martedì 9 febbraio 2016

RECENSIONE: The Hateful Eight

Titolo: The Hateful Eight
id, USA, 2016
Cast: Samuel L. Jackson, Jennifer Jason Leigh, Kurt Russell.
Sceneggiatura: Quentin Tarantino
Regia: Quentin Tarantino
Durata: 187' (Panavision 70mm)-169' (digitale)


Il cerchio si chiude. Tutto iniziò 24 anni fa, con Le iene e si conclude (si spera almeno per ora) con The Hateful Eight, il personale 8 e ½ di Quentin Tarantino (se si considera Kill Bill come unico film e se si considera anche l’ultimo episodio snobbato – se non dimenticato di Four Rooms).
Con The Hateful Eight il regista di Knoxville continua il suo percorso di personale rilettura della storia iniziato con Bastardi senza gloria – dove utilizza la settima arte per ‘aggiustare’ le storture e gli atti indecenti che la storia ci ha offerto in varie disgraziate occasioni, focalizzandosi ancora sulla storia (in)civile americana fatta di schiavitù (Django Unchained), guerra di Secessione facendo allo stesso tempo un j’accuse e un mea culpa a ciò che a portato l’America di oggi a essere ancora (così tanto) razzista nei confronti degli afroamericani. 
Nell’universo cinematografico tarantiniano non ci sono nè buoni, nè cattivi: tutti gli esseri umani hanno un lato oscuro, anche chi rispetta la legge. Soprattutto chi la segue in un mondo dove la legge viene rivisitata e interpretata più volte. E dove può accadere se non in un terreno fertile come il western?
Tarantino dopo aver rivisitato lo spaghetti western di Sergio Corbucci, prende questa come modello il western di Sergio Leone - modellando i suoi personaggi senza remore e morale, e il western classico di Ford - mettendoci nella diligenza anche lui gente 'poco raccomandabile': una criminale, un cacciatore di taglie, un rinnegato del Sud e il bounty killer, sempre in quell'America del 1800 dove si cerca l'ordine nell'anarchia che cerca di raccogliere i cocci della civiltà dopo la guerra civile americana. 
Tarantino si prende i suoi tempi e la prima parte, lineare, ci presenta le 8 odiose persone, dove non si salva nessuno, neanche chi la legge la segue per portare i criminali alla giustizia. Il boia John Ruth (Kurt Russell) ha l'abitudine di portare al patibolo i criminali da giustiziare, previa una lauta taglia per il lavoro svolto. In teoria dovrebbe essere il buono di turno, ma è manesco e il rapporto con la 'sua' prigioniera rasenta la sindrome di Stoccolma. Non si salva nemmeno 'l'eroina' del film, Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh) maltrattata da Ruth (viene presentata con un bell'occhio nero), ma allo stesso tempo è rozza, al limite dello psicopatico, una cagna che se viene mandata al patibolo che tanto santa non è, anzi, sembra in odore di stregoneria.
C'è il rinnegato del Sud Charles Mannix (Walter Goggings), che afferma di essere il nuovo sceriffo 'senza referenze' (ma a cosa servono quando le leggi le fai da te?) e il maggiore Warren (Samuel L. Jackson), vittima della guerra due volte, la prima per essere stato prigioniero di guerra, la seconda per essere congedato con disonore. La guerra è sporca e lo sapevamo già, ma ciò che rimarca Tarantino è che non ci sono ricompense per chi va a morire in nome di una battaglia decisa da altri.
Tarantino continua la storia lineare e liscia come l'olio, usando l'escamotage della tempesta di neve dove 4 degli 8 haters sono costretti a rifugiarsi nell'emporio di Minnie.
Minnie non c'è, ma a fare i convenevoli ci sono Bob il messicano (Demian Bachir), Oswaldo Mobray (Tim Roth) che fa il boia anche lui (uno dei lavori più richiesti all'epoca) e il taciturno Joe Gage (Michael Madsen) e il generale Sandy Smithers (Bruce Dern), che agli occhi di Mannix è un eroe di guerra che ha combattuto per gli ideali americani, ma che in realtà reo di aver perpetrato atrocità ai danni della comunità di colore.
Ma cosa ci fanno otto odiosi rinchiusi nella stessa stanza (emporio in questo caso, capannone nel caso de Le iene), si limitano a mangiare lo stufato e passano il tempo a bere caffè? Ovvio che no, ed ecco che Quentin il buon figlio di buona donna rimescola le carte (e gli spazi temporali) e come i 10 piccoli indiani ecco che comincia la mattanza, dopo un estenuante gioco fatto di intolleranza, diffidenza e vendetta, dove nessuno è ciò che sembra. E il bello di Tarantino è che vien da prendere le parti dei i 'cattivi', quando in realtà i buoni non esistono e vengono puniti tutti allo stesso modo.
E il cerchio si chiude, dove la summa del 'Tarantino's Universe' continua a dirigere un cast con i fiocchi con i suoi attori feticcio (gli habituè Jackson, Roth, Madsen, più i neofiti Goggings, Dern e Russell) e prende nel suo 'giro' al grido di 'alzati e recita' la magnifica Jennifer Jason Leigh. 
E non mancano i rimandi e le citazioni (dovrebbero fare una speciale edizione del Trivial Pursuit per scoprire tutte le citazioni che ha disseminato lungo i suoi film), dove anche la superba colonna sonora di Ennio Morricone strizza l'occhio all'auto omaggio, con quel leit motiv che è un lontano parente dell'altrettanto spledida colonna sonora de Per qualche dollaro in più.
Tarantino non solo gioca con la storia, non solo gioca con sé stesso, ma gioca anche con la tecnica cinematografica con quel magnifico Panavision 70mm creato appositamente per esaltare l'epicità degli esterni, e qua usato principalmente per esaltare un trhiller da camera con un impianto squisitamente e prettamente teatrale, impregnando le immagini di profondità da trasportare lo spettatore nello schermo come se assistesse a un film in 3D.
E parafrasando il 'Yes you can!' del primo presidente afroamericano della storia degli Stati Uniti d'America, il cinema e le sue regole vengono stravolte dal genio di Knoxville, al grido di 'Of course I can!' spianando la strada a un nuovo modo di fare cinema, esprimendo allo stesso tempo un profondo amore ed eterna gratitudine per la settima arte, senza dimenticarne le radici.

Voto: 8,5

A.M.

12 commenti:

  1. Purtroppo, per me, cocente delusione. Della serie, la citazione è bella, quando dura poco.

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    1. Dispiace che non ti sia piaciuto, io invece è dai tempi di Death Proof che mi diverto a cogliere le citazioni, ma io sono una grande fan di Quentin e non faccio testo! :-)

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  2. Non aggiungo altro, Alessandra: ne abbiamo già parlato diffusamente dalle mie parti :) qui sul tuo blog voglio solo ringraziarti per i tuoi bellissimi commenti e la discussione che è venuta fuori: le differenze d'opinione, quando sono ben argomentate e nel rispetto reciproco, sono il bello dell'essere cinefili :) quindi grazie davvero!

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    1. Ma figurati, grazie a te per aver espresso il tuo punto di vista! Adoro 'alzare le mani' quando si ha una giusta argomentazione, ne viene fuori una bella discussione civile e stimolante, dove non si ha solo un punto di vista, e poi tu sei cinefilo DOC, quindi è ancora più bello!!! :-)

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  3. Penso che questo film si posizioni subito sotto il podio costituito da Pulp Fiction, Reservoir Dogs e Jackie Brown (irraggiungibili, a mio avviso). Non vedo l'ora di vederlo una seconda volta al cinema!!!

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    1. Beh, a me i basterdi senza gloria era piaciuto un casino, Jackie Brown non lo vedo da una vita, ma ho recuperato comprando il DVD. E' da vedere al cinema una seconda volta sì, ma in 70mm però! ;-)

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  4. Io lo metto al vertice del tarantinismo, a pari merito con KILL BILL e PULP FICTION
    i motivi per cui preferisco I DETESTABILI 8 a GIANGO SCATENATO li ho esposti nel mio postaccio

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    1. Gran bel posto dove mettere gli haters! Django a me è piaciuto un sacco (in realtà a me piacciono tutti i suoi film, forse un po' meno Kill Bill 2 di Kill Bill), qundi non sono molto obiettiva ahahaha!

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  5. L'immagine del cerchio mi pare parecchio azzeccata. Per me però è un Tarantino che gira in tondo senza, questa volta, arrivare da nessuna parte.
    Per me la delusione dell'anno.

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    1. Peccato che ti abbia deluso! Forse questo è l'ultimo film di Quentin, ma spero di no, spero che torni con un film che ti faccia urlare: che figata di film Quentin!!!

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