mercoledì 30 aprile 2014

GOODBYE: Addio a Bob Hoskins



E il mese di aprile si chiude con un altro addio: ieri è venuto a mancare Bob Hoskins a causa di una polmonite. Aveva 71 anni.
Nel 2011 si era ammalato del morbo di Parkinson, e le sue condizioni di salute furono tali da farlo ritirare dalle scene. 
Debuttò nel 1975 con la pellicola Il pornografo, ma divenne famoso negli anni Ottanta, grazie a Pink Floyd -  The Wall (1982) e soprattutto Mona Lisa (1986) di Neil Jordan, nel ruolo dell'ex galeotto George che fa il driver per una giovane entreneuse, finendo per diventare il suo angelo custode. Per questo ruolo vinse il Golden Globes ed ebbe la nomination agli Oscar. Ciò gli spalancò le porte di Hollywood che gli diede ulteriore fama con l'ormai mitico ruolo del detective privato in Chi ha incastrato Roger Rabbit? (1989) di Robert Zemeckis, dove indaga nel mondo dei cartoons che vede coinvolto lo strampalato coniglio Roger, accusato di omicidio.
Il genere fantasy lo volle ancora dopo Brazil (1985) e di Terry Gilliam e Chi ha incastrato Roger Rabbit, con Hook - Capitano uncino (1991) di Steven Spielberg e Super Mario Bros (1993) nei panni del celebre idraulico dei videogiochi;  ma seppe anche abilmente destreggiarsi nelle commedie romantiche e un po' amarognole come Sirene (1990) dove s'innamora una Cher volubile che scappa con le figlie alla ricerca di una nuova vita appena ha una delusione amorosa.
Per Oliver Stone interpretò il capo fondatore dell'FBI Edgar J. Hoover in Nixon-Gli intrighi del potere (1995), e in Twentyfourseven (1997) recitò la parte di un ex pugile che cerca di tenere i ragazzi sbandati fuori dai guai.
Tornato a lavorare in patria, ebbe un'altra nomination con Lady Henderson presenta (2005), e recitò in Made in Daghenam nella parte del sindacalista che cerca di aiutare le operaie della Ford di Daghenam, sede di Londra. L'ultimo ruolo fu in Biancaneve e il cacciatore (2012).
E un caratterista di classe ci ha lasciati.

martedì 29 aprile 2014

LEZIONE DI CINEMA: Il metodo Stanislavskij


Leggenda narra che Daniel Day Lewis volle girare sulla sedia a rotelle anche fuori dal set per entrare in sintonia con Christy Brown, ruolo che gli consentì di vincere l'Oscar come migliore attore protagonista per Il mio piede sinistro (1989). 
L'attore gallese Bale per interpretare il ruolo del broker psicopatico Patrick Bateman in American Psycho, ogni mattina seguiva la routine quotidiana del personaggio (fatta di creme, maschere di bellezza ed esercizi di stretching), sfoggiando anche un perfetto accento americano. 
Accento inglese parlato con perfezione da Meryl Streep, magnifica Mar
Attrici come Julia Roberts invece hanno un istinto alla recitazione più naturale e non ha avuto un background accademico alle spalle, riuscendo a vincere anche lei un Oscar interpretando Erin Bronkovich. Pare che si sia limitata a conoscerla e a indossare un push - up.
Lewis, Bale e Streep e altri grandi attori seguono il "metodo". Il metodo Stanivlasvkij è un approccio al personaggio molto profondo, che si basa sull'approccio psicologico del personaggio, studiato dall'attore in modo da trovarne un'affinità. 
L'attore si mette nei panni del personaggio, studiandone i possibili tic, accenti, ingrassa se il pesonaggio è in sovrappeso, cambia il colore dei capelli, impara una lingua se è necessario, compiendo un vero e proprio processo di personificazione con esso, studiandone le movenze, l'impostazione della voce e il modo di comportarsi, specialmente se l'attore deve impersonare un personaggio realmente esistito.
Se il metodo può essere visto come un'impostazione rigida, da un lato può essere un modo di rendere, da parte dell'attore, una devozione al personaggio tale da far annullare l'attore stesso. Regalandoci così delle interpretazioni memorabili.

lunedì 28 aprile 2014

CULT MOVIE: Nella morsa




Titolo: Nella morsa (titolo alternativo: Presi nella morsa)
Titolo originale: Caught
USA, 1949
Cast: Barbara Bel Geddes, Robert Ryan, James Mason, Curt Bois.
Sceneggiatura: Arthur Laurents.
Regia: Max Ophuls.
Durata: 84'

Attenzione: al fine dell'analisi cinematografica potrebbero esserci spoilers.

Leonora Eames (Barbara Bel Geddes) è una giovane cameriera che aspira a sposare un milionario. Ragazza di umili origini, sogna di lasciarsi alle spalle la povertà frequentando una scuola per modelle.
Il desiderio di diventare una mannequin si trasforma in realtà e durante una festa incontra il miliardario Smith Ohlrig (Robert Ryan), uomo d’affari tanto potente quanto nevrotico.
Smith e Leonora si frequentano, ma la riluttanza di lei a concedersi comporta il troncamento della relazione da parte di lui. Smith cambia idea e sposa Leonora quando il suo psicologo, da cui è in cura da tempo, gli dice che non si sposerà mai.
Quello che rappresenta per Smith un capriccio, diventa una favola per Leonora, che abbandona il monolocale in cui abitava per vivere in una reggia a Long Island. Ben presto il sogno si trasforma in un incubo per la giovane cenerentola, diventando la vittima di un tiranno manipolatore. Leonora ama veramente Smith, ma il suo comportamento la porta a fuggire, portandola dalle stelle alle stalle: Leonora torna a vivere in un modesto appartamento e riesce a farsi assumere come segretaria presso lo studio medico di Larry Quinada (James Mason).
I rapporti inizialmente tra Leonora e Larry sono difficili, ma ben presto i due s’innamorano. Leonora però scopre di aspettare un bambino da Smith e a malincuore decide di tornare dal marito. Ma la tragedia è dietro l’angolo…
Può un film dalla lavorazione travagliata e con il cambio di regia all’ultimo momento,trasformare un incipit da soap opera in un'acuta indagine sulla borghesia americana? La risposta è sì se si tratta di Max Ophuls.
Il regista tedesco maestro del melò (al pari del connazionale Douglas Sirk) creatore di meravigliosi drammi come Lettera da una sconosciuta e La ronde, La signora di tutti è riuscito nell’intento, confezionando una spietata analisi delle illusioni e delle aspirazioni di ricchezza che si scontrano con la dura realtà.
Ciò viene mostrato fin dal principio, quando Leonora gioca a “fare la signora” fingendo di compiere acquisti sfogliando le pagine di una rivista di gioielli.
Ama il visone, costosa pelliccia per il suo magro stipendio di cameriera, ma la sua caparbietà e determinazione la porterà a frequentare una scuola di portamento, nella speranza un giorno di fare il suo ingresso nell’alta società.
Se inizialmente il film sembra ripercorrere il cliché della modella che conosce e sposa un uomo ricco, si vira gradualmente a guastare le splendide illusioni della protagonista, dolce, ingenua, un po' volgare e terribilmente provinciale.
Non tutto è oro ciò che luccica: la sua scelta è poco oculata, la fanciulla ignora che il suo principe azzurro in realtà è un nevrastenico manipolatore workhaolic e vittima di fatali attacchi di panico.
L’aspetto più interessante di questo melò anni Quaranta sta nel mostrare come gli altri vedono ciò che vogliono vedere: a cominciare dai rotocalchi di stampa rosa, che sottolineano con compiaciuta cattiveria le origini umili della protagonista, edulcorando il suo favoloso stile di vita in una reggia, così come lo crede la sua migliore amica che le consiglia di godersi ciò che ha conquistato, opportunità che sono concesse a poche.
Ma Leonora è pur sempre una romantica, non è la tipica gold digger e ama veramente lo spietato Smith. Spietato perché in realtà lui l’ha sposata per capriccio.
Ophuls è un maestro nel capovolgere la situazione e subito il romanticismo viene eliminato per dare spazio all’angoscia e all’insoddisfazione che prova la protagonista, tale da farle rinunciare al suo status di donna ricca, anche se poi ritorna nella magione della solitudine e della tirannia pur di non far vivere nella povertà la creatura che porta in grembo.
E qui entra in scena l’opposto di Smith, Larry Quinada. Larry è vissuto in un ambiente ipocrita e finto, dove i suoi genitori lo hanno cresciuto in una ricchezza che non è mai esistita, quindi capisce fin da subito che i soldi non fanno la felicità. Larry rappresenta la coscienza di Leonora: è un uomo che crede più nei valori dei sentimenti che nel denaro, e l'agiatezza è solo una pia illusione di tranquillità.
La ricchezza è una fonte di sicurezza se non c’è l’amore? Leonora sarà costretta ad un iter tortuoso e doloroso per capirlo, e dovrà lottare per liberarsi dalla morsa di Smith.
Smith è il classico uomo d'affari arrogante e prepotente e tratta Leonora come una proprietà: non la ama, ma quando lei lo abbandona, si prostra affinché ritorni da lei, ma per una puerile questione di orgoglio, perché non può accettare il fatto di essere rifiutato.
Il personaggio di Leonora è interessante, di per sé è relativamente ottusa perché si ostina a pensare che l’unica soluzione per una donna risieda in un buon matrimonio, ma non è una donna priva di scrupoli e nasconde un lato oscuro che emergerà dal profondo della prostrazione e disperazione.
Leonora ha conosciuto la povertà vera e non vuole assolutamente che ne soffra il suo bambino, ma la sua ingenuità la porta a compiere scelte sbagliate. Alla fine il suo aspetto candido di ragazza venuta dal proletariato rimarrà sempre in lei, anche se abilmente coperto da un elegante abito da sera, come il neo sul viso che cerca malamente di celare con la cipria.
Leonora ha per l'appunto un lato oscuro, ed è ciò che emerge nel finale del film che si tinge di noir: ormai giunta allo stremo, la crudeltà si insinua dentro di lei, ma il destino la premierà lo stesso con l’happy end, a costo di abbandonare per sempre il suo status (o almeno e ciò che suggerisce il finale), questo è il prezzo da pagare.
Leonora riesce a uscire dal tunnel, ma a farne le spese è la sua creatura, simbolo del legame "malvagio" con Smith.
La morte del bambino sembra quasi necessaria, affinché Leonora cancelli per sempre il suo passato con Smith e possa ricominciare a vivere. E qui il film arriva a picchi sublimi di iniquità, creando un lieto fine che in realtà... Non c'è.
Nella morsa è un melodramma (con un leggero patetismo, tipico del genere) che racconta finemente l'unione tra la classe sociale del proletariato e l’alta borghesia difficilmente si possono coniugare.
Max Ophuls riesce ad amalgamare tutte queste tematiche in soli 84', supportato da un ottimo trio composto da Barbara Bel Geddes, Robert Ryan e James Mason, con il suo classico stile elegante e raffinato fatto di carrellate e movimenti di macchina avvolgenti.
Nella Morsa è uno dei titoli meno conosciuti del maestro tedesco, un film da recuperare e che merita di essere visto per comprendere la poetica del cineasta.

domenica 27 aprile 2014

GOODBYE: Addio ad Angelo Bernabucci



E' venuto a mancare ieri l'attore romano Angelo Bernabucci. Aveva 70 anni.
Nato a Roma il 18 febbraio del 1944, fece il suo debutto nella commedia corale Compagni di scuola (1988) di Carlo Verdone. Verdone vide in lui delle potenziali doti di comico dopo aver assistito a una conversazione tra lui e i titolari di un'officina a Roma. E aveva ragione. 
Voce "ruvida", immancabile accento romano, Bernabucci incarnò la tipologia del volgare borghese arricchito, volgare e un po' spaccone, sempre pronto a prenderla con i più deboli. Ma al di là di questo era pur sempre una persona schietta e genuina. 
E sulla falsariga del Walter Finocchiaro, il compagno di scuola di "Er Patata" interpretato da Verdone, continuerà una brillante carriera nella commedia, sempre pronto a mostrare il lato verace della romanità. Lavorò in Fratelli d'Italia (1989) dei fratelli Vanzina, dove incarnò un altro archetipo romano, quello dell'ultrà romanista caciaro e tifoso oltre misura.
Successivamente girò Vacanze di Natale (1990) di Enrico Oldoini, con i fratelli Vanzina in Piedi piatti (1990), nel remake Il conte Max (1992) di Christian De Sica e ritornò a collaborare con Verdone in Perdiamoci di vista, nei panni del volgare concorrente di un talk show, sdoganando i vari "mostri" televisivi che regnano sovrani nei palinsesti della TV italiana. 
Nel 1999 fece un cameo nel videoclip Super cafone di Er Piotta, il tormentone di fine Ventesimo secolo, dove si diverte a scimmiottare se stesso, con grande ironia e senso dell'umorismo.
L'ultimo film risale al 2003, diretto dai Vanzina con Il pranzo della domenica.
E Roma perde un pezzo di sana "romanità".

MONOGRAFIA: Don Coscarelli's Phantasm Celebration


Ad aprile Obsidian Mirror celebra i tre anni della sua creatura. E per farlo ha dedicato l'intero mese a Don Coscarelli, autore di culto di film come Phantams (a cui seguiranno 3 seguiti girati da lui tra il 1988 e il 1998), Buppa  to-hep (2002) e il recente John dies at the End (2013). 
In che modo bisogna celebrarlo? Recensendo uno dei suoi film. Ma siccome la Director's è ignorante in materia "coscarelliana", decide di sfidare le coronarie dell'Obsidian e fa le cose a modo suo. Come? Con una monografia incentrata su Mr. Coscarelli e sul suo Phantasm. Un modo per conoscerlo e per farlo conoscere.


Ma chi è Don Coscarelli?


Don Coscarelli jr. è un regista americano specializzato in film horror. Messa così è un po' banale.
Don Coscarelli è il creatore di una saga, Phantasm, entrato nella memoria collettiva degli amanti del genere slasher/horror/splatter, che forse non sarà famoso quanto Freddie Krueger o Jason, ma è riuscito a entrarenel cuore degli aficionados diventando un autore di culto. 
Ecco, già va un po' meglio e le coronarie di Obsidian per il momento si sono salvate. Per adesso.
Già il suo background culturale è così poco "americano", pur essendo un regista americano che gira film in territorio americano: nasce a Tripoli, in Libia, la sua famiglia ha origini italiane, si trasferice in tenera età in America e in seguito prende la cittadinanza  americana. Un bel meltin' pot, non c'è che dire.
L'approccio al cinema horror in realtà fu casuale. Se cineasti come Wes Craven si avvicinarono al cinema perché mamma, papà e una rigida educazione gli impedivano di vedersi un film in santa pace, nel caso di Coscarelli l'approccio inizialmente fu al cinema di genere comedy, ma notò come il pubblico rimanesse affascinato dalle scene orrorifiche. E horror fu. Perché l'horror è nel suo DNA. Se lo piazza pure nelle commedie!
Coscarelli decise di affrontare i demoni della sua infanzia, diventando una sorta di vittima e carnefice nei suoi film: vittima perché scoperchia il suo vaso di Pandora, carnefice perché permette di materializzare le sue stesse paure e incubi, mettendo un po' di suo nella sua "creatura" (dall'età del fratello del protagonista, ai riferimenti alla sua altezza con l'uomo alto alto che è il cattivo della serie. E qui l'Obsidian comincia a preoccuparsi, attento Obsidian, Uhauauaahaaaaa. Giusto per dare quel tocco horror, solo po').
Tall Man (l'uomo alto alto) infatti è il protagonista cattivo cattivo della serie. Un'entità soprannaturale, forse aliena che ha sembianze umane e lavora come necroforo. Ah, nel tempo libero dissotterra i cadaveri e uccide le persone, trasformandole in nani dal sangue giallo e fa un import-export di questi poveri nani col sangue giallo da spedire (possibilmente con metodo express) nel suo pianeta alieno, e impiegarli come schiavi. Un po' come i giovani precari di oggi, trasformati in zombie dai contratti Co.Co.Pro., solo che il mitico Coscarelli ci era arrivato 35 anni prima.
A rompergli le uova nel paniere però ci pensa un ragazzo, Mike Pearson, che cerca di combatterlo in ogni modo dopo aver subito la perdita dei genitori, uccisi dal malefico Tall Man.
Mike ha solo 13 anni, è insicuro e ha paura di essere abbandonato dal fratello Jody. E se da piccoli ci cantavano la ninna nanna dell'uomo nero che ci porta via per un anno intero da mamma e papà (ma che c***o ci cantavano per farci addormentare?!? Poi si lamentano i genitori che i figli vogliono dormire nel lettone con loro!), Mike ha paura di essere abbandonato dal fratello.
Et voilà, gli incubi giovanili di Coscarelli si materializzano nelle ansie di questo ragazzino. E se il buon Wes aveva dato la "gatta da pelare", ovvero Freddy Kruger a Nancy, una ragazza sui 17 anni che si stava affacciando al mondo degli adulti, il buon Don decide di affidare la sua nemesi a un ragazzino di 13 anni, uno che fino a ora probabilmente lottava solo contro i brufoli e la voce che stava per cambiare. Insicuro per di più orfano. E ha una paura f****a di questo uomo alto alto alto. Altro che uomo nero. Ma decide di affrontare le proprie paure, saltando quel gap che probabilmente lo porterà direttamente nella vita adulta. Perché anche se ha solo 13 anni, scopre che i punti di riferimenti, ovvero la famiglia, possono mancare da un momento all'altro e l'unico modo per cavarsela in un mondo brutto e cattivo, che più cattivo non si può, è di camminare a braccetto con le proprie fobie e affrontare i problemi. E che problemi con Tall Man!
Tall Man profana le tombe e le riporta in vita sotto forma di gnomi, però Mike se ne accorge. E il ragazzino spaurito decide di fare le sue indagini, deriso dal fratello più grande di lui di 10 anni (23, l'età di Coscarelli per l'appunto) che non gli crede. E qui ci potrebbe stare anche quel non so che di psicologia adolescenziale, quando si è ancora trattati come bambini e non come young adult, visti ancora come dei poppanti dai propri genitori. Ma siccome l'uomo alto alto glieli ha accoppati, a riderci su ci pensa il fratello, unica persona su cui  Mike possa fare affidamento.
E Mike ha ragione, perché Tall Man vive in un mausoleo fatto di lunghi e lugubri corridoi, che si materializzano direttamente dagli incubi di Coscarelli. 
Il resto? Ve lo dovete vedere! E lo devo vedere anche io, perché solo nel scrivere questo omaggio (sperando che non faccia venire un coccolone al caro Obsidian), mi ha messo una bella curiosità addosso. E spero anche a voi, quando leggerete questo articolo. 
Nella speranza di non averti fatto venire uno spavento al caro Obsidian Mirror, ti faccio tanti auguri, 1000 di questi blog con questo regalo dai toni un po' ironici (ma pur sempre rispettosi), come se avessimo fatto una chiaccherata al bar. O visto Phantasm davanti a una badilata di pop corn. Auguri ancora! 

sabato 26 aprile 2014

COMING SOON: Locke



Locke è un film diretto da Stephen Knight (sceneggiatore di La promessa dell'assassino e Dirty Pretty Things, alla seconda regia) e interpretato da Tom Hardy. 
Ivan Locke è un uomo che lavora duramente nell'edilizia per mantenere la sicurezza economica della propria famiglia. Alla vigilia del giorno più importante della sua carriera lavorativa, Locke riceverà una telefonata che minaccia la sua tranquillità, il suo lavoro e soprattutto i suoi famigliari.
Per evitare che la sua vita vada in frantumi, Locke sarà costretto a compiere un viaggio da Brighton a Londra per non perdere tutto quello che ha costruito.
Locke è girato interamente in tempo reale (espediente narrativo/temporale già usato in passato, come nei film Nick of Time con Johnny Depp e 88 minuti con Al Pacino, focalizzando le riprese con primissimi piani di Tom Hardy, protagonista indiscusso della pellicola. Il film uscirà nelle sale italiane il 30 aprile.

venerdì 25 aprile 2014

FILMOGRAFIA: Lee Daniels

NOME: Lee Daniels
ALL'ANAGRAFE: Lee Daniels
DATA DI NASCITA: 24/12/1959
SEGNO ZODIACALE: Capricorno
LUOGO DI NASCITA: Philadelphia, Pennsylvania, Stati Uniti
PROFESSIONE: Produttore, Regista, Attore
REGISTA:

(2013) The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca
(2012) The Paperboy
(2011) Selma
(2009) Precious: Based on the Novel Push by Sapphire
(2005) Shadowboxer

ATTORE:

(2005) Shadowboxer - L'uomo nel bagno turco
(2004) Agnese ed i suoi fratelli - Henry Preminger
(1986) A Little Off Mark - Steve

PRODUTTORE:

(2009) Precious: Based on the Novel Push by Sapphire - produttore
(2008) Tennessee - produttore
(2005) Shadowboxer - produttore
(2004) The woodsman - Il segreto - produttore
(2001) Monster's ball - L'ombra della vita - produttore

giovedì 24 aprile 2014

IL CIRCOLO DI CUCITO: Jodie Foster si è sposata



Jodie Foster è convolata a nozze con la fotografa Alexandra Hedison in nozze segrete avvenute in California, uno dei 17 Stati che permettono le unioni gay.
Alexandra Hedison prima di diventare la consorte di Jodie era fidanzata con Ellen Degeneris, la prima star di Hollywood ad ammettere la propria omosessualità pubblicamente negli anni Novanta, mentre l'attrice due volte premio Oscar ha avuto una relazione ventennale con Cydnie Bernard  e insieme hanno due figli, Charles e Kit.. Foster e Hedison si sono conosciute l'estate scorsa, ed è stato amore a prima vista. 
L'attrice è sempre stata gelosa della sua vita privata, anche se nel corso degli anni i rumors sulla sua omosessualità circolavano insistentemente, soprattutto dopo la nascita dei figli.
Jodie ha deciso di fare coming out solo nel 2013 alla serata dei Golden Globes, in occasione del premio alla carriera Cecil B. De Mille Awards. 
Le foto delle nozze e gli eventi salienti del matrimonio ovviamente sono top secret, Jodie ha rivelato abbastanza della sua vita privata e ci tiene a farla rimanere tale!

mercoledì 23 aprile 2014

GOODBYE: Addio a Claudio G. Fava



Il critico cinematografico Claudio G. Fava è venuto a mancare improvvisamente il giorno di Pasqua. Aveva 83 anni. Storico collaboratore con la RAI, fu il fautore della diffusione del cinema in televisione con il programma Cinema notte.
Nato nel 1929 ebbe un approccio casuale al giornalismo: dopo la morte del padre si mise a lavorare giovanissimo, lavorando come giornalista per Il Corriere Mercantile, per poi approdare in RAI negli anni Setttanta.
Fava si occupò dei palinsesti televisivi,  recuperando film inediti e capolavori del cinema, commissionando ore di doppiaggio, riportando in "vita" capolavori come Il grande Sonno con Humprey Bogart, Acque del Sud, Duck Soup (La guerra lampo dei fratelli Marx) dei fratelli Marx.
Negli anni Settanta scrisse migliaia di articoli per Film DOC, e scrisse saggi su Alberto Sordi e Federico Fellini.
Le ultime collaborazioni risalgono al 2002 con Raisat.
Un altro grande narratore del cinema non c'è più.

sabato 19 aprile 2014

100% PURE GLAMOUR: Il vestito da sposa di Grace Kelly

Grace Kelly e Ranieri III

Il 19 aprile del 1956 Grace Kelly abbandonò per sempre Hollywood per diventare la consorte del principe Ranieri III di Monaco. 
Bozzetto di Helen Rose
Un tocco di Hollywood però la neo principessa riuscì a portarlo nel principato monegasco: l'abito nuziale, disegnato e confezionato appositamente per lei da Helen Rose, costumista per la MGM, che vestì 
dive del cinema come Judy Garland in Le ragazze di Harvey (1946) e Ava Gardner in Mogambo (1953).
Il vestito nuziale di Grace Kelly fu considerato all'epoca uno degli abiti da sposa più belli ed eleganti di tutti i tempi, tale da essere oggetto di emulazioni dalle donne dell'epoca. 
Kate Middleton
L'abito è una nuvola di taffetà di seta (ben 24 metri di stoffa utilizzati) e consisteva in un corpetto coperto da pizzo Valenciennes che copriva il body, e un supporto per la gonna ad ampie pieghe realizzato in tre strati di gros de longre di seta (tessuto che non esiste più in commercio), tessuto utilizzato anche per la cintura. Il velo di seta era ornato di trine e pendeva da una calottina di perline che incorniciava lo chignon della splendida neo principessa. Il tutto culminava con uno strascico di circa un metro in tulle e in pizzo, definito dai giornalisti di moda come un "fiume di panna montata che scorre sul tappeto rosso".
Ancora oggi l'abito nuziale di Grace Kelly è uno degli abiti più amati e non ha perso fascino con il passare degli anni, al punto da ispirare l'abito di Kate Middleton, Duchessa di Cambridge che ha sposato il principe William nel 2011 e disegnato per l'occasione da Sarah Burton, stilista della maison di Alexander McQueen.

RECENSIONE: Mine Vaganti


*Il fascino indiscreto di una recensione retrò*

Titolo: Mine vaganti
Italia, 2010
Cast: Riccardo Scamarcio, Ennio Fantastichini, Lunetta Savino, Alessandro Preziosi, Nicole Grimaudo.
Sceneggiatura: Ferzan Ozpetek, Ivan Cotroneo.
Produzione: Fandango.
Regia: Ferzan Ozpetek
Durata: 110'

Normalità che brutta parola. Dietro questa facciata è costruita la famiglia Cantoni, proprietaria di un'industria di pasta che di normale non ha proprio niente.
Il capofamiglia (Ennio Fantastichini) tradisce la moglie dall'olfatto incredibile (riesce a sentire "l'odore di puttana" in una stanza), la cognata (Elena Sofia Ricci) grida "al ladro, al ladro" nella speranza di essere concupita nel pieno della notte. La nonna viene definita una mina vagante, ha la glicemia alta e sogna il vecchio amore perduto.
Infine i figli: Elena sposata con un uomo che non è proprio una cima e si ostina a chiamare il suocero papà, Antonio (Alessandro Preziosi) che sembra il più quieto ma è colui che sconvolgerà la famiglia e il più "piccolo", il trentenne Tommaso (Riccardo Scamarcio) che si è creato una doppia vita a Roma dove si è laureato in lettere e ha un compagno, facendo credere alla famiglia di aver frequentato Economia e di interessarsi alle ragazze.
Il figliol prodigo torna nel paesino natìo finalmente deciso a fare outing e a coltivare le sue velleità letterarie, ma Antonio gli rovina la festa dichiarandosi gay a pranzo e il padre ha un infarto.
Alla fine Tommaso è costretto a rivedere i suoi piani rimanendo in città e lavorando controvoglia nel pastificio affiancato da Alba (Nicole Grimaudo), ritenuta strana dalla maggior parte dei concittadini.
Abbandonati i toni drammatici Ozpetek sperimenta la commedia e per farlo utilizza il pampleth dei parenti serpenti, colladauta sin dai film di Mario Monicelli e Dino Risi. L'immancabile tavolata (ormai divenuto un leit motiv del regista) presenta portate intrise di ipocrisie, amarezze, velleità, cose non dette, cose dette (che non dovevano essere dette), malori e sorrisi tirati, servite per l'occasione in una cittadina pugliese (per una volta non si vede la solita Roma, Torino o Milano) che sembra un po' ferma nel tempo, sostenuta dai pettegolezzi, maldicenze e malignità.
E se da un lato il regista italo-turco presenta una famiglia borghese sull'orlo di una crisi di nervi, finita in mille pezzi che tenta faticosamente di rimettere i cocci insieme, dall'altro punta lo sguardo sulle ipocrisie della borghesia italiana fatta di sguardi, risate (vere o presunte), voci, commenti sotto voce, verità che non si accettano e tutti portano delle maschere pseudo pirandelliane.
Tutti recitano un ruolo: la madre tenta in tutti i modi di tenersi stretta la rispettabilità di donna borghese e sorvola sul tradimenti del marito, anche se non risparmia battute al vetriolo contro le malelingue.
Il padre vede complotti ovunque, gli amici di Tommaso devono recitare il ruolo dell'uomo macho per poi sfogarsi in spiaggia con un balletto (è la parte più divertente del film, ricca di humour alla Pedro Almodovar, dove il regista si prende scherzosamente in giro).
Il personaggio della nonna è l'unica a non accettare di fingersi ciò che non è, e allora viene considerata una mina vagante, ma in realtà per un modo o per un altro lo sono tutti o quasi,  perché alla fine Tommaso decide di mantenere la finzione, sacrificandosi in parte e diventando una sorta di collante per quei cocci rotti che è la sua famiglia.
Tommaso alla fine rivela di avere la mentalità più borghese perché non ha il coraggio di sfidare fino in fondo le convenzioni (rappresentate dalla famiglia e dalla società) rimanendo legato alle convenzioni,. Alla fine tutto si ricompone e si accettano i difetti. Ma sarà vero?
Mine Vaganti è un film ricco di leggerezza e umorismo, dove Ferzan Ozpetek osa un po'di più, ma tiene sempre la mano ferma sul freno della risata "grassa" e dello stile "queer". Forse avrebbe dovuto mettere un po' più di cinismo e sana cattiveria nelle pietanze che ha cucinato.
Normalità che brutta parola. Ma forse non è così brutta come sembra.

Voto: 7

A.M

venerdì 18 aprile 2014

NEWS: Cannes 2014



Cannes 2014 si apre con l'Italia: la bellissima locandina dedicata a Marcello Mastroianni, che nel 2014 avrebbe compiuto 90 anni. 
Un pezzo di Italia che continua anche all'interno del concorso, con Le Meraviglie di Alice Rorwacher, che dovrà lottare con pezzi di cinema del calibro di David Cronenberg, Ken Loach e Jean Luc Godard, e Atom Egoyan. Riuscirà la "pivellina" Rorwacher a spuntarla?
Asia Argento invece presenterà nella sezione Un certain Regard il suo terzo film da regista, Incompresa, mentre il discusso Grace con Nicole Kidman aprirà la kermesse. Si preannunciano polemiche al di là dell'indignazione monegasca?
Per scoprirlo bisognerà aspettare il mese prossimo!

Ecco la lista dei film in concorso:
Le meraviglie di Alice Rohrwacher.
Leviathan di Andrey Zvyagintsev
Relatos salvajes (wild tales) di Damian Szifron
Foxcatcher di Bennett Miller
Jimmy`s hall di Ken Loach
Mr Turner di Mike Leigh
Futatsume no mado (due finestre) di Naomi Kawase
# The homesman di Tommy Lee Jones
The search di Michel Hazanavicius
Adieu au langage di Jean-Luc Godard
Captives di Atom Egoyan
Mommy di Xavier Dolan
Deux Jours, une nuit di jean-pierre e luc dardenne maps to the stars di David Cronenberg
Kis uykusu (sonno d’inverno) di Nuri Bilge
Ceylan Saint Laurent di Bertrand Bonello
Sils Maria di Olivier Assayas
Timbuktu di Abderrahmane Sissako

mercoledì 16 aprile 2014

FILMOGRAFIA: Emma Watson




NOME:
Emma Watson
DATA DI NASCITA: 15/04/1990
LUOGO DI NASCITA: Parigi, Francia
PROFESSIONE: Attrice


ATTRICE:


(2014) Cinderella - Cinderella
(2013) Noah - Ila
(2013) Bling Ring - Nicki
(2013) Facciamola finita - Se stesso
(2012) Noi siamo infinito - Sam
(2011) Marilyn - Lucy
(2011) Harry Potter e i doni della morte - Parte II - Hermione Granger
(2010) Harry Potter e i doni della morte - Parte I - Hermione Granger
(2008) Le avventure del topino Desperaux - Princess Pea (voce)
(2008) Harry Potter e il principe mezzosangue - Hermione Granger
(2007) Harry Potter e l'ordine della Fenice - Hermione Granger
(2005) Harry Potter e il calice di fuoco - Hermione Granger
(2004) Harry Potter e il prigioniero di Azkaban - Hermione Granger
(2002) Harry Potter e la camera dei segreti - Hermione Granger
(2001) Harry Potter e la pietra filosofale - Hermione Granger

martedì 15 aprile 2014

RECENSIONE: Departures



Titolo: Departures
Titolo o
riginale: Okuribito.
Giappone, 2008
Cast: 
Masahiro Motoki, Tsutomu Yamazaki, Ryoko Hirosue,Yamazaki Tsutomu.
Sceneggiatura: Kundo Koyama.
Produzione: 
Amuse Soft Entertainment, Shochiku Company, Shogakukan
Regia: Yoijiro Takita.
Dura
ta: 110'
Il giovane Daigo (Masahiro Motoki) è un violoncellista, ma il suo sogno viene spezzato quando la sua orchestra si scioglie. 
Così insieme alla moglie Mika (Ryoko Hirosue) decide di lasciare Tokyo e di tornare a Yamagata, il suo paese natio. 
Sistematosi nella casa dove ha vissuto un'infanzia senza padre, Daigo è alla ricerca di lavoro e soprattutto ha voglia di ricominciare una nuova vita. Un giorno s'imbatte in uno strano annuncio che tratta di partenze. 
Pensando che si tratti di un'agenzia di viaggi, Daigo ben presto scopre che si tratta della preparazione dei cadaveri prima del viaggio nell'al di là. Inizialmente ha dei dubbi riguardo al suo nuovo mestiere e nasconde la verità a Mika, ma ben presto diventa il discepolo di Sasaki (Yamazaki Tsutomu), il becchino del luogo e titolare dell'agenzia. Daigo subirà i pregiudizi della gente del posto e l'abbandono (temporaneo) della moglie, ma la sua vita subirà una svolta e dovrà fare i conti con il passato...
Departures, premio Oscar 2009 come miglior film straniero è un film affascinante che tratta il tema della morte in modo delicato, come se fosse un viaggio, una partenza. 
Affascinante per come viene mostrata meticolosamente una funzione funebre, così diversa da quella occidentale, per come vengono trattati gli affetti che non ci sono più, per il distacco e il senso di perdita che subisce una persona. 
Il regista mette in scena l'arte del Nokanshi, svelando l'arte della preparazione del defunto nel suo viaggio verso l'ignoto (o Paradiso, Purgatorio, Inferno) attraverso carezze, trucco e il vestito che lo scomparso "porta con sé" per l'ultima volta. 
Perché è di viaggio che si parla, un percorso che compie l'anima abbandonando il suo corpo e allo stesso tempo è la preparazione (anche psicologica) dei famigliari che si apprestano a salutare il proprio caro per sempre. 
Poco importa se i "protagonisti" della dipartita sono un travestito, un suicida, una donna che ha dedicato la sua vita al lavoro, perché alla fine i rancori e i risentimenti vengono messi da parte e ci si avvia verso un processo di riappacificazione. 
Vita: solitudine e morte e crescita personale si mescolano: vita che Daigo vuole cambiare, lasciando una metropoli come Tokyo per tornare nella sua cittadina tranquilla ricominciare da capo.  
Solitudine: sentimento che prova il protagonista per l'abbandono prima del padre in tenera età, poi da parte della moglie che si vergogna del mestiere del consorte, solitudine avvolta nei ricordi del passato e nei momenti in cui suona il suo amato violoncello
Morte: con il lavoro che svolge Daigo, la scomparsa della madre in tenera età di cui era legatissimo. 
Crescita: l'arte del Nokanshi è una prova di maturità per il protagonista, pronto ad abbandonare i risentimenti del passato (una delle scene più commoventi del film) e far pace con sé stesso. 
Questo processo avviene anche grazie a Sasaki, sorta di padre putativo del ragazzo che lo accompagna in questo momento, vedendo in lui un erede ideale. Non mancano i momenti buffi come la scena del DVD dimostrativo per pubblicizzare l'agenzia, dove Daigo si ritrova a fare da cavia per il signor Sasaki, ma Departures è essenzialmente un film elegante e poetico, che ci accompagna verso una delle tradizioni (fortunatamente) ancora viventi nella cultura del Giappone, Stato capace di coniugare perfettamente il progresso con tradizione.

Voto: 8

sabato 12 aprile 2014

IL CIRCOLO DI CUCITO: Mamme Vs. Gwyneth Paltrow


Gwyneth Paltrow non fa in tempo ad attirare le simpatie del web dopo l'annuncio della separazione dal marito Chris Martin, che già la odiano. Il motivo?
In un'intervista rilasciata sul sito E! News, l'attrire di Iron Man si è lamentata del suo status di attrice, che mal si concilia con il ruolo di mamma.
E invidia le mamme "normali" che lavorano in ufficio, perché vivono la routine quotidiana e hanno tanto tempo la mattina da dedicare alla famiglia. Che forse, la famiglia "normale" che intende lei, è quella stile del Mulino Bianco.
Le mamme si sono scatenate e hanno già preparato la forca mediatica con commenti al vetriolo, una in particolare: una mamma che si firma con il nickname Mackenzie ha affermato: Come madre di un bimbo di due anni non potrei essere più d’accordo! Grazie a Dio che non faccio i milioni girando un film all’anno è quello che mi dico tutte le mattine mentre aspetto su una pensilina al vento e al freddo di cominciare i miei 45 minuti da pendolare verso la citta’. E’ diventato il mio mantra
Davvero un brutto momento per l'attrice!

mercoledì 9 aprile 2014

GOODBYE: Addio a Mickey Rooney



Una leggenda del cinema è venuta a mancare: Mickey Rooney. Aveva 93 anni. 
Josef Yule Jr. nacque a Brooklyn il 23 settembre del 1920 e cominciò a lavorare nel mondo dello spettacolo a 2 anni negli spettacoli di vaudeville del padre, per poi esordire a 5 anni nel film Not to be Trusted, che lo trasformarono in un bambino prodigio. Successo che gli fece vincere un Oscar giovanile nel 1939.
Divenne una star grazie al ruolo di Andy Hardy, un giovane ribelle che esordì sul grande schermo con A Family Affair (1937).
Il personaggio di Andy, giovane scapestrato figlio di un integerrimo giudice spesso in difficoltà nel fargli rispettare le regole, fu un grande successo per Rooney e molti film della serie li recitò al fianco di Judy Garland, anche lei una baby star che divenne una delle sue più grandi amiche e partner sul grande schermo.
Rooney recitò il ruolo di Hardy dall'età di 16 anni fino ai 38, concludendo la saga nel 1958 con Andy Comes Home. 
Recitò al fianco di Spencer Tracy in Capitani coraggiosi (1937) e La città dei ragazzi (1938), ruoli che fruttarono a Tracy una doppietta agli Academy Awards, mentre Rooney riceverà la nomination nel 1939 con Ragazzi attori.
Nel 1943 fece da padrino cinematografico al debutto di una futura stella di Hollywood: Elizabeth Taylor in Gran Premio
Durante la guerra lavorò alla radio per intrattenere le truppe, mentre continuava con la serie di film di Andy Hardy.
Negli anni Sessanta il ruolo di maggior rilievo fu il padrone di casa giapponese di Holly Golithly in Colazione da Tiffany (1962) e ritrovò Spencer Tracy in Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo (1963).
Negli anni Settanta recitò in Black Stallion (1979) e si dedicò al doppiaggio, per poi dedicarsi alla carriera teatrale e televisiva.
Il suo ultimo ruolo risale al 2006 ne Una notte al museo, entrando nel guinness dei primati per aver recitato per 91 anni nello star System.
Una delle più luminose stelle si è spenta nel firmamento di Hollywood.

lunedì 7 aprile 2014

FILMOGRAFIA: Lars Von Trier




NOME: Lars von Trier
DATA DI NASCITA: 30/04/1956
LUOGO DI NASCITA:
 Copenhagen, Danimarca
PROFESSIONE: Regista, sceneggiattore, attore, produttore




REGISTA:

(2013) Nymp()maniac - Chapter I & II
(2011) Melancholia
(2009) Antichrist
(2007) Chacun son cinéma
(2006) Il grande capo
(2005) Manderlay
(2003) Dogville
(2001) D-dag - Den færdige film (Film Tv)
(2000) Dancer in the Dark
(2000) D-dag (Film Tv)
(2000) D-dag - Lise (Film Tv)
(1997) Riget II (Mini serie Tv)
(1996) Le onde del destino
(1994) Il Regno (Mini serie Tv)
(1991) Europa
(1988) Medea (Film Tv)
(1988) Epidemic
(1984) L'elemento del crimine
(1982) Befrielsesbilleder
(1981) Sidste detalje, Den
(1980) Nocturne
(1979) Menthe - la bienheureuse
(1977) Orchidégartneren

SCENEGGIATTORE:

(2013) Nymp()maniac - Chapter I & II
(2005) Manderlay
(2005) Dear Wendy
(2004) Kingdom Hospital (Mini serie Tv)
(2003) De fem benspænd
(2003) Dogville
(2000) Dancer in the Dark
(2000) De udstillede
(1998) Idioterne
(1997) Riget II (Mini serie Tv)
(1996) Le onde del destino
(1994) Il Regno (Mini serie Tv)
(1994) Lærerværelset (Mini serie Tv)
(1991) Europa
(1988) Medea (Film Tv)
(1988) Epidemic
(1984) L'elemento del crimine
(1982) Befrielsesbilleder
(1980) Nocturne
(1979) Menthe - la bienheureuse
(1977) Orchidégartneren

ATTORE:

(1991) Europa - Jew
(1989) En verden til forskel - Taxista
(1988) Epidemic - Lars/Dr. Mesmer
(1984) L'elemento del crimine - Schmuck of Ages
(1980) Kaptajn Klyde og hans venner vender tilbage
(1979) Menthe - la bienheureuse - L'autista
(1977) Orchidégartneren - Victor Morse
(1969) Hemmelig sommer - Lars

PRODUTTORE:

(2004) Visions of Europe
(2004) Kingdom Hospital (Mini serie Tv) - Produttore esecutivo
(2004) Het zuiden
(2000) I kajak til verdens ende (Film Tv) - Produttore esecutivo

venerdì 4 aprile 2014

PENSIERI CANNIBALI DAY

Oggi è il compleanno di uno dei blogger più cool e cazzari della cineblogosfera: Pensieri Cannibali. Oggi Cannibal Kid celebra il suo sesto compleanno e Director's cult, che aspira a ciulargli la seconda posizione nella classifica dei blogger più faighi, lo celebra con uno dei suoi post più cool:

The Artist, la recensione muta




 Buon compleanno Cannibal Kid! ;-)

martedì 1 aprile 2014

PESCE D'APRILE - Victor Victoria

Oggi è il primo di aprile e la HustleBloggers ha deciso di fare un pesce d’aprile, omaggiando i film sugli inganni e le truffe, da cui sono nati gioiellini come La stangata, Prova a prendermi, Bowfinger fino al recente American Hustle. Per l’occasione Director’s cult prende la brillante commedia en travesti Victor Victoria di Blake Edwards.


Buon pesce d'aprile!





Titolo: Victor Victoria
Id. USA, 1982
Cast: Julie Andrews, James Garner, Robert Preston, Leslie Ann Warren.
Sceneggiatura: Blake Edwards.
Regia: Blake Edwards.
Durata: 126'

Victoria Grant (Julie Andrews) è una cantante d’opera che stenta a trovare un ingaggio. Vinta dalla fame si lascia convincere da Toddy (Robert Preston) un artista che si caccia sempre nei guai, a creare Victor, un conte che si esibisce travestito da donna.
Victor Victoria è la storia di una “donna che si finge un uomo che finge di essere una donna”.
E riesce a convincere tutti. Con l’inganno.
E grazie agli inganni che Victoria, cantante di talento squattrinata, tenta di sopravvivere alla fame portando con sé uno scarafaggio in un ristorante di lusso per non pagare la cena. Così come cerca un ingaggio fingendo di essere stata mandata dal celebre impresario di turno. Inganna perché è stata a sua volta ingannata dalla vita.
Perché Victoria Grant ha una bellissima voce da soprano, ma non riesce a sfondare nello spettacolo dopo essere stata truffata dal suo agente.
Toddy invece è un artista dalla vita sentimentale disastrosa, ingannato dal suo amante che finge di essere eterosessuale, e in più è fresco di licenziamento. Complice la cena non pagata, la pioggia, un vestito rovinato e degli abiti maschili, Toddy e Victoria s’incontrano e diventano amici, prendendosi cura l’uno dell’altro. Al di là degli inganni e dei trabocchetti, la loro amicizia nata per caso è vera e sincera.
Per un equivoco (Victoria con abiti maschili caccia in malo modo l’ex amante di Toddy), nasce Victor, conte polacco che si esibisce travestito da donna. Ed è subito trionfo.
Se il successo non arriva con il reale talento, Victoria si reinventa la carriera sotto il segno della finzione, dove il dualismo uomo donna si fonde per fare buon viso a cattivo gioco: Victoria nega la sua femminilità per calarsi nei panni di un uomo omosessuale, che con fare solenne si toglie la parrucca sbalordendo gli spettatori, convinti di aver assistito al numero di una cantante.
E il trabocchetto funziona alla grande perché Victoria se all’inizio era titubante nel comprimere la propria femminilità fasciandosi il seno e tagliandosi i capelli, alla lunga ama essere “una donna che finge di essere un uomo che finge di essere una donna” perché in questi panni si sente emancipata, vivendo la propria vita in libertà in quel di Parigi degli anni Trenta della Belle epoque.
Ammalia il pubblico, ma ammalia anche un uomo macho, il gangster King Marchand (che finge di essere un rispettabilissimo uomo di affari che tratta con i gangster) che si sente affascinato fin da subito da questa splendida creatura dotata di un MI naturale in grado di rompere i bicchieri, ma che rimane interdetto quando scopre che Victoria in realtà è Victor,  con grande gioia della sua fidanzata Norma (Leslie Ann Warren), la tipica pupa del gangster che non deve fingere di essere un’oca, essendo così di natura.
Ma quello che King Marchand non sa è che Victor in realtà è Victoria.
E per scoprire se è stato ingannato, o se la sua (omo)sessualità l’ha ingannato per anni, ingaggia il fidato Squash per scoprire se Victor è  una donna, e quando Marchand lo scopre, decide a sua volta di amare questa donna, fingendo di amare un uomo.
Perché Victoria non vuole rinunciare né alla carriera, né a quel lato maschile che la rende libera. E il macho King Marchand fa finta di essere gay anche se è eterosessuale, ma reclama la sua natura virile e vorrebbe riprendersi la sua mascolinità.
Questa sorta di “coming out”  fittizio fa sì che Squash faccia il suo vero “coming out”, lasciando sbalordito Marchand, che l’ha sempre visto come un rude giocatore di rugby figlio di p****na. Ruolo che Squash ha sempre giocato per non fare la parte della “checca”. Ruolo che invece non fa mistero di giocare Toddy, il grande orchestratore della truffa, ma l’unico a mostrare la sua vera natura, un uomo orgogliosamente gay. E paradossalmente l’unico che non finge.
Tutti fingono di essere ciò che non sono, in una girandola di equivoci, verità e finzione si mescolano. in un divertentissimo girotondo di sotterfugi, risse, virilità nascoste e virilità esibite.
Ma alla fine l’ordine delle cose ritorna prepotentemente e se King Marchand va in una bettola per fare a botte, riprendendosi il suo lato macho a suon di lividi, Victoria decide di riprendersi la sua femminilità rinunciando in parte alla sua emancipazione in nome dell’amore, lasciando la scena a Toddy che gioca per una sera il ruolo “dell’uomo che finge di essere una donna che finge di essere un uomo, che finge di essere una donna”.
Victor Victoria è uno spassosissimo film diretto dal maestro dell’ironia Blake Edwards, che confeziona un gioiellino fatto di splendidi numeri musicali (con le magnifiche musiche del fidato Harry Mancini) e momenti di delirante divertimento, dove Edwards schiaccia l’acceleratore sulle gag stile slapstick, omaggiando l’imbranatissimo ispettore Closeau con un altrettanto detective pasticcione che tenta di smascherare l’imbroglio orchestrato da Victoria  (una strepitosa Julie Andrews) e Toddy. La tematica camp viene rappresentata con naturalezza e ironia, senza scadere nella volgarità o negli stereotipi, condita con umorismo grazie al personaggio di Toddy, magistralmente interpretato da Robert Preston.
Con Victor Victoria l’arte si fonde con la vita reale, che fa della finzione la sua linfa vitale. Non è anche questo, in fondo, il cinema?

Voto: 9


Hanno partecipato:
Il Bollalmanacco di cinema 
In central perk 
Montecristo
Non c'è paragone
Pensieri cannibali
Recensioni ribelli 
Scrivenny 2.0 
Solaris
White Russian