sabato 18 giugno 2011

RECENSIONE: The Tree of LIfe



Titolo: The Tree of Life
USA, 2011
Cast: Brad Pitt, Jessica Chastian, Sean Penn, Hunter McCracken.
Sceneggiatura: Terence Malick
Durata: 138'


Jack O’ Brien (Hunter McCracken) è un ragazzino di undici anni che vive con la famiglia a Waco, nel Texas. Siamo negli anni Cinquanta e Jack cresce insieme ai suoi due fratelli diviso tra la protettività della madre (Jessica Chastian), dolce e sensibile, e la severità del padre (Brad Pitt), uomo esigente e autoritario, ma capace di slanci di affetto verso la sua famiglia.
La vita di Jack scorre tra la ribellione, l’odio verso il padre, i primi impulsi amorosi dovuti alla pubertà, l’amore incondizionato verso la madre e il rapporto con Dio. Poi, all’improvviso, nella vita di Jack entra la morte, portandosi via suo fratello. Vita, morte, il senso del destino sono le domande continue che vengono rivolte verso il Creatore, in attesa di una perenne risposta.
Crescendo Jack, (Sean Penn) ha accumulato cinismo e distacco, vivendo con lo spettro di un fratello che non accetta di aver perso.
Ma l’albero della vita è fatto anche di perdono e riconciliazione con se stessi, la famiglia di origine e il mondo.
Quando io ponevo le fondamenta tu dov’eri? Con questa frase presa dal libro di Giobbe, si apre The Tree of Life.
Esiste Dio? Di che materia siamo fatti? Qual è l’origine della vita? Siamo noi i fautori del nostro destino, o Dio ci ha abbandonati?
Sarebbe banale riassumere così The Tree of Life di Terence Malick. Il regista texano prova a spiegarci il senso della vita partendo dal libro di Giobbe: Malick riprende la parabola esistenziale di Giobbe e lo reincarna nella famiglia O’Brien, messa alla prova dal Creatore strappandogli via un figlio senza motivo.
Una famiglia americana come tante, madre, padre, tre figli, una villetta con giardino e un cane. Malick non è intenzionato a raccontare la vita di questa famiglia, ma si serve dei loro frammenti di vita per porgere uno sguardo sulla vita, il destino, l’amore, l’odio e la morte.
L’amore, rappresentato dall’incontro dei genitori di Jack, culminato nel matrimonio e nella nascita del primogenito. Mr. O’Brien guarda estasiato il piedino di suo figlio, miss O’Brien lo coccola e lo protegge, facendogli scoprire il mondo che gli appartiene fin dal primo vagito.
La grazi incarnata dalla madre, sorta di angelo venuto dal cielo, in cui irradia lo splendore e la bontà.
L’odio, il senso di colpa e la rinnegazione di Dio sono i fardelli che sopporta il giovane Jack, che fatica a sopportare le angherie paterne tale da augurargli la morte, così come non accetta il fatto di assomigliare a lui. Complesso (al limite di Edipo) è anche il rapporto con la madre racchiuso nella sequenza in cui Jack ruba la sottoveste della genitrice e la nasconde colmo di sensi di colpa gettandolo nel fiume.
Morte: la vita scivola via in un soffio, così come fugge quella del fratello diciannovenne di Jack.
Il destino è simboleggiato dal padre. Mr. O’Brien è un fedele servitore del Signore che si chiede dove ha fallito nella vita e soprattutto perché è stato punito con una perdita del genere.
Il dolore: cercare di andare avanti quando un pezzo di te ti abbandona, cercare di elaborare il lutto e farsene una ragione.
Malick sembra affidare un compito ben preciso ai suoi personaggi, per spiegare in modo semplice l’apologia della vita, ponendo il rapporto tra l'essere umano e l'ambiente che lo circonda, tratto distintivo della poetica del cineasta statunitense già espressa nelle sue pellicole, soprattutto La sottile linea rossa e il recente The New World. Uomo e natura sono due entità ben distinte che entrano in contatto tra di loro, in un rapporto perennemente meraviglioso e conflittuale.
Una volta adulto Jack pensa di vivere in un mondo terribile, ma Malick smentisce subito la sua tesi offrendogli (e offrendoci) la storia della Genesi, creata da Dio e dalla scienza, (dipende dai punti di vista religioso e laico), un cosmo immenso e meraviglioso ricco di lirisismo, accentuata dalla sinfonia Lacrimosa splendida musica di Zbigniew Preisner, autore della possente colonna sonora dei film di Kieslowski Tre colori: Film Blu. E se vien da pensare a un omaggio a Tre colori: film blu per la tematica del destino e uno sguardo religioso/laico preso in prestito dal Decalogo, Malick come Kieslowski si accosta insieme al regista polacco sull’eterno rapporto conflittuale fitto di misteri tra uomo e Dio.
Immagini di rara potenza non si vedevano dai tempi di 2001: Odiessea nello spazio di Stanley Kubrick, (capace di creare delle immagini liriche e suggestive senza l’ausilio degli effetti speciali.): ed ecco arrivare al Big Bang, i dinosauri che combattono, che, se l’impatto risulta eccessivo, potrebbe essere letta come la parabola dell’uomo più forte che prevale sempre sul debole in nome di una spietata sopravvivenza; per poi passare allo splendore delle montagne, del mare, la ricchezza della fauna illuminata dal sole. Tutto questo come puo’ essere orribile?
Jack lo capirà solo alla fine, quando riuscirà a liberarsi dal rancore e dal dolore, compiendo un viaggio onirico tra universo e al di là.
Il filosofo Malick con The Tree of Life regala un’opera di grande respiro, ponendo uno sguardo laico e immenso nella fede allo stesso tempo, ricco di sfaccettature che offre molteplici riflessioni, coadiuvato da un cast che si è prestato con naturalezza a questa riflessione filosofica. 138' minuti sono insufficienti, si guarderebbe il film per ore pur di avere altre risposte.
Brad Pitt offre la sua migliore interpretazione, ottimo esordio per Hunter McCracke; e se Sean Penn appare brevemente, riesce comunque a comunicare un forte senso di smarrimento, mentre Jessica Chastian è splendida ed etera
Con questo film, Terrence Malick racchiude la summa della sua poetica nell’albero della vita.

Voto: 10
A.M.



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