mercoledì 17 agosto 2016

RECENSIONE: Bronson

L'insostenibile fascino di una recensione retrò.






Titolo: Bronson
Id., Regno Unito, 2008
Cast: Tom Hardy, Matt King, Amanda Burton.
Sceneggiatura: Brock Norman Brock e Nicolas Winding Refn.
Regia: Nicolas Winding Refn.
Durata: 92'


Vera storia di Michael Gordon Peterson (Tom Hardy) giovane cresciuto in un ambiente borghese, in una famiglia normale, ma con una malsana passione per la violenza. Questa sua "passione" lo porterà ad essere il più temibile criminale britannico con il nome d'arte di Charles Bronson, arrivando a scontare 35 anni di galera (di cui sta scontando tutt'ora la pena), passandone 30 in isolamento, pur senza aver mai ucciso nessuno. 

Charles Bronson è un uomo che aveva una vocazione, solo che non sapeva quale fosse, per poi scoprire di essere votato all'angheria e alla sopraffazione altrui.
Bronson è un personaggio, che, seppur esistente nella realtà, sembra così assurdo da non essere vero. E così che diventa nelle mani del danese Nicolas Winding Refn , che crea Bronson come se fosse una pantomima, un personaggio teatrale che trova la sua dimensione ideale in un palco/cella.
In soli 3'27'' iniziali, Charles Bronson ti offre il suo biglietto da visita, un bel knock out. L'essenza di Bronson si racchiude nell'intro del film: un uomo che come un bestia chiusa in gabbia si scaglia contro i secondini facendo esplodere la sua furia animalesca, in un'esplosione di odio senza senso. 
Infrangendo la regola cinematografica di non guardare dritto la macchina da presa, Bronson fissa lo spettatore con la sua espressione luciferina, che fin dalla prima inquadratura, dice solo con un'occhiata che è un assoluto psicopatico felice di esserlo, uno sguardo che ti penetra fino in fondo come un pugno pronto a colpirti in faccia. 
Occhi sbarrati, il suo corpo muscoloso e nudo che si dimena ricevendo e dando colpi, con quei movimenti portati all'eccesso che, nelle mani di Refn hanno un qualcosa di disturbante, ma dal punto di vista visivo sono intrisi di una bellezza a tratti lirica. Quel fisico sporco, esprime non solo furia, ma energia, l'essenza vitale di Bronson, colui che voleva diventare famoso per un motivo e che ha trovato nelle botte 15 minuti di celebrità e 35 anni di carcere.
Refn mette in scena un teatro dell'assurdo, con un Charles Bronson che è pronto per iniziare il suo show e da il meglio di sé lo da proprio davanti a un ipotetico pubblico.
Bronson è uno, nessuno e centomila, nella sua dimensione di commediante stravagante, facendo diventare la violenza parte integrante di questa sorta di teatro grottesco che è la sua vita.
Così volutamente sopra le righe, recita la sua parte alla perfezione in un copione perfetto scandito in altrettanti atti perfetti: violenza-carcere-isolamento-altro carcere.
La gattabuita diventa la sua dimensione  naturale e ne gira così tanti da sembrare un turista che testa vari alberghi prima di trovare la sua stanza ideale, arrivando poi a soggiornare in manicomio.
Bronson viene catapultato in un luogo dove svuotato della sua indole aggressiva, non esiste più, non può vivere perché il suo io sadico, poiché viene bloccato, finendo per muoversi come uno zombie sulle note di It's a Sin dei Pet Shop Boys, in una stanza che ricorda vagamente il set/villaggio di Dogville del conterraneo Lars Von Trier. 
E nel monologo più bello, Bronson rivendica il suo "diritto" alla galera, chiedendo a gran voce la sua "stanza d'albergo", cantando da consumato one man show di fronte allo spettatore che lo applaude.
Passato alla storia come il detenuto più costoso della storia dell'Inghilterra, Bronson viene rilasciato dopo 26 anni di isolamento. 
E se Michael Peterson viene messo da parte per far nascere Charles Bronson, assumendo la sua nuova identità da libero cittadino, in questo frangente manca di mordente, e il film perde ritmo nella dimensione "umana" del personaggio. E se il suo rientro a casa assomiglia tanto al ritorno in famiglia di un certo Alexander De Large protagonista di quell' Arancia Meccanica che fece scandalizzare l'Inghilterra, Bronson è un uomo in cui cerca la propria identità nella violenza e l'uso che ne fa è l'esternazione del suo essere. E di conseguenza il carcere chiama ancora. Questa volta per sempre.
Se la prima parte del film è volutamente grottesca e, seppur intrisa di virulenza ha un un certo (e malsano) sense of humor (nulla a che vedere con l'uso che ne fa Tarantino, che si diverte giocandoci fino a farle perdere ogni significato), Refn conferisce bellezza nel brutto della sopraffazione, mentre la seconda parte è priva di verve e coinvolge meno, proprio perché la normalità e un contesto ordinario non fanno parte di Bronson.
Il punto di forza del film risiede provo nell'estetica: Refn  usa la violenza portandola al limite dell'irreale in modo da risultare disturbante e a tratti affascinante, con quei rallenty che ne amplificano l'eccesso, con il corpo (spesso) nudo di Bronson che come in un danza luciferina esprime la sua voglia di contatto fisico doloroso, con i lividi sul volt e  il sangue che imbratta la pelle.
Nicolas Vinding Refn ha un gusto visivo davvero notevole coniugato con l'ottimo utilizzo della musica, riuscendo a rendere la brutalità come personaggio integrante della storia e del personaggio di Michael Peter alias Charles Bronson, a cui Tom Hardy fa gravare tutto il peso del film sul suo fisico. E lo fa con grande bravura.
Cosa fare quando un uomo ha bisogno dell'impetuosità sfrenata per sentirsi vivo e avere una ragione per stare in un mondo forse meno salubre di lui?  Ai posteri l'ardua sentenza: Charles Bronson è ancora in cella e il suo soggiorno in albergo è  a tempo indeterminato. 

Voto: 6/7
A.M.

giovedì 11 agosto 2016

FILMOGRAFIA: Luciano Emmer





NOME:
Luciano Emmer
DATA DI NASCITA: 19/01/1918
DATA DI MORTE: 16/09/2009
LUOGO DI NASCITA: Milano, Italia
PROFESSIONE: Regista, Sceneggiatore




REGISTA:

(2003) L'acqua...il fuoco
(2000) Una lunga, lunga, lunga notte d'amore
(1997) Bella di notte
(1990) Basta! Ci faccio un film
(1988) La bellezza del diavolo - viaggio nei castelli Trentini
(1987) Sposi
(1972) Bianchi bandinelli e la Colonna Traiana
(1972) Guttoso e il "Marat morto" di David
(1971) Il bivio (film tv)
(1971) Il furto del Raffaello (film tv)
(1971) La gardenia misteriosa (film tv)
(1969) Geminus
(1969) Giotto
(1965) La distrazione
(1963) Bianco rosso celeste - cronaca dei giorni del Palio di Siena
(1961) La ragazza in vetrina
(1957) Il momento più bello
(1956) Paradiso terrestre
(1956) Il bigamo
(1954) Camilla
(1954) Picasso
(1954) Terza liceo
(1953) Gli eroi dell'Artide
(1952) Leonardo da Vinci
(1952) Le ragazze di piazza di Spagna
(1952) Cavalcata di mezzo secolo
(1951) Goya
(1951) Matrimonio alla moda
(1951) Parigi è sempre Parigi
(1951) Pictura
(1950) Domenica d'Agosto
(1949) La colonna Traiana
(1949) I fratelli miracolosi
(1949) L'invenzione della croce
(1949) Piero Della Francesca
(1948) Bianchi pascoli
(1948) Il dramma di Cristo
(1948) Isole nella laguna
(1948) La leggenda di Sant'Orsola
(1948) Luoghi verdiani
(1948) Il paradiso perduto
(1948) Romantici a Venezia
(1948) San Gennaro
(1947) Sulla via di Damasco
(1943) Il conte di luna
(1943) Destino d'amore
(1942) Il cantico delle creature
(1942) Guerrieri
(1942) Romanzo d'epoca
(1942) Racconto da un affresco

SCENEGGIATORE:

(2003) L'acqua...il fuoco
(1997) Bella di notte
(1990) Basta! Ci faccio un film
(1988) La bellezza del diavolo - viaggio nei castelli Trentini
(1972) Bianchi bandinelli e la Colonna Traiana
(1972) Guttoso e il "Marat morto" di David
(1961) La ragazza in vetrina
(1957) Il momento più bello
(1954) Camilla
(1954) Picasso
(1954) Terza liceo
(1952) Leonardo da Vinci
(1951) Goya
(1951) Matrimonio alla moda
(1951) Parigi è sempre Parigi
(1950) Domenica d'Agosto
(1949) I fratelli miracolosi
(1949) L'invenzione della croce
(1948) Bianchi pascoli
(1948) Il dramma di Cristo
(1948) Isole nella laguna
(1948) La leggenda di Sant'Orsola
(1948) Il paradiso perduto
(1948) Romantici a Venezia
(1947) Sulla via di Damasco
(1943) Destino d'amore
(1942) Il cantico delle creature
(1942) Guerrieri

lunedì 8 agosto 2016

RIFLESSIONI: Clint il repubblicano di ferro Vs. la 'pussy generation'

Oh, si è scoperto che Clint Eastwood è repubblicano. Ma dai? Lo sanno pure i sassi che Clint vota da almeno 68 anni lo stesso partito. Ma a quanto pare la stragrande maggioranza del popolo 'internettiano' non lo sapeva e ci è rimasto profondamente 'di fotte', insultandolo alla grande. Clint Eastwood fa spallucce e ca#zomene. e alle prossime elezioni voterà Donald Trump. Per la gioia dei fans (anche quelli non steroidei), scopriamo in che modo Clint Eastwood è repubblicano.

I gusti poltici sono diversi, ma a Clint si perdona tutto. Se la Director's cult fosse americana, avrebbe votato per il partito Democratico. Innanzitutto perché sono più fighi dei repubblicani. Se escludi Clint. Ma Dirty Eastwood non si è mai candidato come presidente (come sindaco sì, a Carmel), quindi non fa testo. Vi ricordate Kennedy? Era proprio un bel fiè. E anche Obama prima di sfrangiarsi le palle con 8 anni di mandato era fascinoso alla grande. Lyndon Johnson invece non fa testo, troppo naso. Clinton rimarrà nella storia per i soffoconi fatti da Monica Lewinsky, quindi è figo a prescindere. Bizzeffe estetiche a parte, i repubblicani rappresentano (la maggioranza, ci saranno sicuramente anche i democratici) le lobby borghesi di sta ceppa (vedi gli ostacoli per l'approvazione dell'Obama Care, l'attaccamento alla cultura delle armi, che è un po' la cultura degli americani in generale), quella propensione all'ottusità e al perbenismo al limite dell'ipocrita (ve la ricordate Sarah Palin che usav... Ehm, era orgogliosa del figlio down e dell'altra incinta minorenne per cuccarsi i voti  delle famiglie, sfruttando la favoletta della bella family unita?) e soprattutto sono imbarazzanti - vuoi mettere la classe del democratico Obama contro lo stile da vaccaro complessato (muuuuuu!!!) del repubblicano Mitt Romney - imbarazzo che ha prodotto i due mandati di George W. Bush. E Clint lo ha votato due volte, e probabilmente l'avrebbe votato lo stesso, dato che anche i muri  sanno che la prima elezione de er fijo de Bush si era pappato i voti della Florida dove ci stava suo fratello Jeb il governatore. Quindi Clint lo ha sicuramente votato almeno una volta, ma a sua insaputa, sì insomma, come accade in Italia, no? Certo, la Clinton non è il massimo e sarebbe stato meglio Bernie Sanders, ma lei sembra perfetta per ricoprire il ruolo del Mr. Wolf della situazione: ovvero quella che deve pulire tutta la m#rda fatta di guerra in Afghanistan, Iraq e soprattutto quel vaso di Pandora chiamato Isis. Se non farà un'altra guerra chissà dove di sua iniziativa. Magari in Siria. Sorry love, la pedina del Risiko è già stata presa.

Ma secondo voi è mai stato dalla parte degli hippies? Ragionando per stereotipi, uno che fa Dirty Harry - film reazionario e fot##tamente di destra - in un periodo in cui ancora si credeva al peace & love, cosa poteva votare? Il buon Clint è l'American Way of Life per eccellenza,  quella 'dura e pura' con le palle quadrate. Non me lo vedo a saltellare a urlare 'yes you can!'. Perché lui a 86 anni può fare (e ha sempre fatto) tutto. 

Clint non te le manda a dire. Se la Director's cult fosse stata americana, il buon Clint giovine di almeno 10 anni e si fosse candidato come presidente, la Director's forse avrebbe tradito la sua fede politica democratica (immaginaria, perché ancora deve rendere reale quella inglese e prima di tutto quella italiana) e avrebbe votato Clint. Perché lui non te le manda a dire, anzi, ti sputtana pure. Perché lui può. E a quanto pare pure Donald Trump può. A parte tanta stima per aver allontanato un bambino che frignava a una sua convention (caz°o portate un bambino alla convention del partito repubblicano, coppia di storditi?!?) - e la stima per Trump finisce qui - Trump dice quello che vuole. E il buon Clint dice che si sta smussando i marroni (ricordiamoci che le ha sempre quadre) con il politically correct. E' quel gran figlio di buona donna di Trump dice ogni strunz'ata che gli viene in mente, insultando a destra a manca, manco fosse il piccolo figlio di sultana di Cartman di South Park. O come dice un ex collega della Director's, un major cunt. Che tradotto letteralmente suona tipo 'topa atomica', ma che nel gergo inglese suona invece come gran figlio di puttana. Nel gergo della Director's suona tipo 'figlio di sultana con la topa atomica (in testa)'. In effetti fa tenerezza quando dice che se avessero armato le maestre nella scuola del massacro X non ci sarebbero stati così tanti morti - immaginatevi una scena epica alla Commando dove le maestre estraggono una 44 Magnum dalla giarrettiera, pronte a spare per salvare i bambini al cattivone fuori di testa di turno, fiiigo, eh? - o quando vuole costruire i muri per non fare entrare gli immigrati (mamma li mussulmani!!!), dando probabilmente dei giavellotti ai dipendenti immigrati  che puliscono i cessi della sua Trump Tower al minimo sindacale - un bel saltone e olè, pronti per iniziare il turno! Trump dice poi che aggiusterà tutto. Un po' come il Saratoga sigillone sigillante. Sultanate trumpiane a parte, Clint vede nell'uomo con la topa atomica in testa quello che la stragrande maggioranza degli americani non osa dire. E Clint lo dice con i suoi film. 

Clint Eastwood:smantellamento del sogno americano = Frank Capra: alla disillusione del New Deal. Che ci azzecca Clint Eastwood con Frank Capra? In teoria niente, in pratica molto. Frank Capra era il simbolo cinematografico del New Deal Roosveltiano - democratico e fino a ora l'unico ad aver avuto tre mandati - un po' l'antitesi del yes you can! di Obama. Certo che ce la puoi fare a riprenderti dalla crisi del 1929, certo che puoi ripartire da zero, c'è il New Deal che ti accoglie a braccia aperte! E i film di Frank Capra ne rappresentano il simbolo, con i suoi film ottimisti e pieni di grandi speranze. Grattando la patina di buonismo che permeano i film degli anni Trenta/Quaranta di Capra, si scopre invece un cinismo 'che mancu li cani', dove trionfa un ritratto di un'americana disillusa (e alcolizzata) che può dimenticare per un giorno la sua caduta in disgrazia, vergognandosi di dire alla figlia di essere diventata povera e mendicante (Lady for a Day), l'infelicità e le costrizioni sociali che soffocano una ricca borghese viziata, che conosce il vero volto America viaggiando on the road con un giornalista squattrinato (Accadde una notte), il marcio della politica da parte dell'onesto cittadino (ohibò, lo scopre a sue spese James Stewart in Mr. Smith va a Washington), oppure il capitalismo che spezza i sogni dell'americano idealista, ma frustrato (La vita è meravigliosa). Clint Eastwood fa lo stesso: prende i valori dell'American Dream e li smonta per bene. Soprattutto nei suoi ultimi film dove un vecchio incazzato si ritrova a condividere il quartiere con gli immigrati, facendo i conti con il suo razzismo, facendo valere il senso della giustizia e scoprendo una cultura diversa dalla sua (Gran Torino), oppure scavando nei meandri oscuri dell'americano difensore della patria, criticando i metodi 'illeciti dell'FBI  usati pur di proteggere il paese (J. Edgar); e osa sgretolare il mito pop di una delle band icone degli anni Sessanta, dove il sogno americano, dove lo 'yes you can'  ti presenta un conto salato fatto di disgregazione familiare, debiti di gioco e senso dell'onore da salvaguardare a ogni costo (Jersey Boys), fino allo smantellamento dell'americano 'duro e puro' che combatte per il suo paese, rimanendo intrappolato nelle turbe ossessive del conflitto in Iraq, perdendo tracce di umanità pur di servire il proprio paese (American Sniper). Entrambi i registi hanno vissuto sulla propria pelle la storia americana, raccontandone le storture. Tipo di cinema in cui involontariamente (o meno) un regista si espone in primo piano per offrire il suo punto di vista. Anche politico. E quello di Clint Eastwood non può essere che repubblicano, pur riconoscendo in toto tutte le falle del suo paese.

Rimane pur sempre coerente con la sua fede politica. Altri non lo fanno. Clint non si è strappato i capelli per Donald Trump, ma lo voterà probabilmente più per una fedeltà al partito che per il candidato in sé. Dice chiaramente che la Clinton si è arricchita facendo politica e non può rappresentare il paese fatto di pussy (fighette). Trump è milionario, ma i soldi non li ha grattati dai muri e - pur non essendo l'uomo che si è fatto da sé - si è costruito il proprio impero milionario. Ricorda un certo Cavaliere.... Clint non è un voltagabbana, cosa che invece lo si può dire della democratic Susan Sarandon, che voterà Trump, affermando che la Clinton 'le sta sulle pelle. Non a pelle, sulle pelle!' (cit.). 

La fottuta incapacità di discernere l'uomo artista dall'uomo politico.  Da ragazzina la Director's cult si rifiutò di vedere Captain Blood perché aveva scoperto che a Errol Flynn piaceva tanto giocare con le bambine, ignorando che era stato assolto e accusato ingiustamente. Persa l'occasione di vedere un film picaresco forse introvabile. Babba due volte. A noi, publico aficionados non deve interessare la vita privata di un artista, e soprattutto non deve fregare una cippa di chi vota o no alle prossime presidenziali. Mica Clint ci chiama per sapere se siamo di destra o sinistra (tu hai votato Obama? Il mio film non lo vedi!). Come dice il buon Kelvin di Solaris '... Criticarlo in base alla sua fede politica è talmente stupido... un po' come disconoscere il talento di Leni Riefenstahl solo perchè abbracciò il nazismo. Il buon Kelvin ha ragione da vendere, ed è praticamente 'silly' (sciocco per dindirindina!!!!) non guardare film come Il trionfo della libertà perché finanziato dal regime nazista, o Cabiria scritto da D'Annunzio (fascista) o La nascita di una nazione perché David Wark Griffith palesa nel suo film un profondo razzismo del profondo Sud. Siate sinceri o voi dell'intellighenzia di sinistra, come la prendereste il fatto che il buon Roberto Rossellini, colui che fu l'aetefice di Roma città aperta -  film simbolo del movimento neorealista (e partigiano) del dopo guerra -  in pieno regime fascista non si schierò contro e scrisse la sceneggiatura di Luciano Serra Pilota, sotto la supervisione del suo amico Vittorio Mussolini, figlio del Duce? Non ci deve interessare. Perché i film che hanno fatto la storia del cinema fanno parte di un percorso storico e politico ben preciso, rimanendone impregnato, dandoci la testimonianza di fatti storici e di epoche che valgono quanto un capitolo di storia. Film che soo capaci di farci capire l'evoluzione della società che stiamo vivendo. Società - reality show che si è evoluta in The Apprentice. Clint Eastwood è repubblicano, ma non si può negare la forza e la grandezza dei suoi film, mostrandoci il suo punto di vista da parte di una 'fazione' di politica made in America.

Contro la Pussy Generation. E mo' basta con sto' branco di fighette. Clint è Clint e può votare chi gli pare.Tanto il mondo è già in vacca di suo. E nel caso di una vittoria di Donald Trump, guardiamo il lato positivo: finalmente l'Italia non sarà più l'unico paese ad avere un presidente (del consiglio) imbarazzante. Anche se nel nostro caso ci servirebbero una trentina di figli di sultana con la topa atomica in testa per farci togliere il perenne imbarazzo.





giovedì 4 agosto 2016

FILMOGRAFIA: Will Smith



NOME:
Will Smith
NOME ALL'ANAGRAFE: Willard Christopher Smith Jr.
DATA DI NASCITA: 25/09/1968
LUOGO DI NASCITA: Philadelphia, Pennsylvania, Stati Uniti
PROFESSIONE: Attore, Produttore

ATTORE:

(2016) Suicide Squad - Deadshot
(2015) Zona d'ombra - Una scomoda verità - Dr. Bennet Omalu
(2015) Focus - Niente è come sembra - Nicky
(2013) After Earth - Dopo la fine del mondo - Cypher Raige
(2012) Men in Black 3 - Agente J
(2008) Sette anime - Ben Thomas
(2008) Hancock - Hancock
(2007) Io sono leggenda - Robert Neville
(2006) La ricerca della felicità - Christopher Gardner
(2005) Hitch - Lui si che capisce le donne - Alex 'Hitch' Hitchens
(2004) Shark tale - Oscar (voce)
(2004) Io, Robot - Detective Spooner
(2003) Bad Boys 2 - Mike Lowrey
(2002) Men In Black II - Agente J
(2001) Ali - Muhammad Ali
(2000) La leggenda di Bagger Vance - Bagger Vance
(2000) Men in Black Alien Attack - Agente J
(1999) Wild Wild West - James West
(1998) Nemico pubblico - Robert Clayton Dean
(1997) Men in Black - James Edwards
(1996) Independence Day - Il giorno della riscossa - Capitano Steven Hiller
(1995) Bad Boys - Mike Lowrey
(1993) Sei gradi di separazione - Paul
(1993) Made in America - Tea "Cake" Walters
(1992) I dannati di Hollywood - Manny
(1990) Willy, il principe di Bel Air (Serie Tv) - Will Smith

PRODUTTORE:

(2005) Hitch - Lui si che capisce le donne
(2004) The seat filler - produttore esecutivo
(2004) Io, Robot - produttore esecutivo
(2003) All of us (Serie Tv) - produttore esecutivo
(2002) Showtime - produttore esecutivo
(1990) Willy, il principe di Bel Air (Serie Tv) - produttore esecutivo

martedì 2 agosto 2016

MUSIC REVIEW: Aerosmith - Girls of Summer



Titolo: Girls of Summer
Band: Aereosmith
Attrici: Jaime Pressly, Nichole Robinson, Kim Smith
Regia: David Meyers
Durata: 4'03''


South Beach, California. Cronistoria di una pazza giornata di vacanza, che inizia alle 06.45 del mattino e e le 03.14. 
L'estate è la stagione dove tutto è permesso, anche una vacanza folle e divertente, soprattutto se sei in compagnia delle tue migliori amiche. 
Una ragazza (Jaime Pressley) scatta una polaroid a un ragazzo con la quale ha passato la notte e gli ruba i vestiti, per poi sbeffeggiarlo insieme alle sue due amiche (Kim Smith e Nichole Robinson). La bionda fanciulla è la più scatenata delle tre e insieme a loro rubano un bikini in un negozio, anche perché il commesso si fa accalappiare con un bacio e si fa fregare facilmente. 
Ma la bionda non è una facile, e guai ad azzardarti a farle un complimento pesante, anche perché potrebbe staccare loro il logo della Mercedes e portarselo a casa come un trofeo. Non puoi neanche cercare di sedurla facendo finta di essere super dotato, perché la bionda non ci impiega molto ad abbassarti il costume e far saltar fuori un calzino arrotolato.
E' un pericolo pubblico, mai andare in giro quando lei è nei paraggi su uno scooter. Soprattutto se la zona è vietata ai motorini. 
Tornate in albergo si rilassano con un bagno caldo, ma le ragazzacce alla fine sono brave e chiamano sempre i loro genitori per dire loro che stanno bene. Ma non che fanno baldoria.
La sera in compagnia delle amiche si cena insieme, ma forse era meglio controllare i prezzi, così non si è costrette a fuggire senza pagare il conto.
L'adrenalina della fuga bisogna scaricarla, e cosa c'è di meglio di una serata in discoteca? Ma non provateci con la bionda, non siate cafoni, se non volete uno schiaffo. 
Le ragazze finiscono la vacanza, ma come souvenir prendono (letteralmente) all'amo Steven Tyler degli Areosmith. Perché accontentarsi di una semplice cartolina?
Girls of Summer è un video diretto da David Meyers, ed è un inno alla spensieratezza e alla celebrazione di una vacanza da sballo, dove tutto è concesso, le regole si possono anche infrangere in nome del divertimento. Memore dei beach movies americani anni Ottanta dove la goliardia dilagava, Girls of Summer strizza anche un po' l'occhio a Sex and the City rappresentando queste ragazze belle e disinibite, che sprigionano la loro sensualità consapevoli della loro bellezza, senza dover per forza essere delle mangia uomini. Anche perché le ragazze vogliono solo divertirsi (come diceva un'altra celebre canzone).
Protagonista del video è Jaime Pressly, divenuta famosa per la serie TV My Name is Earl, ed è il personaggio più folle, ma anche quello con maggior temperamento.
Girl's of Summer degli Areosmith è un video leggero, divertente, la perfetta celebrazione dell'estate, dove non esistono i problemi, ma solo tanto, tanto divertimento. Chi non vorrebbe un'estate così?