venerdì 26 febbraio 2016

RECENSIONE: Legend



Titolo: Legend
Id., UK, 2015
Cast: Tom Hardy, Emily Browning, Cristopher Eccleston.
Sceneggiatura: Brian Helgeland.
Regia: Brian Helgeland.
Durata: 131'


Londra sembra divisa in due parti: da un lato il West London, posh in costante fase di gentrificazione, con le sue aree più verdi nelle aree suburbane, perfetta per una vita tranquilla e per crescere i bambini, dall'altra l'East London, con i suoi grattacieli, con la sua vibrante trasformazione e con la sua intensa vita in costante fibrillazione. 
Negli anni Sessanta però prima della Swinging London che aveva dato quel tocco di coolness (di cui ora è un pallido ricordo), e prima del movimento punk,  l'East London era considerato come l'area suburbana e proletaria per eccellenza. Era però famoso per aver dato i natali ai gemelli Kray, Ronald e Reginald (Tom Hardy), temibili gangster che avevano messo le mani sulla città con i loro affari. Definirli gangster però è riduttivo, e forse anche un po' offensivo per una coppia di gemelli che hanno pur sempre - nei meandri dell'illegalità - dato una impronta indelebile alla città che era ancora lontana nel diventare una delle più grandi metropoli del mondo. 
Uomini d'affari, sì, questo potrebbe essere appropriato. Reginald e Ronald Krays erano degli uomini d'affari dai metodi poco ortodossi.
E' così che vengono visti da Frances (Emily Browning), ragazzina di 16 anni affascinata da Reggie e destinata a diventare sua moglie, e da Brian Helgeland, il regista di Legend, film dedicato alla figura dei più famosi gangster londinesi.
Visto con gli occhi di Frances, la cui voce fuoricampo aleggia per tutto il film, i fratelli Krays erano temuti sì (specialmente se eri il proprietario di un pub), ma anche ammirati dalla società londinese (e soprattutto da coloro che andavano nei locali del West End, fulcro del loro business).
Memore dello stile di L.A. Confidential, Helgeland tratta la 'materia Krays' allo stesso modo in cui trattava la Los Angeles scritta da James Ellroy, rendendo i gemelli Krays affascinanti, impregnati da uno stile noir, con la musica iniziale uscita da un film degli anni della Hollywood d'oro.
Helgeland racconta la storia dal punto di vista di Frances, cercando di non voler tradire quell'allure di fascino che i gemelli sapevano esercitare, assurgendoli a mito (seppur negativo) che perdura nel corso degli anni.
Puntando sulla testimonianza indiretta di Frances, Helgeland si concentra soprattutto sulla figura di Reggie. Bello (ma anche Ronnie lo è, anche con gli occhiali e un naso 'importante'). elegante (Ronnie è più old fashioned, ma non disdegna il completo giacca e cravatta),  con il fiuto per gli affari (Ronnie invece lo è meno, mancando un training causa internamento in una casa di cura per malattie mentali), di buone maniere (Ronnie preferisce le maniere forti) e soprattutto determinato a  mettere le mani sulla zona est della città e su Frances, che riuscirà a sposare nonostante i suoi genitori - e tutta la gente del quartiere - sapessero quanto poco di buono sia. 
Entravi in un pub e se il barista aveva la faccia gonfia di botte, sapevi che i Krays erano passati a trovarlo; ti divertivi in  un locale esclusivo, e poco importa se la festa venisse interrotta dalle escandescenze di Ronnie. 
Questo è l'aspetto più interessante di Legend: come la scalata al potere dei gemelli Krays sia passata liscia come l'olio sotto gli occhi di tutti, con Scotland Yard venisse beffata da questi due fratelli che rivendicavano ciò che ritenevano fosse loro, fuori dal contesto proletario e vagamente squallido che circondava come una morsa l'East London. 
Tolto il fascino iniziale con lo stile noir preso in prestito da L.A. Confidential, Legend continua purtroppo sulla via facile del biopic quando scivola sul rapporto tra Frances e Reggie, arrivando a una buona dose di prevedibilità: più lui acquista potere, più il loro rapporto si incrina arrivando alla tragedia. Perché Reggie forse ha amato l'East London più di ogni altra cosa, volendolo cambiare a modo suo, anche con mezzi illeciti, ignorando probabilmente i fatto che Londra è una città che cambia pelle come un serpente, e l'East London sarebbe cambiato in ogni caso. 
Legend comunque è un film soprattutto di attori, dove Tom Hardy 'mette le mani' sul film con un gran bel one man show, dove sdoppia il suo talento, dove forgia un autentico accento cockney (chapeau per uno londinese D.O.C. che viene dal quartiere ovest di Hammersmith) e mostra soprattutto di sapere reggere il film, anche se tende a strafare nei panni di Ronnie, scatenandosi perché è il ruolo che alla fine lo richiede.
Tolto Hardy però, Legend rimane pur sempre un gangster movie tradizionale e senza guizzi autoriali, che però ha il merito di vedere un lato della 'Londra che fu' e soprattutto vale la pena vederlo per avere la conferma che Tom Hardy è uno degli attori più talentuosi e interessanti in circolazione.

Voto: 7


4 commenti:

  1. Concordo con te. Un leggendario Hardy fa la differenza.

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  2. Si mangia il film, è veramente bravo come attore! Senza di lui, sarebbe un banale gangster movie!

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  3. Senza di lui, non lo avrei proprio visto. Nonsotante ci sia quella Emily Browning bellissima, che stalkero da quando eravamo piccoli :-D

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    1. Anche lei è brava. Il problema di fondo è che un buon 70% del film è retto sulle spalle di Hardy, quindi senza di lui il film non avrebbe neanche senso.

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