venerdì 23 agosto 2024

NOTTE HORROR: La casa delle finestre che ridono


Patria mia, perdono! Dimenticai la notte horror!
Per la prima volta ho dimenticato di scrivere la recensione annuale della notte horror creata da Obsidian Mirror, una delle poche ragioni per spingermi a scrivere, perche' sono diventata lazy as fuck.
Io il mio blog lo amo e ci faccio annualmente accanimento terapeutico, e la notte horror e' l'appuntamento annuale, ovvero l'adunataaaaaaa di irriducibili blogghers che sono piu' bravi di me nel curare il loro blog.
Motivo della dimenticanza? Livelli di stress stellari a causa di ricerca spasmodica di un alloggio prima di andare da matreh in terra italica e sistemare tutto, nervi compresi/
Comunque, io ci provo lo stesso a pubblicare, poi fate voi se volete leggere o no, vi voglio bene lo stesso. :)
Il film scelto da moi e' La casa delle finestre che ridono di Pupi Avati, con tono un po' ironico e un po' serio, in pieno stile Director's, che piu' invecchia, piu' diventa scem'.




La notte horror quest'anno e' dedicata a Laura Stella Bisanti, aka Arwen Lynch, che purtroppo e' venuta a mancare qualche mese fa'.








Titolo: La casa delle finestre che ridono
Italia, 1976
Cast: Lino Capolicchio, Carlo Gravina, Vanna Busoni.
Sceneggiatura: Pupi e Antonio Avati, Gianni Gravina, Maurizio Costanzo.
Regia: Pupi Avati
Durata: 106'

Prima di Twin Peaks, c'era una sonnecchiosa cittadina della bassa padana. E chi scrive e chiede venia, proviene da un paesino della padania (Legnano, che io chiamo affettuosamente Woodhole, ovvero legno nell'ano) e vi giuro che l'estate la passi a mangiare e dormire perche' la cosa piu' eccitante che puo' offrire una cittadina della Padania. Nel caso di Legn-ano c'e' anche l'attrazione turistica del fiume Olona, ovvero un fiume che a quanto pare 40 anni fa' ospitava orde di sorci schifosi e maledetti che ti mangiavano tutto, ossa, pelle e pure il bius del chiul se ci cadevi dentro negli anni Ottanta. 
Ergo, mai diffidare delle cittadine sonnecchiose, perche' come nulla e' come sembra e chissa' che sorci schifosi nasconde il bel paesello.
A scuotere il ritmo plan plan plan ci pensa l'arrivo di Stefano, restauratore dall'occhio turchino ingaggiato dal sindaco previo interesse dell'amico Antonio per restaurare un dipinto in una chiesa, che raffigura il martirio di San Sebastiano,dipinto dal folle (certo che lo e' altrimenti che gusto c'e') pittore Buono Legnani, il cui cognome, se ci metti una O al posto della I, diventa de botto e senza senso il paesino di codesta bloggher che non rispetta gli impegni (colpo di cilicio mode on). 
Stefano da forestiero si prende il lusso di ficcanasare (d'altronde il lavoro del restauratore consiste anche nel far riaffiorare opere sotto la coltre dell'erosione del tempo, ergo curioso di scoprire cosa cela la cittadina) e cerca di far riaffiorare la storia dietro questo dipinto.
E cosi', tra un'indagine e un'altra, comincia a ricevere telefonate anomime che gli dicono "oh, ma una secchiata di catzi tuoi no, eh?" e forse era meglio se si limitava a farsi la maestra con la nomea di bagassona che viene sostituita da una piu' "demure, vey mindful" che va' tanto di moda oggi su Tik Tok.
Ma Stefano il restauratore dagli occhi turchini non si ferma, anche perche' sobillato dal tassista sempre ciucco sempre in gaina che ne sa una peggio di una faina.
Ciumbia se ha ragione, che il suo amico Antonio, fa' un triplo salto carpiato da fare invidia a Tom Daily (quello inglese che vince le Olimpiadi nei tuffi e fa' la maglia per beneficenza*), ma prima di cercare le qualificazioni per l'altro mondo, gli fa' vedere un bel casolare sperduto con delle finestre che ridono.
InCheSsenso? Nel senso che ci stanno delle boccucce enormi pittate di rosso bagassona sulle finestre. 
Stefano capisce che c'e' un mistero e cosi' la sonnolente cittadina plan plan plan comincia a remargli contro prima sfrattandolo dalla pensione dove dimora, poi finendo nella magione di una vecchia malferma che gli affitta una stanza previo interesse del chierico Lidio, che tanto bene non sta'. 
Stefano fa' spallucce e si fa' anche la nuova maestra e continua a indagare dopo aver scoperto un nastro con la presunta voce del Legnan(O)i detto anche il maestro dell'agonia.
Agonia che ben presto provera' il sagace restauratore i cui occhi turchesi non saranno sufficienti a salvarlo da una coltre di zozzerie, morte e terrore, dove il fulcro del mistero si cela proprio in quella magione con le finestre sorridenti. Perche' la bassa Padania col cazzo che e' demure e very mindful.
La casa delle finestre che ridono e' un film che parte sonnecchiosamente, ma ti fa' schiattare male negli ultimi 15 minuti. 
Spiace che sia un film che non abbia avuto la stessa risonanza all'epoca dei film di Bava o Argento e spiace che Pupi Avati sia andato avanti si' nel raccontare la vita di provincia, ma in chiave nostalgica e/o romantica, perche' la cazzimma per diventare maestro del cinema horror (anche se un pochino di serie B) c'erano tutte.
Perche' forse non lo sa,ma in teoria dovrebbe chiedere una provvigione di Sanbuca a vita a David Lynch, per aver creato anche lui la sua cittadina sonnecchiosa con Twin Peaks, e pure una fornitura di Sake' da parte di Takashi Mike per aver impostato uno stile lento che poi sbrocca di bestia come in Audition.
E perche' no, pure una fornitura di Wiskey da John Waters che ha fatto di Baltimora la (sua) citta' per raccontare tutte le monnezze della societa' Americana, dato che Avati potrebbe essere il precursone delle cittadine piccine piccine che nasconde una melma grande grande in quel degli anni Settanta.
Perche' Avati fa' della soleggiata e abbioccata cittadina padana il crogiuolo dell'omerta' della violenza e della bagassasaggine dove manco la chiesa si salva.
Anzi, tutto parte dalla casa di Dio, dove il martirio di San Sebastiano e' il martirio di un povero cristo che voleva solo fare il suo lavoro, dove, pulendo e pulendo ha scoperto il marcio e lo schifo. Come il fiume Olona, tanto placido e limpido, ma forse coltre di sorci brutti e schifosi che ti mangiano pure il bus del chiul se solo osi caderci dentro.

Voto: 7/8




NOTTE HORROR #1: In memoria di Arwen Lynch

 Con grande orrore,per stare in tema, ho mancato per la prima volta la notte horror. Sara' la vecchiaia che galoppa, o piu' semplicemente un periodo demmmerda, che la Director's e' arrivata a mercoledi' 21 agosto pensando di non aver fatto qualcosa. E aveva putroppamente purtroppo ragione (lacrime napulitane in sottofondo).

Ci prova a fare ammenda scrivendo la recensione in ritardo. Siete autorizzati a mettere il chittesencula automatico, ma essa,ci prova lo stesso.


INTRO: ricordando Arwen Lynch.

Questa notte horror e' in onore di Laura Stella Bisanti aka Arwen Lynch, blogger appassionata che purtroppo e' venuta a mancare un paio di mesi fa a causa di un male incurabile. 

I am not going to sugarcoat things, cioe' ammetto che qualche volta non mi andava a genio (si' sono una maledetta stronza sotto la pellaccia da fottuta Pollyanna), c'e' stata maretta tempo fa' qua proprio in sede della gang dei blogger e il suo uso dei social media, in particolare Facebook, mi lasciava perplessa. Cioe' io non sono una fan del lavare i panni sporchi in pubblico, ma forse lo sto facendo adesso con questo ad memoria ad catzum de canem ?

Pero'. C'e' sempre un pero'. Laura non era sicuramente il personaggio virtuale che offriva di se' su Facebook o sulla blogosfera. Mi ci gioco la palla destra che non ho, perche' parafando Pretty Woman, io le palle non le ho. Tie'.

Laura Stella era una persona tenace, che ha lasciato un segno di se' su questo triste mondo malato sotto il segno di Laura McMiller con ben due romanzi "Dentro il mio cuore" e "I segreti e le bugie", con 3/3,5 stelline, mica catzi.

Amava Prince, come me, e amava il cinema. 

Laura Stella Bisanti, Arwen Lynch, Laura MCMiller. Una nessuna, centomila, lei rifuggiva dalla sua vita in Sicilia (cosi' penso) con il suo mondo di celluloide e musica, e quando lo stronzo (ovvero il cancro, e questo si' che piu' stronzo di me e non tiene nemmeno la pellaccia da fottuta Pollyanna) ha deciso di devastarle l'esistenza, lei comunque si faceva forza e coraggio, cercando un sostegno, seppur virtuale tramite i social media, che le desse forza e coraggio. Io probabilmente mi sarei sentita devastata e avrei rotto il cazzo alla qualunque, ma lei ci combatteva e ci credeva. Fottuto cancro di merda, anche se a volte non mi andava a genio, potevi lasciarla in pace, non aveva fatto male a nessuno. 

Il cinema era la sua linfa vitale e secondo il social media Letterboxd (che devo ancora aggiornare, tacci mia), lei vedeva un migliaio di film all'anno e negli ultimi 6 mesi di vita ne aveva visti 201, di cui l'ultimo e' stato Lenny di Bob Fosse. Cioe', e' figo vedere un film figo prima di dire goodbye a questo triste mondo crudele. Io so che quando tocchera' a me, l'ultima cosa che vedro' sara' sicuramente un film osceno o come ultima canzone, i jingles delle pubblicita' di Spotify, ma nel frattempo un po' di corna le faccio e cerco di vedere cose bbuone, occhei???? Ho visto Emily in Paris. Le premesse non sono incoraggianti. 

Anyhow, questa bulimia cinematografica (oh, meglio 1000 film che 1000 kg di pasta all'anno, soprattutto se rischiate il culo grosso come me se mangiate troppi carboidtrati) finiva nel suo blog La fabbrica dei sogni.

Perche' il cinema e' fatto di sogni e se la vita fosse davvero un film, Laura Stella Bisanti sarebbe ancora con noi e non avrebbe mancato per qualsiasi ragione al mondo la notte horror.

Non come questa stronza con la pellaccia da fottuta Pollyanna.

Ti ui nani (Laura nrd.) tel chi el memoriam e non mi mandare affangulash neh? Un abbraccio forte, e se voglio lavare i miei di panni, a me non piace proprio abbracciare. A meno che tu non sia un gatto. 

Ciao.


Se volete dare un'occhiata al suo movie diary

https://letterboxd.com/arwenlynch/