lawrence non fa esplicitamente il nome di Miley Cyrus, ma non è un caso che affronti tale argomento, soprattutto dopo l'appello alla ex Hannah Montana da parte di Annie Lennox e Sinead O'Connor. 
Non ne fa il nome, ma il riferimento è palese. Jennifer è diventata famosa per le sue doti recitative ed è fiera delle sue forme, non ha bisogno di sentirsi sexy esibendosi in modo così sfrontato e gratuitamente. Ed è stata premiata con la statuetta. 
Miley, segui meno i consigli del tuo manager/papà e ascolta di più gli appelli di chi ce l'ha fatta senza doversi mostrare come mamma l'ha fatta.

venerdì 22 novembre 2013

LE USCITE DELLA SETTIMANA



Piove piove, la gatta non si muove... Lei sta ferma, ma voi dovete muovervi e andare al cinema! 
Oggi infatti esce Thor - The Dark World: Il semidio Thor (Chris Hemwsorth) separato dalla sua fidanzata terrestre (Natalie Portman) vive nei grandi palazzi di Asgard, mentre lei finisce risucchiata in un porale e contaminata con dall'Aether, elemento mostruoso deciso a distruggere il Mondo. Spetta a Thor sconfiggere l'entità malefica e salvare il suo amore...
Film iraniano con Il passato: Ahmad arriva a Parigi da Teheran perché la sua ex moglie Marie (Bérénice Bejo) l'ha chiamato per ufficializzare i documenti del divorzio. Ospitato a casa di Marie, Amhad scopre che ha una relazione con un uomo sposato, la cui moglie è in coma...
Film italiano con L'arte della felicità: Sergio è un tassista che ha chiuso con la musica dieci anni prima e la sua esistenza gravita all'interno del suo taxi, vedendo la vita degli altri filtrata dal suo finestrino...
Prendete l'ombrello e andate al cinema!

giovedì 21 novembre 2013

FILMOGRAFIA: Jennifer Lawrence




NOME: Jennifer Lawrence

DATA DI NASCITA: 15/08/1990
LUOGO DI NASCITA: Louisville, Kentucky, Stati Uniti
PROFESSIONE: Attrice




ATTRICE
(2015) Hunger Games - Il canto della rivolta: parte 2 - Katniss Everdeen
(2014) Hunger Games - Il canto della rivolta: parte 1 - Katniss Everdeen
(2014) American Hustle - Rosalynd
(2014) X-Men - Giorni di un futuro passato - Raven/Mystique
(2013) Hunger Games - La ragazza di fuoco - Katniss Everdeen
(2013) The Ends of the Earth - Lydie
(2012) Il Lato Positivo - Silver Linings Playbook - Tiffany
(2012) Hates - House at the End of the Street - Elissa
(2012) Hunger Games - Katniss Everdeen
(2011) Truckstop - Vicki
(2011) X-Men: L'Inizio - Raven
(2012) House at the End of the Street -
(2011) Mr. Beaver - Norah
(2011) Like Crazy - Sam
(2010) Un gelido inverno - Ree Dolly
(2007-2009) The Bill Engvall Show (Serie Tv) - Lauren Pearson
(2009) Devil You Know - Young Zoe
(2008) The burning plain - Il confine della solitudine - Mariana
(2008) The Poker House - Agnes
(2007) Medium (Episodi Tv: "But for the Grace of God", "Mother's Little Helper") - Giovane Allison, Claire Chase
(2007) Not Another High School Show (Film Tv) -
(2007) Cold case - Delitti irrisolti (Episodio Tv: "A Dollar, a Dream") - Abby Bradford
(2006) Monk (Episodio Tv: "Mr. Monk and the Big Game") - Mascot
(2006) Company Town (Film Tv) - Caitlin


mercoledì 20 novembre 2013

SPOT REVIEW (Expendable Edition) - Volvo: The Epic Split



Titolo: The Epic Split
Testimonial: Jean Claude Van Damme
Canzone: Only Time di Enya
Regia: Andrea Nillsen
Durata: 1'17''

In genere si fanno prove su strada per testare l'affidabilità di una macchina e il brand tedesco Volvo ci tiene a sottolineare la precisione e la stabilità dello sterzo nei suoi tir, ma lo fa a modo suo, e con un testimonial di eccezione: chi meglio di Jean Claude Van Damme poteva testare cotanta perfezione? L'uomo dalle cosce d'acciaio infatti si cimenta al test drive con una epic split, dando la dimostrazione di una rinascita dopo alti e bassi, che l'hanno reso più forte, al punto da forgiare la sua mente e il suo corpo, pronto a sfidare le leggi della fisica.
Ma esattamente in che modo testa il camion? Lo guida? Percorre un'autostrada affollata? Trasporta container di olio per friggere le patatine? Niente di tutto questo: braccia incrociate, viso serio, si presta a una memorabile spaccata reggendosi sugli specchietti di due camion made in Volvo che corrono paralleli. Ed è subito culto.
Star dei film d'azione e famoso per la sua spaccata (lo split del titolo), non ha perso lo smalto con il passare degli anni e ha dimostrato l'eccellenza fisica rasentando il sublime. Come uno sterzo targato Volvo. Il tutto viene condito con la leggerezza impalpabile di Only Time cantata da Enya, che viene messa genialmente in contrapposizione con la forza della sua muscolatura e la "rozzezza" di un camion. 
Un'ottima tenuta di strada, per un'ottima tenuta di gambe. 



lunedì 18 novembre 2013

RECENSIONE: Gravity





Titolo: Gravity
Id., USA, 2013
Cast: Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris (voce).
Sceneggiatura: Alfonso Cuaròn, Jonas Cuaròn.
Durata: 91'

La dottoressa Ryan Stone (Sandra Bullock) è un'esperta ingegnere biomedico alle prese con la sua prima missione nello spazio, coordinata dal capitano Matt Kovalsky (George Clooney), in congedo una volta rientrati alla NASA. 
Durante la riparazione del telescopio Hubble, vengono colpiti dai detriti di una navetta spaziale russa, che uccide i membri dell'equipaggio lasciandoli soli alla deriva nell'universo...
Lo spazio ha sempre esercitato un enorme fascino sull'essere umano, da sempre curioso di sapere cosa c'è oltre al pianeta Terra. Meta preferita della letteratura (un nome tra tutti è il visionario Philip Dick) della musica (David Bowie si chiedeva se c'è vita su Marte in Life on Mars? una delle sue più celebre canzoni) e del cinema, da cui sono nati capolavori come l'ormai punto di riferimento 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, dalla trilogia di Guerre stellari di George Lucas, ad Alien di Ridley Scotto, fino al recente Moon di Duncan Jones. 
Con il genere si cimenta anche Alfonso Cuaròn, che aveva già sperimentato il genere fantasy dirigendo un capitolo della saga di Harry Potter, girando un film completamente privo di gravità.
Il plot è classico: un team di astronauti sono in missione per riparare un'avaria, e quella che doveva essere un lavoro semplice, diventa un inferno per la dottoressa Ryan Stone e l'astronauta Matt Kovalsky. 
Se Matt Kovalsky è all'ultima missione prima di congedarsi in pensione, per Ryan Stone la missione è l'occasione di seppellire il suo dolore isolandosi letteralmente dal Mondo. 
La bellezza dell'ignoto, vedere la Terra da lontano, fluttuare nell'atmosfera, cercare delle risposte in qualcosa che non si conosce: il cosmo è capace emozioni incredibili e uno scenario che nemmeno il più bel soggiorno su un'isola esotica probabilmente può regalare. Tale bellezza però può diventare improvvisamente un'incubo, ed ecco che l'ignoto stesso diventa pericolo, non c'è sicurezza, rischiando di finire  ingoiati nell'infinito. E' ciò che accade al team della dottoressa Stone, salvata da Kovalsky in extremis, e ora messa di fronte alla prova più impegnativa della sua vita: sfuggire alla morte nell'oblio dello spazio.
Se in 2001: Odissea nello spazio una delle tante e meravigliose tematiche racchiuse in quel capolavoro era la ribellione delle macchine verso l'uomo che le ha costruite, in Gravity viene rappresentata la parabola esistenziale di una donna che deve sopravvivere alla minaccia che nasconde l'ignoto combattendo contro i propri demoni interiori, a cui cerca una soluzione grazie alla tecnologia che ha a disposizione.
A differenza di eroine dello spazio come Barbarella, che viveva a proprio agio nello spazio in un universo fantastico o la mitica Ripley di Alien che con la sua grinta è in grado di combattere gli alieni,  la dottoressa Stone è "semplicemente" una donna dal look (volutamente) anonimo che è stata chiamata in una missione spaziale per offrire le sue competenze e risolvere un problema, e diventerà un'eroina (solitaria) suo malgrado e contro la sua volontà. E soprattutto è una donna che non nasconde di avere paura.
Donna schiva e apparentemente fragile, Stone in realtà scopre di avere una forza interiore che le permette di cercare una soluzione pur non avendone le conoscenze. Sospesa nell'aria per mancanza di gravità, Ryan Stone cerca costantemente un appiglio, un appoggio per cercare di rientrare nella navicella spaziale e riacquistare la propria sicurezza al riparo dalle minacce di qualcosa che non conosce, combattendo contro questa perenne precarietà di equilibrio, che le manca sia dentro la sua anima che fuori nell'ambiente in cui è costretta a rimanere, in una lotta costante contro il tempo. E la navicella diventa una sorta di ventre materno, in cui si rannicchia sospesa in cerca di protezione al riparo dalle minacce dell'esterno.
Ma la mancanza di equilibrio si trasforma in una mancanza di certezza, e ciò che poteva essere la sua salvezza, si trasforma in un'ennesima minaccia. La vita della dottoressa è costantemente in pericolo, ma più la situazione si complica, più la sua forza d'animo, o meglio, il suo istinto di sopravvivenza, prevale contro l'irrazionalità. 
Sola, isolata e sul punto di perdere la speranza se non la ragione, quando tutto sembra essere perduto ed è ormai rassegnata ad andare incontro il suo ineluttabile destino, un conforto inaspettato le infonde coraggio, dimostrando di avere una forza d'animo e una sicurezza che non sospettava di possedere. 
Gravity è un film di fantascienza avvincente e girato con mano sicura da Alfonso Cuaròn, che che tiene lo spettatore in costante tensione e incollato alla poltrona (a differenza dei suoi "fluttuanti" personaggi sullo schermo), facendo entrare in empatia con le mille avversità che travolgono Ryan Stone. 
Visivamente eccellente e con effetti speciali che vengono usati solo quando servono (a differenza di Moon che ne era totalmente privo omaggiando il genere Sci-fi), e convertito per la versione 3D, anche nella versione normale è avvincente e si rimane affascinati dalla bellezza dello spazio. 
E se George Clooney crea un Matt Kowalsky ironico, disilluso e a tratti paterno con la dottoressa Stone, Sandra Bullock si mette in gioco e regge egregiamente l'80% del film da sola, dando un'ottima prova e un one woman show niente male, ricordandoci che è un'attrice che ha vinto un Academy Awards. 
Gravity è un film che tiene lo spettatore con il fiato... Sospeso. 

Voto: 8
A.M.

venerdì 15 novembre 2013

LE USCITE DELLA SETTIMANA

Fa freddo e l'inverno si avvicina ogni giorno di più, ma al cinema c'è sempre un bel calduccio, perché non andarci?
Settimana varia con il ritorno di Roman Polansky con Venere in pelliccia, gioco di seduzione condotto da Vanda (Emanuelle Seigner), attrice arrivata in ritardo che riesce a convincere il regista Thomas (Mathieu Almaric) a provinarla. Thomas rimane folgorato per la sua trasformazione nel personaggio e vede in lei l'unica a recitare nella piece Venere in pelliccia...
Film italiano con L'ultima ruota del carro, 30 anni di storia italiana attraverso la vita Ernesto Fioretti (Elio Germano), dalla nascita alla vita adulta.
Firmato Brett Easton Ellis è The Canyons, con la coppia Tara (Lyndsay Lohan) e Christian (James Deen), un noto produttore cinematografico che assume nel casting del suo film Ryan, ex di Tara. Il rapporto tra i due sembra in sospeso, sospetto che porterà Christian a una girandola di ossessioni e ricatti...
Ashton Kutcher è Steve Jobs in Jobs, biopic sul fondatore della Apple, durante gli anni della giovinezza, quando ancora era un hippie e non il fondatore di un impero.
Trovate una poltrona comoda, e buona visione!

giovedì 14 novembre 2013

MONOGRAFIA: Steve McQueen



Steve McQuenn non è americano, non è parente del grande divo anni Settanta suo omonimo e non è un attore. Steve McQueen è inglese, è un artista, è un regista e ha lanciato nello star system hollywoodiano e nell'immaginario erotico femminile Michael Fassbender grazie a Shame e a una scena dove è completamente "nature".
Steven Rodney McQueen nasce a Londra il 9 ottobre del 1969 he a studiato arte tra Londra e New York. Inizia la sua carriera nel mondo dell'arte come fotografo (famosi i suoi scatti degli stracci immersi nell'immondizia nelle grandi città) e nel 1999 vince il Turner Price per una sua mostra d'arte tenutasi al London Istitute of Contemporary Arts di Londra.
Si avvicina al cinema negli anni Novanta, dirigendo tre cortometraggi: Bear (1993), Dead Pan (1993) e Exodus (1997), mentre continua la sua attività di artista. Infatti nel 2007 presenta una mostra alla Biennale di arti visive di Venezia. Il suo esordio nel lungometraggio avviene nel 2008 con Hunger, presentato a Cannes che racconta la storia di Bobby Sands, membro dell'IRA e attivista per i diritti umani morto di inedia dopo uno sciopero della fame in un carcere inglese. A interpretare Sands è Michael Fassbender, con cui nasce una fruttuosa collaborazione, diventando il suo attore feticcio.
Nel 2009 espone nuovamente alla Biennale di arti visive di Venezia con un cortometraggio Static, sui giardini di Venezia mostrati però nel suo periodo di "quiete", ovvero quando non c'è la mostra, per mostrare le differenze tra il periodo in cui avviene la manifestazione artistica, e in periodo in cui la città vive la sua quotidianetà.
Nel 2011 torna al cinema e questa volta si occupa di sex addiction con Shame, protagonista di nuovo Michael Fassbender, che viene premiato con la Coppa Volpi alla Mostra d'arte cinematografica di Venezia, diventando a sua volta una star oltre che un sex symbol. Complice la sua bravura, ma soprattutto il nudo frontale delle prime scene, il film al di là del sex appeal del protagonista, mostra un un uomo incapace di amare e di avere un rapporto sano con la sorella instabile (interpretata da Carey Mulligan), trovando conforto nella pornografia. 
L'ultimo film da lui diretto è 12 Years a Slave, e tratta la tematica della schiavitù nell'America del Sud. McQueen rinnova la collaborazione con Fassbender, ma il protagonista questa volta è Chiwetel Ejofor, nei panni di Solomon Northup, protagonista della storia vera di un talentuoso violinista di colore di New York che viene ingannato e reso schiavo per 12 anni in una piantagione di cotone in Louisiana.
Steve McQueen non ha la parentela con il mitico attore di Getaway!, ma è altrettanto tosto e difficilmente i suoi film saranno lisci come un bicchiere d'acqua. 

mercoledì 13 novembre 2013

FILMOGRAFIA: Guy Ritchie



NOME: Guy Ritchie
DATA DI NASCITA: 10/09/1968
LUOGO DI NASCITA: Hatfield, Hertfordshire, Inghilterra
PROFESSIONE: Regista, Produttore, Sceneggiatore




REGISTA:
(2014) The Man From U.N.C.L.E.
(2011) Sherlock Holmes - Gioco di ombre
(2009) Sherlock Holmes
(2008) RocknRolla
(2002) Love, Sex, Drugs & Money
(2002) Travolti dal destino
(2001) Star
(2001) Snatch - lo strappo
(1999) Lock & Stock - pazzi scatenati
(1995) The Hard Case

SCENEGGIATORE:
(2002) Love, Sex, Drugs & Money
(2001) Star
(2001) Snatch - lo strappo
(1999) Lock & Stock - pazzi scatenati
(1995) The Hard Case

PRODUTTORE:
(2001) Mean Machine
(2000) Lock, Stock... (Serie Tv)

lunedì 11 novembre 2013

LEONARDO DI CAPRIO DAY: Django Unchaneid

La siamo Bloggers volemose bene production questa volta festeggia Leonardo DiCaprio, entrato nell'immaginario collettivo grazie al ruolo di Jack Dawson in Titanic, diventando una star planetaria e adorato da migliaia di ragazze. Ma non è solo Titanic: Di Caprio nel corso degli anni ha instaurato un sodalizio con Martin Scorsese (Gangs of New York, The Aviator, The Departed, Shutter Island e l'imminente The Wolf of Wall Street), è diventato un cacciatore di diamanti in Africa (Blood Diamonds), falsario in Prova a prendermi, il fondatore dell'FBI in J. Edgar di Clint Eastwood, Romeo in Romeo + Giulietta,  Jay Gatsby ne Il grande Gatsby entrambi di Buz Lurhman. Director's cult per l'occasione gli fa gli auguri con Django Unchaneid, dove è un fetentissimo proprietario terriero dell'America del Sud.


Buon Leonardo DiCaprio Day!






Titolo: Django Unchaneid
Id., 2012
Cast: Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo Di Caprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington.
Sceneggiatura: Quentin Tarantino.
Regia: Quentin Tarantino.
Durata: 156'



King Schultz (Christoph Waltz) è un ex dentista che libera dalla schiavitù il nero Django Freeman (Jamie Foxx) per ritrovare i fratelli Brittle e intascare la ricompensa. I due avranno un sodalizio che li porterà a Candyland, piantagione di proprietà dello spietato Calvin Candie (Leonardo Di Caprio), luogo dove vive come schiava sua moglie Broomhilda (Kerry Washington).
Quentin Tarantino è da sempre affascinato dalla cultura afroamericana, e se l'aveva omaggiata con un film Blaxploitation (Jackie Brown con la sua diva Pam Grier), ora fa pubblica ammenda per le colpe effettive che gli americani hanno perpetrato nei confronti degli afroamericani con la schiavitù, l'onta americana del XIX secolo.
Tarantino omaggia lo spaghetti western di Sergio Corbucci "prendendo in prestito" Django, l'eroe vendicatore incarnato da Franco Nero e lo rielabora a modo suo, facendo diventare Django (la D è muta) uno schiavo di colore che viene liberato da un ex dentista di origine tedesca divenuto un cacciatore di taglie. E se Schultz inizialmente libera Django per portare a termine il suo lavoro, ovvero catturare i fratelli Brittle, successivamente s'instaura un rapporto umano che va al di là dell'etnia e del colore della pelle.
Schultz tratta infatti Django come suo pari, Django può cavalcare un cavallo e lo tratta come un socio, vedendo il lui delle potenziali da cacciatore di taglie con una formidabile mira da cecchino. E in un gioco delle parti, Django recita il ruolo dell'uomo libero, dello schiavo, del valletto e del mandingo pur di arrivare a Candyland, la magione di Calvin Candie dove è prigioniera sua moglie Broomhilda.
Per la prima volta l'eroina tarantiniana non è una donna in cerca di vendetta (come la ormai mitica Sposa di Kill Bill o Shoshanna di Bastardi senza gloria) ma una fanciulla da salvare, anche se cerca la fuga per ricongiungersi con l'uomo che ama. E soprattutto manca l'elemento feticista, ovvero non ci sono piedi femminili da ammirare questa volta (che aveva toccato il culmine in Bastardi senza gloria con Diane Kruger in versione Cinderella fetish). Broomhilda l'indomita da trarre in salvo diventa comunque il motore del film, facendo scatenare una serie di eventi, che, come un'opera teatrale, si articola in tre atti più un epilogo.


Atto primo: Django diventa un uomo libero e intreccia un rapporto lavorativo e interpersonale con King Schulz, arrivando a eliminare una setta di appartenenti al Ku Klux Klan, a vendicarsi dei fratelli Brittle e diventando un cacciatore di taglie dalla mira infallibile.

Django e Schultz vengono introdotti sul "palcoscenico" durante una notte, dove Schultz libera Django per portare a termine il suo lavoro. E ritrovata la libertà, Django salva una giovane schiava dalle frustate e riversa tutto il suo odio nei confronti dei Brittle per la sua condizione di uomo che ha perso la libertà e inizia il suo percorso di vendetta per riappropriarsene, scaturendo momenti di puro odio, e il "divertimento" delle scene di violenza questa volta non entra in gioco. L'ironia Tarantiniana entra in scena infatti grazie al personaggio di Schultz e soprattutto nell'esilarante scena dei membri del Klu Klux Klan nel mezzo di una loro "missione" capitanati da Big Daddy (un ritrovato Don Johnson, l'ennesimo miracolo "alzati e recita"), che non vedono niente per via dei cappucci cuciti male e finiscono altrettanto male a loro volta.

Atto secondo: Django e Schultz arrivano a Candyland dove si trova Broomhilda.
Questa volta Tarantino usa meno l'ironia per le scene di violenza (anche se tiene per sé un "divertente" salto con la dinamite), ma immette un nuovo elemento che arricchisce il suo stile registico: la suspense. Nell'incubo di Candyland, nome dolce ed edulcorato che nasconde crudeltà con lotte all'ultimo sangue tra schiavi (e qui Tarantino ci omaggia del cameo di Franco Nero, il Django originale), fedeli servitori (un superbo Samuel L. Jackson) belle ragazze che soddisfano i desideri di tutti e lei, Broohmilda, contesa tra Django e da Candie, che mette in scena uno spettacolo spietato dove Django e Schultz vengono smascherati. 
La crudeltà di Candie che prende la testa di Broomhilda per spaccargliela in mille pezzi pur di smascherare Django e Schultz, è carica di tensione, elemento del tutto inaspettato per un regista che ha abituato lo spettatore a svuotare le scene di violenza rendendole prive di significato al punto da scatenare anche una risata. E paradossalmente la violenza effettiva non c'è, ma è proprio quell'elemento di suspence che mette ansia, facendo credere allo spettatore che il peggio stia per compiersi. E il viscido Candie è recitato in modo magistrale dal nostro festeggiato, uomo crudele che ama il francese pur non conoscendone la lingua, ha un rapporto di stima con il suo servo Stephen e ha sorriso marcio come i suoi denti.

Atto terzo: l'ennesima prova per Django e Broomhilda.
E con la suspence entra in gioco anche il colpo di scena: quando tutto sembra risolversi per il meglio, con il dovuto spargimento di sangue e cadaveri (con strepitosa colonna sonora annessa che mescola l'antico West con il contemporaneo urbano del pezzo Funky/Hip-Hop della soundtrack Unchained-The Payback/Untouchable di James Brown feat. 2pac), ecco che Django e Broomhilda sono di nuovo messi alla prova. Ma è anche l'occasione per Django di preparare la sua vendetta e riconquistare realmente la propria libertà.

Epilogo: E vendetta sia.
E l'epilogo non risparmia nessuno. Così come spettacolo di messa in scena è il finale, dove la vendetta di Django è finalmente compiuta e ora si può ritenere veramente un uomo libero. Anche se Tarantino non si auto cita come aveva fatto invece per A prova di morte, attinge a piene mani nel cinema Western all'italiana, utilizzando brani dalla colonna sonora del Django originale, la canzone di E lo chiamavano Trinità, e si avvale della preziosa collaborazione di Ennio Morricone, maestro indiscusso delle colonne sonore dei film di Sergio Leone.

Con Django Unchaneid si ha una seconda lezione di storia "alla Tarantino" che dimostra nuovamente una raffinatezza stilistica, l'eccellente direzione degli attori (secondo Oscar per Christoph Waltz, e meritava anche Leonardo Di Caprio, davvero un'ottima prova da villain) e ovviamente una sceneggiatura di ferro premiata anche questa con la statuetta dorata.
Django Unchained forse non è un classico film di Tarantino, ma il ragazzo terribile ha conquistato un nuovo livello nel suo splendido universo cinematografico.

Voto: 8,5
A.M.

Hanno collaborato:
Ho Voglia di Cinema
In Central Perk
La fabbrica dei sogni
Life Functions Terminated
Montecristo
Movies Maniac
Pensieri Cannibali
Recensioni Ribelli
Scrivenny 2.0

Buon LDD!!!




sabato 9 novembre 2013

LE USCITE DELLA SETTIMANA

Settimana col botto con il ritorno di "zio" Machete in Machete Kills, diretto da Robert Rodriguez con Danny Trejo e Jessica Alba. Machete (Trejo) questa volta collabora con il governo americano  per cercare di fermare il folle piano di un re della droga e di un trafficanti d'armi che vorrebbero scatenare la terza guerra mondiale.
Film cupo con Prisoners, con Jake Gyllenhal  nei panni di un poliziotto alle prese con le indagini su un rapimento di due bambine, scomparse nel nulla, cercando di arginare la sete di vendetta dei loro padri, che lottano per riavere le loro figlie.
Giovane è bella è l'ultima fatica di François Ozon: una giovane (Marine Vatch) ha la sua prima esperienza sessuale deludente durante una vacanza al mare, e al rientro in città decide di prostituirsi organizzando appuntamenti on-line.
Salti nel passato con Questione di tempo di Richard Curtis, dove un giovane (Dohmall Gleeson), ha la capacità di fare dei salti temporali nel passato per poterli modificare. E decide di usare il suo potere per cercare l'anima gemella (Rachel McAdams). Ma qualcosa va storto...
La scelta è varia, quindi buon cinema a tutti!

martedì 5 novembre 2013

STAR GOSSIP: George non fa triplete


Neanche il tempo di una paparazzata che George Clooney è pronto a smentire. A quanto pare è scoppiata come una bolla di sapone il presunto di Clooney con Katie Holmes, fotografati insieme alla prima di Gravity
Come se non bastasse, i tabloid di gossip gli hanno regalato un ritorno di fiamma con Monika Jakisic, ma anche qui George ha dato picche. E allora perché non avvicinarlo a una morettina che fa l'avvocato, Amal Alamuddin, niente poco di meno che il legale di Julian Assange?
Clooney non ci sta e afferma fieramente la sua singletudine, scherzando sul fatto di non essere un atleta per potersi permettere questa tripletta di relazioni. Single e felice, what else? Come direbbe il celebre spot del caffé da lui pubblicizzato.

NEWS: 50 sfumature di Grigio a Milano


Che 50 sfumature di grigio sia il film evento del 2014? O un film flop segnato da mille sventure ancora prima dell'inizio delle riprese? E' un po' come l'Araba fenice, che prima sorge con Dakota Johnson nel ruolo di Anastasia Steele a Charlie Hunnam nei panni di Christian Grey. 
Progetto destinato a morire con l'uscita dai giochi di Hunnan, massacrato dai fan che gli preferivano Matt Bomer, per poi risorgere con l'entrata in corner di Jamie Dornan. 
Ora che finalmente il cast c'è, con buona pace dei lettori, la regista Sam Taylor Johnson ha apportato migliorie alla sceneggiatura, e ha deciso di ambientare una scena a Milano, nel quadrilatero della moda, dove Christian e Anastasia faranno una romantica vacanza. Per il resto bisogna aspettare al 14 settembre del 2014! Se tutto fila per il verso giusto!

domenica 3 novembre 2013

FILMOGRAFIA: David Lynch









NOME: David Lynch
DATA DI NASCITA: 20/01/1946
LUOGO DI NASCITA: Missoula, Montana, Usa
PROFESSIONE: Regista









REGISTA:

(2006) Inland Empire
(2002) Darkened Room
(2001) Mulholland Drive
(1999) Una storia vera
(1997) Strade perdute
(1995) Lumière et compagnie
(1993) Hotel Room (Serie TV)
(1992) On the Air (Serie TV)
(1992) Fuoco cammina con me
(1990) Industrial Symphony No. 1: the dream of the broken hearted (TV)
(1990) American Chronicles (Serie TV)
(1990) Cuore selvaggio
(1990) I segreti di Twin Peaks (Serie TV)
(1990) Twin Peaks (Film TV) 
(1989) The cowboy and the frenchman
(1988) Les Français vus par... (Serie TV)
(1986) Velluto blu
(1984) Dune
(1980) The Elephant Man
(1977) Eraserhead la mente che cancella
(1974) The amputee
(1970) La nonna
(1968) The alphabet
(1966) Six figures getting sick