domenica 31 agosto 2014

SPOT REVIEW: Dolce by Dolce & Gabbana


Nome: Dolce by Dolce & Gabbana
Italia, 2014
Testimonial: Kate King e Brenno Placido
Musiche: Ennio Morricone
Regia: Giuseppe Tornatore
Durata: 2'1'' (Director's Cut)

Il profumo dei limoni appena raccolti. Il sole che accarezza la Sicilia, con la sua lussureggiante campagna. Il profumo dei ricordi di un'infanzia,  il candore e l'innocenza di un vestito bianco.
Innocente come l'amore, che sboccia come un amarillis bianco. Bianco come il vestito che indossa una giovane e splendida donna (Kate King), che ricorda la meravigliosa Angelica del Gattopardo. E il suo Tancredi (Brenno Placido) è lì, su una scala a raccogliere i limoni. Lui vede lei, lei non lo nota. Ma lui vuole omaggiare la sua bellezza con un fiore, e manda un messaggero di eccezione per portarle quel piccolo gesto d'amore.
Dolce by Dolce & Gabbana è l'ultima creazione degli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana. E per l'occasione Dolce riprende il profumo dei ricordi di Domenico Dolce e della sua Sicilia, dove la fragranza di Dolce by Dolce & Gabbana è perfetta per documentare un amore che sboccia tra il profumo dei limoni che si raccolgono in un'afosa, ma splendida giornata di sole. A incorniciare questo amore che sta nascendo è la splendida Villa Eleonora Nicolaci Vadodara, che ricorda la magione del Gattopardo, meraviglioso film diretto dall'immenso Luchino Visconti.
Dolce by Dolce & Gabbana è diretto con la solita maestria ed eleganza da Giuseppe Tornatore, ormai collaboratore storico del duo fashion. Le splendide musiche sono di Ennio Morricone, che trasformano Dolce by Dolce & Gabbana da un semplice spot di profumi a un cortometraggio senza tempo. Proprio come lo era il Gattopardo.

MUSIC REVIEW: California




Titolo: California
Cantante: Lenny Kravitz.
Regia: non pervenuto.
Durata: 2'38''

Sembra che in California non ci sia mai l'inverno. C'è sempre il sole in California. E' l'estate in California è cool. Specialmente se sei un adolescente e vivi l'attimo con i tuoi migliori amici, senza problemi, senza preoccupazione. Per quello ci sono gli adulti a preoccuparsene.
L'estate in California è girovagare lungo le strade con lo skateboard fino al tramonto, dove le palme incorniciano lo splendido panorama made in USA. 
I compiti che barba, la scuola non è ancora iniziata, il tempo è meglio impiegarlo in compagnia suonando la chitarra e mangiando una fetta di pizza, smaltendola cavalcando le onde con una tavola da surf. Perché la giovinezza è una sola, e bisogna viverla fino in fondo. E quando se non in estate?
Il videoclip California di Lenny Kravitz è un inno alla spensieratezza tipica della gioventù, fatta di amicizia, ed esperienze, dove c'è spazio solo per il divertimento e il relax. E magari ci scappa anche un bacio fugace...
California è una perfetta canzone estiva, e il videoclip ne ritrae lo spirito vacanziero che incita a divertirsi ascoltando buona musica (suonata dal buon Lenny, ovviamente), ballare e vivere la giovinezza come qualcosa di unico e speciale. Giovinezza baciata dal sole californiano, facendo diventare quei momenti da ricordare con nostalgia quando la vita adulta ti travolge e non ti fa più assaporare l'incoscienza dei "dolci" 16 anni.

sabato 30 agosto 2014

IL CIRCOLO DI CUCITO: Brad & Angie sposi

Finalmenbte i Brangelina si sono accasati! 
I media ci hanno sbomballato per anni con il loro matrimonio: ci sposiamo se lo faranno anche le coppie gay (taaac, fatto nella maggior parte del Mondo, abbastanza per farvi capitolare), ci sposiamo se lo facciamo in Francia (taaac, fatto anche questo), ci sposiamo perché lei è mezza moribonda  e invece sta felice come una vispa Teresa (taacc, avrà fatto le corna per un mese). Insomma, alla fine ci sono cascati anche loro, manco Johnny Depp ci era cascato con Vanessa Paradis (e infatti ci ha impiegato meno fatica a mollarla per Amberd Heard).
Ora in gran segreto, neanche fossero sotto la protezione dell'MI6 e di James Bond in persona, i Brangelina (ormai chiamarli Brad Pitt e Angelina Jolie è superfluo, sono una cosa sola!) hanno detto il fatidico sì.
Lui ha mezzo secolo ma è ancora un figo da paura, lei ha nascosto una carriera imbarazzante (presto ci allieterà con il seguito di Salt...) diventando la madre Teresa di Hollywood. Sono praticamente perfetti da poter posare loro stessi nel museo di Madame Tussaud. Belli e impegnati. E ora anche sposati!
Il segreto è svelato: Ma il segreto, nel mondo delle zabette, dove si vive di pane e gossip e si respirano i cavoli altrui a pieni polmoni, specialmente se i cavoli sono coltivati dai VIP, è stato svelato in un battibaleno. Come? Alla prima londinese di Fury, il nuovo film di Brad Pitt in Jolie (tanto lo sappiamo che è lei a portare i pantaloni in casa),i paparazzi  hanno zoomato alla grande sul suo anulare e toh, cosa ci abbiamo trovato? Un anello, ebbene sì, la fede nuziale! 
Il mistero dell'abito di Angie: manco fosse il quarto segreto di Fatima da svelare al  mondo intero, pare che Angie abbia usato l'abito di mammà per coronare il suo sogno di amore con Brad, nato sul set di Mr. and Mrs. Smith, quando lui era ancora accasato con una certa Jennifer Aniston (ops! Che, per la cronaca, non si è ancora sposata con Justin Theroux: cornuta e mazziata due volte).
Il luogo: pare che sia stato celebrato in Francia a Chateau Miraval, dove i Brangie (abbreviamo per comodità) hanno una magione dove passano del tempo loro e i 6 bambini adottati/sfornati. Ma è talmente segreto che potrebbe essere stato anche il giardino dietro casa a Hollywood.
In ogni caso, Jen, fattene una ragione, e anche noi, che ancora vediamo nell'interprete di Bastardi senza gloria un bel 50enne da spupazzare.
Congratulazioni agli sposi!

giovedì 28 agosto 2014

RECENSIONE: Amore a mille... Miglia

 *Il fascino indiscreto di una recensione retrò*


Titolo: Amore a mille... Miglia 
Titolo originale: Going the Distance 
USA, 2010 
Cast: Drew Barrymore, Justin Long, Christina Applegate, Jason Sudeikis, Charlie Day, Ron Livingston.
Sceneggiatura: Geoff La Tulipe.
Regia: Nanette Burnstein.
Durata: 100'  


Erin (Drew Barrymore) ha 32 anni e dopo il fallimento di una storia d'amore, decide di riprendere gli studi e diventare una giornalista, lavorando come stagista presso una testata di New York. 
Garrett (Justin Long) lavora in una casa discografica ed è stato lasciato dalla sua ragazza. Complice una giornata da dimenticare al giornale per Erin, e la voglia di stare meglio insieme a suoi amici Box (Jason Sudeikis) e Dan (Charlie Day) per Garrett, i due si incontrano, o meglio si scontrano, finendo per passare insieme la serata. 
Quella che doveva essere un'avventura si trasforma in una relazione, ma il destino è in agguato: Erin deve ritornare a San Francisco una volta terminato il praticantato e ha solo sei settimane per passare del tempo con Garrett. Così decidono di avere una relazione a distanza... 
Amore a mille... Miglia è il primo lungometraggio della documentarista Nanette Burnstein e per il suo debutto sceglie la commedia romantica, cercando però di evitare di rimanere intrappolata dai soliti cliché che il genere impone. E lo fa puntando su un taglio documentaristico: Erin e Garrett vengono “seguiti” durante le giornate sulla spiaggia, in barca con gli amici, giorno per giorno, "studiando" la loro relazione che nasce, si evolve e poi prende una piega inaspettata. Perché entrambi vogliono carriera e amore. Ma per ottenere i "sogni di gloria", devono vivere separati, rischiando la relazione. Ma se stanno insieme, addio carriera agognata. Provano l'opzione della relazione a distanza, anche perché il mondo del lavoro è competitivo, e senza il lavoro, due cuori da soli non bastano se non hai una capanna per ospitarli.
Entrambi hanno dei mestieri cool, ma non vivono una vita patinata e privilegiata che di solito si vede in tante pellicole tipo Come farsi lasciare in dieci giorni: per la prima volta viene mostrata la difficoltà di trovare un impiego, il desiderio di indipendenza, la frustrazione derivata da lavori temporanei, la crisi del lavoro, la mancanza di soldi per poter viaggiare e la volontà di vivere una storia d'amore nonostante la presenza di innumerevoli ostacoli dovuti alla distanza. Può la distanza far durare un rapporto? . 
Il personaggio di Erin sogna di vivere a New York, ma è costretta a vivere dalla sorella Corinne (Christina Applegate), casalinga nevrastenica e fissata con la pulizia. Come se non bastasse Erin è testarda, disinibita, con un linguaggio da camionista (esilarante la scena in cui ubriaca, insulta un ragazzo palestrato e lo invita a vedere insieme Trasformers…). E soprattutto vorrebbe conciliare le sue ambizioni con la sua storia d'amore.
Garrett invece è un ragazzo un po’ immaturo, tendente al melenso, che non ha il coraggio di cambiare la sua vita e vive insieme allo svitato Dan, accettando suo malgrado una relazione via skype e telefonate interminabili. 
La prima parte del film è brillante e scoppientante da sembrare una commedia sofisticata, ma politically incorrect, infarcita di scambi di battute al vetriolo e dialoghi brillanti, dove i momenti esilaranti non mancano (come la scena in cui Erin e Garrett vengono sorpresi a fare l’amore sul tavolo da Corinne e dal marito, che assiste la scena mentre mangia di nascosto); la seconda parte finisce ovviamente per virare nel romanticismo e seppur con qualche tempo morto, affrontando le problematiche legate alla distanza e alle difficoltà di coniugare il lavoro con l’amore. Soprattutto quando bisogna scendere a compromessi pur di riuscire a mantenere un equilibrio tra sentimenti, famiglia e carriera. 
Bravi gli interpreti, soprattutto Charlie Day e Christina Applegate. 

Amore a mille…Miglia è una commedia romantica gradevole, divertente e leggera, dove le risate non mancano.


Voto: 7
A.M.

lunedì 25 agosto 2014

GOODBYE: Addio a Richard Attemborough


Mese bruttissimo: dopo Robin Williams e Lauren Bacall, anche sir. Richard Attemborough ci lascia. Aveva 90 anni. Nato a Cambridge il 29 agosto del 1923, dopo gli studi alla Royal Academy of Dramatic Arts debuttò al cinema nel 1942 in Piccole Volpi di William Wyler. 
Dopo una lunga carriera nel teatro, diventando l'astro del West End londinese, vinse il premio Oscar per Ghandi, nel 1982. Nel 1985 diresse Michael Douglas nel musical A Chorus Line, mentre nel 1992 diresse il biopic Charlot con Robert Downey Jr.. 
Diresse il suo ultimo film nel 2007, Closing the Ring, preferendo la carriera di attore, che include successi come Jurassic Park (1993), Elizabeth (1998), Hamlet (1996) e The Snow Ring (2007).
Nel 2011 si ritirò dalle scene, diventando ambasciatore dell'Unicef.
Un pezzo di teatro inglese se n'è andato.

ROBIN WILLIAM TRIBUTE: Toys - Giocattoli

La CarpeDiem Blogghers oggi celebra un artista a 360° che ci ha lasciato questo mese: Robin Williams. Fu un vero mattatore eclettico. dall'alieno Mork nella serie TV Mork & Mindy, al mitico professor Keating de L'attimo fuggente, dal DJ di Good Morning Vietnam, dottore in Risvegli e in  Patch Adams, allo psicologo di Will Hunting - Genio ribelle e tanti altri memorabili ruoli. Director's cult lo vuole ricordare nei panni dello stralunato collaudatore di giocattoli Leslie Zevo in Toys-Giocattoli.


Ciao Robin!






Titolo: Toys - Giocattoli
Titolo originale : Toys
USA, 1992
Cast. Robin Williams, Michael Gambon, Joan Cusack, Robin Wright, LL Cool J.
Sceneggiatura: Valerie Curtin, Barry Levinson.
Regia: Barry Levinson.
Durata: 115'

Kennet Zevo (Donald O'Connor) lascia in eredità la sua fabbrica di giocattoli al fratello Leland (Michael Gambon), generale in procinto di andare in pensione; perché ritiene i figli Leslie (Robin Williams) e Alsatia (Joan Cusack) ancora troppo immaturi per gestire la Zevo Toys. Ma lo spirito guerrafondaio di Leland prenderà il sopravvento, trasformando la fabbrica in un progetto militare top secret.
Possono i giocattoli diventare da semplice oggetto ludico per bambini, in un oggetto di violenza? Sì se si decide di trasformare la pacifica azienda di giocattoli Zevo Toys, un universo fatato lontano dal mondo reale, in una specie di campo militare.
La Zevo Toys sembra un mondo fatato dove gli impiegati lavorano felici al tempo della musica, dove il clima è gradevole e non c'è la smania di produrre tutto e subito. 
Ma con l'arrivo di Leland Zevo e la supervisione per la sicurezza a cura di suo figlio Patrick (LL Cool J) la musica cambia: niente più relax, ritmi di produzione standardizzati e a tratti alienanti, un po' come accadeva al buon Charlot in Tempi moderni. 
Gli impiegati vengono schedati, vengono perquisiti, e soprattutto non hanno più un posto adatto né per lavorare, né per la pausa pranzo, da quando Leland Zevo ha bisogno di "più spazio".
Per cosa? Per costruire il suo folle progetto: usare i giocattoli per costruire "una piccola grande armata", pilotata da ragazzini che non capiscono la differenza tra un videogioco e una missione. Ma Leslie, la sua fidanzata Gwen (Robun Wright) e Alsatia decidono di combattere con i giocattoli rimasti, combattendo ad armi impari, ma ribadendo il diritto di preservare l'infanzia dalle brutture del mondo. Perché un gioco a volte è una compagnia, un gioco a volte fa parte del processo di crescita di un bambino. Perché un gioco ha un valore di innocenza e divertimento, non di violenza.
Toys - Giocattoli lancia un monito riguardo la futura generazione di bambini, che abbandonerà un mondo colorato come quello voluto e costruito da Kenneth Zevo per lasciare spazio all'alienazione di uno schermo, dove si confrontano le capacità di coordinazione mano-occhio richieste dai videogiochi. E così è avvenuto nella infanzia 2.0 del Ventunesimo secoo, dove i bambini di oggi sono protagonisti assoluti dei social network per mano dei genitori, e imparano prima a usare un I-pad e poi a camminare, così lontano da i "bambini che furono" che si divertivano all'aria aperta anche solo con una palla. 
Mondo a cui tiene Leslie e sua sorella Alsatia, che sono due Peter Pan mai cresciuti, in parte anche per colpa del  padre, che li ha fatti nascere e crescere in questo mondo edulcorato che strizza l'occhio a Magritte, tenendoli al sicuro nella bambagia da malvagità di un mondo cinico.
Torpore scosso dallo zio Leland, in cerca di riscatto sia in ambito militare, che in ambito familiare, con quel padre generale che gli mostra con orgoglio e compiacimento le sue quattro stelle, contro le tre del figliolo poco prodigo con studi accademici inglesi che gli hanno difettato la pronuncia yankee. Così come è in cerca di riscatto Leslie, che inizialmente è inerme e inetto di fronte le manipolazioni psicologiche dello zio, lasciandolo in balia delle sue smanie di potere. 
Ma se Leland fallisce nel suo tentativo, Leslie si dimostrerà capace di ribellarsi imbastendo una sorta di lotta "Davide contro Golia" con i suoi amati giocattoli, perché in fondo in ogni adulto risiede un fanciullino, e quello di Leslie è ancora lì pronto a salvare il suo mondo fatto di sensibilità e immaginazione.
Barry Levinson racconta una favola divertente, anche se tende a rovinarla con una regia un po' sciatta (soprattutto nelle scene di "azione" tra Leland e i sovversivi Leslie e compagine), mescolando un po' di commedia, satira, elementi di romanticismo, facendo di Robin Williams il mattatore e entertaiment per eccellenza, che anche questa volta è stato capace di offrire una performance brillante, sostenuto da un ottimo cast capitanati da Michael Gambon e Joan Cusack, dolce e stralunata Menzione speciale per le splendide e colorate scenografie di Ferdinando Scarfiotti, che ha scatenato la fantasia e l'immaginazione creando un posto magico in cui tutti vorrebbero viverci almeno una volta nella vita..
Toys-Giocattoli di Barry Levinson può essere vista come una parabola antimilitarista, ma sotto la patina di colori pastello, bolle di sapone e giacche parlanti (inventata dall'attore Giancarlo Giannini), nasconde il monito della necessità di un mondo puerile ed edulcorato, dove far rimanere intatta l'innocenza dei bambini.

Voto: 7

Hanno collaborato:
Bollalmanacco - Al di là dei sogni
Montecristo - Il mondo secondo Garp
Whiterussian vs Pensieri Cannibali - Hook
Scrivenny - La leggenda del re pescatore
Non c'è paragone - Good Morning Vietnam
Combinazione casuale - Jumanji
Pietro (il nome del blog qual è? XD) - Flubber
Recensioni Ribelli - L'attimo fuggente
Solaris - L'uomo bicentenario
La fabbrica dei sogni - One Hour Photo
Viaggiando (Meno) - The Angriest Man in Brooklin
In Central Perk - Will Hunting - Genio ribelle 



venerdì 22 agosto 2014

FILMOGRAFIA: Lauren Bacall





NOME: Lauren Bacall
ALL'ANAGRAFE: Betty Joan Perske
DATA DI NASCITA: 16/09/1924
DATA DI MORTE: 12/08/2014
LUOGO DI NASCITA: New York City, New York, Stati Uniti
PROFESSIONE: Attrice






ATTRICE:
(2012) Love, Marilyn - I diari segreti - Se stessa
(2010) Firedog - Posche (voce)
(2010) Wide Blue Yonder - May
(2010) Carmel -
(2008) Scooby-Doo and the Goblin King (Video) - Strega (voce)
(2008) Eve - Grandma
(2007) The Walker - Natalie Van Miter
(2006) These Foolish Things - Dame Lydia
(2005) Manderlay - Mam
(2004) Birth - Io sono Sean - Eleanor
(2004) Il castello errante di How - Strega del Waste (voce)
(2004) Amália Traïda - Annunciatrice Tv
(2003) Dogville - Ma Ginger
(2003) The Limit - May Markham
(1999) Presence of Mind - Mado Remei
(1999) The Venice Project - Countess Camilla Volta
(1999) Diamonds - Sin-Dee
(1999) Madeline: Lost in Paris - Madame Lacroque (voce)
(1999) Too Rich: The Secret Life of Doris Duke (Film tv) - Doris Duke
(1998) Chicago Hope (Episodi Tv: Risky Business, Absent Without Leave) - Samara Visco Klein
(1997) Le jour et la nuit - Sonia
(1996) Fuga dalla Casa Bianca - Margaret Kramer
(1996) L'Amore ha due facce - Hannah Morgan
(1995) From the Mixed-Up Files of Mrs. Basil E. Frankweiler (Film Tv) - Mrs. Basil E. Frankweiler
(1994) Prêt-à-Porter - Slim Chrysler
(1993) A Foreign Field - Lisa
(1993) The General Motors Playwrights Theater (Episodio Tv: The Parallax Garden) -
(1993) Ritratti (Film Tv) - Fanny Church
(1991) Caro Babbo Natale - Lillian Brooks
(1991) A Star for Two -
(1990) Misery non deve morire - Marcia Sindell
(1990) The Real Story of the Three Little Kittens (Video) - Freezelda (voce)
(1990) A Little Piece of Sunshine (Film Tv) - Beatrix Coltrane
(1989) Pranzo alle otto (Film Tv) - Carlotta Vance
(1989) Tree of Hands - Marsha Archdale
(1988) Mr. North - Mrs. Cranston
(1988) Appuntamento con la morte - Lady Westholme
(1981) Un'ombra nel buio - Sally Ross
(1980) HealtH - Esther Brill
(1979) The Rockford Files (Episodi Tv: Lions, Tigers, Monkeys and Dogs: Part 1, Lions, Tigers, Monkeys and Dogs: Part 2) - Kendall Warren
(1978) Perfect Gentlemen (Film Tv) - Mrs. Lizzie Martin
(1976) Il pistolero - Bond Rogers
(1974) Assassinio sull'Orient Express - Mrs. Hubbard
(1973) Applause (Film Tv) - Margo Channing
(1966) Detective's Story - Mrs. Sampson
(1965) Polvere di stelle (Episodio Tv: Double Jeopardy) - Amanda/Barbara
(1964) Donne v'insegno come si seduce un uomo - Sylvia Broderick
(1964) Mr. Broadway (Episodi Tv: Something to Sing About, Take a Walk Through a Cemetery) - Barbara Lake
(1964) Elettroshock - Dr. Edwina Beighley
(1963) Dr. Kildare (Episodio Tv: The Oracle) - Virginia Herson
(1963) The DuPont Show of the Week (Episodio Tv: A Dozen Deadly Roses) - Lorraine Boswell
(1959) Frontiera a Nord-Ovest - Catherine Wyatt
(1958) Dono d'amore - Julie Beck
(1957) La donna del destino - Marilla Brown Hagen
(1956) Come le foglie al vento - Lucy Moore Hadley
(1956) I giganti uccidono - Ragazza vicino all'asensore
(1956) Blithe Spirit (Film Tv) - Elvira Condomine
(1956) Ford Star Jubilee (Episodio Tv: Blithe Spirit) - Elvira Condomine
(1955) Oceano rosso - Cathy Grainger
(1955) La tela del ragno - Meg Faversen Rinehart
(1954) Producers' Showcase (Episodio Tv: The Petrified Forest) - 1955
(1954) Il mondo è delle donne - Elizabeth Burns
(1953) Come sposare un milionario - Schatze Page
(1950) Le foglie d'oro - Sonia Kovac
(1950) Chimere - Amy North
(1948) L'isola di corallo - Nora Temple
(1947) La fuga - Irene Jansen
(1946) Il grande sonno - Vivian Rutledge
(1945) L'agente confidenziale - Rose Cullen
(1944) Acque del sud - Marie "Slim" Browning

martedì 19 agosto 2014

NOTTE HORROR: Profondo rosso







Notte Horror oggi vi allieta con la visione di Profondo Rosso, il capolavoro di Dario Argento. Buona visione.


Titolo: Profondo rosso
Italia, 1975
Cast: David Hemming, Daria Nicolodi, Clara Calamai
Sceneggiatura: Dario Artgento, Bernardino Zapponi.
Regia: Dario Argento.
Durata: 126'

Una bambola, simbolo del gioco e dell'innocenza si trasforma nel sentore di una morte annunciata: una medium (Sacha Meril) viene uccisa e il pianista Marc Daly (David Hemmings) assiste al suo omicidio. Ma non fa in tempo a salvarla, e riesce a intravedere un'ombra che potrebbe essere quella dell'assassino. Marc suo malgrado viene coinvolto nelle indagini, che effettua insieme alla giornalista Gianna (Daria Nicolodi), cronista d'assalto alla ricerca del pezzo da prima pagina.
Profondo Rosso è ormai il cult movie per eccellenza per tutti gli amanti del genere trhiller/horror, se non uno dei film più famosi del cineasta romano Dario Argento.
Argento mette in moto un "dispositivo" a orologeria ben oliato, con tutti i meccanismi che funzionano alla perfezione: dalle lunghe carrellate, ai piani sequenza, alla cura della fotografia, il tutto ben bilanciato dalle splendide musiche dei Goblin, che danno quel tocco di suspence tipico del thriller.
Memore della lezione di Mario Bava (che sapeva coniugare perfettamente tecnica registica con atmosfere inquietanti), Argento sceglie la casa, luogo sicuro per eccellenza, come teatro di sangue dove si svolgono gli omicidi del serial killer che uccide una medium, e poi cerca di eliminare tutte le persone che sono coinvolte nel mistero che stava per rivelare.
Non pago, il cineasta romano attinge a piene mani alle atmosfere hitchcockiane prendendo in prestito lo stile di suspence tipico del maestro inglese, per creare attesa e ansia nello spettatore. Luci spente, rumori, i passi dell'assassino, e quel primo piano del guanto di pelle nera indossato dal killer, pronto a entrare in azione.
Così come ci si sente in preda all'angoscia nel vedere Marc che suona il  piano, e l'assassino che entra in casa, o la padrona di casa della villa "maledetta" che cerca di difendersi con il ferro della maglia, e uccide accidentalmente il merlo, per poi soccombere senza speranza alla furia omicida dell'assassino, cercando con le ultime forze,  di scrivere il nome di chi le ha fatto del male.
Argento mescola le carte e la trama del film è tessuta come la tela di un ragno, che disorienta lo spettatore a partire dalla scena iniziale, con quella musica/cantilena e l'ombra di una mano che agita un coltello, pronta a infierire su una fantomatica vittima. 
A distendere i toni però ci pensa la liason appena accennata tra Marc e Gianna, donna forte e sarcastica che sembra modellata sulle giornaliste d'assalto alla Rosalind Russell (memore di essere stata la "girl friday" di Cary Grant  ne "La signora del venerdì").
Marc e Gianna si seducono a colpi di battute, uniti nel cercare la verità, diventando detective loro malgrado. Perché si tratta pur sempre di un giallo a tinte horror, a tinte rosse come il sangue. 
E il sangue scorre a fiumi, con coltellate, vetri rotti che diventano armi mortali, in nome di un passato inquietante da difendere a tutti i costi. E Argento riesce con maestria a dilatare i tempi, dosando con attenzione le scene cruente e gore, arrivando a trovare il bandolo della matassa negli ultimi 10 minuti, scavando (come fa Marc nella villa degli orrori che trova la chiave del mistero su una parete) nella psicologia dei personaggi, creando dei perfetti mostri colmi di dolore e di instabilità mentale.
Profondo rosso è un gioiellino di suspence, trhiller, noir e giallo all'italiana, dove Roma è la cornice ideale per la vita da bohémien del protagonista, trasformandola improvvisamente in un luogo di morte dove il rosso del sangue la fa da padrona. 
Anche se a distanza di 39 anni gli effetti horror sembrano più da grand guignol e risentono il peso dell'età, a quasi 40 anni è comunque ancora un film godibile che tiene incollato lo spettatore, che si lascia travolgere e spaventare da questo noir girato con grande mestiere, tale da far sfigurare gli horror americani degli anni 2000.

Voto: 8





martedì 12 agosto 2014

GOODBYE: Addio a Robin Williams



L'attore Robin Williams è stato trovato morto nella sua casa di Tiburon, in California alle ore 21.00 italiane. La polizia sospetta che si tratti di suicidio. Da tempo l'attore soffriva di una grave forma di depressione e recentemente era ricoverato in una clinica per non cadere nuovamente nel baratro di alcol e droghe, demoni del suo passato.
Williams esordì nel 1978 nella sit come Mork e Mindy, nei panni del marziano Mork, che entra a contatto con il mondo umano grazie alla simpatica Mindy, avviando una strampalata convivenza. 
Mork e Mindt fu un successo clamoroso che gli aprì le porte di Hollywood: Popeye (1980) di Robert Altman, Il mondo secondo Garp (1982), Mosca a New York (1984). 
Ma la svolta avvenne con Good Morning Vietnam (1987) di Barry Levinson, che lo consacrò come re della commedia, ricevendo la sua prima nomination agli Oscar per il ruolo di un militare in Vietnam che diventa deejay per la radio dell'esercito. 
La versatilità di Williams fu tale da eccellere anche come attore drammatico, ricevendo la seconda nomination per il ruolo del professor Keating in L'attimo fuggente (1989), dove il suo spirito iconoclasta si sposa alla perfezione con questo professore  fuori dagli schemi che combatte le rigide regole di un liceo conservatore.
Nel 1990 fu accanto a Robert De Niro in Risvegli, e soprattutto fu un grande "lucido pazzo" ne La leggenda del re pescatore di Terry Gilliam, nelle vesti di un professore di storia medievale in preda a un esaurimento nervoso alla ricerca del sacro Graal
Nel 1992 Spielberg lo volle per il ruolo di Peter Pan cresciuto e divenuto adulto, ma che riscopre il fanciullino che c'è in lui facendo ritorno all'Isola che non c'è in Hook, a fianco di Dustin Hoffman nel ruolo di capitan Uncino. ù
In Toys di Barry Levinson, è il bizzarro Leslie Zevo, creatore di giocattoli che ingaggia una "guerra" contro lo zio che ha trasformato la fabbrica di giocattoli del padre in un laboratorio per piccoli guerrafondai in erba.
One man show in Mrs Doubtfire (1993) nei panni en travesti di una nanny che cerca di stare insieme ai suoi figli, film che conferma la capacità di Williams di scegliere sempre ruoli eccentrici o fuori dagli schemi.
Era anche un ottimo attore drammatico: lo dimostra la vittora del suo primo e unico Oscar per Will Hunting-genio ribelle (1997) nei panni drammatici di uno psicanalista che segue il genio ribelle del titolo, ovvero Will Hunting, diventando il suo mentore e guida.
Robin Williams aveva la capacità di passare da ruoli brillanti come Fubber-Un professore tra le nuvole a ruoli drammatici e noir come One Hour Photos (2002) di Mark Romanek dove interpreta il commesso di un grande magazzino ossessionato da una famiglia che appare perfetta nelle foto che sviluppa, arrivando a perdere il lavoro e a meditare vendetta quando scopre che la famiglia da lui tanto adorata ha delle "pecche" all'interno.
In Insomnia (2002) di Christopher Nolan è uno scrittore dalla dubbia moralità accusato di omicidio, mentre nello spassoso Eliminate Smoochy (2002) di Danny De Vito è uno spettacolare presentatore televisivo di uno show per bambini che viene licenziato perché prende le bustarelle dai genitori per far inquadrare i loro bambini, e medita vendetta contro Smoochy, pupazzo interpretato da un angelico Edward Norton che gli ruba la scena e la ex fidanzata.
Nel 2006 è al fianco di Ben Stiller in Una notte al museo, dove veste i panni di Teddy Roosvelt. Panni che vestirà nuovamente nel 2009 in Una notte al museo 2, mentre il terzo capitolo arriverà postumo nel 2014.
Gli anni 2000 lo videro meno alla ribalta, ma riuscì ugualmente a recitare in film di discreto successo come The Butler (2013) e The Big Wedding (2013).
Un pezzo di commedia americana se n'è andato per sempre.

sabato 9 agosto 2014

RECENSIONE: Noi credevamo



Titolo: Noi credevamo
Italia, 2010
Cast: Luigi Lo Cascio, Francesca Inaudi, Toni Servillo, Luca Zingaretti, Edoardo Natoli, Andrea Bosca, Luigi Pisani
Sceneggiatura: Giancarlo De Cataldo, Mario Martone
Durata: 170'

Angelo (Andrea Bosca), Domenico (Edoardo Natoli) e Salvatore (Luigi Pisani) sono tre ragazzi del Sud che decidono di reagire alla repressione borbonica dopo i moti del 1828, affiliandosi alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini (Toni Servillo).
Attraverso cinque episodi si assisterà al destino dei giovani rivoluzionari, immersi in uno spirito di sacrificio, clandestinità, pene detentive e omicidi, ma soprattutto un forte senso di disillusione.
Domenico è il più idealista del gruppo, e una volta diventato adulto (Luigi Lo Cascio), sarà il testimone degli eventi storici che sfoceranno nel Risorgimento, fino all’Unità di Italia.
Due ore e cinquanta minuti per raccontare quarant’anni di storia, un progetto ambizioso per farci capire un’Italia oggi bistrattata, ma un tempo così amata da chi voleva una vita libera dall’oppressione.
L’Italia ritorna in questa occasione a essere un crogiuolo di dialetti, di conflitti tra Nord e Sud, di disparità sociali tra la classe nobiliare e quella popolana.
Loro credevano di vivere un’Italia migliore. Loro credevano di vincere i soprusi e l’attanagliamento dei regimi totalitari. Loro credevano di cambiare l’Italia, di dissipare le disuguaglianze tra Nord e Sud (che ancora oggi persistono), ma si sono trovati in mano il fallimento di un progetto che animava molti italiani.
Passato e un pizzico di presente si mescolano ed è sconfortante constatare che l'Italia è un paese nato con un'anomalia genetica, con problematiche mai risolte nel corso dei secoli, facendo risultare vano il sacrificio di molti ragazzi che speravano, sognavano e soprattutto lottavano.
Martone analizza gli eventi dei moti carbonari, dell’attentato a Napoleone III, gli anni della detenzione subita dai patrioti, soffermandosi su Mazzini e mettendo sullo sfondo Garibaldi, tralasciando totalmente Cavour, le cinque giornate di Milano, lo sbarco dei mille e l’unificazione dell’Italia, preferendo invece mostrare lo stivale italico un anno dopo tale conquista.
Martone non fa una summa, né un bigino scolastico, ma si concentra su questi eventi per mostrare la voglia di cambiare di questi giovani trasformatasi in forza distruttiva e violenta, frutto della disperazione, degli errori commessi e della sofferenza della mancanza di libertà, sacrificata in nome di qualcosa, quel qualcosa che doveva far cambiare in meglio il proprio paese.
Se dal punto di vista narrativo è ineccepibile, Martone manca nella tecnica: lontano anni luce alla regia di ampio respiro di Luchino Visconti, o del più contemporaneo Giuseppe Tornatore, il regista napoletano crea una messa in scena di stampo teatrale, girata purtroppo con i mezzi di una fiction (accentuata da habituè del genere come Luca Zingaretti e Guido Caprino), tale da far pensare di essere perfetta per un progetto parallelo per la televisione, come aveva fatto Marco Tullio Giordana per Sangue pazzo e Roberto Faenza con I viceré, anche per renderlo più esaustivo dal punto di vista storico.
Fortunatamente però non si assiste a un riassunto, anzi, la materia trattata è ricca, appannata però da questo stile di regia che tende a riprendersi verso l’ultima parte con l’uso di macchine a mano e carrellate, conferendo finalmente la giusta azione consona agli eventi narrati.
Ottima comunque la ricostruzione storica curati i costumi e le scenografie, peccato però per la regia così statica.
L’azione infatti è ridotta ai minimi termini, per lasciare spazio a campi lunghi che mostrano la bellezza dell'Italia, e i lunghi dialoghi ricchi di ideologia politica e sogni infranti, che però non annoiano.
Mario Martone comunque è un ottimo direttore di attori e infatti è un film totalmente retto sulle spalle dei protagonisti, tra cui spicca un intenso Luigi Lo Cascio, così efficace nell’esprimere la forza delle sue ideologie e il suo totale sconforto e sofferenza una volta arrivato il fallimento. Francesca Inaudi è il personaggio femminile di spicco, la sua Cristina di Belgiojoso è resa con un’anima pasionaria, in contrapposizione ad Anna Bonaiuto nelle vesti di Cristina divenuta ormai una donna matura, ormai disillusa e riappacificata con i propri demoni.
Buona prova di attori per i tre giovani Natoli, Bosca e Pisani che danno la giusta dose di incoscienza ai loro patrioti, così come Toni Servillo crea un Mazzini sofferente e reazionario.
Noi credevamo è l’epopea di una grande sconfitta, ma allo stesso tempo la rappresentazione di una generazione fulgida di rabbia, forza e vigore che ha lottato per far prevalere i propri diritti. Da vedere per ritrovare il rispetto per una patria che ha conosciuto il sacrificio e l’idealismo, valori purtroppo oggi dimenticati.
Voto: 7,5

martedì 5 agosto 2014

FILMOGRAFIA: Lupita Nyong'o




NOME:
Lupita Nyong'o
DATA DI NASCITA: 1° marzo1983
LUOGO DI NASCITA: Città del Messico, Messico
PROFESSIONE: Attrice, Produtrice,
Regista


ATTRICE:
(2014) Non-stop - Gwen
(2013) 12 anni schiavo - Patsey
(2009-2012) Shuga (Mini-serie Tv) - Ayira
(2008) East River (corto)

PRODUTTRICE:
(2009) In My Genes (Video-documentario) - produtrice esecutiva

REGISTA:
(2009) In My Genes (Video-documentario)

lunedì 4 agosto 2014

NEWS: Studio Ghibli work in progress



Lo studio Ghibli è in crisi, è innegabile. Però non ha chiuso i battenti, è solo in una fase di transizione.
Hayao Miazaky si è ritirato l'anno scorso, dopo aver creato il suo ultimo gioiellino, The Wind Rises. E adesso cosa fare? E' ciò che si chiede Toshio Suzuki, attuale manager dello studio Ghibli, celebre studio di animazione che ha dato i natali a Ponyo, Princess Mononoke, Porco Rosso e altri capolavori del cinema d'animazione giapponese.
La strada intrapresa da Toshio Suzky,  non è la chiusura dellos studio, come si pensava a un primo momento, ma a una ristrutturazione interna dello studio. Al momento verrà licenziato lo staff che lavora a tempo pieno (lo studio Ghibli fu il primo a usare lo stesso staff dopo la realizzazione di Porco Rosso, in genere gli animatori lavorano giusto il tempo del progetto), assumendo animatori free lance per possibili progetti futuri. Di sicuro rimarrà aperto il museo Ghibli e il reparto Momonoma diretto da Yoshikushi Momose, per dirigere spot e video musicali con uno staff sempre free lance.
Il ritiro di Myazaky ha portato un terremoto all'interno dell studio: perché oltre ad essere la colonna portante (insieme a Takahata), e l'anima dello studio, dal punto di vista economico era portatore di profitti.
La lavorazione dei film di Miyazaky sono sempre stati costosi, ma il suo nome assicurava un buon ritorno economico sia in patria che all'estero. Ma da quando lo studio ha provato a "camminare da sola" senza i due maestri (Miyazaki ha 73 anni e il suo co-fondatore Takahata ne ha 78), lungometraggi come Tale of Princess Kayuga hanno avuto un discreto successo, ma non hanno coperto le spese di produzione, mettendo in crisi lo studio di animazione. 
Messa così si parlerebbe di una inevitabile chiusura, dovuta anche al rifiuto di subappaltare lo studio e produrre i futuri lungometraggi all'estero. Però, come un'araba fenice, potrebbe rinascere sotto una nuova ala di giovani talenti, pur rimanendo nella tradizione dei suoi fondatori.O forse si sceglierà una linea artistica totalmente diversa, lasciando nelle royalities il patrimonio artistico di Myazaky e Takahata (che verrà sempre gestito dallo studio Ghibli).
When Marnie Was Here per ora è l'ultimo film firmato studio Ghibli.
In attesa di un ricambio generazionale e di un degno successore della coppia artistica Miazaky-Takahata.
Che sia finita un'era e ne stia cominciando un'altra?

venerdì 1 agosto 2014

WAR NO MORE: Principessa Mononoke


Il 28 luglio del 1914 scoppiava la Prima Guerra Mondiale. A distanza di 100 anni, gli eventi storici non hanno insegnato assolutamnete nulla all'umanità, che ha finito per creare un mondo in costante ostaggio della guerra. Il "solito" gruppo di cinebloggher capitanati da Solaris hanno deciso di dire no alla guerra. In che modo? Attraverso il progetto War No More! che è partito lo scorso 28 luglio, centenario della Prima Guerra Mondiale e terminerà il 06 agosto, anniversario di Hirosima.
WAR NO MORE!






Titolo: Principessa Mononoke
Titolo originale: Mononoke-hime
Giappone, 1997
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki.
Regia: Hayao Miyazaki.
Durata: 134'


Director’s cult ha scelto un film che apparentemente non c’entra nulla con la guerra: Princessa Mononoke, splendido affresco ecologista del maestro Hayao Miyazaki. Apparentemente, perché questa recensione vuole offrire un punto di vista “belligerante”, ovvero attinente al cancro dell’umanità: la guerra.
Il giovane Ishitaka per proteggere il suo popolo è costretto ad uccidere un cinghiale preda di una maledizione. Il giovane viene colpito da un maleficio che lo ucciderà a sua volta se non troverà un antidoto. 
Ishitaka così intraprende un viaggio che lo porterà in mezzo a un conflitto a cui non appartiene, dove vige una lotta eterna tra i guardiani sovrannaturali e gli umani che sfruttano le risorse della natura.
Le guerre nascono per vari motivi: scontro tra etnie e culture differenti che non riescono a coesistere insieme, avidità, ed espansione territoriale.
E Principessa Mononoke è (anche) una parabola antimilitarista su una battaglia infinita tra il popolo delle divinità animali e quello degli umani, popolo che si è insediato nel mondo della natura e che si è espanso poco alla volta traendo vantaggio dalle risorse che il territorio possiede.
Entrambe le popolazioni parlano lo stesso linguaggio, ma non si comprendono e si scontrano come se fossero due nazioni diverse che difficilmente possono coesistere; utilizzando l’unico linguaggio che conoscono: la violenza e l’uso della distruzione mediante il conflitto.
Non ci sono né vittime né carnefici, entrambi i “mondi” si attaccano e cercano di annientarsi a vicenda. Nella città del ferro, Lady Eboshi distrugge la natura per costruire armi da fuoco. Strumenti che portano al male e inevitabilmente alla violenza e alla morte.
Così come il mondo degli spiriti-animali è in preda a un demone che attacca i villaggi portando terrore e atrocità, cercando di annientare a sua volta il genere umano.
In questo macrocosmo dominato dall’odio, non ci sono né buoni né cattivi a tutto tondo:Lady Eboshi è una donna che sa essere sanguinaria, ma nel suo villaggio ha dato rifugio e protezione agli oppressi, dando loro una vita dignitosa e prendendosi cura di loro. La padrona della città del ferro è una donna forte e ambiziosa che non si può nettamente condannare.
Così come fa lo spirito-lupo Moro, che ha preso sotto la sua ala protettrice San, la principessa degli spiriti, crescendola e amandola come se fosse una sua creatura.
Se lady Eboshi è una donna ambiziosa e determinata a combattere le divinità soprannaturali, allo stesso modo non è completamente positiva la figura di San la principessa degli spiriti vendicativi, che non si fa scrupoli a combattere i suoi stessi simili, rinnegandoli e rifiutando categoricamente di appartenere a loro.
Perché questa principessa è un ibrido: fattezze umane, ma cuore e anima animale. San rifiuta le sue radici e combatte una sua guerra personale per affermare e difendere una identità a cui in realtà non le appartiene.
Le donne sono il punto di forza: lavoratrici instancabili e pronte a difendere lady Eboshi, lavorano al posto degli uomini, occupati al “fronte”. Proprio come le donne che sostituivano i propri mariti e figli nelle fabbriche durante la Grande Guerra; così come San è una fanciulla che ha la forza d’animo e lo spirito guerriero di cento uomini messi insieme, che ha il coraggio di attaccare da sola Eboshi pur di vendicarsi di lei.
Donne che difendono ciò che hanno a tutti costi: San, la principessa Mononoke, che difende con tutta sé stessa il mondo degli animali, che l’ha cresciuta come se fosse una loro creatura. Così come fanno Eboshi e le sue reiette, che cercano di difendere ciò che hanno costruito.
Lady Eboshi e San sono accomunate dallo stesso obiettivo, utilizzando la guerra come strumento di difesa, incapaci di capire che provocano solo morte e dolore.
Ishitaki invece rappresenta la pace: cerca di ascoltare entrambe le parti, e cerca di difenderle con la stessa equità, scatenando le ire del villaggio e le ire di San.
Ishitaki però è in preda a una maledizione che lo sta uccidendo piano piano, mettendo in pericolo il “processo di pace” per unire i due mondi, lottando con tutte le sue forze per sopravvivere e per far sopravvivere il mondo degli umani e quello degli spiriti-animali, che si combattono all’infinito perché non riescono a tollerarsi e a condividere spazi e risorse senza nuocersi l’uno con l’altro.
In un mondo che non ha imparato nulla dagli eventi storici passati, che si è macchiato di numerose perdite umane e immani distruzioni, la guerra tra gli esseri umani e gli spiriti naturali poco si discosta tra le varie guerre che insanguinano il mondo; arrivando allo scontro inevitabile che porterà solo una carneficina umana e la distruzione delle divinità-animali.
Perché è questo che porta l’insensatezza della guerra: morte e distruzione. E gli unici che possono salvare i due mondi sono San e Ishitaki.
San e Ishitaki rappresentano la speranza che può andare al di là delle reciproche differenze, unendo le proprie forze per salvaguardare la bellezza del loro mondo, gettando il seme dell’amore nel terreno reso arido dall’odio.
Ishitaki e San rappresentano infatti la congiunzione tra il mondo umano e il mondo animale,il punto di partenza per costruire un nuovo “Stato” che unisca entrambi i popoli. Ma nonostante le buone premesse, la speranza di un futuro dove entrambi i mondi possono vivere pacificamente si attua lentamente e con fatica. Il loro destino è sospeso, e all’apparenza sembra non promette niente di buono all’orizzonte.“Ti amo, ma non posso perdonare gli umani”. Con questa laconica frase, San erge un muro invisibile che rischia di separare nuovamente i due mondi.
Ishitaki però nutre la speranza di far coesistere pacificamente i due mondi, e aspetterà San vegliando su di lei. L’unione dei loro destini, fatto di sofferenze li porterà a creare qualcosa di buono. Allora forse ci sarà un lieto fine, così come finiranno gli infiniti conflitti.
Miyazaki crea un meraviglioso affresco visivo incorniciata da una splendida colonna sonora che da un tocco di melò a questo meraviglioso lungometraggio animato. Hayao Miyazaki firma la sua favola naturalistica, ma che ha anche un risvolto pacifista. E in tempi di conflitti che continuano con atrocità a distruggere il mondo, si può ancora credere, anche attraverso una “favola” come Principessa Mononoke:  in fondo una speranza di vivere pacificamente ancora c’è.

Voto: 8,5


La rassegna con gli altri titoli