giovedì 25 aprile 2013

RECENSIONE: Lincoln






Titolo: Lincoln
USA, 2013
Cast: Daniel Day-Lewis, Sally Field, Tommy Lee Jones, Joseph Gordon Levitt, James Spader.
Sceneggiatura: Tony Kushner.
Regia: Steven Spielberg.
Durata: 150


USA, 1865. Al termine della Guerra di Secessione, Abraham Lincoln (Daniel Day-Lewis) tenta di far approvare il 13esimo Emendamento per abolire la schiavitù. Il presidente americano dovette combattere in Camera dei rappresentanti per far approvare la legge, lottando contro il tempo con lo scenario di una guerra devastante, che lo coinvolse anche personalmente non solo come politico, ma anche come padre, combattendo affinché suo figlio Robert (Joseph Gordon Levitt) non si arruoli, scontrandosi anche con la moglie Mary Todd (Sally Field).
Steven Spielberg torna a occuparsi della delicata e controversa tematica della schiavitù dopo Amistad, analizzando contemporaneamente come il sistema politico del XIX secolo non sia così differente da quello di oggi.
Ci aveva già provato Frank Capra con Mr. Smith va Washington, dove uno sprovveduto sempliciotto interpretato da un magnifico James StewarT, rischiava di rimanere stritolato in un ambiente corrotto e volto ai compromessi, lasciando poco spazio agli idealismi. Idealismi che ancora avevano un senso ai tempi del 16esimo presidente degli Stati Uniti, quell'Abraham Lincoln che fu capace di offrire l'emancipazione agli schiavi, seppur utilizzando mezzi al limite del lecito. 
Lincoln si avvia in una sorta di I have a dream, dove il presidente, come il comandante di Moby Dick sogna di guidare una nave, fatta di uguaglianza e fine della violenza, incarnata in una guerra che rischiò di spaccare in due il paese e che vide coinvolto personalmente il figlio Robert, desideroso di dare il suo contributo per il bene del paese. 
I miraggi però sono come una bolla di sapone e scoppiano di fronte alla dura realtà, e Lincoln dovette ricorrere a sotterfugi e a una vera compravendita di voti pur di ottenere il proprio (giusto) scopo. Perché il sogno di un mondo buono e giusto mal si concilia con il cinismo e i propri tornaconti. E pur di ottenere il suo scopo, non esita, seppur in nome di una giusta causa, a mezzi poco leciti, anche con l'aiuto del repubblicano di ferro Thaddeus Stevens (Tommy Lee Jones), costretto a negare l'uguaglianza razziale, in nome dell'uguaglianza legale: la legge non è uguale per tutti?
L'affresco storico è sapientemente maneggiato da Steven Spielberg, in una cornice pressoché perfetta che rasenta ormai la perfezione del regista statunitense, ormai un veterano di Hollywood. Campi lunghi, visioni "ariose" di un ambiente ottocentesco pulito e immacolato, in netta contrapposizione con l'orrore e la violenza della guerra. E proprio come in Salvate il soldato Ryan, il film si apre con la scena del conflitto in tutta la sua crudezza e violenza, in perfetta contrapposizione con la poetica delle immagini offerte nell'immaginazione di un Lincoln narratore e sognatore di pace e libertà (la scena più bella); complice anche la perfetta fotografia di Janusz Kaminski, ormai storico collaboratore di Spielberg. 
Se dal punto di vista stilistico è ineccepibile, dando ormai per scontata la genialità di Spielberg, il cineasta pecca ancora di retorica facendo proprio lo stesso errore con Il salvate il soldato Ryan (facendogli perdere di un punto l'allure di capolavoro), affogando la pellicola in un patriottismo troppo "elevato", come se l'amore che Spielgberg dimostra alla sua patria non fosse mai sufficiente. 
Ciò avviene soprattutto all'inizio, con il grande Lincoln che conforta i soldati e con la scena madre del soldato di colore che espone i propri diritti nel voler combattere e avere l'opportunità di avere una carriera militare. Sceneggiato dal premio Pulitzer Tony Kushner (Angels in America, e seconda collaborazione con Spielberg dopo Munich), fa virare la storia in un nazionalismo eccessivo, rallentando la fluidità del racconto. 
L'inizio del film infatti pecca proprio di lentezza, per poi pian piano riprendersi nel ritmo, offrendo allo spettatore momenti di pathos sia nei momenti "intimi" del presidente in compagnia di una moglie forte, volitiva e testarda come Mary Todd, così come il difficile rapporto con il figlio Robert, mentre i momenti di tenerezza sono dedicati al più piccolo, Teddy (insomma, Spielbeg non si fa mancare nulla pur di compiacere il pubblico). La parte del leone è quella politica, dai tentativi di "convicere" i rappresentanti della Camera, al momento di maggiore suspence della votazione, dove Lincoln sembra quasi in disparte, in attesa di sapere se la società americana è pronta a cambiare radicalmente. 
Spielberg genio della macchina da presa e ottimo direttore di attori, complici di una messa in scena avvincente, grazie a un cast stellare a partire da Daniel Day-Lewis, al terzo Oscar con questo ruolo, dove offre un'interpretazione maniacale dalla somiglianza ai (possibili) tic del presidente americano, dalla postura alle pacche di circostanza. Peccato che il doppiaggio di Pier Francesco Favino non renda giustizia alla prova attoriale di Day-Lewis. Ciò non significa che il suo doppiaggio sia pessimo, ma vien da contestare una linea di doppiaggio non adeguata, troppo sopra le righe, così lontana dalla pregiata tradizione italiana. 
Al pari di un'interpretazione da Academy Awards è Tommy Lee Jones, che fa di Sullivan un uomo sanguigno e arguto, mentre la Mary Todd di Sally Field è dalla grande forza d'animo e caparbia, molto vicina alla donna contemporanea. Buona anche l'interpretazione di Joseph Gordon Levitt, che si dimostra non più giovane promessa, ma attore di spessore che è in grado di affrontare ruoli adulti, incarnando un Robert Lincoln pronto a combattere la "sua" guerra, incurante dell'appello pacifista (e protettivo) del padre. 
Lincoln di Steven Spielberg è un film storico di ottima fattura, ma come la sua regia è di ampio respiro, così dovrebbe essere anche quello che racconta, pur riuscendo a creare un film più interessante di un  libro di storia. 

Voto: 6+
A.M. 



2 commenti:

  1. Malgrado una regia ed un comparto tecnico pazzeschi, ho trovato Lincoln un film tronfio e bolso come non ne vedevo dai tempi de Il discorso del re. Un film per vecchi, parafrasando i Coen e McCarthy. ;)

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  2. Infatti il film si salva proprio per l'aspetto tecnico e la prova di attori, ma io sono troppo buona come al solito :-)

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