lunedì 8 agosto 2016

RIFLESSIONI: Clint il repubblicano di ferro Vs. la 'pussy generation'

Oh, si è scoperto che Clint Eastwood è repubblicano. Ma dai? Lo sanno pure i sassi che Clint vota da almeno 68 anni lo stesso partito. Ma a quanto pare la stragrande maggioranza del popolo 'internettiano' non lo sapeva e ci è rimasto profondamente 'di fotte', insultandolo alla grande. Clint Eastwood fa spallucce e ca#zomene. e alle prossime elezioni voterà Donald Trump. Per la gioia dei fans (anche quelli non steroidei), scopriamo in che modo Clint Eastwood è repubblicano.

I gusti poltici sono diversi, ma a Clint si perdona tutto. Se la Director's cult fosse americana, avrebbe votato per il partito Democratico. Innanzitutto perché sono più fighi dei repubblicani. Se escludi Clint. Ma Dirty Eastwood non si è mai candidato come presidente (come sindaco sì, a Carmel), quindi non fa testo. Vi ricordate Kennedy? Era proprio un bel fiè. E anche Obama prima di sfrangiarsi le palle con 8 anni di mandato era fascinoso alla grande. Lyndon Johnson invece non fa testo, troppo naso. Clinton rimarrà nella storia per i soffoconi fatti da Monica Lewinsky, quindi è figo a prescindere. Bizzeffe estetiche a parte, i repubblicani rappresentano (la maggioranza, ci saranno sicuramente anche i democratici) le lobby borghesi di sta ceppa (vedi gli ostacoli per l'approvazione dell'Obama Care, l'attaccamento alla cultura delle armi, che è un po' la cultura degli americani in generale), quella propensione all'ottusità e al perbenismo al limite dell'ipocrita (ve la ricordate Sarah Palin che usav... Ehm, era orgogliosa del figlio down e dell'altra incinta minorenne per cuccarsi i voti  delle famiglie, sfruttando la favoletta della bella family unita?) e soprattutto sono imbarazzanti - vuoi mettere la classe del democratico Obama contro lo stile da vaccaro complessato (muuuuuu!!!) del repubblicano Mitt Romney - imbarazzo che ha prodotto i due mandati di George W. Bush. E Clint lo ha votato due volte, e probabilmente l'avrebbe votato lo stesso, dato che anche i muri  sanno che la prima elezione de er fijo de Bush si era pappato i voti della Florida dove ci stava suo fratello Jeb il governatore. Quindi Clint lo ha sicuramente votato almeno una volta, ma a sua insaputa, sì insomma, come accade in Italia, no? Certo, la Clinton non è il massimo e sarebbe stato meglio Bernie Sanders, ma lei sembra perfetta per ricoprire il ruolo del Mr. Wolf della situazione: ovvero quella che deve pulire tutta la m#rda fatta di guerra in Afghanistan, Iraq e soprattutto quel vaso di Pandora chiamato Isis. Se non farà un'altra guerra chissà dove di sua iniziativa. Magari in Siria. Sorry love, la pedina del Risiko è già stata presa.

Ma secondo voi è mai stato dalla parte degli hippies? Ragionando per stereotipi, uno che fa Dirty Harry - film reazionario e fot##tamente di destra - in un periodo in cui ancora si credeva al peace & love, cosa poteva votare? Il buon Clint è l'American Way of Life per eccellenza,  quella 'dura e pura' con le palle quadrate. Non me lo vedo a saltellare a urlare 'yes you can!'. Perché lui a 86 anni può fare (e ha sempre fatto) tutto. 

Clint non te le manda a dire. Se la Director's cult fosse stata americana, il buon Clint giovine di almeno 10 anni e si fosse candidato come presidente, la Director's forse avrebbe tradito la sua fede politica democratica (immaginaria, perché ancora deve rendere reale quella inglese e prima di tutto quella italiana) e avrebbe votato Clint. Perché lui non te le manda a dire, anzi, ti sputtana pure. Perché lui può. E a quanto pare pure Donald Trump può. A parte tanta stima per aver allontanato un bambino che frignava a una sua convention (caz°o portate un bambino alla convention del partito repubblicano, coppia di storditi?!?) - e la stima per Trump finisce qui - Trump dice quello che vuole. E il buon Clint dice che si sta smussando i marroni (ricordiamoci che le ha sempre quadre) con il politically correct. E' quel gran figlio di buona donna di Trump dice ogni strunz'ata che gli viene in mente, insultando a destra a manca, manco fosse il piccolo figlio di sultana di Cartman di South Park. O come dice un ex collega della Director's, un major cunt. Che tradotto letteralmente suona tipo 'topa atomica', ma che nel gergo inglese suona invece come gran figlio di puttana. Nel gergo della Director's suona tipo 'figlio di sultana con la topa atomica (in testa)'. In effetti fa tenerezza quando dice che se avessero armato le maestre nella scuola del massacro X non ci sarebbero stati così tanti morti - immaginatevi una scena epica alla Commando dove le maestre estraggono una 44 Magnum dalla giarrettiera, pronte a spare per salvare i bambini al cattivone fuori di testa di turno, fiiigo, eh? - o quando vuole costruire i muri per non fare entrare gli immigrati (mamma li mussulmani!!!), dando probabilmente dei giavellotti ai dipendenti immigrati  che puliscono i cessi della sua Trump Tower al minimo sindacale - un bel saltone e olè, pronti per iniziare il turno! Trump dice poi che aggiusterà tutto. Un po' come il Saratoga sigillone sigillante. Sultanate trumpiane a parte, Clint vede nell'uomo con la topa atomica in testa quello che la stragrande maggioranza degli americani non osa dire. E Clint lo dice con i suoi film. 

Clint Eastwood:smantellamento del sogno americano = Frank Capra: alla disillusione del New Deal. Che ci azzecca Clint Eastwood con Frank Capra? In teoria niente, in pratica molto. Frank Capra era il simbolo cinematografico del New Deal Roosveltiano - democratico e fino a ora l'unico ad aver avuto tre mandati - un po' l'antitesi del yes you can! di Obama. Certo che ce la puoi fare a riprenderti dalla crisi del 1929, certo che puoi ripartire da zero, c'è il New Deal che ti accoglie a braccia aperte! E i film di Frank Capra ne rappresentano il simbolo, con i suoi film ottimisti e pieni di grandi speranze. Grattando la patina di buonismo che permeano i film degli anni Trenta/Quaranta di Capra, si scopre invece un cinismo 'che mancu li cani', dove trionfa un ritratto di un'americana disillusa (e alcolizzata) che può dimenticare per un giorno la sua caduta in disgrazia, vergognandosi di dire alla figlia di essere diventata povera e mendicante (Lady for a Day), l'infelicità e le costrizioni sociali che soffocano una ricca borghese viziata, che conosce il vero volto America viaggiando on the road con un giornalista squattrinato (Accadde una notte), il marcio della politica da parte dell'onesto cittadino (ohibò, lo scopre a sue spese James Stewart in Mr. Smith va a Washington), oppure il capitalismo che spezza i sogni dell'americano idealista, ma frustrato (La vita è meravigliosa). Clint Eastwood fa lo stesso: prende i valori dell'American Dream e li smonta per bene. Soprattutto nei suoi ultimi film dove un vecchio incazzato si ritrova a condividere il quartiere con gli immigrati, facendo i conti con il suo razzismo, facendo valere il senso della giustizia e scoprendo una cultura diversa dalla sua (Gran Torino), oppure scavando nei meandri oscuri dell'americano difensore della patria, criticando i metodi 'illeciti dell'FBI  usati pur di proteggere il paese (J. Edgar); e osa sgretolare il mito pop di una delle band icone degli anni Sessanta, dove il sogno americano, dove lo 'yes you can'  ti presenta un conto salato fatto di disgregazione familiare, debiti di gioco e senso dell'onore da salvaguardare a ogni costo (Jersey Boys), fino allo smantellamento dell'americano 'duro e puro' che combatte per il suo paese, rimanendo intrappolato nelle turbe ossessive del conflitto in Iraq, perdendo tracce di umanità pur di servire il proprio paese (American Sniper). Entrambi i registi hanno vissuto sulla propria pelle la storia americana, raccontandone le storture. Tipo di cinema in cui involontariamente (o meno) un regista si espone in primo piano per offrire il suo punto di vista. Anche politico. E quello di Clint Eastwood non può essere che repubblicano, pur riconoscendo in toto tutte le falle del suo paese.

Rimane pur sempre coerente con la sua fede politica. Altri non lo fanno. Clint non si è strappato i capelli per Donald Trump, ma lo voterà probabilmente più per una fedeltà al partito che per il candidato in sé. Dice chiaramente che la Clinton si è arricchita facendo politica e non può rappresentare il paese fatto di pussy (fighette). Trump è milionario, ma i soldi non li ha grattati dai muri e - pur non essendo l'uomo che si è fatto da sé - si è costruito il proprio impero milionario. Ricorda un certo Cavaliere.... Clint non è un voltagabbana, cosa che invece lo si può dire della democratic Susan Sarandon, che voterà Trump, affermando che la Clinton 'le sta sulle pelle. Non a pelle, sulle pelle!' (cit.). 

La fottuta incapacità di discernere l'uomo artista dall'uomo politico.  Da ragazzina la Director's cult si rifiutò di vedere Captain Blood perché aveva scoperto che a Errol Flynn piaceva tanto giocare con le bambine, ignorando che era stato assolto e accusato ingiustamente. Persa l'occasione di vedere un film picaresco forse introvabile. Babba due volte. A noi, publico aficionados non deve interessare la vita privata di un artista, e soprattutto non deve fregare una cippa di chi vota o no alle prossime presidenziali. Mica Clint ci chiama per sapere se siamo di destra o sinistra (tu hai votato Obama? Il mio film non lo vedi!). Come dice il buon Kelvin di Solaris '... Criticarlo in base alla sua fede politica è talmente stupido... un po' come disconoscere il talento di Leni Riefenstahl solo perchè abbracciò il nazismo. Il buon Kelvin ha ragione da vendere, ed è praticamente 'silly' (sciocco per dindirindina!!!!) non guardare film come Il trionfo della libertà perché finanziato dal regime nazista, o Cabiria scritto da D'Annunzio (fascista) o La nascita di una nazione perché David Wark Griffith palesa nel suo film un profondo razzismo del profondo Sud. Siate sinceri o voi dell'intellighenzia di sinistra, come la prendereste il fatto che il buon Roberto Rossellini, colui che fu l'aetefice di Roma città aperta -  film simbolo del movimento neorealista (e partigiano) del dopo guerra -  in pieno regime fascista non si schierò contro e scrisse la sceneggiatura di Luciano Serra Pilota, sotto la supervisione del suo amico Vittorio Mussolini, figlio del Duce? Non ci deve interessare. Perché i film che hanno fatto la storia del cinema fanno parte di un percorso storico e politico ben preciso, rimanendone impregnato, dandoci la testimonianza di fatti storici e di epoche che valgono quanto un capitolo di storia. Film che soo capaci di farci capire l'evoluzione della società che stiamo vivendo. Società - reality show che si è evoluta in The Apprentice. Clint Eastwood è repubblicano, ma non si può negare la forza e la grandezza dei suoi film, mostrandoci il suo punto di vista da parte di una 'fazione' di politica made in America.

Contro la Pussy Generation. E mo' basta con sto' branco di fighette. Clint è Clint e può votare chi gli pare.Tanto il mondo è già in vacca di suo. E nel caso di una vittoria di Donald Trump, guardiamo il lato positivo: finalmente l'Italia non sarà più l'unico paese ad avere un presidente (del consiglio) imbarazzante. Anche se nel nostro caso ci servirebbero una trentina di figli di sultana con la topa atomica in testa per farci togliere il perenne imbarazzo.





4 commenti:

  1. In questi giorni, molti hanno scoperto l'acqua calda..
    Ottimo post!

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    1. Grazie! Ma veramente, pure i sassi sanno che Clint è repubblicano! Più coerente di Susan Sarandon e forse anche di Spike Lee, che supportavano Sanders. A meno che voteranno la Clinton 'turandosi il naso'...

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  2. Innanzitutto grazie per la "citazione"... troppo buona!

    Ovviamente concordo su tutto, e aggiungo una cosa: ho la sensazione che la "mania" di giudicare gli artisti in base alla loro fede politica sia tipicamente (ed esclusivamente) italiana. Solo da noi si politicizza ogni cosa, senza tenere conto minimamente del talento. La cosa che proprio non capisco (e che da una parte mi fa sorridere), è la fatica immane che fanno gli spettatori e i critici "schierati" per arrampicarsi talvolta sugli specchi per difendere il loro paladino di turno. Mi vengono in mente, per "contrappasso", i tripli salti mortali carpiati della stampa sinistrorsa per difendere ad esempio uno come Benigni, uno che ormai non ha più nulla da dire nè come comico nè come regista e tantomeno come politico. Eppure con lui la "gauche" italica è sempre molto, molto tenera. Ed immagino i bruciori di stomaco di certe "firme" prestigiose... mah!

    A proposito: tra pochi settimane, alla Mostra di Venezia, ci sarà il grande ritorno di Mel Gibson... voglio proprio vedere! :)

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    1. Se la stampa italiana non fosse così schierata dal punto di vista politico, non ci sarebbero queste bagarre. In teoria il mio modo di pensare vira a sinistra - pura ideologia, dato che la politica italiana mi fa cadere le braccia, ma noto che simpatizzo in modo spontaneo per i democratici USA e per i Labour inglesi, quindi mi sa quello è l'orientamento - ma devo dire che i giornali di destra come il The Times e giornali di sinistra come il The Guardian non arrivano a livelli osceni come in Italia. E la parte culturale è neutra come dovrebbe essere. D'altronde grandi esponenti della politica hanno cominciato come giornalisti e hanno fondato a loro volta giornali (come il fu l'Avanti e il quasi fu L'unità), quindi la radice è quella che cosa possiamo fare? Fare post sui nostri blog ovviamente ahahah! Benigni dopo l'eploit in To Rome with Love, boh, è meglio se si fa un buen retiro, magari insieme a Mel Gibson! XD

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