martedì 28 settembre 2010

RECENSIONE: Inception

Giustifica


Titolo: Inception
Stati Uniti/Gran Bretagna; 2010
Cast: Leonardo DiCaprio, Marion Cotillard, Joseph Gordon Lewitt, Cillian Murphy, Ken Watanabe, Ellen Page, Tom Hardy, Pete Postlewaithe, Dileep Rao.
Sceneggiatura: Christopher Nolan.
Produzione: Warner Bros.
Regia: Christopher Nolan.
Durata: 142'

Dom Cobb (Leonardo DiCaprio) ha la capacità di carpire i sogni delle persone, appropriandosi dei segreti per poi venderli al migliore offerente. Mago dello spionaggio industriale, si inserisce nella mente del magnate giapponese Kaito (Ken Watanabe) per rubargli un segreto, ma fallisce a causa dell'interferenza di Mal (Marion Cotillard), moglie di Cobb e proiezione del subconscio di Dom. Saito propone a Cobb un accordo per salvarsi: deve creare un innesto, cioè un percorso inverso e instillare nella mente del ricco Robert Fischer (Cillian Murphy) l'idea di voler distruggere la compagnia del padre Maurice (Pete Postlewhaite), rivale in affari di Saito. Cobb non ha alternative e crea una squadra composta dal socio Arthur (Joseph Gordon-Lewitt), l'architetto Ariadne (Ellen Page), il falsario Eames (Tom Hardy) in grado di assumere le identità altrui e il chimico Yussuf (Dileep Rao). Cobb deve portare a termine il piano se vuole ritornare in America in modo da poter riabbracciare i suoi figli, ma l'ossessione per Mal rischia di compromettere l'operazione...
Benvenuti nell’immaginario intricato e tortuoso di Chrispher Nolan. Definire Inception un film di fantascienza misto a trhiller e azione è riduttivo, poiché l’intenzione di Nolan consiste nell'analisi della memoria e della fragilità del subconscio umano. E per farlo utilizza una trama semplice e lineare fatta di furti e intrusioni nei sogni, per poi scardinarla in più livelli e giocando con l'ambiguità che la "materia" gli permette di fare, ma fa in modo di renderla comprensibile al pubblico. Come fece Alfred Hitchock in Vertigo (quando Madleine-Judy/Kim Novak spiega l’intrigo ai danni di Scott Ferguson/James Stewart con una “banale” lettera), Nolan srotola il bandolo della matassa poco alla volta svelando ulteriormente il significato della storia. 
Ma non lo fa per insultare l’intelligenza del pubblico o perché non si fida, semplicemente fa un memorandum affinché lo spettatore si rilassi e si concentri sull’ossessione che ha Cobb per la moglie Mal e sulla volontà dell’immaginare una realtà virtuale migliore di quella reale. 
Una sorta di McGuffin itchcockiano  che permette di rimanere affascinati e irretiti da un’orgia di immagini che spaziano dal ribaltamento di Parigi su se stessa (e qui non si puo' evitare di pensare a Escher e Piranesi), città virtuali che nascono dalla mente (come in Matrix), corpi fluttuanti, scale che si interrompono, giochi cromatici di una landa innevata inventata appositamente per sparatorie e inseguimenti (come in un film di 007): una manna per gli occhi, oltretutto senza l'ausilio del 3D e con l'uso moderato degli effetti speciali. Nolan si auto cita (non è un privilegio solo per Quentin Tarantino) e trasforma Dom Cobb in un nuovo Leonard Shelby, ossessionato dalla donna della sua vita. Se in Memento l’incapacità di ricordare spinge il protagonista ad una continua vendetta mosso dal senso di colpa, in Inception l’inconscio di Cobb è tormenato dal ricordo di Mal che a sua volta si vendica dell’uomo che amava e che non ha mantenuto la sua promessa, torturandolo con la sua visione. 
Come lo squid che usava Lenny Nero per provare degli attimi di vita vissuta insieme all’amata Faith (inventato da Katrhin Bigelow in Strange Days), Cobb usa i sogni per far rivivere i momenti di felicità coniugali con la moglie affinché tutto ciò non si affievolisca nella sua mente. 
Nolan è un prefetto prestigiatore e si diverte a mescolare le carte con più livelli di narrazione, un sogno dentro un sogno (e dentro un altro ancora) costringendo lo spettatore a concentrarsi in questo gioco cerebrale a discapito dell’emozione, forse l’unica pecca del film. 
Infatti più che una storia avvincente è un film che affascina lo spettatore, irretendolo e ospitandolo in un labirinto (come quello percorso da Arianna e Orfeo per fuggire dai meandri dell’Ade) per due ore e mezza senza annoiare. 
Inception ha un’atmosfera visionaria con sprazzi di noir anni ’40 grazie al personaggio interpretato da Marion Cotillard (omaggiata con l’utilizzo della canzone Je ne regrette rien di Edith Piaf, ruolo che le ha fatto vincere l’Oscar), perfetta dark lady che disturba la quiete di Leonardo Di Caprio, che, dopo la “cura Scorsese” con Shutter Island, è pronto ad affrontare un altro personaggio complesso. 
Ottimo il cast da Cotillard a Joseph Gordon-Lewitt, forse la nota stonata è in Ellen Page, troppo acerba per il ruolo di architetto della realtà virtuale. Gli omaggi e gli elementi presi in prestito si sprecano (da Blade Runner, 2001: Odissea nello spazio, Stange Days, L’arte del sogno a Matrix, alle visioni oniriche di David Lynch e altro ancora…), ma fare paragoni con Gilliam, Gondry, Bigelow e Kubrick alla fine rischia di diventare fuorviante: ciascun cineasta ha la propria personalità e la propria visione delle cose. 
Christopher Nolan è entrato di diritto in questo club esclusivo di registi visionari. Inception è un film che va metabolizzato lentamente per potene godere pienamente. 
È un film da vedere due volte: la prima con il cervello, la seconda con il cuore, forse così la punta di freddezza che avvolge il film tenderà a scemare, affascinando ulteriormente.

Voto: 8
A.M.

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