sabato 25 ottobre 2014

LEZIONE DI CINEMA: Il dolly in Venere in Pelliccia




Il dolly è un carrello che assemblata a una gru serve per creare delle immagini fluide e per effettuare riprese a una grande altezza.
Per rendere questa fluidità il dolly viene posizionato su un carrello trainato da uno o più macchinisti, in modo da creare la ripresa a 'carrellata'. Immaginate il carrello della spesa e cominciate a spingerlo. Vi darà l'impressione di vedere tutto in una determinata direzione, scorrevole, fluido e senza stacchi. 
Il dolly viene anche utilizzato per seguire l'attore durante una camminata, dando quell'effetto riflessivo che sta vivendo il  personaggio - o semplicemente per dare una immagine 'pulita' senza l'ausilio del montaggio. Spesso il dolly si utilizza per realizzare i piani sequenza, che per 'copione' non necessita stacchi di editing, ma deve racchiudere tutta la sequenza in un solo 'colpo', cioè utilizzando un'unica ripresa.
Il dolly grazie all'ausilio della gru può essere utilizzato anche per delle riprese dall'alto, o per scrutare un personaggio letteralmente dalla testa ai piedi, in modo da dare una precisa percezione descrittiva del/la protagonista.
Il dolly viene utilizzato moltissimo in Venere in Pelliccia di Roman Polansky, soprattutto nella scena inziale, l'unica girata in esterno (il film per il resto è interamente girato in un teatro) -  la macchina da presa riprende una Parigi nel bel mezzo di un temporale, con lampi e fulmini che sanciscono l'arrivo di Vanda, ovvero la venere del film. Vanda arriva in una notte buia e tempestosa, minacciosa e affascinate come solo una tempesta sa provocare -  pronta a sconvolgere la vita del regista Thomas (Mathieu Almaric).
L'utilizzo del dolly crea così l'effetto di trascinare lo spettatore con forza nel teatro, per assistere al gioco di seduzione tra la provocante Vanda e il regista che tenta di dirigere la sua personale rivisitazione di Venere in pelliccia. 
Con l'uso del dolly, Polansky segue i suoi personaggi da vicino in modo discreto, assistendo al gioco di seduzione tra il regista e l'attrice, che mescolano passione per il teatro con passione che lega irrimediabilmente i due protagonisti. O almeno è quello che il regista polacco naturalizzato francese vuole farci credere.

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